Gandhi e gli inglesi

Gandhi e gli inglesi Gandhi e gli inglesi Il tratto saliente della predicazione di Gandhi è una singolare commistione — e meglio si potrebbe dire confusione — di motivi morali e di motivi politici. Egli ama definirsi « un idealista pratico ». E certo è difficile dire se sia un moralista o un agitatore politico; se sia un quasi santo o un rivoluzionario siti generis. Gli inglesi lo chiamano semplicemente Mister Gandhi; gli indiani il Mahatma, la Grande Anima. Le due denominazioni dipingono i due aspetti di questo personaggio, che Romain Rolland ha anche battezzato il Cristo indiano, battendo, cosi, e di molte lunghezze, sul terreno della rettorica, gli stessi suoi ammiratori asiatici. Ora appunto questa duplice natura costituisce il vizio più grave dell'opera di Gandhi. Se si vuole constatare l'intima debolezza della sua predicazione, non c'è che da aprire, a caso, una raccolta di articoli o di scritti della « Grande Anima ». Il centro della dottrina è il Satyàgraha. In esso è tutta la speranza dell'India. Ma che cosa è mai il SatyàgraSia? Qui bisogna lasciare la parola al profeta : « esso è 6tato « spesso descritto; ma come il sole « non può esserlo completamente «neppure dal serpente Sheshaga «dalle mille lingue, così neppure il .«sole del Satyàgraha potrebbe esse«re descritto in maniera soddisfa Jf cente. Noi vediamo sempre il sole fc< e tuttavia ben poco sappiamo di « esso; del pari noi crediamo di ve. « dere ad ogni istante il sole del « Satyàgraha, ma lo conosciamo ben « poco ». Questo il profeta affermava il 5 novembre 1919. Ma in quello stesso giorno pubblicava un articolo sul snmcedsddrgtagtogbdeztcsptpscsfsuo giornale Young India, in cui (sdimostrava che il Satyàgraha non fera, poi, tanto difficile a descrivere, |mo, per lo meno, che, per descriver- ! llo, non vi era bisogno del serpente !Sheshaga, sul quale! come tutti san-lnno, se ne sta coricato il dio Visnù. Il credente nel Satyàgraha, dunque, obbedisce alle leggi perchè ìe crede necessarie; ma « quando la legge è ingiusta, si che obbedirvi sarebbe un disonore, egli, apertamente e civilmente la viola e subisce con calma la pena ». Come è evidènte, è appunto questo il gesto che Gandhi ha, ora, voluto compiere contro la legge sul sale. Poi il credente nel Satyàgraha può fare ancora qualche altra cosa: può, cioè, rifiutare la sua collaborazione allo Stato, disobbedendo anche ad altre leggi. Ed ecco tutto « il sole del Satyàgraha ». Tutto ciò non è molto diffìcile a dire, nè a comprendere. Certo è assai più difficile a fare. Ma quel che sembra estremamente dubbio 6i è che, pei* questa via, un popolo possa riacquistare la sua indipendenza. Non si confonda il Satyàgraha con la « resistenza passiva ». La resistenza passiva è concepita per essere l'arma dei deboli e, per raggiungere il suo scopo, non esclude l'uso della forza o della violenza fisica. Il Satyàgraha è concepito per essere l'arma del più forte, e, quin di, rifiuta di usar la violenza sotto qualsiasi forma. L'affermazione che un siffatto metodo di lotta sia l'arma dei forti ritorna spesso nella predicazione di Gandhi; ma per quanto ripetuta, essa non può che far sorridere. '« La padronanza di se è la legge del nostro essere. La più alta perfeziono richiede la più alta padronanza. La sofferenza diventa, così, il simbolo della specie umana ». .Tutto ciò è nobilmente detto. Ma questa è una scuola di schiavitù, e non di libertà. E i risultati sono evidenti : nonostante un'agitazione più volte decennale, l'Inghilterra riesce a tener l'India sotto il suo giogo; riesce, cloò, con un esercito di 60.000 uomini e una burocrazia di 3.400 funzionari circa, a tenere in pugno un popolo di più di 300 milioni di anime. E quando Gandhi afferma che perdonare quando si ha la possibilità di punire è più virile che punire, dice una verità; ma illude se stesso dicendo di aver la possibilità di punire. Provi. E provi pure, con lui, tutto il nazionalismo indiano a « punire » il dominatore straniero. «Noi che abitiamo l'India — egli dice — possiamo renderci facilmente conto di quanto sia inutile che 100.000 inglesi cerchino di far paura a 300 milioni di esseri umani. Un perdono netto sarebbe il riconoscimento netto della nostra forza ». Ma i 100.000 inglesi non cercano di far paura ai 300 milioni: cercano solo di governarli; o, meglio, li governano. E se i 300 milioni continuano a « perdo nare », i 100 mila continueranno a governar* e non domanderanno di meglio. « Le sfere di attività del Satyàgraha sono il Swadeshi, le riforme politiche e sociali la cui durata non è sicura se non in quanto esse si appoggiano al Satyàgraha ». Ma « il Swadeshi è Satyàgraha. Gli