Come si trasforma la Città del Vaticano

Come si trasforma la Città del Vaticano Come si trasforma la Città del Vaticano e n o r l i e l ) o a l l n e i ROMA, gennaio. | SI racconta che Sua Santità Pio XI{a chi gai domandava per qual motivo desiderava cambiare cosi rapidamente l'ingresso dei Musei, rispondesse, con quella ironia 'bonaria che è tutta »ua: « Per evitare a tutti i forestieri che vengono a visitarli, l'incomodo di traversare tutto quanto Io Stato per raggiungere la porta d'ingresso ». E in questa risposta è tutta la spiegazione dei molti lavori necessari all'adattamento di un piccolo borgo chiuso dai bastioni deflle mura antiche, in ano Stato che ha tutte le sue esigenze inodorale. Perchè la Città del Vaticano — per quanto a molti possa sembrare un non senso — è un organismo nuovissimo che vuole e sa sfruttare tutte le invenzioni dellla scienza moderna. Piccolo ma perfetto Ln ogni suo particolare. E a ottenere questa perfezione la cosa non è delle più facili, perchè si tratta di un Insieme di cose antichissime su cui !e varie Invenzioni del progresso umano si erano Innestate a poco per volta ed erano per anni ed anni rimaste tati'senza nessun cambiamento e — quello che è peggio — senza nessuna tendenza a perfezionarsi. Un vecchio ascensore e un monsignore grasso C'è — per un esempio tra i mille — un vecchio ascensore nel cortile di San Damaso che conduce alla Segreteria di Stato e che perelì è in continua funzione. La cabina di quesio ascensore È vastissima e potrebbe comodamente |trasportare una diecina di persone per;volta. Disgraziatamente il meccanismo è antico, mosso ad acqua e quest'acqua e quella che scende dal fontanone di Paolo V- sul Gianicolo. Insufficiente perciò all'ufficio ond'è' destinato, ragion per cui se i passeggeri superano tre, l'ascensore non si muovere bisogna anche che questi tre siano di proporzioni più che normali. C'è — per esempio — un alto prelato della Corte pontificia, che per oltrepassare quella normalità, è costretto il più delle volte a rimanere a terra. « Capirà, sor monsignore mio » gli dice il pompiere in ufficio di li/iman, « che se qualcuno monta a un piano intermedio, restiamo tutti per aria». E alla bonomia romanesca del pompiere risponde la bonomia romanesca del prelato che con un sorriso pieno d'indulgenza si adatta ad aspettare il prossimo turno. Ora le cose del vecchio Vaticano agivano un po' tutte come l'ascensore del cortile di San Damaso. e ricondurle ai tempi attuali non era cosa facile. E non era cosa facile per motte ragioni: perchè si andava contro a tradizioni secolari, perchè sf scomodavano mille piccoli interessi che molte volte — per non dir sempre '-■ hanno più importanza dei grandi; perchè si urtavano mille suscettibilità e si mettevano sottosopra mille abitudini, in un ambiente dove 11 « si ti sempre fatto cesi » aveva un potere sovrmna*ur.':le. Ci voleva tutta l'energia e la volontà di un uomo come Sua Santità Pio XI per riuscire dove tutti gli altri, anche nella sua posizione eccezionale, avrebbero dovuto rinunciare. La ferrovia e l'appartamento per i Sovrani Ma costituito lo Stato, bisognava dotarlo di quel servizi ehe erano indispensabili: ardua impresa, anche per 1 molti ostacoli materiali che vi si opponevano. E' evidente che una stazione ferroviaria di raccordo con le linee italiane sì rendeva necessaria, non tanto per uso personale del Pontefice, quanto per le necessità del traffico di merci. Certo non bisognava credere che il Papa, solo perchè ha la possibilità di un treno a sua disposizione, lo adopererà con frequenza Anche prima del 1870, i viaggi ponti Sei erano rarissimi e avvenivano solo in occasioni eccezionali. Oggi poi che l'automobile può trasportare In pochi minuti nei dintorni di Roma, questa ferrovia è ridotta ad un ufficio assai limitato. Anche per le visite dt So