Ghigliottina e Siberia in piazza Solferino

Ghigliottina e Siberia in piazza Solferino Ghigliottina e Siberia in piazza Solferino Le vecchie piazzie torinesi, sòrte per [ diovolere di un edile, nacquero piazze, se ^ducosì è lecito dire, e sin dal primo gior- intno sentirono questa loro dignità, atteg- dicpiandosi ad una certa gravità di aspet- \Reto nel disegno generalmente uniforme, [di o disponendosi come sull'attenti davan- jBeti a qualche edificio monumentale. Piaz-j muza Solferino invece, fresca e festosa tra le alberate e la fontana, circondata da IStetCT Zino, di scapa da cu, un po petulante |soma simpatico. Si è che essa si formo [davapoGunx,OÌT, oIfH f»™i WMr,Vq VtL-m rtt M«^Pl?fP oSndrEmal Kbitato dalla cittadella, yuanao ama-id, troper caso, quasi da sè, slargo troppo ampio per potersi dire corso, venuto fuori dai residui di quella zona dì ri- nuele Filiberto, nel 1565, iniziò la costruzione della fortezza, appunto per creare quel distacco fece abbattere alcuni dei vecchi isolati all'angolo sud to qutra—^-»—— iLraovest della città, cioè tra via Cernaja e ;no„„„„„ hì^o^i,-. ò t,»^ i» «!»«== nurinh» ..corso Siccardi; e per la stessa ragione |ceCarlo Emanuele I nel 1620, nel primo divla Ve^»ampliamento di Torino verso Porta Nuova, limitò la fabbricazione sul filo dell'Arsenale. La passeggiata della Cittadella e il naso di Borella Si formò così, tra cittadella e città, un'area irregolare, una successione di prati percorsa a zig-zag dal canale o doirone che univa Porta Susina all'Arsenale, e che era fiancheggiato da un viale di olmi. Un altro viale, che dallo sbocco di via S. Teresa andava alla Cittadella, fu fatto nel 1724; nel 1725 se ne aprì un terzo fra la cittadella e l'estremo di contrada del Gambero (via Bertola), un altro ancora nel 1729, traversale al primo. Così per gradi la zona di rispetto si venne trasformando in quella passeggiata.della CittadeUa che DOtanto piacque al Goldoni, e dove nel- |c.kdotoral to sadedi la decefuPrla pr.vase!Bol'estate i torinesi andavano a cercare la il fresco all'ombra delle frondose olmi, come ho ricordato altra volta. Sono un residuo — o, se vogliamo, un ricordo — di quella passeggiata, il campo dei giuochi della Cittadella, il giar taarmuncodino Lamarmora, le alberate di piaz- vaolmi secolari, appiè dei quali crescevano folti cespugli; un angoluccio ombroso e solitario dove la fantasia poteva immaginare Gian Giacomo Rousseau, in livrea di valletto dei Solaro della Chiusa, tessere un idillio con qualche fama di camera. V'era in quel giardinetto un busto di Alessandro Borella, issalo sopra una colonna e privo del naso, non per colpa dello scultore, ma perchè fra quell'appendice nasale e i monelli del vicinato c'era guerra dichìartfta. n Municipio, di tanto in tanto, faceva riparare il danno; ma dopo un mese o due si era da capo; e quel busto mutilato dava al luogo un certo che di romantico assai curioso. Quel pittoresco angolo della vecchia Torino fu distrutto una ventina di anni fa, col vandalico sacrificio dei magnifici alberi, per dar luogo all'edificio dell'Azienda elettrica municipale. Il marmoreo giornalista fu allora traspor ACapaunimunstpatalaveunteml'ail ilchaltapzitato nell'aiuola di via Quattro Marzo, tvicino al suo maestro Bottero, e così Borella e il suo naso ebbero pace. Non si pensi però che le frondose olmi abbiano visto soltanto pacifici ripasseggiatori in cerca di fresco: prò- prio dove ora e piazza Solferino o in I. quelle vicinanze si eseguirono più volte