"Salvatica,,

"Salvatica,, "Salvatica,, Di questi ultimi anni, fui sempre particolarmente colpito da certi aspetti della giovinezza nuova, che, anche in paesi diversi, nel momento presente della vita mondiale ha qualche tratto simigliatile. La spensieratezza proverbiale dell'età è in gran parte scomparsa ; non per dar luogo, tuttavia, ad una gravità pensosa, bensì ad una selvatichezza la quale non è priva di un certo qual sapore. Ecco una giovane russa. L'avevo presa per tedesca, conoscendola tra piccoli attori e attrici di cinema, in una vasta sala d'aspetto di un grande atelier della Germania. Saputo che era russa, l'osservai più attentamente e mi stupii .d'essermi potuto ingannare. Più morbidi i lineamenti, più espressivo il taglio dell'occhio, tutto il viso di una rotondità più pastosa, incorniciato da capelli, che, per biondezza, avrebbero potuto esser tedeschi, ma che, su quella fronte, facevano altro vedere. Che cosa aspettava in quell'antisala] D'essere scritturata? O aveva già una parte assegnata? Il signor Regenert, il factotum della casa cinematografica, di tanto in tanto s'affacciava da una porticina buia d'angolo, e gettava uno sguardo su tutti i radunati, i quali, alzatisi dalle panche addossate alle pareti, si schieravano, mettendosi in vista come ad una parata. Allora il signor Eegenert veniva avanti lentamente con due assistenti o régìsseurs che fossero, osservando uno per uno i soggetti, come un capitano i suoi soldati, o come un medico i pazienti di una corsia. A tutti batteva il cuore, a giudicare dal ribrillio dell'occhio di ciascuno all'avvicinarsi di quel supremo giudice, e dallo spegnersi di quel guizzo appena egli era passato. Spesso il signor Regenert sostava dinanzi all'uno o all'altro e si consultava con i suoi assistenti. Se il soggetto faceva al caso, allora era invitato a declinare le sue generalità, ed il suo stato di servizio cinematografico. Gli assistenti segnavano sul quaderno pronto le dichiarazioni, ed il fortunato veniva senz'altro spedito oltre la soglia della agognata porticina d'angolo. Ed ecco il signor Regenert dinanzi alla giovane russa. Segno di attenzione. Si ferma. Aggrotta le ciglia. Dice una parolina al primo assistente, e ne riceve un'occhiata afféraaaijya, \^ptilatrdsaMRe dnè cstcvtdvfscdmmssgfngbcpfssamgdai rivolge al secondo e quegli fa di sì con il capo. Osserva la ragazza per davanti, poi di sbieco. /_ Sì muova — le dice alla fine, invitandola a camminare. — Come? — Cammini, faccia una piroetta, uu inchino. — Oh, se è per questo I Con una deliziosa aria canzonatoria la ragazza marcia, poi si gira su se stessa, poi danza. — Basta, basta. Di dove è lei? z — Io? russa. — Russa ? Ah già si sente I e dove ha imparato il tedesco? — In Germania. Ci sono da due mesi. — E in due mesi? — Faccio presto io. — Brava. Dev'essere intelligente. Ma perchè ha lasciato la Russia ? Forse si trovava male lì? — Male? Benissimo. — Chi sta bene non si muove. — Lo dice lei. — Mi mostri allora il passaporto. — Subito. Il signor Regenert osserva il passaporto sovietico, e lo trova in perfetta regola. — Che mestiere ha fatto in Russia? — Tanti che non ne ricordo più. — Ed in Germania? — Ho lavorato in un restaurant russo : ma la granduchessa che vi fa da prima cameriera, naturalmente era di idee opposte alle mie. Abbiamo bisticciato e ci siamo prese per i capelli. E la ragazza, in segno di disprezzo, sputa. — Qui, non è permesso sputare sul pavimento. — E allora dove si deve sputare? Il buon umore che la ragazza suscita non permette al signor Regenert di assumere un contegno indignato. — Bene — dice — imparerà con il tempo un po' di creanza, se viene a lavorare con noi. Ma ha lei dei precedenti cinematografici? — Oh, altro 1 — fa la signorina con un gesto che, a prenderlo sul serio, indicherebbe una lunga carriera. — Si immagini che alla «Ufa» mi hanno fatta saltare da un trampolino che faceva da scoglio e alto quattro metri, in una piscina. Vestita, badi ! Eh ho raggiunto la riva a nuoto! Avrei continuato la carriera ; ma me lo impedì una lunga malattia — Lunga ? Se da due mesi soltanto si trova in Germania, ed è già stata al restaurant e poi alla a Ufa»!... — Senta. Otto giorni senza potermi alzare... Per me, è proprio lunga. Non mi era accaduto mai. — Avrà speso molto, tra medici e medicine 1 — Ci crederà lei al medico ed alle medicine; io no. — Perchè ? Come ai cura lei ? — Finché