L'Abissinia

L'Abissinia L'Abissinia La scomparsa del Sovrano etiopico, in un'Abissinia ancora feudale nelle istituzioni e dove i capi delle diverse regioni godono di un'autonomia che rasenta l'indipendenza dal potere centrale, è sempre un avvenimento importante e non scevro di pericoli, anche quando, come nel caso attuale, l'erede al trono ha già di fatto e da tempo assunto il potere. Tuttavia e qualunque siano per essere gli svilùppt della situazione interna, qualùnque siano anche gli intrighi e le speranze che in talune Cancellerie possono tramarsi ed accarezzarsi, due cose sono ben certe: la politica estera del Regno d'Etiopia è comandata dalla situazione geografica e dai trattati esistenti; la posizione e la linea di condotta dell'Italia nei rapporti con esso sono limpidi e leali. Di ciò è ben convinto il Negus Tafari, che, coi fatti e ripetutamente, ha dimostrato quanto apprezzi la linea di condotta dell'Italia. Il che non esclude che non si debba attentamente vigilare, perchè gli appetiti sono grandi, e coloro che li hanno, sono scaltri e potenti. Vediamo quindi brevemente come si presenta la situazione dell'Abissinia nei riguardi dell'estero. Quando uno Stato non ha sbocchi sul mare, o. se li procura colla forza delle armi, o si accorda con gli Stati che quegli sbocchi possiedono. Tale è la situazione dell'Abissinia; gli Stati possessori delle coste sono l'Inghilterra, l'Italia e la Franjia; l'Inghilterra, per lunghissimo tratto di coste del Mediterraneo, fel MaiRosso e dell'Oceano Indiano; l'Italia per le coste dell'Eritrea e della Somalia; la Francia per brevissimo tratto del territorio di Gibuti sul Mar Rosso. Per contro, mentre l'Inghilterra tende a far affluire il commercio dell'Etiopia settentrionale attraverso il Sudan a Port Sudan, modernamente attrezzato a questo scopo, mentre l'Italia, a malgrado delle brevi distanze, non ha ancora comodi allacciamenti tra l'Eritrea e l'Abissinia, la Francia possiede una ferrovia, che unisce Gibuti alla capitale etiopica, penetrando icosi nel cuore dell'Abissinia. La situazione di quest'Ultima, non ancora del tutto aperta alla civiltà europea e le posizioni delle Potenze coloniali contermini dovevano necessariamente dar luogo a lotte d'influenza. Per eliminare nei limiti del possibile i pericoli di queste, nacque all'indomani di Fascioda l'accordo anglo-franco-italiano del 13 di cembre 1906, col quale in sostanza si tendeva a stabilire come zone delle rispettive influenze i retroterra dei singoli possedimenti. L'accordo è .rimasto la carta fondamentale fino a quando, essendo le posizioni dell'Inghilterra e della Francia del tutto divergenti e rimanendo inerte l'Italia, possibilità di gravi contrasti non esistevano; per quanto concerne l'accaparramento dei mercati interni abissini, si trattava essenzialmente di concorrenza commerciale. La Francia s'affrettava a tradurle in atto la concessione avuta per la costruzione della ferrovia GibutiAddis Abeba, riuscendo ad attrarre al piccolo porto del Mar Rosso buo na parte del commercio dell'Abissinia centrale e meridionale. L'In ghilterra attivò la ferrovia sino a Cartum, attraendo così verso Port Sudar, il commercio dell'Etiopia settentrionale; nello stesso tempo iniziava col Governo etiopico le la boriose trattative per la concessio ne a costruire lo sbarramento del lago Tsana allo scopo di regolare il deflusso del Nilo Azzurro e l'irrigazione del Sudan. Si giunse così al 1925. A capo dell'Italia era da tre anni il Governo Fascista, che al primo piano della propria politica aveva messo il problema coloniale 'Con questo Governo forte e stabile fu facile all'Inghilterra di mettersi d'accordo per la definizione di talu ni problemi interessanti l'Abissinia. Nacque così l'accordo italo-inglese del dicembre 1925 che — come tutti ricordano — suscitò enorme malumore in" Francia e dette luogo anche a