le terribili sentenze della giustizia mi ~ „ . „ ., . oUtare. Usciva^ dalla^Cittadella il corteo cHaì ,.n.nfratf>lli della Misericordia, m-1 dei confratelli della Misericordia, in saccati e incappucciati di nero, prece- j rduti da uno stendardo che portava di- ^J^J^^L"0^, ^ qQpcessione, varcato il ponte, si dirigeva a un palco, e poco dopo il boja aveva compiuto il suo ufficio. Raggiunto dalla grazia sul palco el supplizio Usci in tal modo dalla cittadella il l.o settembre 1704, tre ore prima del tramonto, Tommaso Bernardi, valoroso ufficiale condannato a morte per non aver saputo difendere il forte di S. Alaria di Susa, del quale aveva il comando. Vittorio Amedeo II aveva mandato il Bernardi a quel posto importantissimo appunto perchè lo conosceva per un prode; e quando seppe che il vecchio comandante (aveva 63 anni) aveva ceduto la fortezza ai francesi dopo soli sei giorni di assedio, credette ad un tradimento a volle dare un esempio terribile, mandando il presunto colpevole davanti ad un Tribunale apposito che doveva ad ogni costo condannarlo a morte. Il volere del Duca rese impossibile ogni difesa; e poiché i giudici militari non volevano piegarsi, furono aggiunti al Collegio tre magistrati togati che preferirono la sentenza capitale. Erano però anch'essi così poco SS?e aitato SSv^o,"'i£ni! Ìstro conte di Gropeiio, Autorità e citta clini ragguardevoli. Il popolo disappro- ] vava li sentenza e lo lasciava com- prudere chiaramente, alti magistrati, fecome il Presidente De Lécheraine, la censuravano; il Duca fu irremovibile. In quella sera di settembre il Ber-jsardi — assistito'dal Beato Sebastia-1 no Valfrè — aveva già salito il palco,1 auando fu visto giungere da via San-:te Teresa a furioso galoppo un uffi-: ctale a cavallo che svintola, un ^^soletto. Era il conte Foschieri di Ro-:veretto, maggiore di piazza, che giun-,geva così trafelato da Chivasso, dove jera il quartier generale del Duca, por- - tando la sospirata grazia... Il barone!HilL Ambasciatore d'Inghilterra, si era ;BortetcTquella mattina medesima dalportato H »-_4. 1gaPnrnblnsetgmfpdcAelsdVittorio Amedeo per tentare ancora una volta di indurlo a clemenza, e dopo infinite insistenze aveva vinto. Il popolo, che simpatizzava, come ho detto, per il vecchio soldato, ruppe in applausi; e questi salirono alle stelle quando si seppe che la grazia era piena e completa, che al condanna¬ „„;» „it,„ i, -iT,»hiJto erano concesso, oltre U y.ta, anche;Ja libertà e l'onore, elicgli era resoialla famiglia, alla giovane moglie, al-ilc due tenere bambine, all'esercito j(nelle file del quale doveva nell'asse- ' | tadio del 1706, dare ancora prove non ddubbie di valore). Tutti s'affollarono d.intorno al Bernardi offrendogli a gara, T1dice un contemporaneo, boccette delia reReijuia d'Ungheria, acquavite e vino di Nìzta per riconfortarlo, finché il!fiBeato Valfrè, dominando il festoso Ulmulto, intonò il Te Dewn. Il costume di un'ambasciatrice Ccd:risorgeva una macchina che, a giudicar ddalle descrizioni rimaste, rassomiglia- zva punto per punto all'ordigno che'Aporta il nome dell'umanUariS dottoraGuillotin Che il hrnvo unitario se-!scm » ♦ i » I, sanitario, se riKSii'"T™*0^ dl,"S nuoV° ^°^°iSd, spedir la gente al Creatore (bella!dtrovata per un medico!) avesse ruba-|chper un medico:j avesse ruDa-.cnto l'idea a qualche torinese? Comun-'toque, di quell'arnese non si trova al-'ritra memoria fino al 1800, in cui, col leLra. memoria ano ai isuu, in cui, coi nome di ghigliottina i salvatori fran-'? ..i? ,.?' r",,?