Stato, rivolluzione e popolo

Stato, rivolluzione e popolo IL SENSO DELLA SPAGNA Stato, rivolluzione e popolo MADRID, marzo, atto il dramma della Spagna, di il tentativo e la rotta di Primo rivficicheRivera non costituiscono se non'd'aepisodio più recente, si compendia j cismmella incapacità dell'individuo a «annunziare ad essere una eccezione fper adattarsi a diventarci la regola. Puntiglioso e di umore difficile, lo spagnolo non ha ancora riconosciuta, in pieno secolo XX, la necessità della prevalenza del collettivo sull'individuale, quella prevalenza di cui a jÉue passi da lui i francesi hanno fnpparato il segreto da secoli, ricavandone gli elementi di una coeaiont; nazionale inattaccabile dagli acidi più corrosivi. Combattuto tra la faccia cristiana e la faccia musulmana del proprio genio, condannato dal destino ad essere orientale fra g» occidentali e occidentale fra gli -orientali, egli ignora quell'arte della via di mezzo che ha fatta e fa la fona della Francia. •La Francia c oltre tutto un paese uniforme: la Spagna e il paese dei epntrasti. Ad onta della sua configurazione massiccia, basta il disordine dol suo sistema orografico a proVacarvi ad ogni passo sorprese e colpi di scena, questi colpi di stato della', natura. A un'ora dalla Madrid rovente dal pieno estate, le nevi eter né, della Guadali ama, {paradiso degli •datori. Qua la Mancia deserta e desolata, lì poco lontano le magnolie di Aranjuez. Qua il cielo terso della Cartiglia, là le procellose brume dello -Asturie e della Gallizia. Intorno a'Qranata il paesaggio africano: po eli* leghe più a sud, la Sierra N'evadicene sale oltre i tremila metri per rìprecipitai-2 dal versante opposto fra le'.piantagioni di cotone e di canna da zucchero della tropicale Motril. Cóme potrebbe un paese divaricato fra tanti estremi coltivare l'amabile filosofia del compromesso? Gli stessi problemi economici vi mutano aspetto' col mutare degli orizzonti. La jTpocbia Castiglia, grande produttrice! 'di grano, invoca leggi protezionistiche che le consentano di vender bene i propri raccolti ; il litorale mediterraneo, che di grano non ne ha, es|ge l'abolizione del dazio per poter rifornirsi all'estero di cereali a miglior mercato. A Barcellona e a Valenza, questione operaja, scioperi tensili e metallurgici; nella limitrofa Aragona, il latifondo. Madrid, al centro dello Stato, superba dei grattacieli della Gran Via, delle sue cu snidi di cemento armato splendenti i intera notte come le torri ultramo derno di Nuova York e di Chicago, è tutta un ampolloso scalpitar di quadrighe sui frontoni delle sue Banche e delle sue Società di Assicura* '•ioni, un distendersi di paseot dai -'-Itomi mirifici,..uno strepitar di automobili ammassate dietro il casco bianco di -'-policemen più dignitosi di quelli di Londra, un fiammeg - giare di caffè, di teatri e di cinema* tografì fino alle tre del mattino, sue. nario di grande capitale moderna dove si fondono insieme i ricordi di JVienna, di Parigi, di Napoli, le tre tappe della sua storia, e dove non manca nemmeno una metropolitana col nome di una fabbrica di calzature scritto in smalto sotto i gradini -ideile scale, esattamente come a BerS'iino. E, pochi chilometri di qua, di ^là, sulle montagne, villaggi di creta, wpenza strade, senza illuminazione, senza scuole; e gli indemoniati della Balma. Il genio della solitudine mepaeSpLsbuil l'ududo unlitostrirafladotesle so cheindarmNaterdetorilo terrivsegmivese dostadi 'Assuefatto da secoli a tante cìiscre aze, se si prova a praticare l'arto ila via di mezzo lo spagnolo non age fuorché all'o/fa podrida: il _ Brere confuso con