L'arresto di due coniugi per una serie di truffe e per assegni a vuoto

L'arresto di due coniugi per una serie di truffe e per assegni a vuoto L'arresto di due coniugi per una serie di truffe e per assegni a vuoto Una donna intraprendente: placa le ire di una sua vittima e riesce anche a farsi ospitare per parecchi giorni o e e d Sono stati tratti in arresto certi Ferdinando Garofalo di Gennaro, da Francolise, domiciliato nella nostra città, e la moglie sua Lucia Moiso fu Luigi, nonché Nicolò Romano di Silvestro, imputati, il primo di truffa, e gli altri di correità nello stesso reato. Il danneggiato è il signor Carlo Merlo, gerente di una fabbrica di tessuti a Busto Arsizio (borgata di Vanzaghello). Un compratore ideale Al signor Merlo si presentava, nel novembre scorso, un individuo dai modi distinti, dalla parlantina sciolta, il quale diceva chiamarsi Luigi Moiso, proprietario di negozi e magazzini di tessuti' in Torino. Egli desiderava entrare in relazione d'affari con la Ditta di Busto Arsizio. Il negoziante era un uomo che non si perdeva in inutili chiacchiere, affermava che il tempo è denaro e quindi intendeva trattare gli affari rapidamente. In pochi minuti scelse fra le mercanzie alcune stoffe che gli andavano a genio, e pagò subito, con un assegno sull'Istituto di San Paolo, un migliaio di lire. Una vigorosa stretta di mano sigillava quel primo contratto. Ma qualche giorno dopo il Moiso tornava a Vanzaghello per altri acquisti. Era rimasto soddisfatto del preceden te, non lesinava gli elogi al fabbricante e sceglieva nuove stoffe che pagava con altri assegni dello stesso Istituto per l'importo di 3000 lire. Quel negoziante che non tirava eccessivamente sul prezzo, che mostra^ va di comprendere i sacrifici a cui è costretta una fabbrica per far fronte alla concorrenza e pagava subito in contanti, poiché gli assegni dell'Istituto San Paolo potevano considerarsi denaro liquido, si era già cattivato le simpatie del signor Merlo. Un individuo di tanta correttezza, che prometteva di concludere in seguito importanti affari con la sua Ditta, meritava di essere tenuto nella dovuta consi' derazione. Da parte sua, il Moiso dimostrava di essersi affezionato alla fabbrica di Vanzaghello, poiché alla distanza di pochi giorni dal suo ultimo acquisto vi tornava per la terza volta, con una automobile privata, accompagnato da certo Carmelo Leotta, dimorante pure nella nostra città, il quale in passato era stato in relazioni d'affari con il Merlo. Il Leotta — cosi in seguito ha dichiarato il Merlo — parlando con cqrvzcrvscsdcinsdtstindnsGtsatastlrlenzflrvdrqlBatpcTnmde e n o i ¬ i e à, - lui una signora che si diceva la mo o | glie del Moiso. Costei parlava non me- quest'ultimo, aveva trovato occasione di magnificare la situazione finanzia- ria del Moiso. benché di tante TOdi non vi fosse alcun bisogno perchè il rappresentante della Ditta sì era già formata un'ottima opinione del cliente. Ma il 7 dicembre l'assegno dl 3000 lire rilasciatogli dal Moiso ritornava a Vanzaghello, protestato, perchè spiccato a vuoto. Il Merlo, stupito oltre ogni dire, ma non ancora convinto di essere stato truffato, prendeva il primo treno per Torino e si recava all'Istituto dl San Paolo. Quel viaggio, come era prevedibile, ad altro non serviva se non a confermare che effettivamente il famoso commerciante non aveva alcun deposito presso l'Istituto e che inoltre dei negozi e dei magazzini dei quali si diceva proprietario non esisteva nemmeno l'ombra. La moglie di rincalzo Deluso, il rappresentante della fab brica di tessuti ritornava al suo paese e quattro giorni dopo si presentava a o. à li 0 ili e e3 e* ueneaaa, ne ni si na le i no spigliatamente del marito e seppecon tale naturalezza imbastire un sac-co di menzogne da riuscire a convincere nuovamente il Merlo della correttezza del commerciante che spiccava assegni a vuoto. Questa signora dovette essere ben abile se riusci ad ottenere per qualche giorno ospitalità nella casa stessa del signore che il marito aveva truffato. Essa aveva detto di attendere l'arrivo del coniuge che, in automobile, si era recato per un giro di affari. Tornando, egli avrebbe senz'altro naeato in moneta sonante quel piccolo conto. Ma i giorni trascorsero