non posso alzarmi, rimango a letto. — E allora veniamo a noi — dice a mo' di conclusione il signor Rege nert che si è divertito. — Ha vestiti lei per fare l'attrice? Smorfia di nausea da parte della russa. Che cosa vuol dire con questa smorfia? — Che il suo è un discorso trop po borghese. Da noi, quando di vestiti se ne ha uno, se ne ha abba stanza. — E' borghese cambiar di vestito? Se ne porta sempre uno i tcslemdcrqdisnsQqglsmr■— Finché durai Vuole avere un bagaglio appresso! Son cose di altri tempi. Senta: un vestito, due camicie, due mutande, due paia di calze, quattro fazzoletti, un cappello, un paio di scarpe. — La felicità! — Se lei ha un guardaroba e molti denari verranno i ladri e faranno la festa. E bravi quei ladri 1 — Già, ma perchè vuol fare l'attrice, se non ha intenzione di guadagnare del denaro? — Quanto mi dà? — Le bastano sei mareni? — Fatto. — E se gliene dessi dodici? La ragazza rimane un po' perplessa; poi, risolutamente: — Forse non saprei che farmene!... Ma li accetto lo stesso. — Va bene — conclude il signor Regenert. — Cominceremo con otto, e poi, se sarà il caso, gliene daremo dodici. Speriamo di cavarne una buona attrice comica. — Comica o non comica, per me è lo stesso ! — risponde la ragazza con uua scrollata di spalle ed un gesto così espressivamente noncurante, che tutti scoppiano a ridere. E, invitata, passa il traguardo della porticina d'angolo. Il signor Regenert, consultandosi di nuovo con i suoi assistenti, dà a vedere la sua convinzione di aver fatto un buon acquisto. Poi, avendo terminata la sua ras segna e fatto sgomberar la sala, mi conferma che dalla piccola selvag¬ gia russa, caverà fuori un numero con i fiocchi. Passarono due mesi, o forse tre. Della giovane bolscevica mi ero al tutto dimenticato. Quando, trovandomi a sedere al tavolino esterno di un caffè che aveva inaugurata la primavera nel bel centro di Berlino con una fiammeggiante fila, di gerani, vidi un accorrere di gente attorno ad una ragazza che somministrava una considerevole 6erie di violenti ceffoni ad un bellimbusto, il quale, datosela a gambe, non si sarebbe neppur salvato dall'inseguimento della accanita fanciulla, se, tra lui e lei, non si fosse frapposta una provvida fila di sopraggiunte automobili. Tornata indietro colei, e detto alla gente che lo spettacolo era finito e che se ne andasse, imboccò il recinto del caffè ed ordinò una birra per rinfrescarsi. L'avevo già riconosciuta. Essa mi riconobbe ora. — Oh bravo ! La rivedo in buon punto — mi disse. — Quello zerbinotto piccolo-borghese levigato farabutto! Voleva darmi ad intendere di essere innamorato di me ! Invece, pos so garantirlo, era innamorato dei trecento marchi che ho nella borsetta ! — Trecento marchi ! Ma anche lei dunque... Una borghese capitalista! — Puah ! — fece con una smorfia. — Non vede che indosso lo stesso vestito d'allora? Ho girato due films ed ho risparmiato. Ora posso concedermi il lusso di cambiare squama. Non le pare? Era, difatti, scalcagnata e logora. pb — Mi vuole accompagnare ? .Ajiche il suo amico può venire con noi. Una passeggiata fino da Wertheim. Che bella primavera ! Era troppo divertente perchè non l'accompagnassimo. Prima un omnibus, poi la ferrovia sotterranea, poi un tram elettrico. Come Dio volle, si arrivò alla fine da Wertheim, lo stesso che dire una « Rinascente » moltiplicata per mille. E qui, altra confusione; gomitate, spinte, assalto agli ascensori, strepiti di grammofono, di radio, di orchestre, scale mobili, tappeti giranti, un diavolerio. La ragazza, scivolando come a casa sua tra quest'ira di Iddio, ci depose come dei fagotti ingombranti in uno dei cento caffè delle varie sezioni, promettendoci di tornare fra un quarto d'ora. Eravamo già intontiti dal turbine del luogo, quando ci riapparve puntuale. Oh quanto mutata! Credo che degli indumenti di prima.non le rimanesse addosso nemmeno una legacela. Tutta vestita di nuovo. Proprio come la serpe che lascia la squama vecchia. Ai commessi che le avevano domandato l'indirizzo per farle tenere gli indumenti lasciati i Brucano!» aveva risposto. Uscendo, respirava l'aria, come se tutto il mondo fosse suo. Felice. — Sono equipaggiata per tutta l'estate! — gridava. — Per tutta l'estate !... E ballava sulla panchina, pestando i piedi a chi passava. ROSSO DI SAN SECONDO.

Persone citate: Rege, Saputo, Wertheim

Luoghi citati: Berlino, Germania, Russia