Un piccolo aeroplano nel cuore dell'Africa

Un piccolo aeroplano nel cuore dell'Africa Un piccolo aeroplano nel cuore dell'Africa II racconto di Di Collobiano e Malinvemi sull'avventuroso volo nella regione dei pantani - L'ospitalità degli indigeni ~ Banane e acqua salmastra -- La lunga marcia a piedi II dottore che cura i lebbrosi — Perchè hanno dovuto abbandonare l'apparecchio Sono giunti a Torino ì due audaci e valorosi aviatori Di Collobiano e Malinvemi, che dovettero interrompere, com'è noto, net pressi del confine (Iti Congo belga, l'ardito raid RomaCittà del Capo. 1 due aviatori, che sono (n ottime condizioni fisiche, ci hanno fallo un particolareggiato racconto sull'ultima drammatica parte del loro viaggio. Il conte Di Collobiano che pilotava l'apparecchio, un « Fiat A.S.I » da turismo, cosi ha risposto alle nostre domande: — Partimmo da Malakal alle 6.30 del marzo. Avevamo una scorta di ben- ina che ci avrebbe permesso un'autonomia di volo di circa 7 ore, sufficiente per raggiungere Nlmule. Avevamo deriso di saltare Mongolia, allo scopo di guadagnare il tempo perduto nelle tuppè precedenti. Il forte vento di N.lì.E. ci permettete di navigare alla inedia di circa 170 Km. all'ora, media che il nostro meraviglioso apparecchio ci aveva già perni.-so di ottenere in tappe precedenti. Iniziammo il volo regolarmente, seguendo come rotta il Mio fino alla confluenza del fiume Sobal, che scende dall'acrocoro abissino. A questo punto abbandonammo 11 sacro fiume e, servendoci della bussola, ci dirigemmo verso il costone di Rejaf. Nessun ponto di riferimento — T.a regione come si presentava?— Il terreno che sorvolavamo era paludoso, cosparso di piccoli laghi e di immensi pantani. La stagione delle pioggie era già incominciata, disgraziatamente per voi, da alcuni giorni. Dalla terra si alzava, un denso strato di foschia che non permetteva alcuna visibilità. Generalmente si consiglia, di seguire Questa rotta, tenendo come punto di riferimento la linea telegrafica che costeggia la zona pantanosa. Questo ù infatti l'unico punto di riferimento per correggere la forte deriva solita in quella regione. — Come poteste proseguire? — Malauguratamente, la foschia non ci permetteva di vedere il prezioso punto di riferimento. Dovemmo proseguire alla cieca, accontentandoci di dare alla bussola una correzione di qualche grado. In queste condizioni, giudicammo impossibile tentare di attraversare la regione, sia per la scarsissima visibilità che rendeva difficile la navigazione, già cosi povera di punti di rU ferimento, sia in previsione di dover sorvolare la zona montagnosa alla cicca. Questa si presentava coperta da nuvole minacciose che promettevano uno di quei violenti temporali tropicali che avrebbe reso il nostro volo estremamente pericoloso. — J.a prospettiva non era delle piùallegre. — considerando l'aiuto non indifferente che poteva darci il vento, decidemmo di deviare l'itinerario spostandoci verso il Congo. Da quella parte le condizioni atmosferiche apparivano più favorevoli e non ci sarebbe stato difficile cercare un atterraggio a Niangara sul fltime Hueie o, in caso disperato, lungo una spiaggia di un affluendel Bahr el Gazai, dove avremmo atteso che il tempo ci permettesse dcontinuare il nostro volo. Navigammo per circa due ore su enorml boschi, solcati ogni tanto da corsi d'acqua. Dovemmo constatare ben presto però che la benzina cominciava ad esaurirsi senza che il grande fiume IIitele apparisse al nostri sguardi. Urgeva atterrare'' ìtd ogni costo. Ci abbassammo in più riprese a pochi metri dal snolo, cercando un terreno propizio, ma le splagyle del Pumi erano coperte da liane e, dove speravamo di trovare una radura, ci appariva invece un nuovo vantano. Senza benzina! — Dovettero essere momenti terribili. — La benzina era quasi al termine. La ricerca sì faceva affannosa. Qualunque indugio poteva esserci fatale. Appena intravedemmo uno spazio o>'e il bosco era meno folto, lanciammo alcune fumate per stabilire esattamente la direzione del vento. Sfiorando gli alberi per entrare nella radura, tentammo allora l'atterraggio con la minore velocità possibile. Ogni precauzione fu inutile però. Lo spazio era troppo ristretto e fu inevitabile il cozzo contro gli alberi. L'apparecchio, che aveva urtato con l'ala destra contro un grosso albero, fece un mezzo giro su se stesso e si abbattè al suolo frantumandosi. Forluntamente enrambl rimanemmo illesi. Malinvemi era restato con un piede imprigionalo nella fusoliera, ma dopo qualche sforzo riuscì a liberarsi. Scaricammo allora i bagagli ed i documenti di bordo. Strappando la tela dell'ala, preparammo degli involti dove, dopo averli