La Conferenza navale solennemente inaugurata a Londra

La Conferenza navale solennemente inaugurata a Londra La Conferenza navale solennemente inaugurata a Londra La parola dell'Italia : « Il Capo del Governo, Benito Mussolini, ha tracciato al nostro popolo un vasto programma di lavoro. A questa mèta, che egli intende raggiungere attraverso una lunga èra di pace, sono dedicate le maggiori risorse e le migliori energie della Nazione » - La Delegazione italiana non sarà a nessuna seconda nel dare la sua opera per il raggiungimento degli scopi della Conferenza (Servizi o speciale della " JS À ftòt IP-A. „ ) Londra. 21, notte. La Conferenza navale è formalmente varata. li Re d'Inghilterra l'ha inaugurata stamane in persona in una nobile aula della Camera jded Pari a Westminster. Fra poco ci immergeremo in questo sfavillante intermezzo di grande coreografia politica. Per ora noteremo soltanto òhe la catena dei discorsi che l'ha intercalata non ha inserito nella situazione alcun elemento nuovo che abbia avuto . il merito di ribadire elevati concetti di pace e di riaffermare seri proponimenti x>er la loro graduale preparazione. Fra le rose dialettiche, in occasioni come queste, qualche pruno non manca mai. Stavolta si stentava realmente a intrawederne uno solo nel mazzo del fogliame diffusamente verde. Se qualche accenno di spine trapelò da qualche frase pronunziata con vibrato accento di olire Manica, anche io questo caso il veMuto del fogliame era più intenso della possi bile punta sottostante. Dai rugiadosi passi di Briand è colato un rilievo che molti ripetono con segni di consenso, vale a dire che nessuna delle tante Conferenze incastonate nella sua lunga esperienza ebbe a incominciare così bene come questa: «se l'atmosfera di oggi sussiste per òtto giorni, amici mìei, noi siamo ormai in porto ». soggiungeva il vecchio lupo di Conferenze. Ma sapete benissimo che ciò che importa non 'e tanto il varo coreografico, quanto il complesso degli esordi al chiuso. Intorno a questi, che la formale apertura della Conferenza sta intensificando, rimane diffuso l'agnosticismo di prima. Corrono Voci, ma finora non si vede palpitare alcun muscolo saliente nelle 'discussioni confidenziali in corso. Si vagola da un argomento all'altro, senza poter posare lo sguardo •opra un cardine. -La Conferenza, nel suo stadio attuale, cerca di avviarsi verso 11 raccoglimento, ma si mantiene scardinata. E' ovvio che se qualche cosa St particolarmente bruciante fiammeggiasse nel calderone, assisteremmo fin da ora a mia concentrazione di sguardi e a fremiti di nervi. Tutto resta vago e privo di fremiti. Buon segno. Forse non c'è nessun male al cuore. Se ci fosse, vedremmo tutto un panorama di schiene curve di dottori e udremmo vociferazioni di mediconzoii di ogni sorta. Non si imbattono invece se non persone ritte che hanno l'aria di dire: «se tutto non andrà forse liscio, a qualche conclusione certamente faremo capo, e ciò, in definitiva, non potrà essere se non fonte 'di bene per la generalità ». Atmosfera serena I polemisti di professione o non sanno che pesci pigliare, oppure {trovano conveniente infliggersi una iauto-repressione continuata. Gli articoli editoriali cercano di incoraggiare la marcia al successo, fatta eccezione di uno solo, nel quale la Morning Post non riesce ad esimersi dall'effondere ancora una volta le sue trepidanze per la sorte degli incrociatori inglesi. Glil uomini responsabili di tutte le redazioni non invitano alcuno a giocare al lotto sonila grandiosità di un possibile trionfo finale, ma .garantiscono tutti che è lecito e giusto attendersi W6Ultanze benefiche. I popoli, questa volta, non sono retoricamente 'esortati a suonare a festa tutte le loro campane, ma i loro interessi reali sembrano in cima al pensiero 'degli statisti delle cinque Potenze in assai maggiore misura che non vi fossero fra le fiaccolate di dieci anni fa. Gli amatori di duelli internazionali scrutano per ora invano là calma e dignitosa radunata conferenziale per cercarvi e individuarvi almeno un paio di spadaccini per i vecchi gironi di clamorose schermaglie. Essi non scoprono che uomini di intendimenti seri e di profondo senso di responsabiiliità, e ne sono oltremodo disgustati. Preferirebbero cogliere sguardi in