Il marchese Guadagni davanti ai giurati per l'uccisione della vecchia domestica

Il marchese Guadagni davanti ai giurati per l'uccisione della vecchia domestica Il marchese Guadagni davanti ai giurati per l'uccisione della vecchia domestica Vita disordinata e debiti • Proclamazione d'innocenza - Gli altri 3 imputati è o o Firenze, 7, notte. Ha avuto inizio stamane il processo a carico del marchese Alberto Guadagni, dì 24 anni, imputato del delitto di via dell Ari ento, in cui rimase vittima la vecchia domestica Carolina Mazzoni. Un folto pubblico gremiva la sala della Corte d'Assise. Col guadagni sono coimputati per reati minori il fratello Piero e due pregiudicati, certi Aldinucci e Papiini. Esperite le formalità preliminari ed avvenuta la formazione della giuria, il Presidente inizia l'interrogatorio dall'Alberto Guadagni. L'accusato incomincia dicendo: — Io dico oggi quello che ho sempre detto e sostenuto : sono innocente. Nei miei vari interrogatori ho reso conto del come ho trascorso minuto per minuto la giornata del 22 dicembre 1928. Sono sempre disposto a ripetere questo racconto, che risponde completamente a verità. L'interrogatorio dell'imputato L'imputato paria poi della sua vita passata. Non nega di essere stato un caposcarico, di aver avuto poca voglia di studiare e molta di divertirsi. Circa le 300 mila dire avute in eredità, afferma di averle finite non in bagordi e divertimenti, ma in ima disgraziata impresa da lui tentata allorché si recò in Colonia. Ammette di aver contralto anche in colonia un certo numero di debiti e ritornato a Firenze riprese la sua vita di gaudente, ricominciando a frequentare circoli e sale da ballo, contraendo ancora qualche debito, che veniva via via saldato dai familiari. Circa i suoi rapporti col rag. Cecchi, che amministrava i beni della sua famiglia, e con la domestica di questi, Carolina Manzoni, l'imputato afferma di non avere mai chiesto del danaro alla vecchia, mentre più volte ne domandò al ragioniere e spesso con buon esito. Il Guadagni smentisce in modo assoluto di avere insolentito e sbattuto contro il muro la vecchia Carolina Mazzoni, perchè questa voleva impedirgli di entrare nella camera de) Cecchi. Ammette di averle potuto qualche volta rispondere duramente, ma non oltrepassò mai tale limite. Il Presidente gli chiede quindi come trascorse la giornata del delitto. Risponde che dopo la mezzanotte non sentendosi bene se ne andò a latto e quivi rimase fino alle 17. Un amico, che si recò a trovarlo, lo indusse ad alzarsi e ad uscire. Dopo essersi re cato a salutare la madre, in via Pier Capponi, si recò ad un appuntamento che per le 18 aveva con la propria amica, Tina Lagi. Si trovarono in piazza del Duomo e si recarono àa~ medico, dott. Ricci, il Guadagni per i farsi fare la quotidiana iniezione Iipodermica! la donna per farsi visitare. Uscirono verso le 19. Riaccom pagnò l'amica nel centro e la lasciò per andare a cercar denaro da qua! icuno, poiché ne era sprovvisto. Si recò poi a casa dei suoi per 'la cena. Dopo si fece dare qualche soldo dalla madre, ed insieme ad un amico, che andò a prenderlo a casa, si recò in via dei Serragli, dalla Tina Lagi. Poiché si sentiva malissimo, si coricò immediatamente insieme alla donna. Il Guadagni, come è noto, in via dei Serragli aveva in affitto due camere ove abitava insieme all'amica. L'accusato narra poi come passò la • giornata successiva. Seppe solo verso 'mezzogiorno dalli madre che era stata uccisa la Mazzoni. Si reco nel pomeriggio da una zia della Lagi, e con quest'ultima andò a ballare in un circolo cittadino. Narra alcuni episodi sulle sue disavventure finanziarie e viene poi a parlare della chiamata avute in Questura, ove fu interrogato dal cav. De Gattis, che gli chiese ove aveva passato la sera del 22 dicembre. Gli rispose come ha risposto oggi. Nei corridoi della Questura incontrò i! rag. Cecchi al quale disse: « Ragioniere, hanno chiamato