Donne e salotti nel regno di Luigi XVI

Donne e salotti nel regno di Luigi XVI GILIA DI RIVOLUZIONE Donne e salotti nel regno di Luigi XVI a a e a a e n o a o n o Forse per la sua grande vicinanza ai nostri spiriti, a per la grande Influenza, di cui solo da poco andiamo liberandoci, che ebbe nell'età successiva, 11 secolo XVIII resta sempre troncato com'è in sul finire dalla grande tragedia rivoluzionaria, una miniera inesauribile per lo storico politico .come per gli storici di tutte le attività umane. E come, malgrado molti promettenti sforzi e molte sicure affermazioni di spirito e di gusto nuovo, resta e domina, nelle arti decorative, 11 gusto settecentesco — ed il successo, ed 1 contrasti stessi, suscitati dalla recente mostra veneziana ne è una prova — il quale se ha stancato molti raffinati, è ancora preferito dalla media del pubblico anche non volgare, così nelle lettere, nelle scienze dello spirito, ancora si risentono le traccie del pensiero di molti maestri di quel grandissimo secolo cosi poco compreso dal più. E, volentieri rivolgendosi col pensiero ai tempi precedenti alla rivoluzione, a quella società francese che era in quel tempo veramente, e senza certe vacue pretese posteriori, europea ad arbitra di gran parte d'Europa, è sempre Interessante, ove se ne presenti l'occasione, riandarne vicende e rievocarne mentalità e costumi. Borghesia trionfante Veramente si può affermare che, in quel secolo, s' fosse ottenuto' con sempre maggior sicurezza ed Intensità 11. trionfo del ceto borghese, di quel ceto che altri credette obbligato, con la Rivoluzione, a forzare le porte per aprirsi la via alla vita e che invece, fin da prima, s'era già saputo conquistare, pacificamente e con 11 benevolo appog- nlspIdpmtcrgdntmbddp1anmcqatlgvmsgto del Sovrani oculati e delle Corti ! S. acompiacenti e timorose, una netta posizione di predominio nella vita pubblica francese. Già in Voltaire lo spirito politico dominante è quello della classe dirigente cui non mancano più che le vestigia esteriori del potere. Naturalmente non sarà agevole il dire se sia lo spirito borghese che trionfa attraverso gli uomini di pensiero, o nNvrstctda parte della borghesia già era avve nula quando appena si pensava alla conquista del potere politico. E, da quei letterati che si compiacevano della conservazione gelosa di una tradizione umanistica che, se permanesse, sarebbe non piccolo vanto per la Francia, veniva esaltato Orazio, dacché ben si capiva il poeta che aveva gettato lo scudo ed esaltava la perfezione formale con spirito scettico e goditore da chi, pago della vita, badava ad assicurarsela tranquilla, ricca di piaceri onesti e di privata pace. Nel secolo XVIII la borghesia, soddisfatta delle sue case di buon gusto, della sua vita comoda e del suo razionalismo sufficiente, si riconosceva nell'Inghilterra mercantile ed anti-cattolica, diveniva anglofila e ull'insegnamento del Voltaire, diffon deva l'anglomania, cioè una nuova affermazione di orgoglio del ceto borghese attraverso l'influsso dei costumi di un Paes» che, allora, appariva borghesisshno. Per analoghi motivi trionfò più tardi l'influsso americano: tutti conoscono le accoglienze che Franklin ebbe a Parigi, regnante Luigi XVI, e non sarà illegittimo il ravvisarvi l'omaggio al Paese in oui la borghesia ha raggiunto il potere imponendo le sue ideologie ed i suoi costumi. L'ideale del quieto vivere Quello che appare maggiormente singolare è che questa borghesia, apparentemente preparata per ogni sforzo violento per reclamare il potere politico per cui è e si sente matura, coltiva invece amorosamente l'ideale del quieto vivere, e sta elaborando minuziosamente la mentalità borghese, destinata agli ottocenteschi predominii, cioè la mentalità dei « rentiers », adoratori delle