Stato di crisi

Stato di crisi Stato di crisi . BERLINO, gennaio. §ì può considerare che il gabinetto Moller ha ricevuto non già un voto di fiducia, ma soltanto un puro e semplice limitato salvacondotto per superare il periodo festivo e potersi recare all'Aia. Su questo, sulla opportunità cioè di carità di patria di dargli vita almeno fino a conferenza dell'Aja esaurita, tutti i partiti della maggioranza, della morta o moribonda maggioranza, si son trovati d'accordo. Si può, da questo, misurare il caos e il salto nel buio che essi prevedono per questa crisi, se a una riunione internazionale di tanta portata e di cosi delicato interesse per l'avvenire del Reich, nella quale si tratterà di stringere definitivamente, o di non stringerlo, il cappio finanziario intorno al collo di non so quante generazioni tedesche, preferiscono inviare un governo logoro e consunto e privo della benché minima autorità e intima forza per trattare e resistere in confronto di ferrate volontà esterne, anziché un governo nuovo e ringagliardito, che possa veramente gridare all'estero dei « no » o dei « sì » a nome del paese. Di un governo simile non vedono la possibilità. Il gabinetto è stato già virtualmente battuto e messo in minoranza anche numerica. E se ancora continua a funzionare, cioè a stare ■In funzione, e a credere di rappresentare il paese, ciò è soltanto in grazia di uno di quei mostruosi assurdi, o finzioni, cui mena nei tempi della decadenza l'inflazionismo parlamentare, per cui la volontà e le intese superparlamentan dei gruppi finiscono per manomettere tirannicamente e vuotare del tutto di efficacia il meccanismo e il funzionamento stesso dell'istituto. E sono segni di crisi ben più profonda e di natura nettamente patologica, da non confondere col normale carattere fisiologico delie solite crisi di gabinetto e mutamenti di maggioranze e rappresentanze. Il voto di fiducia al governo è stato dato dal Reischtag con una maggioranza di 66 voti: già, dunque, assai di più, certo, di quanto è necessario per evitare strettamente una crisi di gabinetto, ma troppo di meno di quanto ci vuole per assicurare una stabilità governativa. Ma per mettere in rilievo la vera natura negativa di quel «voto di fiducia u basterà osservare, unica mente dal punto di vista aritmetico, quanto segue: cioè che 11 gruppo populista — partito della maggioranza al governo — in quell'occasione si è scisso, e dei suoi 45 membri, 24 hanno votato a favore, 14 contro e 3 si sono astenuti; ma l'indomani della votazione il gruppo si è riunito ed ha approvato una deliberazione con cui limita il valore della fiducia data come gruppo, a mezzo dei 24 voti favorevoli, unicamente fino alla conferenza dell'Aja, e condizionatamente alla reale esecuzione della riforma finanziaria, che invece ormai si può considerare, dopo l'intervento di Schacht, rimangiata. I 24 voti populisti favorevoli sono diventati, dunque, contrari. Inoltre il gruppo del Centro bavarese, partito di maggioranza anch'esso, ha dichiarato di seguire l'attitudine dei populisti, e sono così altri 17 voti della maggioranza che passano all'opposizione, vaie a dire, coi precedenti, 41 voti, ai quali sono da aggiungere 26 social-democratici, paladini anch'essi della maggioranza governativa, che un momento prima della votazione, dissentendo dal resto del gruppo, hanno abbandonato l'aula, per non dare un voto che sarebbe stato contrario. In tutto, dunque, 67 voti in più da considerare come di opposizione. La maggioranza è stata di 66. Il governo dunque è in minoranza aritmetica per lo meno di un voto. E ciò senza contare le molte assenze, ben novanta, che caratterizzarono quella seduta, e che, trattandosi di una votazione di tanto momento, sono da considerare in gran parte come Imbarazzi di coscienza o astensioni ostili. Il gabinetto Mailer dunque, vero morto che cammina, si reca all'Aja battuto. Si potrebbero immaginare una negazione e frustratone più patenti, una paralisi più completa del sistema parlamentare? Sia che il gabinetto debba abbandonare il potere subito dopo aver reso conto della sua opera alla conferenza dell'Aja, sia che debba vivacchiare per qualche tempo ancora, sostenuto come è ora unicamente da «■anioni negative, sia insomma che la crisi precipiti o si consolidi in una più o meno lunga tisi cronica, quello che è certo è che essa già esiste. Esiste, ed è difficile riconoscerle i cafratteri normali twlologici d'una or'dinaria crisi di Governo, perchè essa . coincide ed appar» intimamente connessa con lo stato di crisi del Parlamento, per cui tutti i partiti versano a loro volta in altrettante interne crisi, e che consiste nell'impossibilità di una maggioranza costituzionale, per il fatto che la rappresentanza popolare è formata per la sua massima parte, dalla destra aWa sinistra — tolti i piccoli gruppi medi che, soli, sono realmente e dichiaratamente costituzionali — di grossi partiti rivoluzionari. Per questa ragione, l'ultima crisi diremo così normale, a carattere cioè fisiologico parlamentare è stata quella del giugno '28, che diede vita allo attuale Gabi¬ netto, quando appunto per l'ultima volta il grande partito della destra tedesco-nazionale abbandonò il Governo e con esso definitivamente la costituzionalità, determinando così la situazione critica attuale, spinta alfine allo stadio acuto e irresolubile con l'attuale azione plebiscitario-rivoluzionaria. Questa latitanza della destra dallo Stato è la causa di tutto: essa è quella che ha consegnato i partiti medi e con essi il governo, in mano e a discrezione della socialdemocrazia, con la conseguenza inevitabile — in un paese per di più premuto da un tributo di guerra così formidabile — delia crisi finanziaria che mette oggi a repentaglio lo Stato; essa è anche quella che determina ie crisi interne dei partiti, che tutti in questo momento si travagliano e si scindono nella ricerca di se stessi e della soluzione totale che salvi il regime. Con tutte queste crisi generali e particolari, orisi parlamentare, crisi dei partiti, crisi finanziaria, crisi internazionale del tributo e della liquidazione della guerra che si esprime all'Aja, coincide oggi la crisi del "abinetto Miiller: ond'è che vien naturale riconoscerla come niente altro che un episodio di uno stato critico totale, e U primo forse di tutta una serie di catastrofi critiche, sia del Governo che della rappresentanza popolare, verso un assetto definitivo. La soluzione — a meno di palingenesi catastrofiche da mettere anch'esse in conto — non potrà sorgere che attraverso un approfondimento fino all'estremo delle attuali crisi dei partiti e a costo anche di ripetuti rinnovamenti della rappresentanza popolare, sulla via di una lenta ricostituzione di quel fronte borghese costituzionale, rotto e reso appunto impossibile dal rivoluzionarismo anarchico della destra. Ecco perchè vanno seguite attentamente e speranzosamente le crisi interne, attualmente in corso, dei due partiti di destra, tedesco-nazionale e dei populisti, dalle cui ricomposizioni soltanto potrà uscire — sotto pena, diversamente, dei più imprevedibili e catastrofici salti nel buio — la formaz'one risanatrice di quel fronte poi :o costituzionale di cui la Germa a è in cerca. La ricostituzione di tale fronte potrà, sola, ridarle la piena coscienza di quel che ella vuole e di quel che deve a se stessa e agli altri, quella coscienza la cui manchevolezza è forse ora purtroppo il solo carattere, e negativo, con cui ella si presenta ai consessi internazionali che devono decidere dei suoi destini. GIUSEPPE PIAZZA

Persone citate: Mailer, Moller, Schacht

Luoghi citati: Aja, Berlino