Rosa Vercesi, emozionata e depresa, abbandona nuovamente l'aula della Corte mentre dal dibattimento che prosegue emergono nuovi elementi d'accusa

Rosa Vercesi, emozionata e depresa, abbandona nuovamente l'aula della Corte mentre dal dibattimento che prosegue emergono nuovi elementi d'accusa La ripresa del processo per il delitto di Corsp Oporto Rosa Vercesi, emozionata e depresa, abbandona nuovamente l'aula della Corte mentre dal dibattimento che prosegue emergono nuovi elementi d'accusa Rosa Vercesi non ha disertato l'au la a questa ripresa del processo. Quale attesa esistesse per questa giornata è dimostrato da un fatto: prima delle 9 l'aula è colma di pubblico. E sono molte le signore che stamane hanno anticipato la loro laboriosa toeletta per conquistarsi un posto nell'aula. Al loro posto sono i patroni: gli avvocati La Perna, Pavesio, Zaccone e Del Vecchio per la difesa; gli avvocati Dagasso, De Antonio, Gianotti e Martinengo per la Parte Civile. Ed ecco, tra l'ansiosa aspettazione di tutti, l'imputata viene introdotta nella gabbia. Il volto di un pallore cereo; gli occhi rossastri ed infossati; il corpo agitato da un tremito convulso ed Incessante, ella si appoggia ai carabinieri per raggiungere il posto dal quale, nel giorni scorai, ha fatto sfoggio di tanta combattività e veemenza. Sfiduciata, come per una scissura in cuore, ella slede reclinando il capo ed appoggiando il braccio alla sbarra. Appare, a tratti, come rattrappita in se stessa. « Malizia ed accorgimento di difesa! », dirà l'Avvocato Generale. « Stato di depressione psichica più che spiegabile », dirà il medico che l'ha ■visitata. « Nè l'una nè l'altra cosa », sosterrà invece la difesa, per la quale l'accusata versa in condizioni tali che il dibattimento dovrebbe essere ulteriormente sospeso. E l'udienza si inizia con un largo dibattito preliminare sulle condizioni dell'imputata. «Trama spaventosamente» — Il prof. Carrara — avverte il Presidente non appena aperta l'udienza — ha visitato l'imputata ed ha dichiarato, che ella è in condizioni tali da poter presenziare al dibattimento. La Corte si rende tuttavia conto dello stato emozionale della imputata e perciò le consente di allontanarsi per qualche poco quando ella lo voglia. Intanto è opportuno che la causa continui. Aw."Pawsio ••(difesa) : — Gradiremmo sapere se il prof. Carrara ha rilasciato .una dichiarazione scritta sulle condizioni dell'imputata. Pres.: — Il prof. Carrara ha informato verbalmente la Corte sui rilievi effettuati. Eg]i ha dichiarato che la Vercesi appare bensì in preda ad una certa depressione, ma ha soggiunto che ella è in grado di assistere al dibattimento. Avv. Pavesio: — A quando risale la visita compiuta dal prof. Carrara? Chiedo questo perchè ieri sera i parenti della Vercesi che si sono presentati in carcere sono stati rimandati perchè l'imputata non era in condizioni di poterli ricevere. Avv. Zaccone (accennando all'imputata) : — Basta osservarla per convincersi che è malata: trema spaventosamente. Pres.: — Ad ogni modo la Vercesi è intervenuta. Pigliamo atto di questo e Andiamo avanti. Aw. Pavesio: — E' intervenuta, ma non vorrei che il suo fosse un simulacro di intervento. La difesa ha diritto che in quella gabbia sia portata un'imputata capace di intendere quello che si dice nell'aula e nella possibilità di difendersi. Per parte nostra chiediamo che il prof. Carrara dichiari che la Vercesi è « in grado di assistere attivamente al dibattimento ». Pres.: — Il dibattimento è quasi conchiuso: non ci resta che da esaurirne una parte minima. Perciò non è indispensabile una particolare attività dell'imputata in questa fase del dibattimento. Facendosi animo, ella potrebbe assistere all'udienza. Avvocato