cagnesco, e trovano scambi di cortesie anche fra le incarnazioni delle tesi più divergenti. . Gli amichevoli simposi spesseggiano. Fra questi la cronaca odierna accentua una colazione al Berkerleysb ove Tardieu ha invitato Grandi. Il ristorante in parola è dei più signorili e quieti della metropoli e alla colazione presero parte, «tète a tète ii, i due soli protagonisti in capo delle due maggiori Potenze del Mediterraneo. Intermezzi conviviali Stasera poi, mentre telefoniamo, seggono a cena in una casa privata di Mayhair altri sei personaggi. MacDonald ed Henderson, Stimson e Morrow, Tardieu e Briand. Il dopo cena sarà dedicato a conversazioni sui punti psicologici che interca lano il punto di vista italiano e quel lo francese, come pure il punto di vista francese e quello inglese. In somma è un primo tentativo di dì panare, in tranquilla sede convivia le, la matassa della posizione as sunta dalla Francia. Questa, come sapete, è ancora e sempre in caccia di garanzie di sicurezza. L'impianto procedurale dato alla Conferenza offrirà alla tesi francese non pochi uncini per agganciarvi 1 suoi vecchi ma non inesplicabili ritornelli sulla sicurezza Pare che Tardieu abbia in animo di avanzare, sempre allo stesso fine, una proposta ben definita. Il Patto Kellogg, secondo la delegazione francese, dovrebbe essere integrato mediante una clausola in virtù della quale le Potenze firmatarie dovrebbero vincolarsi almeno a ricusare qualsiasi fornitura, specialmente di danaro, a qualunque Nazione scendesse in campo in violazione dei dettami del Patto. La clausola di appendice dovrebbe includere altresì un'intesa nel senso che le Potenze savie, non appena una Potenza meno savia uscisse dai gangheri, sarebbero tenute a consultarsi. Nessuna sarebbe impegnata all'intervento, ma soltanto a un pezzetto verso l'intervento. Con tutta probabilità, l'America lo chiamerebbe subito il passo dell'uscio e rapidamente si dispenserebbe dall'obbligo di compiere la mossa, che può dirsi la più capziosa di tutte. La cerimonia inaugurale Si sono diradati oggi gli echi telegrafici delie grandi Potenze interessate. La funzione inaugurale a Westminster sembrava monopoliz zare stamane l'attenzione non solo di Parigi e di Roma, ma di Wash: ington e di Tokio. La cerimonia, per la piccola differenza di qualche anno non ancora trascorso, non ha potuto essere vista come la televisione avrebbe potuto permettere di vedere se anzi che nel 1030 la Conferenza si fosse adunata nel 1935. Tutto, peraltro, permetteva di udirne le voci, anche in capo al mondo. Immensi reticolati di radiofonie avevano allestito i mezzi per un'audizione universale. Solo ostacolo lo sbalzo dei fusi orari. Era possibile superarlo in vaste plaghe del globo astenendosi dall'andare a letto, oppure balzandone fuori all'ora giusta, alquanto prima dell'alba. Tale possibilità, in base a miriadi di cablogrammi giunti dagli antipodi, è stata sfruttata in abbondanza. Le voci di Westminster hanno fatto e rifatto il giro del mondo con la rapidità del fulmine. Anzi tutto la voce di Re Giorgio. Il Sovrano, come rammentate, era giunto ieri a Londra da Sandringham e aveva fatto la conoscenza alla Reggia di tutti ì delegati. Il popolo per le strade aveva avuto occasione di acclamarlo e tutto faceva pensare che una seconda occasione si sarebbe offerta ai londinesi stamane lungo il tragitto da Burkingham al palazzo del Parlamento. Nessuno si attendeva l'improvviso calare di una foltissima nebbia che per quasi un'intera mattinata doveva ovattare di opacità tutto il centro della metropoli. Attraverso questo impalpabile cortinaggio, teso dai marciapiedi ai comignoli, circolarono l'automobile del Re e quelle delle delegazioni, Insieme col rallentato traffico della città. Ma alle 11, all'ora prefissa per l'inizio delia funzione inaugurale, non mancavano alla Camera dei Lords se non due o tre personaggi importanti, naufragati a mezza strada nel nebbione, il generale Dawes, ambasciatore delegato d'America, figurava tra i naufraghi. Egli non potè guadagnare che in ritardo il palazzo di Westminster, ove potè farsi precedere da una staffetta con un messaggio a matita, sul quale aveva vergato un semplice monosillabo: « fog », nebbia. Similmente si erano perdute nella foschia l'automobile