Un palombaro risale dal fondo del Garda recando sulle braccia la salma dell'Eroe

Un palombaro risale dal fondo del Garda recando sulle braccia la salma dell'Eroe Un'ora c^pioa intorno et Dal JVTolin Un palombaro risale dal fondo del Garda recando sulle braccia la salma dell'Eroe I> e» 1 nostro inviato e e a e , e e oi o' e o el e crne Desenzano, 30 notte. La salma di Dal Moliti è siala estratta oggi alle ore 14,25 dalla profondità del lago dove si era inabissata, quattordici giorni or sono. L'agile corpo di questo campione delle velocità è affiorato perfettamente composto, e tolte alcune leggere tracce di fanghiglia, la sua * toilette » di volo appariva irreprensibile dalle scarpe di copale al bavero del maglione di lana rossa che dalla tuta usciva a fasciare il collo, dalle lunghe mani magre e nervose alla purissima fronte per metà nascosta dal casco di cuoio. Invece che sottratto all'abisso subacqueo sembrava che il povero corpo scendesse proprio in quel momento dalla incontaminata chiarezza dell'aria. Causa della mòrte: una ferita alla nuca quasi invisibile; il viso dell'eroe: una purissima e salda scultura marmorea. E la rigidità delle membra assolutamente simile a quella provocata dalla pesantezza di un sogno giovanile senza inquietudine. Certamente ben lievi dovettero essere i fantasmi che per ultimi transvolarono nello spirito dell'aviatore, e l'estrema sua visione quella di un rotear di cerchi azzurri sempre più rapidi e serrati a misura che avvicinava agli orli del liquido imbuto, dentro al quale stava per discendere a capofitto, perpendicolarmente. E poi, sotto il fiorire momentaneo della spuma, il riposo a braccia aperte sul fondo morbido del lago senza una scossa nel rapido passaggio di luce verde tutto intorno. La sua anima è dunque trapassala dolcemente e la tragedia, con lutti i suoi terrori realistici, si è svolta soltanto nel cuore e nello spirito di coloro che hanno dovuto ricostruirla attimo per attimo durante questi quattordici giorni di pietose ed affannose ricerche. Egli, « il velocissimo », ha varcato le soglie dell'eternità con l'anima interamente abbandonata all'ebrezza del volo; ed è morto nel suo elemento senza soffrire. Misterioso presentimento Ieri, avevo detto, che si nutrivano molte speranze di ritrovare la salma e che il lavoro compiuto non era stato che di preparazione. Fortunatamente non mi sono sbaglialo. I palombari che erano già rientrati nella sede dopo il ricupero dell'apparecchio, sono ri tornali a Desenzano spinti da un presentimento che in realtà non si fondava su nessun fatto positivo. E' stato dunque un richiamo che ha veramen le del misterioso. Il comm. Quaglia, amministratore delegalo della Sorima, una volta a Genova ha sentito imperioso il bisogno di ritornare a Desenano coi suoi quattro uomini. Indub blamente il dolore e l'affetto della ma dre di Dal Molin hanno giuocato una loro parte spirituale, inconsapevolmente ma perentoriamente in questo epl sodio, che è stato cento di lama vicen da umana e matetiale. leti dunque, strisciando contro i bordi del Mincio, la torretta di osservazione che ho già descritta si è immersa più volte e 'per lunghissime ore nel le acque del lago, senza trovare alcu na traccia nè dell'apparecchio nè degli ancorotti del pescatori, che avevano nella giornata precedente scandagliato e raschiato il fondo sul quale presumibilmente doveva posare il corpo di Dal Molln. Nuvole di fango si erano sollevate tino al vetri degli obloidi de gli apparecchi, accecando i palombari, tanto che non si era riusciti a ritrovare la fossa scavata dall'idrovolante nella sua caduta. Un ramo di alloro era stato il magro bottino di tutta la giornata. Alla sera i palombari avevano discusso fino a tarda ora sulla rotta da tenert e sulle località delle immersioni. I quattro giganti andavano d'accordo su un solo punto irremovibile: quello cioè di perlustrare in lungo e in largo il fondo antistante all'isola di sirmione. Il comm. Quaglia, con l'ampio cordialissimo viso inquadralo nel bavero di una ruvida pelliccia matinatesca lasciava dire ed avrebbe lasciato fate. Eg>li vuol bene al suoi palombari come fossero suoi ragazzi ed ha piena fiducia nella loro intelligenza. Se gli si fosse proposto di stare un mese a Desenzano avrebbe certo accettato la proposta. La parola d'ordine era dunque una sola-, trovare la salma di Dal Molili, ritrovarla ad ogni costo. Ecco l'anima e la generosità dei nostri armatori genovesi. Il Mincio si stacca dal molo di Desenzano questa mattina alle otto. Una giornata molto grigia, molto melanconica; anche la speranza del sole è tramontata. Il breve viaggio di andatasrlosvidtdfinsaltosslvlirdnmsslsbndumssdqcmtcmdl