la seguedilla, la: cattedrale di B irgos maritata all'Jfcfhambra, V hidalgo a braccetto col piearo, i nani del Velasquez a fianco dei giganti che il Greco stirava sul letto di Procuste della santità. Ma per non giungere M'olia podrida, un solo scampo: appartarsi, » D:vero genio della Spagna è il genio della solitudine. Nella medesima grande epoca di quella conquista mondiale sulla cui smagliante incutala, i primi Ahsburgo sembrarono lì lì iper foggiare l'unità morale della penisola, le incompatibilità, le intol leranze, le secessioni , interne persistono, a mala pena coperte dallo strepito delle colubrine e dal ferreo pas ■o'degli eserciti. Agli sforzi di organiszazione interna di Carlo V rispondo la rivolta delle comunidades, che perorano di garenzie parlamentari dqecentosessantott'anni prima della Rivoluzione francese. Filippo II osa ammala pena ridurre le prerogative SU'antico regno d'Aragona e delle irtes ma si guarda bene dal portare la mano onnipotente sui fuerot .-locali e sulla legislazione particolare fregioni e città difendono come lore del nome. Priva di un codice tario, la monarchia che pretende impero universale presenta alla base l'aspetto di un medievalismo cronico, riproduce in pieno Rinascimento la figura del paesaggio feudale irto di rocche costituzionali e giuridiche inespugnabili. Non contenta dei privilegi politici £ • amministrativi, non contenta di possedere una giurisdizione speciale per ogni classe della società, la Spa- Igna del tempo trova una suprema porta di evasione: l'America. La fuga in America, che spopola in pochi li il reame più potente del mondo sa un'epoca in cui il concetto della (vigrazione non esisteva se non cose ricòrdo delle migrazioni barbariche cioè come sinonimo di cataclisma orico, è un fenomeno analogo nelle sgioni morali, per quanto diverso gli effetti pratici, a quello della ga negli ordini religiosi. Da un lato la Spagna armava caravelle, dall'altro apriva conventi. Nel 1626 questi ultimi, superati i novemila, si nifedasulisunlo dinele talale dodilizcale siapeHfecoleraSpcol'ilatèzismreripogivapenescpeertesemtalachtudmmmziiscodSintedvzadlal'sofinl'pscppc*appczdse1nsnogdttndsrlggppitdpar rivelavano di gran lunga più prolifici delle prime : ma non è da credere che la razza spendesse, meno spirito d'avventura nei conventi che misti cismo nelle caravelle. Erano due for¬ * i o * . a i e n a i i , , a e me di evasione, che in ogni altro paese si sarebbero escluse e che in Spagna si completavano. L'ultimo tentativo fatto dagli Absburgo per insegnare agli spagnoli il culto dell'Impero e il senso dell'unità nazionale fu quello del conteduca de Olivares, quel tale che secondo il Manzoni «pigliava ombra se una foglia faceva pia rumore del solito i. Ma nemmeno il grande ministro di Filippo IV, per ostinato e iracondo ohe fosse, riesci ad insufflare lo spirito unitario in un paese dove pareva che nessuna regione potesse convivere con le altre e dove le gelosie locali erano tante e il senso dell'interesse comune così scarso che non c'era verso, per esempio, di indurre l'Aragona a impugnare le armi quando il nemico invadeva la Navarra nè la Catalogna a permettere che le truppe delle altre parti del regno penetrassero sul suo territorio per ajutarla a difendersi contro lo straniero. Il suo esperimento ebbe termine, tanto per cambiare, con una rivoluzione, quella del 1640. Più rassegnato alle lezioni della realtà, il ministro caduto avrebbe potuto scrivere in testa al suo Nicandro la frase amara che due secoli e mezzo dopo doveva pronunciare Gioacchino Costa : n Chiudiamo ormai con due giri di chiave il sepolcro