L'omaggio di Torino ai Principi di Piemonte

L'omaggio di Torino ai Principi di Piemonte L'omaggio di Torino ai Principi di Piemonte Un ricordo di due secoli fa cvmgMentre Torino è ancora, tutta vil)ran:lzaLe nozze di Vittorio Amedeo te per le accoglienze fatte ai Principi Sposi, è forse suggestivo rievocare altre accoglienze cittadine fatte in altre simili occasioni, ad esempio cento e ottanta anni or sono. Anche allora un principe ereditario di Savoia. Vittorio Amedeo, figlio del glorioso Re Carlo Emanuele 111, sposò una gentil principessa straniera. Maria Antonia Ferdinanda, reale infanta di Spagna; e la condusse nella fedele Torino fra la gioto affettuosamente espressa della popolazione. E' di buon augurio rievocare queste feste lontane, mentre altre dello stesso genere modernamente se ne preparano, ed è curioso desumerne il dettagliato ricordo dalla Raccolta de' giornali del tempo, compilati da G. G. A. Tamietii, giornalista privatamente privilegiato da S. M., ed abitante nel Palazzo di S. A. 11 principe di Carignano. 11 giornale d'allora si stampava a spese dell'autore nella Stamparla Reale e si vendeva nella bottega del signor Giacomo Antonio Rabi, libraio della Società vicino al Regio Teatro. Il giorno 4 di Giugno del 1750 il corteo della giovane Sposa si mosse da Rivoli, seguendo la vasta strada che già allora, tra due belle spalliere di olmi, si prolungava dal reale Castello sino a Porta Susina. Aprivano la marcia alcuni staffieri del Re a cavallo, e seguivano sei carrozze a tre pariglie, con gli Scudieri, gli Eilemosinieri ed i Gentiluomini di Corte. Poi ecco la magnifica berlina degli Sposi, nella quale sedeva anche il duca di Chiablese, fratello del Principe Ereditario, mentre 16 tre Principesse Reali erano nella carròzza seguènte. Gentiluomini di Corte ed ufficiali della Guardia caracollavano agli sportelli fra molli valei a piedi e lacchè in grande livrea, della Real Casa. Una fila interminabile di altre carrozze di Corte seguiva poi con le signore Dame di Palazzo, e chiudevano il corteo tre compagnie delle Guardie del Corpo con trombe e timballi. La principessa Sposa era tutta vestita di bianco, con turbante e velo in testa, e sorrideva gentilmente ai contadini che si affacciavano dai campi, salutando con infinito rispetto. Un po' fuori Porta Susina era schierato il reggimento dei Dragoni di Piemonte, mentre proprio sotto le mura rendevano gli onori militari i tre reggimenti dei Dragoni di S. M., di S. A. R. e della Regina, agli ordini di S. E. il Conte Saluzzo della Manta, cavaliere del Supremo Ordine dell'Annunziata e Generale di Cavalleria. Quando il corteo giunse alla porta della Citta, echeggiarono tutte le trombe, rullarono tutti 1 tamburi e i cannoni della Cittadella cominciarono a sparare i quattrocentocinquanta colpi di saluto. Il corteo però non ancora entro in bitta, e fece il giro degli spalti esteriori della Cittadella, giungendo cosi a Porta Nuova, sacra allora come oggi si solenni arrivi. Incontro agli Sposi si fece intanto S. E. il marchese d'Aix, cavaliere dell'Annunziala e governatore di eTOSlno, circondato dat Sindaci e Decurtimi della città. Il primo benvenuio:,'aÌla Sposa fu dato a nome della popolazione dal conte Provana di Collegno, e poi il Corteo si inoltrò analmente in città, mentre osannavano a festa tutte le campane fra il rombo Incessante del cannone. Mirabile era l'aspetto della Via Nuova, che allora come oggi conduceva in linea retta fino a Palazzo Reale. Anzi nel 1750 la futura via Roma non era ancora certo .invecchiala ed insufficiente al traffico come oggidi. Rigurgitava tuttavia di ordinata folla e el abbelliva di decorazioni multicolori di ogni specie, mentre un coro improvvisato cantava in buon piemontese una vecchia canzone benedicente, di saluto. Tutta la cittadinanza era disposta lungo la via Nuova in buon ordine, formando innumeri compagnie in abito diverso, ciascuna col suo