vranl esteri — dopo le recentissime prove — si dimostra superflua. Con tutto ciò è bene che si sia, come è bene ehe ci sia no luogo ove poter offrire l'ospitalità a quei sovrani ohe volessero recarsi direttamente alla Città del Vaticano, senza fermarsi nel regno d'Italia. Alla stazione ferroviaria si i' già provveduto — come a suo tempo fu dettò — e se bene il luogo dove sta sorgendo non sia adattissimo pure si cerca di renderlo il più con¬ fortabile e il più adatto possibile. In quanto al 'luogo ove dare ospitalità ai Sovrani, si è pensato di adibire a quest'uso imo dei piani di quel grande palazzo che sta prendendo il posto dell'antico seminario, palazzo che pur troppo ha l'inconveniente di servire a molte cose diverse una dall'altra. Ma creare un edificio nuovo, unicamente riservato ad ipotetiche visite di Sovrani non era il caso di pensare, come non era 11 caso di pensare d'adattare perforo un appartamento nei palazzi apostolici propriamente detti. Per ora dunque si è risolta la questione con questo ripiego: più tardi si vedrà se sarà al caso. La nuova Pinacoteca Più importante e di più immediata risoluzione, il problema delle Pinacoteca. Singolare destino, quello della Pinacotec-i vaticana! Ultima venuta, d'elle grandi raccolte papaii, ha a pena cento anni di vita, essendo nata col ritomo dei vari capolavori che Napoleone aveva portato in Francia, come prsda di guerra, dopo il Trattato di Tolentino. Si trattava quasi esclusivamente di quadri tolti aHe chiese di Roma e allo Stato Pontificio, che ritornati al loro luogo d'origine, furono raccolti in quattro sale del Vaticano perchè più facilmente custorìibill. Fu questo 11 nucleo della Pinacoteca a cui più tardi si aggiunsero alcuni doni, come il Muri-Ilo che la Regina di Spaima offri a Pio IX nel 1835 ue» >* ^an<« fUf del Veronese dato ".1 PaP-i nel 18721 dal conte DudUey in cambio di un altro quadro. Altri quadri ebbero una storia più romantica, come quello straordinario San Gerolamo di Leonardo da Vinci, che il cardinale Feseh trovò in due volte in un modo che ha quasi del meraviglioso. Perchè avendo acquistato da un antiquario -una parte di esso, alcuni anni più tardi ebbe la fortuna di vedere da un ciabattino l'altra parie che serviva di spalliera a una seggiola, parte che si adattava perfettamente al primo pezzo. Questa raccolta, assai modesta per numero di quadri, ma d1 primissimo ordine per gli autori — basti dire che contava sette quadri di Raffaello — rimase neille poco adatte sale dove Pio VII l'aveva relegate, fino a quando Pio X non pensò di darle un locale più nobile e più deigno, in un pianterreno adibito altra volta alla Floreria. Fu il piatoi>e Saez ohe curò rada tfcaiment© e la decorazione delle sale e fu Piero d'Achiardi che venne incaricato della definitiva sistemazione. Il d'Achiardi allora, facendosi dare taluni quadri che si conservavano in certe sale poco frequentate del Latevano — e tra queste era il mirabile ritratto di Giorgio IV del Lawrence — e prendendo dalla Biblioteca Vaticana tutta una serie di piccoli quadri di monaci greci e di primitivi italiani; ricercando nei vari appartamenti del Palazzo Apostolico e radunando quei vari doni che eirano stati fatti a Leone XIII in occasione del suo Giubileo episcopale, raddoppiò quasi la raccolta primitiva e l'ordinò nelle nuove sale, seguendo un criterio logico di scuole e. da- epoche, onde la Pinacoteca Vaticana acquistò un altissimo valore. I nuovi ampiianienti della Biblioteca e dell'Archivio, però, e la necessità di allargare i locali ad essi destinati, consigliarono a S. S. Pio XI di procedere ad una nuova e più vasta organizzazione. E per far questo, incaricò Luca Beltrame di costruire un palazzo nuovo, il quale sta. già sorgendo sul Viale Vaticano, verso la Porta Trionfale. In questo palazzo — che è di due piani oltre il pianterreno — saranno ordinati i quadri tutti dell'attuale pinacoteca, con l'aggiunta di altri che saianno messi nei varii locali dove ancora si trovano dimenticati e dispersi. Arazzi e quadri moderni Inoltre, nel secondo piano si esporranno tutti gli arazzi, ohe oggi sono nella Galleria delle statue, e a questi se ne aggiungeranno molti che ancora giacciono nei magazzini. Per capire quali importanti rivelazioni potranno darci queste nuove ricerche nelle soffitte inesplorate del Vaticano, basti di» re questo: intimamente furono ritrovati due grandi arazzi fiamminghi del secolo XV, mio dei quali molto prò babitoienie delk) stesso Memling. Quesii arazzi erano stali regalati a Leone XIII in occasione del suo giubileo poi messi da parte e dimenticali, tan sdnRovj ' nccìdcIobmpdqeezdlgSTndtzpgrsbtddpcplito che un giorno furono ritrovati, perl un puro caso, arrotolati in un cortilee molto probabilmente destinati ad es-seTe portati via da qualche guardiano infedele. Quando la meravigliosa raccolta delle tappezzerie vaticane sarà razionalmente ordinata nel nuovo palazzo, Roma arvtà un museo unico a! mondo, ove la storia dell'arazzo potrà essere studiata dalle sue prime origini, a traverso il suo sviluppo e fino alla sua decadenza. Al posto dei quadri e delle tappezzerie che verranno tolte agli appartamenti dove Si trovano attualmente, verranno messe le grandi tele moderne che oggi formano come l'embrione di una galleria d'arie contemporanea. Anche queste altTe opere risalgono per la maggior parie al Giubileo di Leone XIII, e fra queste ci sono I martiri, gornonnensl del Fracassini; il Giovanni Sobtesky sotto te mura di Vienna del Mateiko, la Martire di Pietro Vanni, un grande paesaggio di A dolio Tommasl, e qualche ritratto di Leone XIII, di Pio X e di Benedetto XV. Raccolta troppo piccola e di troppo scairsa importanza, per poter formare una vera e propria galleria d'arte moderna. A chi ne faceva notare la possibiHtà, S. S. Pio XI rispose die il Vaticano non avrebbe pomtto contentarsi di una cosi scarsa messe per fare una pinacoteca di quel genere, e che d'altra parte non eia possibile oramai di fare qualcosa che potesse stare a pari delle raccolte antiche. Trasportaita altrove l'attuale pinacoteca, i locali di essa adibiti per uso dell'archivio e della biblioteca, si può dire ohe tutte le ali del palazzo, circondanti la grande corte della Fontana — che il Belirami ha, con molto senso d'arte e con grande sobrietà, riordinato — saranno occupati dalle biblioieicbe, onde gli studiosi avranno locali comodi, ben rischiarati e degni veramente dell'importanza che ha una fra le più ricche e le più illustri biblioteche di questo mondo. Il piano regolatore Più difficile è invece la sistemazione del piano regolatore. Qui le difficoltà sono aumentate dal bisogno di creare edifici nuovi, dallo spazio rigidamente limitato e dalle tradizioni contro le quali si urta inevitabilmenteIl giorno in cui ia Santa Sede si è trasformata in Stato, con tutti i suoi organismi e tutte le sue neces*iià. è bisognato pure provvedere in qualche modo. Si è cominciato con lo espropriare taluni conventi come quello dello monache dette d! San Carlo le quali avevano organizzato una clinica e una pensione per signore, e questa espropriazione non è stata falla -senza creare gTavi malumori. Poi si ò dovuto adattare il palazzo delle scuo le pontificie a vari uffici — quello tra gli altri dell'Osseniffiore 'Romano che essendo il solo giornale del nuovo Stato, doveva necessariamente risiede. Te dentro i confini della Città Vaticana. Inoltre, anche il grosso palazzone del Seminario è stato requisito per altri usi, ed è già in via di trasformazione. Queste varie necessità hanno portato la creazione di un piano regolatore, il quale — 'ome tutti 1 pianregolatori di questo riondo — ha suscitato una quantità di