Napoli a San Remo

Napoli a San Remo Napoli a San Remo ] SANREMO, dicembre. Come sia nata l'idea di inaugurare la nuova stagione invernale trasportando Napoli con tutto il suo repertorio di caratteristiche macchiette, di costumi, ^^^^^^1^!^*^^ non so ma e certo che Iimzia- tiva - per i suoi riflessi nel cam- po folcloristico ed in quello cultu-1 Su rale e per la diretta rispondenza che ! « Vha nell'opera che si va svolgendo, sot-|190 to l'occhio vigile del Regime, per la gli rinascita del nostro Mezzogiorno — li. esce talmente dai limiti della pura ero- dia naca ]oc che merita qualche cenno no uiustrativo, del quale siamo debitori a fuochege s'èlenvoti di Apnaca locale| che merita qualche cenno |no illustrativo, del quale siamo debitori ajfu° una vecchia conoscenza partenopea, | L Ernesto Murolo — più affettuosamente don Ernestino, per gli amici — diret^ore artistico della troupe napoletana venuta ad aUietwe con 1 suc>1 cantl questa terra benedetta dal sole. Piedigrotta nei secoli passati La festa di Piedigrotta ebbe, sino dilgualla caduta dei Borboni, un carattere 'decisamente ufficiale e vi parteciparo?.? 0$m * gran pompa, i Re. i Viceré e le Corti che si alternarono nel corso dei secoli sul trono ed attorno al trono delle Due Sicilie. Si trattava, in sostanza, di una grande e solenne processione al Santuario della Vergine, processione cui interveniva lo Stato, con tutto il fasto voluto dai tempi, nonché le truppe della guarnigione ed il popolo, che in quel giorno si sentiva veramente vicino ai suoi reggitori, pronti magari, passata la festa, a stringere il torchio delle gabelle. Dal '66 all' '80, pur avendo perduto tutto il suo splendore per circostanze ineluttabili — ma anche per la gretta visione politica dei governanti d'allora — la festa di Piedigrotta mantenne sempre il suo carattere schiettamente nefnadi altpop^are dl solennità religiosa. .j napoletani, che sanno cosi facilmente elevarsi al disopra delle piccole miserie quotidiane sino a Dio, rispondevano ognl anno con slancio sempre maggiore all'appello, forti d'un sentimento radi cato attraverso secoli di storia. Non bi- sogna dimenticare — come non lo di- mentica n popoi0 napoletano — che dinanzi all'altare della Madonna di Pie digrotta era andato ad inginocchiarsi per impetrare grazie, prima della bat taglia di Lepanto, don Giovanni d'Au stna' ^ Ma la canzonei ia vera canzone che doveva più tardi conferire alla sagra un carattere più festevole, pur non sce vro di dignità, come nelle grandi feste religiose dell'antica Grecia, d'onde Na poli ebbe orlane, non era ancora nata. Il popolo cantava, si, avviandosi in pel- legrinaggìo al santuario, ma i suoi can ti erano semplici strambotti, tolti in | prestito da qualche operetta in voga ed adattati alla circostanza. La canzone S^fdSS sia pur minore, andandone dappertut to ambasciatrice di grazia e di bellezza, facendo convergere sulla perla del Me diterraneo l'attenzione di tutto il mon do nonché conquistando e mantenendo, Isino a pochi anni fa, il posto che non i sempre con pari dignità occupa oggi la musica ballabile americana, non scatu " che più tardi dal genio del popolo, per ini caso quasi fortuito. « Funicoli, f onicolà » Volgeva l'anno 1880 ed era stata da poco inaugurata la funicolare di Piedi grotta. Era allora direttore del gior naie « Don Marzio » don Poppino Tur co- spirito ameno, popolarissimo tra i concittadini, il quale colse ìmmediata- mente la nota festosa dell'avvenimento "che non poteva non colpire la fanta sia, e per celia, sul primo pezzo di car ta capitatogli sottomano, scarabocchiò alcun* ver«j dlf intonazione giocosa con un ritornello facile da ricordare, il fa- moso „ FuniCUii, funiculà... ». ì Quale non fu la sorpresa del buon iPeppino Turco, allorché, nel mostrare ad alcuni amici quel suo saggio poetico, Parto di ™» dlora «Jj bu.on vm.°- re, s avvide che il ritornello si cacciava negli orecchi degli ascoltatori e non ne usciva più! Per diversi giorni, nel pubisinnto pesov« Yreatunchtuze vbapoanpotivmacononicmaanOhprriala isoci a grungiunreriglo zaquselasozapivunegodebigomchtaliscoCaderelutetoroMlasepestcilesulacalatanozocaa tu piccolo* crocchio di amici, non vi fu!ca nessuno che potesse liberarsi da quella a specie d'ossessione... Da mattina a se-1 tu ra. gli amici di don Peppino, facendosi'li la barba davanti alla finestra, prenden-1 si j_ „ „„„,.