del Cid!» Dagli Abiburgo ai Borboni viaBoso l'idnaCusuniedrdoanre netuqumerel'ifafintastanitalizsecmgito n l , o a a i, ea a lì a l es ane ri a a e e rot e e e e a o iauci di le a- a uhi do a oima le so la n l6 si Succeduti agli Absburgo i Barbo ni, il genio domestico francese si affermò subito nella preferenza accordata alla politica di organizzazione sulla politica di avventura e al realismo sul misticismo. Lo Stato fece uno sforzo eroico per radere al suolo le roccheforti che gli impedivano di estollersi e tagliò a man salva nella foresta dei fueros, decapitando le autonomie dell'Aragona, della Catalogna, di Valenza, di Majorca, della Biscaglia, dichiarando soppresse le giurisdizioni particolari ed entrando in lotta perfino con la Chiesa mediante lo sfratto dei Gesuiti, l'abolizione della manomorta, la rivendicazione del diritto di intervento nelle nomine delle alte cariche ecclesiastiche e la limitazione della coni petenza del tribunale della Santa Hermandad. Ma anche i risultati effettivi di questo gigantesco lavoro di coordinazione della materia nazionale dovevano restare inferiori alle speranze. Al principio dell'Ottocento la Spagna contava ancora più di 3000 conventi, e non appena, col 1808 e l'invasione napoleonica, venne meno la ferula del potere "centrale, si potè assistervi alla immediata dissociazione di tutto quello' che l'assolutismo borbonico aveva creduto fondere e saldare per sempre. Fenomeno profondamente caratteristico per la psicologia politica del popolo spagnolo, mentre le varie regioni del Regno formavano istintivamente il quadrato intorno all'indipendenza nazionale minacciata, fornendo al mondo la prova di una coscienza patriottica di gran lunga superiore a quella di cui fino allora eransi mostrati forniti gli italiani, i tedeschi e sin gli stessi francesi, il senso dell' indipendenza regionale e municipale trovò modo di uscire intatto dagli avvenimenti e di alzare la voce in quell'Assemblea di Caxlice che fu come un tentativo per costituire finalmente lo Stato sulla base di un largo federalismo atto a permettere ai singoli membri della comunità di governarsi, entro certi limiti, da sè e per sè. Ma la costituzione del 1812 non dura se non un istante e col ritorno dei Borboni incomincia fra lo statismo e l'individualismo una lotta che farà della Spagna nel secolo XIX il teatro di incessanti convulsioni, non terminate ancor oggi. Cinque costituzioni, una ventina di moti rivoluzionari, due guerre civili per la successione al trono, mezza dozzina di reggenze, una dozzina di governi provvisori : ciascuno tira la corda dalla sua, ed è miracolo che l'unità nazionale non vada in pezzi, sopravviva perfino al cartismo, perfino al catalanismo. Ma„all'indomani di ogni nuova affermazione dell'assolutismo centralista e quanto più, col volger degli anni e la crescente pressione dell' esempio europeo, lo Stato riesce a rafforzare i propri poteri, la tendenza alla secessione ricompare. Da Ferdinando VII a Isabella II *a. Corona ripiglia a smantellare i privilegi locali procedendo alla compilazione di codici generali e di leggi che unifichino finalmente le disposizioni relative al regime delle acque, delle miniere, della caccia, della pesca, dei tributi, del servizio militare e così via: eppure ancora dopo il 1888 in Catalogna, nell'Aragona, nella Navarra, nelle provincie basche e nelle Baleari il Codice civile non è valido se non in quanto non osti contro le leggi speciali del luogo. Per spezzare alla radice l'albero delle prerogative giuridiche locali al tri sovrani procederanno alla ripar tirione amministrativa del territorio