malcontentiE' eerto però che il dilemma si pre sentava con questi due corni inevitabili: o rinunciare alle fabbriche nuove o passar sopra le tradizioni. Si è — naturalmente — preferito quest'ultimo e non poteva essere altrimentiPrimo risultato di questa scelta è stata la demolizione darla casetta dell'Arciprete, e il danno dal punto di vista puramente estetico, non è stato grande. Più grande invece la minaccia ddemolizione che pende ancora sulla piccola chiesa di Santa Marta. Questa chiesa fu edificata nel 1537 e le sue vòlte sono affrescate dal Cavaller d'Arpino. Certo, demolendola, non si ripe terebbe l'errore del Marchionni che un secolo fa, per edificare la nuova sacrestia di San Pietro, distrusse gli af freschi del Mantegna, senza pensare di trasportarli altrove. Per il Cavalder d'Arpino si ipensa già di trovare un luogo adatto per reintegrarli, in una delle sale della nuova Pinacoteca. Ma c'è chi vorrebbe salvare la piccola chiesa cinquecentesca, Intorno alla quale l'ultima parola non è stata ancora detta. Più fortunata, invece, quella di S. Stefano degli Abissini rimaneai posto suo e non è male: non fosse ] altro per il caratteristico « largo » che le si apre dinnanzi, con la bella tazzaè e o a ò e di granito tolta al vicino circo nero niano e il portale dì marmo che risale al secolo XII. In quanto alla terza chiesetta, di quell'antico borgo vaticano "ì r\'ma,«ta Ci S 1. , li fU0La, otote dl con1nne statale. Questa chiesa, detta diSanta Maria in Campo Santo, per avere annesso un piccolo cimitero creatovi da S. Elena con la terra .portata da Gerusalemme, fu ne; im ceduta ai popoli germanici e fiamminghi perchè vi seppellissero i loro morti, cosa che continuarono e continuano a fare, anche ai nostri giorni, tanto che vi si vede un sepolcro marmoreo del conte Lichnowjty, che è del 1889. Ma appunto per appartenere a una nazione straniera. S. S. Pio XI non volle assolutamente che essa fosse compresa fra gli edifici della Città Vaticana, onde rimase tagliata fuori dal muro di confine che l'ha chiusa come in una specie di fondo di sacco. L'< Egttta » Questi sono, per ora, i principali problemi che le autorità pontificie hanno cercato di risolvere. Ma bisognerà fra breve aggiungervene altri di cui già si parla: quello delle Poste e dei Teiegrafl, oggi relegati in un pianterreno provvisorio e ristretto; quello dei Tribunali e delle Prigioni che si sono-dovuti istituire in un annesso dellaCaserma dei gendarmi. Nè bisognacredere che sia fra I meno importanti se si consideri che in questi ultimi mesi si sono già avuti due processi, con relative detenzioni, e che dalla piega che hanno preso le cose è molto probabile che d'ora innanzi la Santa Sede anche in questo campo « vorrà far da sè ». Infine bisognerà risanare tutte le vecchie casupole che si addensavano lungo Io fondamenta e nella, via di Monte Calato. Queste ultime che erano fra le più singolari del quartiere — risalivano al secolo XV e portavano sugli architravi delle porle, la tiara e ie chiavi di Nicola V. Ma dal punto di vista igienico erano oramai ridotte in uno stato spaventevole, si che la loro trasformazione si rendeva assolutamente indispensabile. Cerio il giorno che spariranno e spariranno anche con loro le' botteguccie di oggetti sacri, i piccoli studi di pittori nascosti sotto le rose e quella caratteristica osteria, dalla facciata dipinta che sembrava uscita da un quadro di Jan Staen o di Comelis Troost, uno dei lati più caratteristici di quella vecchia regione che fu dei tu 1'" Egitta » nel medioevo e che ebbe l'onore, di ospitare Pier Luigi da Palestrtna. svanirà per sempre nelle nebbie del passato. Ma i! nuovo stato Vaticano ha anche lui le sue esigenze e. purtroppo dal giorno che esso ha riconquistato la sua libertà, ha dovuto ben pagarla, sacrificando un poco della sua antica bellezza. DIEGO ANGELI.