posizioni stabili, banditori di quello che sarà l'appallo caratteri stico del secolo .successivo, il • verbo » deir«enrichissez-vous». Guardiamo nella loro vita prerivoluzionaria molti degli uomini, che dominarono nella Rivo luzione, del quali tanto siamo edotti da molti studi e pubblicazioni: i rivolu zionari, adoratori della violenza ( spargitori di sangue, sono professionisti più o meno modesti, per lo più pròvinciali, ben lieti e fieri se riescono ad avere o ad usurpare un titolo nobiliare (ricordava il Danton tribuno il tempo in cui si compiaceva di firmare D'Anton, o Barère 11 tempo in cui si lusingava del suo titolo, de Vieuzac, o Marat le sue passate aspirazioni ad una patente di nobiltà?), procaccianti per avere un buon posto, per uno stipendio, per uno di quei privilegi a cui qualcuno di loro, dopo qualche tempo, doveva rinunciare a gran fa- zse gli uomini di pensiero non si fanno; dcreatori di questo s esso spirita Quo-,rstione oziosa, del resto: dacché ognunointende che il pensatore non fa che ds=^osrd^ *±^J^Att&mtsirtgmtleRtsepflssmPrnabqgdpmsmcntica in-una storica notte nella. qual9 ggnon si sa se prevalse l'entusiasmo o l'emulazione demagogica. E sono anzitutto del buoni borghesi: borghesi secondo li tipo ed il modello che imperò con Luigi Filippo e col Secondo Impero, diverso soltanto nelle foggie di vestire ed in poche altre cose. Nei loro salotti, che ci sono noti, dopo averli tanto riprodotti nel nostro mobilio d'Imitazione settecentesca, cotesti borghesi ricchi sotto il regno di Luigi XVI, amavano le stoffe e le lacche a tinte delicate, ad arabeschi floreali, le linee graziose ed esilmente geometriche ed l mille simboli alludenti alle cose gentili, sentimentali e dolciastre che hanno sempre il privilegio di fare andare in visibilio le donne di questo ceto. E sotto gli emblemi trasparenti delle faci, dei « nodi d'amore », delle cetre e dei liuti, im am blenti nei quali molte cose parlavano delle manie apparentemente innocenti del suolo, l'esotismo, l'ammirazione pei cinesi, 11 mito del buon selvaggio 1. figli di professionisti, di scrittori, di artigiani arricchiti, i ragazzi che erano destinati, nella loro vita, a vedere mezza Europa, e naturalmente la Francia per prima, a cambiare almeno quattro bandiere, crescevano in quella atmosfera morbida, soddisfatta, amante della cultura, cominciavano già a leggere Rousseau, la tarda passione dei genitori, con occhi diversi e con diverso entusiasmo, e sì foggiavano la mentalità org<-'iosa e sicura di se stessa della ' .jhesia ormai arrivata. La «vigilia» della futura signora Roland In una di queste case, .crebbe Gio- ! S^lt'^ff . ai signor Roland, il presidente del mi¬ nistero Girondino, fu considerata la Ninfa Egeria d'un periodo della rivoluzione, quello in cui dominò la Gironda, e che certamente è la donna che si conquistò, nei movimenti di quel tempo, una posizione di grande rilievo come a nessun'altra del suo sesso potè toccare. Figlia di un incisore al servi a e .zio particolare della Casa del Conte' d.Artois u f t c , x fc flo.,refflte glovlmzzai la Jeann'c.^a*ee ™. serenamente coltivando il gusto dl „ una dèlie te" &~2fZtt «2 Jet madre da qualche tempo, verso i ven tun anno le fu fatto conoscere un filosofo, « uomo illuminato > di costumi illibati, cui non si poteva rimproverare, come le scriveva una amica, . altro che una grande ammirazione per gli antichi, un grande disprezzo per i moderni, ed Si debole di compiacersi troppo nel parlare di se stesso ». Chi lo presentava era una comune amica, ed il nome di questo personaggio era Roland de la PJatière, più che quarantenne, quasi calvo, pallido, sempre vestito di nero: la condizione, benché egli appartenesse a piccola nobiltà di provincia, era quasi disagiata; di professione, prima che