anche me. Non crederanno mica che l'abbia ammazzata io? ». Il Presidente domanda all'imputato come mai tutti coloro che lo conoscevano e sapevano dei suoi rapporti col Cecchi furono d'accordo nel sospettarlo autore dell'uccisione della Carolina Mazzoni. Il Guadagni risponde: — In certi casi uno comincia a dire : Deve essere staio lui... E tutti gli altri gli vanno dietro. Il fratello dell'imputato e i oorrei 11 Presidente chiede all'imputato ae sapesse dell'esistenza di una scatoletta [contenente un biglietto da 100 lire falso e che si trovava nel cassetto di un ! mobile in camera del rag. Cecchi. 11 I Guadagni lo esclude fermamente. Il i Presidente gli domanda inoltre quali i fazzoletti adoperasse normalmente, ed tegli rispondo che si serviva di quelli Idei padre e del fratello, escludendo di adoperante di quelli da pochi soldi, i L'interrogatorio del Guadagni è fiI nito e l'udienza viene tolta. I All'inizio della seduta pomeridiana, la P. C. rivolge alcune contestazioni all'imputato, si passa quindi all'interrogatòrio di Piero Guadagni, che deve rispondere dell'imputazione di tentata corruzione di agenti di custodia nel cai-cere delle Murate. Si allontanano dalla gabbia gli altri due correi, cioè l'Aldimicci ed il Papini. 11 Piero Guadagni dichiara che, convintosi dell'innocenza del proprio fratello, ritenne suo dovere di cercare ogni mezzo per aprire la strada alla verità. Chiese consiglio all'allora patrono del Guadagni, avv. Hermitte, ed in una delle visite fatte allo studio di lui conobbe il Papini, che appunto dall'Hermitte gli venne presentato. Data la dimestichezza che il Papini aveva con l'ambiente della malavita fiorentina, parve al Guadagni che potesse essergli utile nelle sue ricerche. Nega assolutamente però di avere dato incarico al Papini di avvicinare gli agenti di custodia del carcere delle Murate, e tanto meno di indurlo a commettere qualsiasi azione colpevole, soggiunge di non sapere niente di una lettera anonima inviata dal Papini al giudice istruttore per far deviare le indagini verso persona assolutamente estranea al fatto. Dice di aver dato 700 lire al Papini per le sue prestazioni. Viene fatto rientrare nella gabbia 11 Papini, ed il Presidente lo interroga, domandandogli se è vero che egli abbia offerto ad un agente carcerario per conto della famiglia Guadagni cinquemila lire, cercando con questo di ottenere da lui che favorisse la corrispondenza clandestina con l'Alberto Guadagni. Il Papini nega. Dichiara di avere avuto solo dal Guadagni Piero alcuni incarichi di investigazioni, ma soltanto al fine di favorire la venta. Fu l'Addinuccl a dirgli che c'era un sottocapo delle guardie carcerarie capace di prestarsi ad un simile servizio. A proposito della lettera anonima inviata al giudice istruttore dice di essersi fatto iniziatore dell'invio della lettera anonima stessa, in quanto U Piero Guadagni e altre, persone avevano dei sospetti su di un ex-cameriere dell'Alberto Guadagni. La lettera fu inviata per richiamare su questo cameriere l'attenzione della polizia. Si procede infine all'interrogatorio del quarto imputato: l'Aldinucci. I! Presidente rivolgi anche a lui domati d* relative all'offerta delle cinquemila lire fatta all'agente carcerario. L'impu tato nega di sapere qualche cosa e 6u per giù ripete quanto ha detto U Papini. Circa una grave affermazione fatta dall'Aldìnucci in periodo istruttorio, secondo la quale egli avrebbe veduto l'Alberto Guadagni la sera dei 22 dicembre in via dell'Arlento, 1 Aldinucci dichiara che questa circostanza non risponde a verità. Si è ricreduto dopo i confronti avvenuti col Guadagni al carcere delle Murate. Ammette e si pente di aver rilasciato una dichiarazione accusatoria nelle mani di un maresciallo di P. S. Intorno a questa ritrattazione, per altro non molto energica, dell'Aldinucci si accende fra le parti una viva discussione.

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