„.—i„„j „ t-^sido il caffelatte, passeggiando per To- ledo 0 per Ghiaia, non facevano più al tro che cantarellare: « Jamme, jamme, - jamme, jamme ja'... funiculi, funicu- là! ». su tutti i motivi possibili ed im, maginabili. Fu per lo stesso fortunato autore o una riPelazione. Accortosi d'aver col-...a pito in pieno, senza saperlo, in un mo-ino-]mento d'estro, l'istinto musicale delj «popolo del quale egli stesso era figlio,igr- entusiasmato da quel principio di sue-: le T-, — rrt,.-.„n MÌ.n'^ui cimti qupilen cess°. don Peppino Turco non mise■ deo s'accordò con il mae- vol atropLuigi Densa — quello stesso che'tai.fu poi compagno di soggiorno londi-jst-jnese a Francesco Paolo Tosti e con'go | lui tenne alto alla capitale inglese il è prestigio della musica da camera itai liana; ~ Per rivestire di note i facili versi. Occorreva un motivo altrettan- t0 spontnne0i altrettanto facile... Ma il l Densa se la cavò con onore e la can, izone fu ceduta al Ricordi, che ne curò il lancio, approfittando, con molto sen- ?',50 d'opportunità, della ricorrente festa di Piedigrotta. Il successo fu assolutamente strepitoso. Non vi fu napoletano che, salendo al Santuario, solo, a coppia o in comitiva; a piedi, in funicolare o in carrozzella, non cantasse in coro con gli altri il ritornello di quella famo- j sissima canzone, che tanto piacque, -'per il suo ingenuo carattere popolarci\sco- a Re Edoardo d'Inghilterra. o\ Nata sotto cosi buona stella, la can- zone napoletana non poteva non fare n mQlta s£.ada Sono & queivepoca i ù primi saggi di dì Giacomo e Costa o .(Maggio, Garulì, Marechiare), i quali !j tennero il primato, si può dire, sino . ! al 1387, epoca nella quale la schiera dei poeti popolari napoletani saccreb- a a anzudNsenofmilfosedbsivvintetavvi ^ ^ l'ii^s^ -' giovani, fiancheggiati da musicisti di j mo grande rinomanza. Naturalmente, di 1 do ipari passo con il successo oguor ere- p 'scente della canzone, sorgevano edito- st-.\f™™, eappertuttó e ci si può ren-!" I dere facilmente conto dei guadagni^iche essi realizzavano, rileggendo i li-izto a bH di contabilità di quei tempi: si pen- V si che l'autore, in genere, cedeva tut- d- ^ ì suoi diritti per una somma che va- ol-•riaVa da un minimo di lire italiane cin-| n que ad un massimo di otto! Ma lalgiDilu- miseria non spegneva, in quelle ania me assetate di luoe e di beUezza. la ispirazione; ed ecco nascere le canzo- rani: O sole mio... di Di Capua e Ca-iaa purro, O marenariéllo di Salvatore rai.Gambardella, edito dal Bideri. i?Con la canzone Maria, Mari..., che1^, esancora oggi riesce a darci un brivido, bIdi nostalgica commozione, forse per-jp Surriento », « Pusilleco adduruso», « Viato a 'mme :>, « A Surrentina ». Nel 1905 e nel 1906 vediamo sorgere Tagliaferri, D'Annibale, Cosentino, i quai. in una con quelli della vecchia guardia, tengono gagliardamente viva la canora fuori. che ci ricorda la giovinezza, si giunge al 1901. La schiera dei musicisti s'è ancora arricchita dei nomi di Va- j ente junior, Nutile, di Gregorio, Fai-1 tvo, Cannio, De Curtis e quella dei poe-j ati si gloria di nuovi lauri, per merito di Bovio, Murolo, Nicolardi, Galdieri. Appartengono a quest'epoca « Torna a nora tradizione partenopea in Italia e fu°ri. La canzone napole,ana e j, « jazz » Purtroppo, la frenesia del ballo e il dilagare del jazz, nell'immediato dopoguerra, ha fatto un po' sentire i suoi Munefasti effetti sulla canzone napoleta- | na, nella quale peraltro brilla una luce di spiritualità che invano cercheremmo altrove, quando il bisogno di cantare ci punge — perchè cantare è per tutti un bisogno — e se riflettiamo che il nostro innato senso della misura, anche in fatto di canzonette giocose, ha minacciato per un momento d'essere travolto e sovvertito dalla cafoneria idiota di « Yes, we have no banana» », ci si deve realmente rallegrare come d'una fortuna nostra, collettiva ed individuale che, a mantenere in pieno vigore l'istituzione di Piedigrotta, che pure è viva e vegeta, malgrado la crisi, ed ha serbato, nella terra d'origine, la sua popolarità