è a i compie in silenzio. C'è a bordo del rimorchiatore, sia nell'animo del paombari che in quello degli avieri, un senso di amara sfiducia: nessuno ha voglia di parlate. Le boe che segnano l punto della caduta dell'idrovolante dondolano pigramente sull'acqua. Conemporaneamente al Mincio escono dall'idroscalo due velocissimi motoscafi. A bordo del primo sono il colonnello Bernasconi, che dal giorno della sciagura si è votato completamente alla triste fatica chiudendosi in un sienzio anche più ermetico del consueo, il capitano medico Marocco e i due sacerdoti Dalla Tomba e Berlozzo, che sono stati amici d'infanzia di Dal Moin. Il secondo è pilotato da Ferrarin, venuto espressamente da Roma, il quale ha per compagni il tenente Vannini, i sottufficiali Colombo, Caffarra, Berretti, Buffoni e Cavallo. Sulla coperta del primo motoscafo spicca, malinconico arnese, una barella. Alle 9 cominciano i lavoti. La rlcerea emozionante Dal bordo di una barca alcuni pescatori lasciano sfilare degli arpioni di scandagli e il Mincio inizia la sua lenta crociera. Il palombaro Franceschi entra nella torretta, si fissa sulla bocca la maschera per la respirazione, sì adatta agli orecchi i microfoni del telefono sui quali tira gli orli di una berretta di lana ed ordina di immergerlo. L'enorme tubo metallico, specie di baco da seta nella grossa testa del quale si aprono quattro occhi di cristallo, scende lentamente nell'ac qua e scompare. Trascorrono due ore che sembrano eterne. Il telefonista Dominici seguita pacatamente ed affettuosamente a parlare con il compagno che vaga sul fondo del lago a cento metri di profondità. Non si ode a bordo del rimorchiatore che la sua voce uguale: egli interroga e risponde con un tono che vorrebbe essere naturale talvolta ride a fior di labbra tanto per dare l'impressione al sommerso che a bordo si è lutti tranquilli. — Visibilità — egli dice ad un certo momento riferendo le parole del collega — buona se non ottima. A sei metri di distanza si scorge perfettamente il fondo e i ciuffi di erba del quale è cosparso... Poi ordina agli avieri che sono all'argano: — Più. su, che l'apparecchio striscia sulla melma e intorbida l'acqua —, Ed al macchinista: — Più a dagio: il palombaro vede piccoli solchi; fate brillare la torre. < Far brillare la torre • significa attorcigliare il cavo a cui è attaccata, per farla girare in modo che gli sguardi dell'osservatore possano percorrere il terreno tutto intorno. Il colonnello Bernasconi e Ferrarin sono sul ponte di comando: non si scambiano una parola, tanta è l'ansia e l'emozione che LI domina. Intorno il lago immobile splende come argento, immerso in un silenzio altissimo. Le sponde, dietro una cortina di nebbia sospesa a mezz'aria, sono invisibili. Tutti sono curvi sul ponte del Mincio fissi ora all'acqua, ora al telefonista: sembra che ognuno senta confusamente che qualcosa sta per succedere. Non è un senso di speranza che ci pervade e neppure di sconforto: si ha invece la precisa percezione che quel lungo vagare dell'uomo sotto l'acqua stia per concludersi, se anche non si sa quale sarà la conclusione. Anche il comm. Quaglia, che in genere è così espansivo, non riesce a ritrovare il solito suo sorriso. I due sacerdoti stanno uno accanto all'altro, ritti in piedi e pregano. La salma avvistate) una statua d'argilla! Alle 10,25 il telefonista leva la bocca dal microfono: la sua voce pare un soffio: — Franceschi ha visto la salma: giace supina con le braccia aperte a pochi metri di distanza da lui. Un leggerissimo strato di fanghiglia la ricopre: sembra una statua d'argilla. Ferma. » Le macchine del rimorchiatore cessano di pulsare immediatamente; due ancore, l'una a prua e l'altra a poppa, incatenano il Mincio. II colonnello Bernasconi discende dal ponte e salta sulla lancia col capitano medico; due avieri apprestano la barella. Nessuno ancóra ha la forza di parlare. Il telefonista dialoga con l'uomo Immerso. — Vuoi risalire? Ecco, subito; piano, piano: attenzione a non scivolare sul fondo. L'argano cigola, il cavo scorre dentro la carrucola: 80, 50, 30 metri; ecco il tubo di acciaio che ciondola nel vuoto. Franceschi esce immediatamente dall'apparecchio, mentre altri palombari apprestano lo scafandro; e si ve- smdsupgitsuoam ste di acciaio un'altra volta. L'uomo mastodontico dalle braccia snodate, dalle enormi gambe di pachiderma, scivola nell'acqua. Il casco affiora per un attimo come la testa di un mostro, poi scompare. I minuti sono più lunghi delle ore. Il telefonista ripete quello che dice il palombaro: — Ci sono... lo vedo... è a un metro... fermi che allungo le braccia... sto per afferrarlo... Non lo