nazionale in quarantanove provincie di carattere puramente burocratico secondo l'esempio napoleonico: ma la repubblica del 1873 torna impassibile a chiedere per bocca di Pi y Margali l'autonomia completa delle regioni col semplice correttivo di un patto federale. Emilio Castelar ai prova a riorganizzare durevolmente cePpatapdlalady Olufòl'ealindofostmniil dachficamripomstsaqurialsiplansochvdmincesospcdlacapvriinspgdolachresoamdscpdppqlinmmeeusqsemlddtcrcfenqntaddaldllrimdd«il paese mediante una dittatura cen- .btralista. Sonori che, meno fortunato ^di Primo de Rivera, sebbene molto {npiù capace di lui, deve affrettarsi ad abbandonare il potere - a un Berenguer del tempo, il generale Pa- ptp via. Restaurati una seconda volta i Borboni e scoppiata contro Alfonso XII la seconda guerra cartista, l'idea della dittatura salvatrice rinasce, all'indomani della disfatta di Cuba, o per mento di un giureconsulto, il Costa, il quale la propugna, nientemeno!, dall'alto di una cattedra dell'Ateneo madrileno, invocando l'esempio di Roma, dico di E orna antica, cosa che non poteva offendere la suscettibilità di nessuno. Ma nemmeno la promessa che la dittatura sarebbe provvisoria, come un quarto di secolo dopo doveva promettere Primo de Bàvera, riesce a renderla accetta ad un popolo che l'interesse pubblico lascia ancora affatto indifferente. E lo stesso Costa finisce col sostituire all'idea di dittatura quella, diametralmente opposta, di autonomia giuridica e arami nistrativa delle regioni, che dalla Catalogna passerà in Boscaglia e in Gal lizda per generalizzarsi, agli inizi del secolo XX, sino a fruttare alla prima di tali provincie lo statuto regionale del 1914. Il carattere delle rivoluzioni spagnole a 0 e o l a i l e e e e n a i a a a e , o i I i gi e, ee il a, ae n oro l r o ie o a iren ai te Considerato alla luce di simili precedenti, il settennio dittatoriale di Primo de Rivera perde la sua apparenza di fenomeno sporadico o di tatto d'imitazione per confessarsi epdsodio caratteristico di quella secolare lotta fra « il pericolo Stato < la spontaneità sociale > — mi servo di espressioni care a José Ortega y Gasset, direttore della Revista de Occidente — che affiora, or sì or no, lungo l'intera storia della Spagna. Altrove, la ragion di Stato trionfò definitivamente col principio dell'evo moderno imponendo silenzio alla voce degli egoismi particolari; in Spagna il fermento feudalistico doveva rimanere sin oggi se non più forte della prima almeno forte abbastanza per impedirle di prevalere in modo assoluto e irrevocabile. La cronicità dei moti rivoluzionari di cui il paese offre spettacolo è spiegata da tale circostanza allo stesso modo che a sua volta spiega la loro superficialità. Come le rivoluzioni sudamericane nate alla stessa scuola, le rivoluzioni spagnole sono sempre un po' rivoluzioni da operetta. I regimi crollano e si instaurano o si restaurano senza inutili effusioni di sangue, con la facilità che fuori di qui non sarebbe dato trovare se non risalendo alle rivoluzioni di'' palazzo al tempo dei Merovingi. Ma gli è che nove volte su dieci allSpprl'igoavprallla fine escinaè dadeladai sttenaqufee mpumchquRloglglsitefapedeUtiridladptavemSchdmnuggtetzdasi tratta, appunto, di rivoluzioni di'.apalazzo. Quando un paese soffre del la mancanza di unità politica, economica, sociale e culturale di cui soffre la Spagna, è troppo difficile che .una rivoluzione .riesca a sollevarvi simultaneamente tutti i cittadini. Fra tante rivoluzioni, una sola manca, infatti, alla raccolta messa insieme dagli spagnoli: quella francese, in risposta alla quale la penisola trovò al contrario il solo gesto spontaneo di solidarietà nazionale di cui sia mai stata capace, la euerra del 1808. 