spi riti vili non saprebbero osservarlo, nè farne propaganda. E' impossibile a un vile favorire l'Unione indù musulmana, ecc. ». E il Swadeshi mona al Swaràj. E' estremamente difficile, per un lettore occidentale, capir qualcosa II Swadeshi è l'aspetto economico della predicazione gandhista: che cosa ha a che fare con l'Unione de gli indù e dei musulmani? Eppure il pensiero che si cela sotto questi insmnnbPsIsslqbmsnlnumeaJtl logici, sotto questa fraseologia da ispirato e sotto i festoni e gli I aarabeechi di unti rettorica veramen te orientale è più che semplice: è semplicista. Basta, per convincersene, fare attenzione al significato etimologico delle parole. Swadeshi è composto di Sica e di Deshi: Swa equivale all'inglese self e Dcshi vuol dire paese. In sostanza il Swadeshi sarebbe l'uso esclusivo di prodotti del paese. Stuardi deriva da Swa e da Rdj, che vuol dire governo: Sivardj, quindi è la traduzione dell'inglese Self-government. Idea occidentale, dunque, anzi tipicamente inglese, cui il nome e il travestimento esotico si addicono come a un gentleman in abito da sera un burnus. Il Swadeshi, dunque, sarebbe l'indipendenza, l'autonomia nel campo economico; il Swardj l'indipendenza e l'autonomia nel campo politico. Conquistare la prima significherebbe avviarsi a conquistare la seconda Da questa concezione è nata la propaganda per la filatura e per la tessitura a mano, per il Khaddar e per i prodotti delle industrie domestiche tradizionali indiane. Ma, qui, vLmmcminmtbcposdrtomdnhdzgsen appunto il pensiero di Gadhi si ri- vela in tutta la sua insufficienza. Le sue idee economiche sono puramente e semplicemente infantili. Come mai, dopo tanti anni di dominazione britannica, l'India è ancora così povera? E' questa la do-' manda, anzi l'accusa che l'agitatore indiano fa infaticabilmente ai dominatori. E il quesito è chiaro sintomo di mentalità da uomini deboli, da popolo imbelle, incline a cercare la responsabilità delle proprie sventure nelle colpe degli altri o nell'inimicizia degli dei o del destino, e non mai nei propri vizi. La signora Mayo ha risposto alila domanda di Gandhi con una sincerità brutale in un libro che ha avuto larga risonanza e che è un formidabile atto d'accusa contro l'induismo, Per lei, l'amministrazione britannica, buona o cattiva che sia, non ha niente a che vedere con le condizioni-dell'India. Inerzia, impotenza, mancanza di iniziativa e d'originalità, mancanza di forza di resi stenza e di lealtà tenace, sterilità di entusiasmi, debolezza di vitalità sono tratti caratteristici dell'indiano non soltanto d'oggi, ma anche di|sun remoto passato, Anzi tutto, ella ha detto, l'India 6 divorata dal suo hnstiame. Come è noto la vacca è animale sacro, anzi per eccellenza l'animale sacro. Gandhi stesso ha dichiarato che ha due missioni da compiere nella vita: la liberazione dei fuori-casta e la protezione della vacca; e altrove ha affermato che non sacrificherebbe un uomo per salvare una vacca, ma non sacrificherebbe mai una vacca per salvare la più preziosa esistenza umana. All'ombra di queste idee le vacche, in India, si moltiplicano all'infinito. Nel 19-20 vi erano più di 146 milioni di rappresentanti della specie bovina, affamati e intristiti : più della metà erano inutilizzabili. A questo fattore di impoverimento altri se ne aggiungono non meno efficaci : l'enorme numero di altre be stie, che il pregiudizio religioso impedisce di uccidere, le speso per i matrimonii di casta, l'usura, la te saurizzazione, che 'fa sparire ogni anno dalla circolazione una quantità enorme di metalli preziosi, la mendicità, la pessima agricoltura, ecc. ecc. Il passaggio dall'economia dome- tosochstg«anntapssstcdlatpimspnq stica a quella moderna è awcnu- to dappertutto attraverso dolori e sofferenze. E perciò, appunto, i pochi centri dell'India ove un'industria moderna ò sorta o sta per sorgere — come Calcutta — sentono più «acutamente la crisi odierna. Ma ciò non toglie che questa trasformazione debba avvenire, come è avvenuta in Occidente; e il ritardarla non può arrecar danno che all'India. Perciò quando Gandhi oppone il suo filatoio a mano a Manchester fa sorridere; quando pretende che il suo popolo si rimetta a filare e a tessere a mano fa sorridere; perche, con tutte le sue prediche e i suoi digiuni, non potrà mai evitare che le cotonate di Manchester siano più a buon mercato del Khaddar, tessuto a mano. Ma egli, se fosse il profeta di un popolo "forte e degno di libertà, lo inciterebbe non a tessere a mano, ma a comprar le macchine per tessere; non a tornare indietro, ma a progredire e a crearsi un'industria nazionale. E non si perderebbe in querimonie. AUGUSTO GUERRIERO