di Llovd George e quella di Snowden. Entrambe venivano da un lontano sobborgo. Quella del Cancelliere dello Scacchiere raggiunse, sia pure con molto ritardo, la mèta. L'altra defraudò per intero Lloyd George di uno spettacolo che certamente rispondeva alle sue nostalgie. Nebbia, peraltro, non nerastra e putrida come le più galeotte di Londra, ma soffusa di calde tinte tizianesche, create un po' dal sole sovrastante e anche più dalle sottostanti lampade ad arco. Le risorse umane combattevano e in parte'vincevano tutta questa tetraggine degli elementi. La volontà di non aumentare le tenebre ma di controbatterle con la luce, era simboleggiata più oltre, nella splendida galleria reale della Camera dei Lords, da forti grappoli di lampade elettriche appesi agli striati cassettoni del soffitto. Ai penetrali della Camera dei Pari si accede da principio per il tramite di un poderoso atrio gotico vigilato dall'austera statua equestre di Riccardo Cuor di Leone e poi via via per possenti scalinate in penombra e per cupe corsie di pietra scolpita. Stamane un faro sembrava acceso al termine dell'androne; una eruzione di luce elettrica che filtrava la.: portali vetrati della galleria rcae. Sfogliando qualunque guida di Londra, vi troverete financo l'illu-trazione di questa grande sala retiangolare, di stile gotico, dalla cimasa in su e in Rinascimento dalla •unasa in giù, con due immense tempere sulle due pareti maggiori: li morte di Nelson sul cassero della sua vittoriosa nave ammiraglia e l'incontro di Wellington con Bluker sul campo di Waterloo. Luce abbagliante 11 resto, una teoria di stemmi e di ritratti con qualche statua marziale ritta lungo gli stipiti dell'ingresso. Ma nè l'architettura nè l'addobbo davano una impronta essenziale al salone disseminato di seggiole per gli invitati, di banchi ad emiciclo per le delegazioni, con in mezzo il Trono per il Re. La nota caratteristica dell'aula oggi era creata dalla luce abbagliante di ino! teplici strati di lampade. Ce n'era per tutti: per gli ideologi che si sentivano autorizzati a interpretare questa immensa illuminazione come un segno augurale; per i positivisti che si credevano in diritto di veder la accesa all'irraggiungibile fine di mettere interamente a chiaro il recondito pensiero degli uomini. « Signori, è il Re » Allo scoccare delle 11 tutti i posti erano occupati meno il Trono di Re Giorgio: ima grande chiazza di velluto scarlatto in una cornice di intagli dorati. Era giunta dapprima la turba dei giornalisti conferenziali poi poco alla volta era arrivato mondo politico, inclusi i membri del presente Gabinetto e quelli del Gabinetto precedente, tutti i capi gruppo della Camera e larga parte dei notabili del Regno. Un'aria di grande semplicità in questi arrivi. Nessuna uniforme, tutti vestiti borghesi alcuni financo in colletto floscio e in panno grigio. Con le delegazioni arrivarono i rituali abiti da mattino e poco di poi, da una impalcatura posticcia lungo una parete, un gruppo di cinematografisti faceva girare le manovelle con gli obiettivi puntati sul semi cerchio dei delegati. « Signori, è il Re! ». Il brusio che riempiva la sala ces¬ sa per incanto. 'tutti si levano in piedi: qualche minuto di poi entra Re Giorgio, accompagnato da MacDonald e dal gran ciambellano di Corte. Anche il Sovra un è in abito da mattino. Lento e sorridente, con cenni amichevoli del capo alle delegazioni, Sua Maestà si avvia al Trono e vi si asside. Como ognuno sa, è la prima volta che egli ricompare formalmente in pubblico dai giorni della sua malattia i)<r presiedere una grande cerimonia. E' un po' dimagrito, ma non incanutito, come si temeva; il suo colorito rifattosi sano sembra di nuovo sfidare gli anni. 11 Re ettiiie dal taschino del panciotto l'astuccio (lolle lenti e, levatosi di nuovo in piedi, legge ad alta voce il discorso inaugurale. Un sistema di microfoni diffonde la voce del Sovrano fino agli estremi angoli del salone, ed un piccolo ordì gno di argento cesellato la sparge nel frattempo fino agii estremi limiti della terra. Nell'istante medesimo che udiano nei seggi dei giornali-ti l'enunciazione vocale del Ri-, milioni e milioni di uditori radiotelefonici la stanno raccogliendo sillaba per sillaba in quasi tutte ie parti del mondo.