stendardo, con gli haubois, ì corni da caccia od altri strumenti. L'isola di San Federico era occupata dai conciatori, e quella di S. Clemente, di rimpeuo, dai tintori e dagli acquavitai. I padroni e lavoranti sarti si stendevano lungo le due isole di Sant'Emanuele e San Vincenzo, mentre i parrucchieri e i gioiellieri orefici fronteggiavano quelle di S. Damiano e di S. Pietro. Pjù in là erano ancora i padroni e lavoranti calzettai, poi i fabbricanti e venditori di stoffe, con abito e veste di scarlatto, i bottoni d'oro e il cappello piumato, pure bordato d'oro. Una bella manifestazione, insomma, di ordinata e laboriosa folla popolare. Il corteo regale passò in mezzo a questa folla disciplinata e plaudente e la principessa sorrise anche alle donne del popolo che le gridavano in dialetto al passaggio, un augurio di gioia e di prossima felice maternità. In piazza d'Armi, già allora detta di San Carlo, erano schierati In bell'ordine i due reggimenti di Schulemburg e di Salis che presentarono rigidamente le armi, mentre in piazza Castello si alternavano battaglioni del reggimento di Saluzzo e di Kalberma iteri, «gli ordini del colonnello marchese d'Ormea. con quelli sfarzosi del Reggimento Guardie, comandati dal colonnello Della Rocca. Le carrozza di Corte dovettero avanzare con infinita lentezza per concedere più a luni/o al popolo la sorridente visione de' due Augusti Sposi, e solo verso le sette di s-era sboccarono finalmonte in piazza Castello, entrando poi sotto l'atrio regale fra due file immobili di Archibugieri della Guardia, vestiti con casacche scarlatte trinate d'oro. Ad ogni gradino d*llo scalone di gala presentarono infine le alabarde i militi della Guardia Svizzera. „ Nelle sale della Reggia attendeva l'arMvo degli Sposi tutta la nobiltà torinese, e il baciamano che segui fu lungo • fastoso. Intanto sono 1" finestre del Palazzo, al suono marziale delle bande militari, sfilavano li^ truppe prima di rientrare nelle loro caserme, e 11 cannone datila Cittadella continuava a tuonare fra la baudéUa incessante di Botte le campane cittadine. À poco à poco scesero anche le pnBie ombre della sera, e .11 popolo si accalcò di nuovo in piazza Castello] ilraludaatraravomildidfiroficla msomdpriripupgncosaLrefamvppddtitrteiml'foqtetomcoaaatuvnntelirobpssocdPssGpDgccvPPiMCpBdazp«slsngptgppTvslaplaltesnmotacgscÌdddislcleUrlvAcplnnzar, per assistere al miracolo del fuochi m, artificio. Gli Sposi e la Corte comparvero an-1 cots, sotto un grande baldacchino di velluto cremisi, e aJ loro giuntene il maestro dei fuochi dette inizio al fragoroso e luminoso spettacolo. za"^ CJf_nI,ro .deJla piazzi» era stata inai- una alta colonna rappresentarne il trionfo di Cupido, la cuu* statua dorata brillava al riflesso di tutte le illuminazioni. Una rocca alpina serviva da base alla macchina dei fuochi, e attorno ad essa si alternavano deità rappresentanti fiumi e sorgenti con piramidi decorate, di armi e stemmi savoiardi, piemontesi e saTdi. Tutta la massiccia costruzione ad un tratto si illuminò meravigliosamente, e calcate di luce parvero precipitare dall'alto della colonna, dove dominava Cupido, fino alle conche aperte ai lati della rocca alpina. Fra molte detonazioni si finse anche un temporale, che si concluse tra lampi, prima incomposti, poi a poco a poco ordinantisi. sino a formare la sigla luminosa degli Sposi sopra la bianca croce di Savoia. Nella notte ormai profonda si illuminò quindi tutta la città, e il gaudio del popolo ancora una volta fece eco per le vie alla felicità della Reggia. Sono passati quasi due secoli e il rito gentile ancora una volta sta per rinnovarsi: mutano i tempi, ma vi è pur qualcosa che rimane intatto e che per miracolo si rinnova in una eterna giovinezza di sentimento: la tradizione torinese, la quale in ogni tempo si conserva fedelmente, incorrottamente sabauda. LUIGI COLLINO. DsigclldmipllpvbmetladdlsclrodsatvnranSdg