smontali, ponemmo gli strumenti di precisione. — Vi erano traccie di abitazioni nella regione? — La regione ci era apparsa disabita ta. Dopo qualche tempo però comparve a rispettosa distanza un indigeno. Lo chiamammo a gran voce, ma egliterrorizzato, scomparve in un balenoDecidemmo allora di fare una breve ricognizione nella, regione. La presenza dell'indigeno indicava che nei din torni doveva esservi un villaggio. Seguendo infatti un sentiero che partiva poco distante dal punto dove l'apparecchio era caduto, trovammo dopo circa un chilometro di cammino alcune capanne, Nessuna traccia però dindigeni. Le capanne era completamente deserte. In marcia — E gli indigeni? — Ritornammo allora all'apparecchioma quale non fu il nostro stupore vedendo attorno ad esso tutti gli abitanti del villaggio, guerrieri con scudi e lande, donne nude, e marmocchi rtioc ciosl e piagnucolanti, che ci guarda vano con. stupore e diffidenza. Al nostro apparire però buttarono a terra le lande in segno di pace. Questo al lo fece cambiare un po' la nostra, opi nìone su quella gente, descrittaci co me guerriera ed inospitale. Ci aiuta rono a trasportare i nostri bagagli fino al villaggio e ci offrirono una capan na, alcune banane e dell'acqua sai mastra. Pernottammo, avendo comletto la nuda terra e. i resti della tela dell'apparecchio. Durante la notte scatenò un violento temporale. — Cosa taceste il giorno dopo? — All'indomani, allo svegliarci, irò ramino tutta la popolazione che cguardava, seguendo con stupore ognnostro gesto. Nella notte avevamo, de ciso di raggiungere Niangara, distante circa cento chilometri, a piedi. Avevamo deciso questo, sapendo approssintalivamcnie che ci trovavamo sul confine e che quello da noi scelto era l centro abitato più vicino. A gesti ed a segni facemmo capire agli indigeni che volevamo dirigerci verso un possibile centro ove si sarebbe potuto trovare qualche bianco. Capirono e ci mettemmo in marcia, vìa, contrariamente a quel, che prevedevamo, gli indigeni che ci facevano da guida s'incamminarono verso Èst. Li seguimmo pensando che essi, per trovare qualche altro nostro simile volessero raggiungere l'Uganda e non il Congo, come noi credevamo. Dove, arrivaste in seguito? Camminammo tulio il giorno, senza ben sapere ove andavamo. Verso il tramonto giungemmo ad un villaggio simile a quello che ci aveva per primo accolti, ma più grande. Tutto il paese, con il vecchio capo alla testa, ci veniva incontro con doni di fruita. Il capo ci fece un lungo discorso incomprensibile, poi ci condusse nella sua capanna. Riuscimmo a capire che egli dava degli ordini ad alcuni suol guerrieri, inviandoli probabilmente ad avvertire del. nostro arrivo qualche bianco residente nei dintorni. All'indomani mattina, però, con. degli altri portatori datici dal capo e con suo figlio che ci taceva da guida, ci incamminammo ancora nella stessa direzione senza aver visto nessun bianco. Finalmente si vede un bianco — L'attesa era lunga. — Verso mezzogiorno ci trovammo inaspettatamente su unti strada rudimentale, a fondo naturale, tagliata nel bosco. Gl'indigeni ci fecero cenno di attendere, e capimmo che probabilmente costi ci saremmo incontrati col famoso residente bianco. Dopo due ore di lunga attesa, vedemmo finalmente spuntare con grande gioia, un'automobile. A bordo ri erano due bianchi. Uno era. Mr. Larken, Districi Commissioner della regione, e l'altro il. dottore militare Crulckshank, che aveva portato con sé bende e medicinali, poiché probabilmente gli indigeni avevano fatto al buon dottore un quadro... disastroso delle nostre condizioni. — Come proseguiste? — Cortesemente Mr. Larken ci offri la sua macchina per trasportarci alla Missione protestante di Lui, a circa 100 Km. di distanza. Ivi fummo accolli dal dott. Frazer, capo della Missione, ove egli, dirige un lazzaretto di lebbrosi. Il dott. Frazer ci diec.e ampi ragguagli sulla regione che. egli conosce da 20 anni, [malattia del sonno, lebbra, cannibalismo). Il dottore ci noleggiò la sua vettura. Con questa raggiungemmo Juba ove apprendemmo che gli aviatori inglesi ci cercavano, da 3 giorni con i loro apparecchi, nelle paludi del Nilo. Fssi ci avevano già dati ormai come perduti.Cercammo in segnilo di fare qualche passo per il ricupero del motore del nostro appareremo che era ancora, in buone rondi stoni, ma incontrammo grandi difficoltà sìa per il trasporto sia per la zona interdetta per le inalatile. CI. recammo ancora al Congo, per le stesse ragioni, vta ancora trovammo le stesse difficoltà. Dopo facemmo ritorno in patria. lt

Persone citate: Bahr, Di Collobiano, Frazer, Sobal

Luoghi citati: Africa Ii, Congo, Mongolia, Torino