Gen.: — A noi basta che l'imputata sia comparsa e che di fronte alla legge ella non sia impedita di intervenire al dibattimento. Pres. (troncando il dibattito) : — La causa prosegue. Sia introdotto il teste dott. Tomasino. Il commissario di P. S. dott. Benedetto Tomasino compare nell'emiciclo. Egli sta declinando le proprie generalità, quando la Vercesi si abbatte sul banco, in preda ad una crisi violenta. Leva gemiti angosciosi ed è presa da insistenti conati di vomito. Aw. Pavesio: — Si dia atto in verbale che l'imputata è svenuta. — La Vercesi fa la commedia — esclama l'Avvocato Generale — Essa non mangia da alcuni giorni, non già perchè non possa mangiare ma perchè non Io vuole. Illustreremo in seguito questi atteggiamenti dell'imputata... Aw. Pavesio: - — Le parole del P. G. ci sorprendono : esistono in atti tre certificati medici che attestano il malessere dell'imputata. Nessuno ha mai accennato, anche in linea di ipotesi, ad un caso di simulazione. L'imputata si ritira Rosa Vercesi fa cenno intanto ad uno dei suoi difensori, l'aw. Zaccone, di avvicinarsi alla gabbia. Ella non si sente di rimanere nell'aula. — Chiedo che all'imputata sia consentito di allontanarsi — dice l'àvv. Zaccone. La Corte consente e Rosa Vercesi è portata fuori dai carabinieri, mentre il Presidente chiede alla difesa: — Di fronte all'allontanamento dell'accusata, hanno istanze da fare? Aw. Pavesio: — Chiedo che il dibattimento sia sospeso. Ma l'istanza è contrastata dall'Avvocato Generale comm. Aroca, il quale osserva che l'accusata si allontana volontariamente dall'aula. Ella, ad ogni modo, non è legittimamente impedita di presenziare al dibattimento e perciò la giustizia deve avere il suo corso. Non sarebbe esemplare per la amministrazione della giustizia sospendere ogni istante 11 dibattimento. Senonchè l'aw. Pavesio oppone che la legge consente di proseguire nel dibattimento allorché l'imputata « rifiuta di assistervi ». La Vercesi, invece, non si rifiuta di assistervi, ma è costretta dalle sue condizioni fisiche ad allontanarsi. Viene intanto chiamato il prof. Carrara, il quale rassegna per iscritto il suo responso. Il documento, di cui viene data lettura, dice: «Ho visitato la detenuta Rosa Vercesi stamane in carcere, come del resto ogni mattina, durante la settimana scorsa, ed ho rilevato che per quanto essa presenti uno stato di depressione soprattutto psichica, tuttavia non presenta disturbi morbosi obiettivamente constatabili, che le impediscano di intervenire all'udienza ». Awocato Generale: — Occorrerebbe che il prof. Carrara accennasse anche alle condizioni in cui l'imputata versa attualmente. Il prof. Carrara ripete, in camera di sicurezza, la visita all'imputata e poscia ricompare nell'emiciclo. Il suo responso non muta. Egli aggiunge alle dichiarazioni già consacrate ' sul certificato : <? Anche ora, salvo un aumento emozionale nel numero delle pulsazioni cardiache, la Vercesi non presenta alcun disturbo morboso. Ella dichiara soltanto di sentirsi debole e • depressa ». Aw. La Perna: — Il prof. Carrara dovrebbe precisare almeno il numero delle pulsazioni. Aw. Pavesio: — Nelle condizioni attuali la Vercesi non può assistere al di- ' battimento. Il prof. Carrara lo contesta, ma può la difesa acquetarsi di fronte alla dichiarazione rilasciata dal modico delle carceri? Noi abbiamo la massima deferenza per il prof. Carrara ma osserviamo che egli è un medico-legale non un clinico. Raramente il prof. Carrara ha curato un ammalato: egli è specializzato invece nel sezionare dei cadaveri. Chiediamo perciò che la Vercesi sia visitata da un clinico, il prof. Berruti, ad esempio. Avv. La Perna: — O il prof. Micheli, se la Corte preferisce... Awocato Generale: — Io faccio istanza perchè la Corte respinga la domanda della difesa. Il Codice di Procedura che è andato in vigore col l.o luglio stabilisce pure che i giudici devono resistere alle malizie degli imputati. Occorre proseguire il dibattimento. " •«•••*•• ì. • Pres.: — E la Parte Civile, cosa osserva? Aw. De Antonio: — Non abbiamo nulla da dichiarare. Osserviamo soltanto che da parte della difesa si esagera. La deliberazione della Certa E la Corte si ritira per decidere sull'incidente. Quando rientra, il Presidente conte Marchetti dà lettura della ordinanza. « La Corte — dice il documento — osserva che nella sua dichiarazione il prof. Carrara, il quale ha visitato giornalmente l'imputata, accerta come questa presenti un certo stato di depressione psichica spiegabile data la sua posizione processuale, ma che non per questo è impedita di assistere al dibattimento. Perciò la Corte, valutando la prova a norma delle disposizioni del vigente Codice di Procedura Penale, ritiene che l'impedimento non sia legittimo e che si possa, anzi si debba proseguire nel dibattimento. D'altra parte l'istruttoria orale si è quasi completamente esaurita quando l'imputata potè dar prova di intelligenza, di prontezza, di vivacità, sia nelle difese, che nelle contestazioni ». La Corte osserva, infine che non è il caso di ricorrere al giudi zio di un altro medico, esistendo già quello di un distinto professionista, quale è il medico delle carceri. Aw. Pavesio: — Contro questa decisione formuliamo rispettosamente le nostre riserve. , Poiché l'ordinanza emessa dalla Corte deve essere notificata all'imputata, il Cancelliere cav. Vittonatto, si reca a comunicare la decisione alla Vercesi. Ella si limita a prenderne atto. Non formula alcuna protesta. E viene inteso il commissario dott. Tomasino; Come fu scoperta il delitto Pres. (al teste): — Lei si è occupato di questo grave delitto durante la prima fase delle indagini. Ci esponga quanto le è risultato. Il teste racconta che la mattina in cui fu scoperto il delitto (19 agosto 1930) il cav. Rossi, capo della polizia giudiziaria, lo incaricò di svolgere le più attive ricerche per l'identificazione del colpevole. Apprese che la Nicolotti, la sera avanti, era stata vista con una donna, che fu identificata rapidamente nella Vercesi. Con altri funzionari, il teste si recò verso le 17 a casa della Vercesi. Ma costei non era in casa. Fu disposto per il piantonamento dell'abitazione di via Madama Cristina, 15, ove il teste tornò più tardi in compagnia di altri funzionari e.delle amiche della Nicolotti: la signorina Tapparo e la signora Comolli. La Vercesi era già rientrata, ed a lei la Tapparo e la Comolli chiesero cosa fosse stato dei titoli che dovevano essere consegnati alla Nicolotti. — Eccoli! — dichiarò la Vercesi e spontaneamente li rimise alle due donne. Poscia la Vercesi fu accompagnata in questura, dove venne invitata a spogliarsi per consentire di accertare se sul suo corpo esistevano delle lesioni. Pres.: — Nel verbale, loro han dichiarato che la Vercesi oppose delle difficoltà. Fu forse per un senso di pudore? — Oh, non già per pudore. Ella sapeva quali graffi aveva sul corpo. Pres.: — Han fatto indagini anche sulla ipotesi che la Nicolotti si fosse accompagnata in quella sera con uomini? — Sì, la Vercesi disse di avere notato, dal tram, che la Nicolotti parlava con un individuo vestito di chiaro. Ella ci disse che costui doveva essere un certo Travaglini. Noi abbiamo indagato, ma ci risultò che si trattava di una persona immaginaria. A carico della Nicolotti, infine, non emerse alcunché. Il teste accenna ora al rinvenimento dei preziosi awenuto parecchio tempo dopo, il 29 novembre, in seguito al biglietto steso in carcere