6 Se non dipendesse che dal popolo, la Spagna diverrebbe come per incanto un paese tranquillo: anzitutto perchè quando un popolo fa una rivoluzione la fa sul serio ma non la ricomincia prima di qualche secolo, in secondo luogo perchè il popolo, spagnolo è, nella sua grande maggioranza, troppo poco metafisico, a dispetto delle recenti lezioni degli organizzatori socialisti, per cercare la medicina dei propri mali altrove che nelle due forme di evasione diretta indicate dianzi. Le evasioni esso le preferisce dirette e individuali: a quelle mediate e collettive lo rende mal preparato la inevitabile atrofia del senso sociale determinata dalla scarsa densità demografica di un paese dove regioni quali l'Estremadura, che non è neppure la meno popolosa di tutte, non contengono, per una superficie quasi doppia di quella del Belgio, neanche due milioni di abitanti, di un paese che su novemila comuni ne annovera settemila e quattrocento di meno di duemila anime e, fra questi, cinquemila e seicento di meno di mille. Come elevarti al senso della necessità di un cambiamento di regime anzi al senso del regime per se medesimo, quando la tua coscienza è quella del solitario avvezzo a vivere nel deserto contare fgDdlJmqtcamndmdctfifibisqcdlttNbcLrigrltftbidscrdhe a non contare se non sui propri jsmezzi e sulla misericordia di Dio? -oLe rivoluzioni spagnole sono dunque [dl'opera delle minoranze organizzate: ildei grandi latifondisti del censo o! della cultura, i primi conosciuti sotto la qualifica di conservatori, i secondi sotto quella di liberali o di radicali; e soprattutto dell'esercito, che in un paese siffatto gode per forza di cose della prerogativa di essere la minoranza meglio organizzata di tutte. La loro frequenza anormale costituisce un fenomeno analogo al battere precipitoso di un orologio a pendolo cui non cpmgctdtpclaia stato appeso il pendolo: il peti- dolo, il freno, cioè il popolo. In fatto\»di guerre intestine la Spagna trovasi-cancora allo stadio in cui si trovava'al'Europa del Rinascimento in fatto!di guerre internazionali: conosce so- lo la guerra dinastica, la guerra tra le Corti e le relative bande mercena- Idrie, che in politica interna si chia- rmano clientele, ma ignora la guerra!di masse, la guerra nazionale. ìT.e rivoluzioni, i colpi di Stato, le (Fdittature di cui si è fatta una spe- n«salita bisogna dunque prenderli con n- .beneficio d'inventario e guardarsi jto ^all'applicar loro i concetti che han-ito {no corso in casi simili negli altri | si ea- paesi del continente. Paese prò fon- ti amen te serio ma appunto perciò iprofondamente umano ed attaccato I a n a e a l e e i i o a e , o ; o ù n i a o e n edi di n o ci alle essenze profonde della realtà, la Spagna non ha ancora imparato a prendere sul serio la politica. All'incessante battagliare e arzigogolare dei partiti, all'incessante avvicendarsi dei regimi reagisce pressappoco come Sancio Teagiva alle matte imprese del Cavaliere dalla Trista figura. Dulcinea non le ha finora mostrato di sè se non smorfie e verruche, complicazioni e sofismi: essa procura quindi di ignorare Dulcinea, limitandosi a curvar la schiena al suo cospetto di quel tanto che è indispensabile per evitar le . pedate dei suoi focosi paladini. Primo de Rivera si lagnava che il paese lo lasciasse solo a battersi contro i feudatari: ma esso non lascia meno soli i repubblicani a battersi contro i costituzionali. Se il paese, politicamente, è qualcosa, è certamente più monarchico che altro, e questo anche