La nostra cultura in Rumenia

La nostra cultura in Rumenia La nostra cultura in Rumenia (Dal nostro inviato) Tempo fa, un francese desideroso di I accentuare quale profonda conoscenza I avesse del tedesco, un suo amico e con jnaztonale, mi disse quasi con convi.n- BUCAREST, gennaio. zlone: «Il rève en allemand... ». MI sia qui permesso, adoperando l'originali espressione, dire che in Rumenia in francese sognano moltissimi. I ciocol — protesterà qualche rumeno restio a lasciarsi descrivere solo Imbevuto d'una cultura e d'una mentalità non sue —; la gente rifatta (questi sarebbero 1 clocol), che appena venuta a contatto col mondo ha bisogno di darsi una vernice: quella sogna lui francese. Ma la protesta poco muta alla realtà. In francese sogna qui la grande massa degrinteHeittuaiLi, degdi aristocratici, dei liberi professionisti e degli uomini politici: il fatto che nel Gabinetto Manlu prevalgono uomini di cultura tedesca, o che male nvasiicano la lingua deìVoui, costituisce un'eccezione da Ida quarte sarebbe arrischiato dedurre che influirà sulle tendenze future del Paese. Tradizioni create da due io tre generazioni non si distruggono j dan'ògH*a]Ì:Ìndom !partono per la Francia centinaia di giovani rumeni, che nella terra di cui assimileranno la lingua e la cultura in generale trascorrono non meno di uno e spesso dui trienni!. Sette e otto anni di studi! e di soggiorno in Francia li hanno fatti parecchi. E non a tutti, specie se alla permanenza In Francia non tengono dietro viaggi In altri Paesi, è poi dato reagire, sceverare, correggere le idee assimilate nel periodo in cui la nostra mente e il nostro conio sono in piena formazione, siceh?' la.Francia rimane, ppr questa, massa, come un faro, una Mecca verso la quale costantemente convergono pensieri e sospiri. o a a e e i a . l . n i a e l Influenza francese A un tale ho chiesto come mai nelle famiglie rumene, nella società, fra giovanotti, ila conversazione si svolga a preferenza in francese; mi ha spiegato — ed lo testualmente riferisco — che di regola la conversazione in rumeno si limita al temi riguardanti i bisogni materiali, I fatti elementari della vita. Quando si esula da questi temi, un po' perchè il frasario indigeno non è troppo ricco di espression' moderne, un po' perchè chi sia stato educato In Francia sente Istintivamente sulle labbra ila locuzione bell'e fatta, N discorrere in francese riesce più facile e più comodo. « Insomma, ho obiettato in un grappo di giovani intellettuali, voi vivete sotto la netta influenza della cultura francese... ». Gli interlocutori hanno risposto con franchezza: <■ Dobbiamo riconoscere di si. Dobbiamo ammettere che, talvolta, esageriamo addirittura: autori ignorati a Parigi sono conoscuitissimi a Bucarest: 1 decadenti e gli estremisti godono da noi di una notorietà che in Francia neppure speTa.no. GU editori parigini sarebbero felici se potessero ven dere in ogni città di Francia la metà o un terzo di queWo che vendono nella sola Bucarest. Dobbiamo ugualmente ammettere che troppo spesso ignoriamo quanto si faccia altrove... Ma in compenso i francesi" ci dicono che a Bucarest si trovano meglio che a Bruxelles ». Dicono, però, malignamente, anche altro: i rumeni orgogliosi definiscono Bucarest una piccola Parigi ed i francesi rispondono esser fortuna che Parigi non sia una grande Bucarest... Questo capita a coloro i quaili sacrificano lo spirito nazionale, per cadere in ginocchio davanti alla geniaflita ed alila grandezza di stranieri... Sapete l'avventura capitata ad un grande istituto finanziario locale? Pochi anni! addietro, volendo creare un giornale modernissimo, andò a cernersi il tecnico a Parigi : gli fece un contratto coi floccbi e per mesi e mesi lo tenne a Bucarest a far nulla, giacché' il giornale non veniva fuori. Finalmente si rinunziò alila pubblicazione del giornale In modo definitivo e ti collega parigino ^isl ebbe una lauta liquidazione. Tutta-,.,., j; pae5a non voI1e piu Iasciarl0. i 0»anui1 nveva comprato