dall'imputata e sequestratole. In unione al Procuratore del Re aggiunto ed al Giudice Istruttore, il teste partecipò al sopraluogo che portò al rinvenimento dei preziosi e cioè della spilla, dell'anello e della penna stilografica appartenenti a]la vittima, che la Vercesi aveva celati, avvolti in un fazzoletto, nella « plaionnière » della sua camera da letto. Il teste racconta che per trovare l'involto occorsero delle ricerche laboriose. L'involto era stato celato accuratamente. Avv. Dagasso: — La Vercesi ha detto di avere nascosto l'involto servendosi di un bastone che recava ad un'estremità un uncino. E' verosimile? — La « plaf onnière » è aderente al soffitto ed escludo che l'involto possa essere stato nascosto in essa a quel modo. Per toglierlo ci occorse salire su una scala. I gioielli nella « plafonniìro » Per illuminare appieno la Corte su questo episodio, il Presidente legge la lettera con cui la Vercesi si proponeva di incaricare i parenti di far scomparire i gioielli. Come si sa, la missiva le fu rinvenuta in una piegatura della camicia durante una perquisizione cui fu sottoposta il 29 novembre. « Appena vi sia possibile avere le chiavi di casa — scriveva l'imputata — vi prego di far scomparire dalla « plafonnière » della mia camera da letto alcuni gioielli dimenticati dalla mia amica la sera che venne a casa mia. Lasciò la penna, dopo averla adoperata per scrivere un biglietto; l'anello se l'era tolto per lavarsi le mani e la spilla per togliersi l'abito. ! Quando siamo uscite, non ce ne siamo accorte subito. Ce ne siamo ac. corte quando eravamo già in corso I Vittorio Emanuele, ma non siamo torInate indietro perchè era troppo tardi. ÌLa mia amica mi disse che li avrei potuti mettere coi titoli: sarebbe venuta mercoledì' a ritirarli. Siccome c'erano sempre gli operai che giravano per la casa, ho messo i gioielli in quel posto per sicurezza. Dopo il fatto, data la mia posizione già tanto compromessa, non ho parlato per non aggravare la mia situazione. Speravo di uscire e di restituire alla famiglia ogni cosa. Ma oggi non lo posso fare perchè mi attirerei una colpa che, lo giuro, non ho commessa. La mia buona azione potrebbe essere male interpretata ». E la lettera prosegue con altre con¬ ssgm~3csssmq1 dt(acmctgcqapgzinzqsincqIdniscPssevcinTnVcluttssfdddcdnlabasenmncdcrinviolassiopflasnfop«Csfl'crMlulagC! f' cgrtsdzuinlodetmsl'nsGecèbsdvvladmspnsIcqntèc! ndltGlasnlelgNoddlle s« j.r »T ed avvertimenti. La Verce-rsi dichiara: «Se oggi trovassero gli og- getti mi farebbero andare all'ergasto-| ii miai lnnocenza non varroobo a muia». infine aggiunge: -.Distrugge- ~„,f„ ,„° gVesf°,bi£!Je"°- Uopo avere 3h» fV cni.avi, lasciate passare qual-" ~" che tempo, in modo che non abbiano a sorprendervi. E serbate il segreto assoluto: badate di non dite nulla a nessuno, qualunque cosa accada. Data la mia posizione, devo negare a Qualunque costo. Non dite nulla nemméno al1 avvocato: potrebbe fare la sp.a». Questo avvertimento mette un po' di buon umore nell'aula ed il Presidente esclama scherzosamente: — Povero avv. Pavesio. La Vercesi diffidava anche di lui che la difende cosi valorosamente. Avv. Pavesio: — lo ringrazio la mie cliente per avere avuto questa delicatezza. Aw. La Perna: — Prima di quel giorno, la Vercesi aveva già avuto dei colloqui coi familiari? Aw. Pavesio: — Doveva vederli in quei giorni. Avvocato Gen.: — La Vercesi aveva avuto notizia dello sfratto richiesto dal proprietario di casa e temeva che i gioielli potessero venire scoperti. « Se fossi oolpevole » Si dà lettura anche delle dichiarazioni che la Vercesi fece ai magistrati inquirenti dopo il rinvenimento dei preziosi. Ella disse di averli nascosti in quel luogo per timore