qualora domani gli avvocati e i professori di Università di Barcellona e di Madrid dovessero giungere a mettersi d'accordo'per rifare la Repubblica. Il paese è monarchico perchè la monarchia è la forma di governo che chiede di meno al popolo, anche quando gli chiede di più, perchè il Re, anche quando si chiama Carlo V, è il più lontano e distratto de gli alcadi e la sua tirannide somi glia a quella del Padre Eterno, che si esercita di sopra dalle nuvole, partecipando di tutti i caratteri delle fatalità cosmiche, laddove guai a di pendere dalla tirannide illuminata degli avvocati e dei professori di Università, dalla tirannide democratica ! Nonostante l'ampollosità del cerimoniale creato attraverso i secoli dalla leggendaria boria spagnola, la Spagna è uno degli ultimi paesi dove il potere rivesta ancora aspetti patriarcali e tolleri facilità di con tatti fra sovrano e popolo, fra governanti e governati. In regime de mocratico ]•« supreme autorità dello Stato sono asserragliate nella gerarchia e negli uffici, rese impersonali dalla impersonalità della funzione : ma nei paesi dove il regime assoluto non fu mai totalmente sradicato da una vera rivoluzione sociale, la soglia di Cesare è aperta a tutti. La Monarchia e il popolo drimole stezanzurle Qdi occungiodeingto civcala sciattasuteoSite la vechmdaunAlfonso XIII non ha avuto bisogno di apprendere lo stile democra tico sul tur/ di Deauville. A Madrid egli è semplicemente Don Alfonso e tutti i giorni le sue anticamere ronzano e brillano di gentiluomini, di dame, di ufficiali, di borghesi venuti ad ossequiarlo, a intrattenerlo di un di'.affare, a restituirgli una visita, a in¬ l oui le eaa sa nito di ra o, nto ila o, lo, g a li re ve isi: de ia la un ano o, di isu eela me di al o, el to formarsi della sua salute, a porgergli congratulazioni o condoglianze. Dalla Plaza de Arma* dove sfaccendati e' curiosi si scaldano al sole sotto le muraglie bionde della Reggia del Juvara che li difendono dalla tramontana secca dell'altipiano, chiunque può vedere dietro i cristalli scintillanti del piano nobile i petti carichi di nastri e di decorazioni degli alti personaggi — grandi di Spagna, ministri, diplomatisi, generali, uomini politici, funzionari — che attendono il loro turno tamburinando familiarmente sul vetro o intrattenendosi a braccetto sotto le pieghe dei cortinaggi. Di quarto d'ora in quar- coine dezidesibcoglsognl'hbeblselapadeil Lgnl'seandereuunsttonsmgpcdgpmdrfttudlcl cto d ora 1 orologio della loggetta gon- „fio 1, j„„~?o a; .a* |1 sfia la sua doppia gota di bronzo sof bando via a stormo i colombi verso il cornicione barocco che ricorda Caserta e i piccoli commercianti del quartiere intenti a leggere il Sol col cappello sugli occhi e le spalle addosso a un pilastro cavano di tasca la cipolla di nichel per il dovuto controllo. L'intimità fra Reggia e capitale non doveva essere maggiore a Napoli al tempo di quegli altri Borboni. Allo scoccar delle undici incomincia il cambio della Guardia, che ar ftvaticuptdrLia XI i aniuiu ut.-na vjrua.ii.il a. Ulte ai - riva con bandiera spiegata è fanfara !!. _..!.