senza che il Moiso si facesse vivo e finalmente la « brava » signora si decise a levare l'incomodo all'ospite, affermando che andava a far ricerca del marito. Dopo la sua partenza giungeva bensì l'automobile che aveva già altre volte portato a.. Vanzaghello il commerciante torinese, ma a bordo della macchina non si trovava che lo chauffeur. E fu costui a rincalzare i dubbi che oramai erano tornati a sorgere nell'animo e il solf quale, per le sue prestazioni d'o ni pera Jra stato pagato con la stessa moto £eta' COn la quale era stato pagato il n- commerciante di Busto: cioè con un asrsi geg-no a vuoto. ti- ^a quello - chauffeur» il Merlo apg-'prcndeva inoltre che le stoffe acquistaal Pr- raf™ro venivano subito svenduli te per far soldi; e che la signora era rsi perfettamente a giorno di tutte le malees- fatte del marito. a-I Dopo queste rivelazioni il signordel siernor Merlo. Lo «chauffeur» grconfidava di aver la precisa impressio- ne di essere anch'egli caduto nella re-té di una combriccola di lestofanti. L'uomo che a lui si era presentato col nome di Moiso, si chiamava invece Ga- rofalo; la macchina che faceva credere sua era invece dello < chauffeur » stes-per he ne di assegni a vuoto contro i coniugi oni Garofalo. I Carabinieri della Tenenza ali di Busto Arsizio, comandati dal tenenio- te cav. Lucchetti, riuscivano a scoprine, re la residenza della coppia e l'arresto ne avveniva in un albergo. ore Come abbiamo detto, assieme ai co niugi Garofalo, si trovava anche il Ni- n i è i o i . e o è e n i e a a i i o a a e o l a n colò Romano, che sarebbe uno zio di quel tal Leotta, che accompagnò il Garofalo dal Merlo. I tre arrestati hanno vivacemente protestata la loro innocenza, ma la responsabilità, almeno dei due coniugi, appare evidente. Per facilitare il compito al marito, la Garofalo aveva permesso che egli si servisse del suo nome; non solo, ma nei giorni in cui era stata ospite del fornitore di stoffe, aveva cercato di convincerlo della solvibilità del marito, affermando che egli aveva un vasto giro di affari in tutto il Piemonte. Benché nulla di specifico sia ancora risultato a carico del Romano, tuttavia egli è stato inviato in carcere insieme alla coppia di sposi. Sono in corso indagini per accertare le eventuali responsabilità di altri individui e per stabilire se altre truffe del genere commesse tempo addietro negli stessi ambienti siano da imputarsi agli intraprendenti coniugi. Un colpo anche nel Biellese Risulterebbe infatti che la Ditta Giardino di Ponzone (Biella) è stata truffata di un certo quantitativo di stoffe da Vincenzo Garofalo il quale, assieme ad una signora, si era presentato quale negoziante torinese disposto a fare acquisti. Il Vincenzo Garofalo scelse molte mèrci, ma ne ritirò subito solamente una parte che caricò sull'automobile, dichiarando che sarebbe ripassato il giorno seguente a regolare la partita e a precisare dove doveva essere spedita la rimanenza. Ma i giorni passarono senza che il pseudo negoziante facesse più ritorno e le ricerche fatte a mezzo di un corrispondente della Ditta a Torino, non ottennero alcun risultato. La Ditta Giardino si risolveva allora a fare un esposto all'Autorità della truffa patita. La nostra Questura si occupava subito delle ricerche, le quali, forse ora che sono venuti in luce le recenti truffe in danno della Ditta di Busto, potranno stabilire la completa attività dell'intraprendente coppia. Tutto infatti lascia credere che anche l'impresa di Ponzone sia da addebitarsi ai coniugi Garofalo. Essi non avevano a Torino un domicilio fisso, ma passavano da albergo a locanda o a stanza ammobiliata a seconda delle momentanee disponibilità. Date le continue preoccupazioni che procuravano loro i loschi affari che venivano trattando, il non la—belosaalmserequPrtepaCvepomlapesifidtecolosgniinptoinoncpgsedstlamvaLnbanche a stabilire l'eventuale responsabilità del Carmelo Leotta; l'individuo che il signor Merlo afferma aver date ottime informazioni sul maggior imputato e cioè il Ferdinando Garofalo avere una casa rappresentava una probabilità in più di non venir raggiunti dalla Polizia, la quale fatalmente ae vrebbe dovuto un giorno o l'altro oca- cuparsi di loro. Le indagini tendono n r0 a csgfgppvdvsdrt