cultore di studi filosofici, era funzionario della amministrazione finanziaria in provincia. L'aspetto, l'assieme non era gradevolissimo nè attraente. Del resto la giovane Philipon, ragazza allevata con quella relativa libertà di modi che piaceva nel suo ambiente ed in quell'epoca, se aveva — come ci narra in una recente biografia la signora Clememceau-Jacquemarie (1) — il massimo rispetto per gli uomini come il Roland, cultore di studi, e di quegli studi che allora più erano apprezzati, cioè filosofia e morale, era però in quel tempo assai svagata da un piccolo intrigo sentimentale con un giovane assai inconcludente, malgrado certe pretese letterarie, certo Pahin dè le Blauchèrie. Aveva avuto, nella prima adolescenza, una lunga crisi religiosa: e per qualche tempo essa volle restare in un convento, poi, dopo aver lungamente meditato su S. Francesco, di Sales, pensò anche di legarsi alla religione con voti monastici, cosa che non le sarebbe certamente stata permessa dai parenti, che troppo adoravano quell'unica figlia. Idillio e politica A quindici anni, ormai quasi donna come sviluppo fisico, la signorina Philipon era indifferente agli appassionati omaggi di troppi adoratori. Più tardi, anche il Pahin de la Blauchèrie le diede una delusione : ed essa continuò la sua vita consueta, le sue letture, le sue amicizie, le sue visite, le sue piccole festicciole in gruppetti di coetanee. Nulla, assolutamente nulla, nel le sue abitudini, nelle sue lettere, nel suoi pochi appunti autobiografici, che possa lasciar prevedere la futura ispiratrice di un Ministero, la futura dominatale a di una situazione politica. Forse essa ste-ssa. abbastanza fiera della sua bellezza, 'della agiatezza In cui era cresciuta, dagla sua cultura, della sua educazione, attendeva, come una 9 comunissima signorina di buonafami. glia, il suo principe azzurro: tiè, da borghesuccia qual'era, le sarebbe spiaciuto un piccolo titolo di nobiltà. Anche nella signorina Philipon, quindi, come in tanti altri, 1 normali, consueti ideali pacifici della borghesia pre-rivoluzionaria, già deminante. Modeste ambizioni, sentimento, amore non sempre beninteso per la cultura, ed una segreta ammirazione — od una segreta invidia — per la nobiltà, per quelli.che ieri erano i padroni, e che, malgrado tutto, erano sempre qualcosa. Essa stessa crebbe in quell'ambiente, e ne ebbe tutti i pregi, e tutti i difetti; a molte cose poteva aspirare, e le sognava: ma non corto al suo prossimo avvenire politico, nè alla sua triste fine. La stessa relazione co» Roland, il suo futuro consorte, non si iniziò in modo da poter lasciar immaginare un possibile matrimonio. Forse le doti d'ingegno, di serietà, di maturità e di probità del severo funzionario, diedero affidamento alla giovane Philipon e, in un momento di sconforto trovò in quell'anziano amico un rifugio che pareva sicuro. Il fidanzamento non fu facile nè Prove. Le difficolta finanziarie, la scarsa approvazione del padre della Giovanna Maria, la gret tezza di spirito e l'avarizia del signor Roland minacciarono molte volte di compromettere una unione che poi con la sua bontà ed il suo vivo senso di dignità morale, la signora Roland si affaticò per fare apparir.; perfetta. Cosi anche la Madame Roland, vista alla vigilia della Rivoluzione, nell'idilliaco ambiente del regno, che prometteva d'essere cosi felice e lieto, di Luigi XVI, ci appare una lieta e colta signorina, amante di studi ma allena da ogni occupazione non propria del. suo sesso, ma piccola borghese quieta, sicura nella mentalità cosi chiara e trionfante del ceto cui apparteneva e che ormai tutto destinava al potere supremo nella cosa pubblica. m. a. I NsasoAlaletorrastvspfrmtol'dpcbHmsHmfomcttermrnauhbupsd

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