£>._ iTin testa dalla Calle de Bailen, costeg già la Plaza de Oriente e va a schierarsi sotto le impalcature grigie della cattedrale in costruzione, in attesa che la Guardia smontante abbia finito di sfilare di là dalla cancellata. E la cerimonia, che dura un'ora buona ed è preceduta da un teatrale ingresso di alabardieri, dovrebbe rendere sensibile la maestà del Regno secolare, l'orgoglio dell'esercito vincitore di cento battaglie, la cavalleria del Cid. l'inflessibilità del duca d'Alba, l'alterigia di p-enerazioni di hidalgo», ro\ suo ritmo severo e la ri jsua funebre lentezza, i soldati in -ordine sparse a cinque passi l'uno ue [dall'altro, il moschetto a spall'arm, e: ila sinistra ingu; o! otedi o, er di arefepion nguantata di bianco tesa reggere la daga, e quel passo spiccicato a stento che dovrebbe essere passo di parata e sembra passo da mortorio, sul ritmo flebile di un adagio di cornetta e di tamburo che il cavallo del colonnello scande a puntino posando in terra uno zoccolo dopo l'altro con l'eleganza di uu veterano del maneggio, per la gioja del pubblico assiepato. Ma anche qui, come nella Napoli borbonica, il Colonnello avrebbe un bel comandare LiletctqId'zrritmnfpMti- ai suoi uomini, al momento del pre to\»entat'arm : a Facite 'a faccia feroasi-ceti: gli uomini sono ragazzi dalla va'apparenza innocua di collegiali o di to!figli di famiglia e tutto il loro fasciso- no sta per l'appunto nel conservare ra ad onta della baionetta innastata, a- Ideila triplice giberna, dei pantaloni a- rossi e della buffetteria luccicante, ra!quell'aria umana, inoffensiva e sei ìvizievole di chicot di buon carattere. le (Finita la cerimonia e distribuita ai pe- nuovi ospiti la trentina, a dir poco, di on garitte che circondano la Reggia, rsi jsenza dimenticare gli ulani dal doln-iman color canarino, che usufruiscotri | no di raritte speciali da ricoverarmi n- a cavallo, la Plaza de Ai-mas divenciò ita, da San Isidro alla Calle Mayor, to Ila terra promessa delle serve di Ma- alvctdceSddSecmsltndpbSasqe a a e e a a e e o o i e a a a e e l e re a i aei a, si ti n oe o ri : o a oo drid, le quali vi passano i pomeriggi montando di fazione alla destra delle sentinelle o sospirando sui bottoni stemmati dei caporali nell'aria frizzante che porta su dalle pinete azzurreggianti a perdita d'occhio i mille aromi della Casa de Campo. Questa quotidiana fraternizzazione di militari e di muchacha» sotto gli occhi di S. M. Cattolica in mezzo a un allegro sciamare di bimbi che giocano a palla e a un dolce protendersi di poppe di balie verso musi ingordi di lattanti fornisce, a dispetto di tutte le pompe del cerimoniale civile e militare, la misura esatta del carattere incurabilmente paterno della monarchia spagnola. Se si è lasciata sfuggire di mano tante cose, attraverso i secoli, non è forse per tale irresistibile prevalervi del fisico sul metafisico, del sentimento sulla teoria, della spontaneità sul sistema? Si mette in marcia innumerevoli volte verso la ragion di Stato, l'ordine, la stretta disciplina organizzatrice, verso quello che i popoli, ingrati, chiamano assolutismo o dittatura: ma ogni volta sì ferma a mezza strada o torna indietro, pronta a firmare una costituzione. Gli errori della Spagna ptravbasesufuperiststagsemgigumsibaEmdl'gqgcebcocginnbroa d e ndi ti n n¬ re. nto el annrigli a, minanei r- Sono peccati dei quali prima o poi conviene pagare il fio. Questa intima incapacità della monarchia a volere e ad ottenere, indelebile stigmata dei contemplativi, è stata la disgrazia della Spagna, la ragione diretta del suo lungo ristagno, ed è impossibile sfuggire indefinitamente alle conseguenze di uno stesso errore. Ma gli errori della monarchia spagnola sono, purtroppo, gli errori della Spagna. E: la Spagna che l'ha fatta e l'ha voluta così e che domani farebbe e vorrebbe così anche la Repubblica. E' la Spagna che spinge le serve tra le braccia delle sentinelle: la Spagna del Vittoria e del Suarez, padri del diritto naturale, la Spagna del marchese Espinola che abbraccia il vinto di Breda nel quadro delle Lancie di Diego Velasquez, la Spagna pia e ardente