intatta, abbia pensato, questo anno, il Dopolavoro provinciale di Napoli, facendo di Piedigrotta una iniziativa propria e fornendo carri, costumi, masse... Ho provato sempre — e non mai come ora — un certo rammarico, per non avere a mia disposizione, comunicando con il pubblico dei lettori, una macchina da ripresa cinematografica, anziché la penna non sempre docile. Oh, potersi appostare e spostare a capriccio, sfumando le impressioni a furia di dissolvenze, poter spaziare dalla visione panoramica al particolare, isolando l'attimo fuggevole che spesso ci lasciamo sfuggire, per l'incapacità a renderlo con la parola! Entrare nei grandi Casinos facendo turbinare in uno sfaglio di luce riflessa la bussola girevole... Percorrere l'edificio come una folata di vento, su macchina a carrello, da un capo all'altro, nel tempo rigorosamente necessario a creare, nello spettatore, la visione di sintesi, sferzando appena appena il quadro con qualche rapida pennellata qua e là, senza il lenocinio della parola, senza la bolsa vacuità dei periodi fatti di sola presunzione, senza la demoralizzante lotta con la frase che non vuol piegare e con l'aggettivo che non si vuol prestare!.. Oh, potersi lanciare nella gabbia dell'ascensore d'un albergo, a canna d'organo, su su, sorprendere con rapide sventagliate dell'obbiettivo la signora che civetta nell'angolo, il giovinetto estatico davanti al manipolatore dei cocktails, il bimbo che si mette le dita nel naso... Questa della rappresentazione diretta è ancora oggi una lacuna giornalistica e l'ha sentita certamente il commendatore De Santis direttore del Casino municipale, il giorno che ha deciso di invitare la L.TJ.C.E. a ritrarre le scene del Festival partenopeo, da lui mirabilmente organizzato con l'intervento d'una valente troupe di cantori e di attori, diretta da Ernesto Murolo e — per la parte musicale — dal Maestro Tagliaferri. Napoli die se ne va... Festival partenopeo l'hanno intitolato gli organizzatori... « Napoli che se ne va... » l'ha intitolato invece, in pectore, l'amico Murolo, il quale ricostruendo a Sanremo un lembo della città natia, con le sue pizzerie, con le sue mescite d'acqua fresca, con i suoi balconcini fioriti dai quali frullano da mattina a sera le note d'una canzone, ha voluto mostrarci appunto ziIla Napoli che se ne va, la Napoli della tarantella che i napoletani non sanno più ballare, la Napoli delle canzoni che i napoletani non sanno più cantare, la Napoli delle tradizioni che a poco a poco si spengono travolte nel, turbine della vita moderna... La Napo- cantare, la Napoli delle tradizioni che [ a poco a poco si spengono travolte nel turbine della vita moderna... La Napo- li ove l'amore è sempre nell aria che si respira, un po' velato di tristezza, sino al momento in cui irrompa, con .. no nessuna. Nel campo cinematografico, Piedigrotta era stata sfruttata molto ma le, in passato, a mezzo di filma muti ^u.Mn.t; rtr\ accorr» ncrnmiìEiPTintl Hp i suoi lazzi ed i suoi sgambetti, Pul- jcinella — Paolo Cinelli al secolo — maschera beffarda, che ha avuto tan- ti meriti in passato, non f oss'altro >quello di sferzare la tirannide, in tem- pi nei quali la tirannide aveva tuttele armi e gli oppressi non ne aveva- destinati ad essere accompagnati da voci in orchestra. L'idea, fondamen- tale non cattiva - dato che non esisteva il film sonoro — aveva dato lucgo in pratica a scempiaggini, spesso anche indecorose, per i cenci e le soz-zure che ci presentavano con balorda compiacenza, come se il colore di Napoli stesse nei cenci e nella sozzura. Il comm. De Santis, che è Sanremese di cuore, ma è anche napoletano di nascita, ha voluto colmare la Itu-.una, offrendo di ritrarre in un film documentario, che dovrà andare in tutto il mondo e che sarà la più autentica, forse l'ultima espressione di Napoli che se ne va, lo spettacolo eccezionale, che dopo aver avuto il battesimo delia ribalta davanti ad un pubblico sceltissimo e numeroso al « Giardino d'inverno », sarà ripetuto domani nel suo vero scenario, vale a dire sotto il sole, in faccia al mare, in questo lembo di terra benedetto ove le rose si contrattano a ceste ed il termometro segna venti gradi sopra zero in pieno inverno. MASSIMO ESCARD.