Il cane del reggimento

Il cane del reggimento Il cane del reggimento Da. nessuno fra i guerra, d'ogni paese tanti libri di e d'ogni opinione, che oggi marriA.no vittoriosi su tutti i front-i di libreria, ho visto ricordato cai giusto rimpianto e la dovuta onoranza il cane del reggimento. Ed è forse l'unica lacuna che 10 perdono, tanti sono i motivi d'indulgenza, a quello che secondo me c 11 migliore dei libri in questione: voglio dire, un libro italiano, « precisamente La guerra è bella ma k teomoda di Monelli con disegni di Novello; libro terso, lucente, fidante, onestissimo, che non so come non abbia ancora trovato la sua apoteosi: tanto, nella ruvida allegria e nella impavida scanzonatura ohe le distingue, dissimulano le sue pagine, in una sorta di pudore giocondo, le più forti e fiere e accertate qualità della razza. l'or tornare ai caui, neppure capisco l'oblivione ili cui gli scrittori di guerra, nazionalisti o locarnisti, entusiasti o sconfortati, pietosi o crudeli, bau lasciato i buoni quadrupedi che pur furono accanto ai soldati, dal deposito alla trincea, si spesso i fidi compagni e gli opportuni consolatori. È' la domanda che feci una volta, di persona, a uno dei più famosi di quei letterati, il Latzko,. il quale pure faceva accompagnare ogni giorno, all'onda detersiva del mar d'Alassio, un suo minuscolo eagnolo da una sua governante colossale. L'autore di Menschen in Krieg mi rispose che nulla, al mondo, riusciva ad interessarlo oltre il fenomeno detto uomo. E dimentico che, proprio il giorno prima, gli avevo confidato certo mio proposito, n<m sfumato ancora mentre vi scrivo, di un volume circa gli amori degli animali, mi aggiunse di nutrire una ben scarsa stima della zoofilia, o fatua o bugiarda, degli scrittori: a cominciare da quelli (il Peguy? Dorgelè»? Chissà?) «che s'erano fermati ad ascoltare l'usignuolo durante i bombardamenti nelle Axgonme». Allora 10 tacqui, piccato: intanto che il cagnino era uscito, sbuffando e trepestando, dall'acqua, in braccio alla oiclopióa. governante che gli cercava qualche cosa tra il pelo. I caini erano davvero gli amici ^ei soldati. Io m'ebbi per un mese compagno di mensa e di sonno, in una caserma di fanteria, un setter di razza, sfuggito a un padrone certamente signorile: come facile s'arguiva da un collaretto d'argento, il quale faceva pensare a qualche cosa di fiabesco, ad una misteriosa bonaventur-a che dovesse poi seguirne, giusto compenso della mia ospitalità misericordiosa. Così com'era venuto, un giorno il setter sparì, vero refraetaire della specie: e non ne seppi più nulla. Ma talvolta ci ripenso: e rivedo quei suoi umidi, magici occhi fissarmi nell'ombra della camerata; e. le calde narici fiutare quel mio pane caldo, di cui doveva pur avanzare qualche fetta per la sua zuppa. Allora, ricordo, egli mi porgeva una zampa negra, molle, disegnata di sotto conte l'asso di picche: e anche quel saluto mi pareva cabalistico; e mi faceva ricordare come lo stesso giorno in cui c'eravamo incontrati lungo un argine della Stura, vagabondi entrambi, la simpatia improvvisa per cui s'era deciso a seguirmi avesse rotto in tire sternuti, simili a sbotti di riso, a una mal rattenuta e però affabile ilarità. Ed io ne trasalii, ricordo, come a qualche cosa di umano e di sovrumano. Il cane indovinò il mio sussulto segreto. Alla prima carezza mi baciò tutto, ansiosamente, come un amico che alla fine si ritrovi. Quando riuscii a dargli il passo in caserma, mi accorsi che quasi allo stesso modo festeggiava gli altri soldati: tutti, e soltanto i soldati. Chissà per quale gioco di sensi o analogia di grate memorie, la vista della d" visa militare faceva trepidare, invispire, ridere — ridere, vi dico — il setter dal collare gentilizio e dalle movenze delicate. Forse esso iudovi nava il nostro stento. Forse la nostra bontà. Forse gli piaceva, pur nella camerata gelida e ignuda, l'odor di salute, il fiato dei vent'anni Certo, egli ci amava. Così lietamente, così cordialmente, che lo stesso colonnello finì per compatire la sua presenza là dove il regolamento la escludeva. I volontari, diceva, bisogna accettarli anche se non hanno tutte le carte in regola. Se ne andò, 11 buon cane volontario, quando partimmo per il