di San Domenico, l'unico fra i paesi cristiani dove il senso dell'amore e del dolore resti ancor oggi la discriminante suprema dell'azione. Quale monarchia, quale repubblica riusciranno mai a fare una macchina politica perfetta di un paese che preferisce la libertà nella miseria all'opulenza nella costrizione? Cose semplici, idee semplici: e molto largo per muoversi. La sua smania di autonomia non nasce da egoismo o da calcolo, che ne sarebbero già correttivi efficaci, come lo sono pei francesi: nasce da disprezzo del contingente e da rispetto di sè medesimo, da rispetto dell'umano. Per gelosi che sieno della propria indipendenza, gli spagnoli non sapranno mai risolversi a rifiutare agli altri il diritto di esser gelosi della loro. Se recalcitrano allo Stato è perchè rifuggono dalla setta. I partiti politici ne sanno qualche cosa. Appartandosi, questi refrattari operano una ritirata paragonabile a quella di chi entra in un ordine religioso la cui regola prescriva l'amore e il del Lcommercio del prossimo. Per questo le riottose e scontente l città srjasnole non hanno nulla del- n- „ . "r" . , ., ,. a* |1 arcigna freddezza spirante dalla di¬ sciplinata e soddisfatta provincia of so ael col dca npi a ornar francese, ma si distinguono al contrario, a dispetto di qualche onorevole rissa, pel loro fare intimo e abbandonato, per la loro familiarità raccolta e tenera. Lo spagnolo si isola 6enza inaridirsi. Il patio b il cuore profondo della sua casa, ma una' porticina socchiusa sulla strada permette sempre al passante di attingere senza indiscrezione al pozzo della sua calma e linda frescura, al romanticismo dei suoi gerani spruz- ai - ,. , , * . , < , • . ra !!at,.8U verd,e P'stac5hl° d% m.un iT.q KrvrMa marie! una i» Minprnr a f» i g ieelatbia lara ale nno nleca di la in no m, sa icre da da il nolo vedel ui, Core La boria madrilena è superficiale e imparaticela, e a due passi di lì Toledo e Segovia ti offrono la lezione eloquente della loro semplicità affettuosa, con quei caffè pieni di amici che si battono sulla spalla e si attaccano gli uni al collo desìi altri, quelle calli luccicanti di miradorc* Idove le massaie lavorano d'ago sen'za perder d'occhio chi passa, quelle ripe a saliscendi iugombre di comari sedute a sferruzzare al sole mentre la pTole gioca a salterello sul marciapiedi o di madri arrancanti nell'ombra turchina con un viiio infagottato di scialli amorosamente premuto sul cuore col gesto delle Madonne del Murillo. 0 Tentativo fallito re rolla di ciare ta, oni te, eire. ai di ia, olcomi enor, Ma- Lo stile borbonico si è intonato, attraverso i secoli, a questo prevalere dell'umano, ed è a tale virtù o vizio di adattamento che la Monarchia devo di esser caduta e risorta tante volte. Primo de Rivera sognò di infilarle una volta per sempre la corazza ferrea del moderno statismo e di allineare militarmente l'intera Spagna ai suoi piedi, per la salvezza di entrambe, come un plotone di soldati sulla Plaza de Arma* : ma la Spagna non vedeva più tra baiouetta e baionetta le gote pallide delle muchacha» dal ricciolo nero incollato a metà e non volle saperne di essere salvata così. E, del resto, non era lui prima d'ogni altro, il Dittatore, troppo spagnolo per volere ed ottenere realmente quello che sognava di far volere ed ottenere dal suo popolo ? I repubblicani s'immaginano che basterà loro apparire per fare della Spagna un altro paese. Dio perdoni ai presuntuosi. Ma Dio guardi gli spagnoli dal chiedere il segreto della quadratura del circolo agli avvocati e ai professori di Università. CONCETTO PETTINATO. sinucrsmeumdqsmentnfircamcadvs', I