vedo più... una nube di fango mi ha accecato, gli occhi mi dolgono, non resisto, tiratemi a galla... Momenti di angoscia Le speranze naufragano in un attimo. Il colonnello Bernasconi ordina di disseminare lo specchio d'acqua di altri segnali. Franceschi esce accorato dalla sua corazza. Nessuno lo interroga. Il fiato grosso e gli occhi rossi per il grande sforzo, egli cede il posto a Bergelltni. Si ripete la prova. Dal Moira è ormai con noi; sentiamo la sua presenza, pure immaginandolo avvolto nella nuvola di fango che lo nasconde: la voce del telefonista non ha un istante di tregua. — Cerca; deve essere dove tu sei... hai sentito? ha le braccia allargate, rassomiglia ad una croce... Alcune barche sono arrivate dalle sponde del lago ed attorniano il Mincio; tutte le persone che le occupano hanno il capo scoperto. Il comm. Quaglia sì è appartato in un angolo. — Che fa? — gli chiedo avvicinandomi a lui. — Sto in ascolto: sono sicuro che Bargellinl lo ritroverà; io sentirò il movimento delle tenaglie che lo abbracceranno tra pochi minuti. Sono ormai quattro ore che attendiamo il momento decisivo. Alle 2,25 il telefonista annuncia che il palombaro è arrivato presso alla salma. — Bargellini è ad un metro di distanza...; si china; allunga le braccia; ora lo afferra... no... gli è scivolato un piede. Brillate il palombaro. Il cavo sì attorciglia rapidamente; lo scafandro in fondo del lago gira come un fuso. Passa un quarto d'ora di ansia indescribile. Alle 2,40 il telefonista avverte: — Il palombaro ha accocciato Dal Molin con il gancio del braccio destro; l'uncino è entrato saldamente nella stoffa della tuta... Tirate... adagio... Il corpo è leggero; non pesa sull'arpione. Se l'acqua lo solleva può sganciarlo nuovamente... Il palombaro col cadavere fra la braccia L'incocciatura resiste. Ora il telefonista parla ininterrottamente con Bargellini che sale dalla profondità dell'acqua con un cadavere tra le braccia; il palombaro deve esseri certamente impressionalo. — Parli, parli. Dominici — invita il comm. Quaglia — non lo lasci solo; gli dica qualche cosa, inventi... Allora il dialogo si fa più serrato, ma è intessuto di niente, di parole che non hanno significato, di brevi periodi sconnessi. Anche Franceschi è con la bocca al telefono. Il colosso sta con le gambe divaricate, le mani nelle tasche dd calzoni: dall'ampio petto che ansima sotto una magliettina leggera non escono che poderosi colpi di tosse coi quali il palombaro, questo il diavolo del palombari, cerca di mascherare la commozione che gli vibra nella voce. — Sei giovane — 'dice a Bargellinl che seguita a salire con la salma — sei il più giovane di tutti 1 palombari e ti impressioni! Che uomo sei tu? Ma è naturale! Bravo! Attaccai No, no, ti sfuggeI Pensa che stai compiendo un'opera molto coraggiosa. Ora sì vede biancheggiare il mostruoso casco del palombaro. Dominici e Raffaela si levano le scarpe e si liberano della giubba: vogliono gettarsi in acqua per aiutare l'amico. Ma il capo palombaro interviene energicamente : — Andiamo ragazzi — egli dice — calma; queste sono pazzie. Bargellini se la cava benissimo da sè. Ecco lo scafandro. Ecco l'eroe! E vicino al mostro metallico ecco la salma di Dal Molln, leggera, composta, chiusa nella tuta irreprensibile che non ha uno strappo, che non ha una macchia di fango. Un miracoloUn minuto dopo il corpo dell'aviatore aristocratico, deli idolo delle folle italiane ed inglesi è adagiato sulla barella. Sul suo bellissimo viso la luce degiorno finalmente distende una carezza bianca. Come ho già detto, egl o , a, r o, ne e.. .. li mi idi lo oer a oua olrassomiglia ad una statua scolpita nel marmo. Bernasconi e Ferrarin si pongono ai fianchi del compagno di volo, ed il motoscafo fila verso Desenzano. Sul ponte del Mincio lutti sono rimasti sMii'attenti, silenziosi, a capo scoperto. Ora Dal Molin riposa nella camera mortuaria dell'ospedale, e accanto a lui tra poco verranno a inginocchiarsi la mamma e il babbo. Essi hanno nuovamente il loro figliuolo. Il lago, geloso dell'eroe che volava sulle sue acque, se l'è tenuto per quattordici giorni chiuso e nascosto in trasparenze dai riverberi simili a quelli che piovono dai vetri delle cattedrali; poi l'ha restituito perchè potesse riposare nella terra benedetta del cimitero del suo paese. Ma più di tutto perchè la mamma potesse vedere come il bel corpo e il bel viso del suo ragazzo siano rimasti intatti, immacolati: la madre che tante volte deve averlo visto così. Placido e tranquillo, mentre dormiva sognando di volare nei cieli. ERNESTO QUADRONE. zdlavppdvnseblttgbabvsMmdcbap

Luoghi citati: Desenano, Desenzano, Genova, Marocco, Roma