min casa « i;ri0r,sava di vivere facendo Qo scrittore. - e 11 euo primo prodotto lettera'-'u fu uptaspacl'clipm■spc1ntàssamrspnndnddalnglmrllesvls3tcdSdtbpllorNrvgoitqSrpfhpDg un romanzo Intitolato: « Donne senza pudore; costumi rumeni ». Il Governo, non gustando l'insospetata testimonianza di gratitudine, ripedì sulle rive della Senna il tecnico accaparrato a peso d'oro, colpendolo on un decreto di espulsione. Alle storielle do" genere bisogna dare 'importanza che meritano; la verità ò he l'influenza culturale, oltre che poitica, delia Francia 6 forte, fortissima, perchè il popolo la favorisce istintivamente. E' anzi da sorprendersi di epi odi quali ila levata di scudi contro laproposta di fondare un'Università francese in Rumenia (proposta lanciata ne! 192" e combattuta da professori rumeni in nome del prestigio dell'Universià nazionale) e 11 ritiro al liceo francese Bonsard dell'autorizzazione a rilasciarci diplomi pareggiati agli statali. L'inferiorità italiana Tulto ciò 6 necessario tener presente a chiunque voglia esaminare il problema della diffusione della nostra cultura in Rumenia: a chiarire subito la nostra inferiorità rispetto ai francesi, sia premesso che tu Italia un'affluenza annuale d1 migliaia di studenti rumeni non esiste. E' il nostro primo punto debole. L'azione di propaganda italiana, sul serio rivelatasi solo nel periodo fascista, t ostacolata dagli anni perduti e dolila circostanza ohe noi non abbiamo nelle congregazioni religiose 'aiuto poderoso che suore e frati danno alla Francia laica e massonica. Per giunta, lo studio obbligatorio dell'italiano è stato soppresso sia all'Accademia militare eh* nelle scuole secondarie e lascialo nei soli corsi commerciai : il ministro nazionale-liberale A.ngeescu, quando ci uso questa scortesia, si trincerò dietro 1! pretesto che i giovani già avevano da studiare troppe ingue. Il Gabinetto nazionale-zaranisfca Maniu ha ora promesso di creare 32 cattedre di italiano, In diversi centri de'ile antiche e delle nuove Provincie, e dalla creazione di tali cattedre dipende in larga parte la fortuna del Seminario italiano alla B. Università di Bucarest: è logico ed umano, infatti, che fino a quando manchi la possibilità di ottenere una cattedra relativa, pochi studenti potranno desiderare di aurearsi in lingua e letteratura Itaiana. Io ho trascorso al Seminario alcune ore, sotto la guida del professor Remiro Ortiz, che ne è lo spirltìts rector. Nelle due grandi stanze piene di periodici e di libri nostri, che dei giovani rumeni consultavano con raccoglimento, mentre altri provvedevano a ordinare il materiale, ho ripoitato una indimenticabile impressiono. La biblioteca del Seminario è abbonata a una quarantina di riviste italiane, dalla Suova Antologia alla Rivista del Diritto aeronautico, e conserva nei propri scaffali, oltre ai classici (nei confronti dei quali motivi di economia hanno peTò imposto di evitare doppioni con la ricchissima biblioteca dell'Accademia rumena), tutti i moderni. D'Annunzio e Ha critica d'amnonizlana vengono in testa: seguono Papini, Carducci, Pascoli, Verga, Fogazzaro, Grazia Deledda, De Amicis, Ojetti, Pirandello, Matilde Sorao, Sem Benelli, Borgese, Vincenzo Morello, Palazzeschi, Bontèmpelli, Martini, Ferdinando Russo, Beltramelli e Renato Sona... Francesco Torraca e Nicola Zingarelli stanno con altri a rappresentare quel grappo di nostri letterati scienziati le cui salde fondamenta furono iposte nel decorso cinquantennio da Francesco de Sanctis, Francesco D'Ovidio e Pio Rajna. Il giovane rumeno, assistito e guidalo dal professore Ortiz (che moltissimo s'è pure adoperato a diffondere la conoscenza del Leopardi), davvero è in grado di venire a contatto spirituale con quello che potè la lingua nostra. Fuori dell'Università, l'opera del Seminario è integrata dall'Associazione di cullili"', italo-rumena, il cui organo ufficiale è ila rivista Itoma, la quale esce trimestralmente e conta dieci anni dì vita: dispiace la sua scorrettezza