_°.. 71 n":"r^r°'lacesi istallarono in Piazza Carlina'o divenuta - naturalmente ™— *J!la IAberté. Place de\sVenezia, il mercato della legna da ar-jP^»,» » .L-ma fi i <i su DOLera> aveva . c.ke ricordava i zig-zag del doiroiie;,bAssai più tardi si stabilì, sull'area ledove oggi sono le piazze Solferino eUNppsprge1Q store del ci-devant Piemont dal 1808 dal 1814. vNulla rimane oggi dell'antico aspet-1 ato della piazza; ma certe parti di es-|tisa, da poco acomparse, sono ancora cdere e perciò il luogo assunse il nome di Piassa del bosch (e Piazza del bosco la chiama toscanamente qualche guida del Settecento). Sotto il Governo francese, poi, il passeggio della Cittadella fu detto Corso Borghese, in onore del Principe Camillo Borghese, marito della bella Paolina Bonaparte e governa presenti alla memoria di chi non è gio-jmvanissimo. L'isolato S. Matteo, ad e- £sempio, all'angolo delle vie Cernala e 2Botero, aveva un curioso andamento ^ la prima casa era a filo con via San- j leta Teresa, quella seguente invece si carretrava di una ventina di metri for-rmando, all'angolo di ria Stampatori,^una rientranza dove, al fondo di un cortiletto chiuso da cancellata, si vede- jg va un palazzotto a cui dava risalto una c^dopo si installò Gtag^ené.;JAmbasciatore di Francia alla Corte di toCarlo Emanuele IV, e pochissimo sim-irpatico ai torinesi. nli Ginguené era un fine letterato e leun uomo colto' ma imbevuto degli'cimmortali principii e cocciuto come ^un bretone.Pera p'er di più acre, ^^stico e intollerante come la maggior parte dei preti spretati. Nè era fatta per attirargli simpatie la moglie, la quale voleva presentarsi a Corte vestita alla moda repubblicana, con un certo giubboncino chiamato elegantemente pet-en-I'air.' E quando il cerimoniere le rifiutò l'accesso in quell'arnese essa strillò, invocò il marito il quale, a sua volta, fece intervenire il Direttore a far la voce grossa... finché il Re per farla finita cedette. E allora M.me Ginguené si mise a cantare da gallo, vantandosi di aver imposto le mode repubblicane alla reazionaria Corte di Sardegna, di aver tt alto „ e d u ; d N rio», affidato alle glorie del per-en-Z-'atr.' I (( siberiani » L'isolato S. Matteo fu distrutto e ri¬ t u un quarto di secolo fa; è di I. rdctinnmzsnsrnLSCTovera il mannari, ma questa e stona conternporanea, e 1&SCÌ0 ad altri ta 31 -f . - j ristorante caro ai vivears. Due parole invece della Siberia. Era' questa un gruppo di bicocche indicibil Quella lordura scomparve, senza rim-ipianto, una sessantina d'anni fa. _ J a a l l o n . l o n o i n e e a o o generis con la quale era prudente non aver rapporti. Le stesse guardie di P. S., si diceva, evitavano di avriei-lnare i... siberiani, i quali dal canto lo-lro stavano benissimo senza conoscerle;ne Piazza Venezia, venne fuori quel bosch, staccatasi dal resto che diven- lungo rettangolo alberato, senza ragio- ne apparente e senza scopo, al quale'si diede il nome di Piazza Solferino, e che, pur non avendo un gran carat-:tere, in fondo è piacevole. Chi vii giunge delle buie strade della Torino!medioevale, ad esempio da contrà del fen (via Boterò), o magari dalle vie più ampie ma ancora un po' severe della città nuova di Carlo Emanuele I, come sarebbe coni?-à 'd San Carlo (via Alfieri) sente, in quella gaiezza di sole e di verde, un'altra atmosfera che dilata il cuore. E la piazza gli appare come il vestibolo della città moderna, della grande Torino lanciata verso l'avvenire. E. B.