campo. Ai primi tiri di istruzione, non riuscendo a capir nulla di quegli spari incrociati cui non teneva dietro alcuna caduta di beccaccino, sparì uggiolando pei boschi. Un mandriano, come nelle leggende ci narrò d'avere visto al chiaro di lima luccicare un collaretto d'argento. Se Io stesso cane di lusso non sdegna la società dei coscritti, si può immaginare quanto la cerchi e stimi il povero cane pr.olotario. Barboni randagi, volpini e spdnoni esuli da chissà quale pagliaio, bastardi nati da chissà quali amori pei crocicchi, e condannati dalla viltà dell'origine al più inconsolato destino ; quanti ne ho visti far comunella intorno alle caserme e agli accampamenti, attratta da quella promiscuità un po' triste e un po' lieta della milizia noi , giorni di sacrificio! Uno, sopratutto, non dimentico. In un paesino del Gesso, dov'eravamo giunti in distaccamento, i ragazzi avevano subito preso nota, seconda l'u6o, dell'ora del rancio, ed erano venuti, prima r due e tre, poi a gruppetti, infine * sciami, i più grandicelli tirando per mano i più piccini, a sollecitare 1* loro parte. In verità, non molto dovrebbe avanzare dallo pentole e dalla fame dei soldati; ma il cuore di qtifati è così grande! E poi, parecchi di quei marmocchi dovevano «•vere il babbo in Irincpa... Insomma la dabacercidtimimgudirleschquzi Avcertnetitqusoltivcidsi fatcrgetc'oavtrire fialorvinle e lillFidaaubae machnoteFrnanoMadadenHdipidequnel'aToprcobrgrcocridirilefrdi—retà10lutimNgnsecovamsqciqtevvmfrbrcdrclstesfibscngtvsoetvecdbmd1odtgvcdanessuno partiva ch'e ogni volta •fa arescesse i ìaut ohimè vociando, note; ben-.la echiochiassando, ■^praWellando coi cucchiai dentro o a l e r o a a o , i n . i ò mi i a ti , ti to' oi o, el cto ra a ne do re to e re ano a le scodelle; chi portava modestamente un piatto, una chicchera, un vasetto, olii si armava addirittura, piegato sotto «l peso, della marmitta di casal E un giorno, da vie misteriosi', capitò anche uu barboncino bianco, tutte bianco: una ceramica danese, con due perline lucido per occhi. Si mi«e. là dietro, ultimo di lutti, conscio deJla. sua poca importanza; ma impettito, dignitoso, guardandosi intorno con le orecchie diritte per vedere se proprio non volessero avere un po' di riguardo anche per lui. Ma che poteva toccare a quel nato d'un cane so non gli avanzi degli avanzi, i rifiliti dei rifiuti? Aveva un bel forbirsi il muso, con certe ripassatine di lingua che esponevano tutto un programma di appetito. Bazza se gli dessero a leccare qualche pentolino : compito che assolveva con una velocità sbalorditiva, lasciando il fondo netto e lucido come uno specchio; nel quale si rifletteva, poi, coli' aria stupefatta d'aver già finito. Talvolta, crudeltà di fanciulli, fìngevano di gettargli a volo un osso che non c'ora, e il barboncino, capito il tiro, aveva l'aria di riderne — di quel tristo ridere dei cani che fa vedere i denti — scomponendo la smorfia della golosità in un'altra di balordaggine; oppure, per non darla vinta ai monelli, fingeva di sbattere le mascelle masticando un'illusione, e leccandosi poi le labbra come se la illusione vi avesse lasciato dell'unto. Finalmente qualcuno di noi, preso da compassione, gli portava un osso autentico, e sulla mano pietosa s'abbatteva una tempesta di baci umidi e caldi. Il barboncino è morto al fronte, mascotte d'una compagnia d'assalto ch'ebbe tante medaglie quarte furono i suoi morti. Ogni reggimento aveva, in Inghilterra, il suo cane porta-fortuna. In Franoia, a dispetto della tradizione napoleonica, l'usanza era assai meno diffusa; e meno ancora da noi. Ma presso talune armi, l'aviazione ad esempio, certi caui trovati erano adottati con affetto, e subite e con entusiasmo adibiti alla scaramanzia. Ho dei campi di Ciampico, di Vigna di Valle, di Passignano, dei ricordi pieni d'abbaiamenti. Gli aeroplani decollanti mettevano in gTan festa, a quel tempo, i poveri cani figli di nessuno. Oggi non più: ci han fatto l'abitudine. Ma fra i tanti Tom e Totò battezzati in milizia, uno soprattutto mi torna in cuore. Anche codesto era umile e brutte — oh, brutto da far pena! — e d'una magrezza fantastica: arruffato, dinoccolato, cogli occhi che piangevano lacrime non si capiva bene se di sudicieria