tipografica, hieonvèniente grave appunto perché si nulla d'un periodico il cui compito consiste to) nella diffusione della lingua. A stranieri è indispensabile mostrare perfetta ortografia. Le altre due vie che più si .prestano a popolarizzare la nostra cultura consistono nel libro italiano e nelle sue irad.uzioni. La vendita del libro italiano, qui come altrove, è ancora da organizzare: se gualche libreria comincia a tenere i nostri autori più famosi, si tratta purtroppo ùi casi eccezionali. Delle nostre opere scientifiche, poi, non si ha la benché minima idea. a'La Francia manda in Rumenia non . e a i o n e r , e e e l , i e . a a a a a . a , , , . i l e l o o e o la, a e a èa e solo letteratura, ma anche manuali di geometria e lessici, trattati di medicina, libri d'ingegneria e via di seguito. 11 nostro editore ha !a scusante che in Italia la tiratura di un libro eli regola non è fomssima (giacché Ha produzione noti tiene d'occhio un vasto mercato intemazionale) e che in conseguenza egli non può correre il rischio di mandare in deposito in Rumenia copie le quali, dopo alcuni mesi, gl1 possono venire restituite in condizioni tali da farle destinare al macero. D'altro canto, se un commercio librario non assume certe proporzioni mirime, l'editore nemmeno può trovare convenienza a vendere a credito libri di basso prezzo: le spese supereranno il beneficio. Traduzioni se ne vanno facendo parecchie: il Papini, ilo scrittore che, dopo 1 classici, qui più di ogni litro interessa, è assai conosciuto attraverso le traduzioni francesi e 1« rumene. In rumeno — se qualche opera non mi sfugge — si hanno la Storia di Cristo e Un uomo finito. Di Grazia Deledda è sitata tradotta l'Edera, di Fogazzaro il Daniel». Corlis. Una traduzione rumena esiste anche di l'inocchio. I! Murili, famoso traduttore di Omero, ha tradotto da Carducci, Leopardi e D'Annunzio; '.a versione della Francesca da filmini è dovuta al Peri/:. Un po' ignorato il Machiavelli: la Mandragola è stata anche recitata al Teatro Nazionale, ma il Principe ha solo avuto 'l'onore di una cattiva e misera riduzione a buon morello. La Divina Commadia Un particolare cenno meritano recenti versioni delle opere dantesche, pubblicate in veste tipografica degnissima. (,e prime della Divina commedia furono tutte incomplete e questo, in un paese che per giunta, essendo ortodosso, non sente la potenza dalla cattolica concezione, contribuì a far conoscere poco il monumento dantesco. Ora vede la luce una traduzione integrale, dovuta al poeta Cosbuc {morto nel 1919), che ad essa "avorò quindici anni: il professor Ramiro Oitiz ha scritto l'introduzione e il commento. La versione è di un lirismo gustato appieno dall'italiano che, ignorando il rumeno, ben rammenti il poema. Sentite come il dantesco: Puro e disposto a salire a le stelle ritorna all'orecchio armonioso col verso del Cosbuc: curai si gata sa. m« urr. la slcìn. Sbagliato è dire, concludendo, che in favore della nostra cultura qui nulla si sia fatto o si fa; in materia di traduzioni dantesche, ad esempio, si potrebbe ancora parlare di quella che della stessa Commedia ha curato il Buzdugan e della traduzione della V'ito .Vuota, del Léonard, presentata da Michele ScheriMo, dal punto di vista tipografico assai pregevole e illustrata col disegni di Dante Gabriele Rossetti. SI dica, invece, che si deve fare di ipiù, il che è possibile, pur che esistano buon volere e mezzi. Per incitare a compiere sforzi maggiori occorre proprio chiudere gli occhi e svalutare gli sforzi già compiuti? Pensiamo alle nosire scuole locali e alla diffusione del libro stampato in Italia, attiriamo nei nostri istituti la gioventù rumena, e mandiamo i rostri uomini più rappresentativi a tenere conferenze ed a prendere contatti con chi della loro opera s'interessa. Interessiamoci, a nostra volta al movimento intellettuale e scientifico rumeno. Il resto verrà da se. Basta agire: che le chiacchiere se le polla i! vento. ITALO ZINGARELU. turGntdsqntlmclsafBqqbpnèrpsamazfi.qll