preoccupazioni ad Addis Abeba, le quali furono completamente dissipate dalle chiare spiegazioni date dall'Inghilterra e dall'Italia alla Società delle Nazioni, a cui Ras Tafari aveva ricorso. Con l'accordo del 1925 l'Inghilterra otteneva la promessa dell'appoggio ita liano nelle trattative col Governo Etiopico per la concessione dello sbarramento del lago Tsana e di una camionabile da questo a Cartum; l'Italia otteneva la promessa inglese d'appoggio per la concessione di costruire una ferrovia fra Eritrea e Somalia passando pel territorio etiopico ed il riconoscimento della predominar.za degli interessi italiani nell'Etiopia occidentale. Non è qui il caso dì soffermarsi su jmianto la diplomazia francese tentò per ostacolare i progetti italiani e metterci in cattiva luce presso il Governo d'Etiopia. Il risultato fu completamente negativo, perchè il 2 agosto 1928 potè esser firmato un grattato d'amicizia e d'arbitrato tra Italia ed Abissinia, il primo che fluest'uiltima abbia stipulato, completato da un annesso che prevede la costruzione d'una strada camionabile tra Assab e l'Abissinia settentrionale, e la concessione d'una Iona franca i>er le merci abissine mei porto di Assab. E' la realizzazione del progetto, per cui intorno lai 1870 il piemontese Giuseppe Sa¬ pete acquistava con 6000 talleri, per conto della Società Rubattino, lo scalo di Assab, per cui il conte Antonella faceva accettare dai Negus Menelik il progetto d'una rotabile, per cui furono trucidate le missioni Giulietti e Bianchi. E' facile capire che simili progethanno fatto ben poco piacere ai ti - t i ~. — —. francesi. Gibuti con la sua ferrovìa di 800 chilometri di sviluppo (dei quali 710 in territorio etiopico) ha finora monopolizzato il commercio eli'Abissinia settentrionale ed è minacciata nel modo più serio. Si sa d'altra parte per esperienza che, col Governo di Mussolini, dai progetto all'esecuzione non corre tempo in mezzo, tant'è vero che è da tempo sul posto la Commissione pel tracamento della camionabile. Ed al>ra s'è cercato di correre ai ripari, che naturalmente,, quando si esclude il concetto della franca concorrenza ed anche quello della fratellanza sbandierata soltanto a parole, non possono essere che assai antipatici. Si è cioè incominciata una campagna di denigrazione e d'intimidazione ad Addis-Abeba e s'è offerta al Negus Tafari quella concessione d'una zona franca nel porto di Gibuti, che lo stesso Tafari aveva chieste nel 1924 e ohe allora gli è stata rifiutata. Mezzucci altrettanto antipatici quanto inefficaci, ma che costituiscono una prova preziosa della mentalità d'oltr'Aljpe fatta di concetti monopolistici, d'immutabilità, di cristallizzazione, mentre nel mondo tutto è movimento e sotto il sole v'è e vi dev'essere posto per tutti. Il quadro, anche semplicemente così abbozzato, non sarebbe però complete, se non si facesse un breve cenno della evoluzione spirituale, che viene svolgendosi in Etiopia nel senso nazionalistico. Due tendenze essenziali si stanno sviluppando: in un senso la volontà d'assimilare ra¬ pidamente le idee europee così nel campo culturale come nel campo dello applicazioni scientifiche industriali; nell'altro senso, di istruirsi per poter emanciparsi dal concorso degli Europei. Acquistare le cognizioni europee per riuscire ad essere indipendenti dall'Europa, è i'1 nuovo vangelo etiopico. « Lasciate fare Negus Tafari — si legge in un opuscolo di propaganda — farà dell'Etiopia un nuovo Giappone ». Esiste, insomma, un nazionalismo etiopico, il quale non è però isolate, bensì collegato con un altro potente nazionalismo, quello egiziano, che, com'è noto, tende ad assumere la direzione del vasto movimento d'emancipazione antieuropeo di tutti i popoli islamici dell'Africa e dell'Asia, dall'Atlantico all'India, e che accoglie come alleati anche i nazionalisti copti dell'Abissinia. GIOVANNI MARIETTI.