o di afflizione. Sorta di paria canino, d'una specie indefinibile. I soldati, quand'era loro capitato fra i piedi, vi evevan fatto su grandi congetture. — E' uno spagnuolo— aveva detto uno, un competente Infatti, osservò un altro, fa sentire gli os. — Aveva poi una speciali tà : quella di non mangiare. Nessuno10 vide mai masticare una cosa qualunque. Altro non faceva, da mattina a sera, che seguire i plotoni in marcia, a pari passo coi bandistiNon viveva che di musica, lo spagnuolo. Cosas de Espana. Questo cane spirituale, che mesentimento come nella sporcizia ricordava l'idealista descritto da Salvator Eosa, nutriva per le fanfarmilitari una vera idolatria. Tostochsquillassero le prime note d'una marcia, non stava più nella pelle: la quale, del resto, era già abbastanztesa sugli stinchi. Guaiva, uggiolava, correva di qua, di là, s'appiattava o dava un balzo, chissà perchè, dmatto, poi raggiungeva il suo postfra le gambe dei musicanti, abbaiando o al tempo » con la misura delle battute, sfidando le pedate che, quando giungevano a segnodavano contro le costole un seccrumor di nacchere. Allora si faceva un po' in là, sternutando pela sorpresa; e di nuovo a raspare, sgambettare, a fare il pazzo ; divertendosi talvolta in certi passi sghimbescio, quali usano i cani, cofinta goffaggine, nei momenti dbuon umore. C'era un'anima tenerasotto quella pellaccia plebea. E ucamerata prezioso per noi soldati, cunon chiedeva mai nulla fuorché lgrazia d'accucciarsi sotto la nostrtenda; di scaldaroi la paglia, unvolta per uno, col fiato o con la presione, non tanto abbondante, delossa. Dormiva un po' dappertuttoera il seguace, il servo di tatti. E tutti gli volevan bene. Una «era volle battezzarlo. Chi suggerì Frite chi Ali, nomi respinti perche tuco e tedesco; chi proposo "Ranciodato la sua magrezza: ehi Congedobel vocabolo augurale. Ad ogni nome la bestia dava lo stesso sobbalzodisposta, evidentemente ad accettar11 qualunque nome per 6uo. Infatognuno finì per chiamarlo a sue mdo; e il bello c questo: che per quanto l'appellativo fosse eccentrico, igiurioso o bislacco, il cane rispondva con la stessa prontezza amoroscon la stessa fida puntualità. Se il cane del reggimento potevdare» una volta, titolo e ispiraziona una quantità di commedie e operette — quella graziosissinia, tl'altre, del .Vasseur, perchè non rappresenta più? — era appungrazie alla simpatia, conseguenza dl'affinità, tra la devozione caninala fedeltà militare, e alle sue mutucommoventi manifestazioni. Nel sodato, il cane fiuta — letteralmen— l'amico miglioro; quello Io ricambia di pari affetto; e ciò equivasempre a una reciproca rivelaziocordiale. Lessi una volta su un gionale parigino, tradotto dal DaMail: A u front an-glais, l'ordre fui doné de tirer dès qu'un soldat almand se montrerait. — Cepetidalinux ne. iirous pas toujours, •—■ dun soldat, Iranquillement, à un sn-.pirieur. — H.iir j'en ai vii. un, mjt n'ai pus tire, vur c'eta'U un bragorgon. — Mais comment distinguoo, ro touz, à 800 wèircs, un brave garc u a a , e a ? n e e , i n , l d'un gredni? — G'ett très simple. — repliqna le soldat, — il s'etait penché putir caretscr un chien ». E1 chiaro. Può essere un soldato malvagio, quello che si curva a carezzare un cane? E può essere un cattivo cane, quello che s'adatta alla fatica e al rischio d'un soldato? Anzi la loro alleanza s'impronta d'una singolare nobiltà, rispettabile e memorabile. Ma mentre le storie larmoyantcs, nei libri di lettura del * non tempo antico eran piene di queste tenerezze in margino alla vita eroica, i nuovi novellatori di guerra le hanno assolutamente, e forse volutamente trascurate. Neppure in Francia, dove il cane del povero h stato celebrato anche dopo Baudeaire, e il cane dello zingaro anche dopo Richepin, il cane del soldato ha ancora trovato un cane di poeta. Vero che, potendo la voga dei libri di guerra rinnovarsi di dieci in dieci anni, c'è sempre da sperare aifi lor lacune rimedio nelle edizioni successive: e così sarà, vedrete, per la mancata rimembranza di Tom e di Totò, amici sicuri d'incertissime giornate. MARCO RAMPERTI.

Persone citate: Bazza, Monelli, Peguy, Richepin, Salvator Eosa, Vasseur

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Novello