che, durante la sua assenza, qualcuno avesse potuto introdursi in casa ed involarglieli. « La r . . , . ,Io ringrazio la mia mito mirar» delira-1 casarSiT affollata di opoS% tèmeTO qualche colpo ladresco? La matUna'dei 19 agosto, prima di uscire di casa, nascosi i gioielli per porli al sicuro, ison nascosi i miei gioielli, perchè i pochi che possedevo li avevo al Monte di Pietà». Ed ai magistrati che, contestandole tutti gli elementi emersi a suo sfavore, la esortavano a confessare, ella dichiarò infine: «Se fossi colpevole l'avrei confessato subito ai miei di casa e poi all'autorità. Sono innocente invece ». Aw. La Perna (al teste) : R dottor Tomasino fu tra r primi ad entrare nella casa dove fu compiuto il delitto. Vennero rinvenuti degli abiti gualciti, che recassero tracce insomma della colluttazione svoltasi tra le due donne? Gli indumenti che vennero rinvenuti, risponde il teste, furono tutti repertati. Già sappiamo quali sono: la vestaglia a chimono, ecc. Al dott. Tomasino, segue il commissario cav. Raffaele Ciminelli il quale fa una rievocazione minuta e chiara delle indagini che portarono all'arresto di Rosa Vercesi. Teste: — Per quanto io fossi a capo della polizia politica, il Questore mi incaricò di curare le indagini intorno al delitto. Mi recai al negozio « La Falena » e scombiai le mie impressioni con la signora Comolli. Si trattava di stabilire le relazioni della Nicolotti per accerti, -e se in questa sfera doveva essere ricercato l'autore del delitto. Venne fuori il nome del sig. Prochietto ma mi convinsi subito che egli non aveva nulla a che vedere col fatto. Poscia, cercando di appurare la vita privata della Nicolotti, venni ad apprendere che ella era venuta a Torino per ritirare dei titoli dalla Vercesi. A furia di indagini, stabilii che costei abitava in via Madama Cristina 15. Dal portinaio dello stabile conobbi le abitudini della Vercesi: ella era solita uscire di casa alle 6 del mattino per recarsi dai suoi. Ma, mi awertì subito il portinaio, quella mattina era uscita alquanto più tardi. E prima di uscire si era soffermata in portineria a raccontare che la notte aveva fatto una caduta per la scala. Questa circostanza mi fece balenare i primi sospetti, tanto che io informai subito il Questore dicendogli che ormai la luce intorno al delitto stava per farsi. «Ti maladioo se non dici la verità! » Con precisione di particolari, il cav. Ciminelli riferisce poscia che non essendo stata trovata la Vercesi in casa furonoposti degli agenti a guardia dell'appartamento. Quando tornò, ella accolse gli agenti e raccontò loro che durante la notte era caduta per le scale. Ma agli agenti impedì di accendere le luci nell'appartamento. Teste: — Io tornai nell'alloggio della Vercesi più tardi e seppi subito dagli agenti quanto ella aveva riferito. Constatai che presentava delle piccole ferite al viso ed ella cercò di giustifi carie, dicendo che si era ferita con degli spilli. La feci tradurre in Questura, ove rilevai che non presentava soltanto delle lesioni al viso ma anche al seno. « Bisogna che lei si scopra » le dissi. Ella lo fece con molta riluttanza. Vistasi infine perduta, si chiuse in un mutismo assoluto. Avevo fermato in quella sera anche il suo amante e lo feci venire alla sua presenza. Vedendola tutta solcata di ferite, l'amante esclamò: « Confessa quello che hai fatto. Non ti resta che dire la verità ». Ma due episodi colpivano particolarmente il teste davanti quella prima fase delle indagini ed egli ora li rievoca: — Allorché la Vercesi fu portata nell'alloggio della Nicolotti, notai che ella non volse mai gli occhi verso il letto sul quale era stata distesa la vittima. Guardava invece verso il comò ed io esclamai: « Su questo mobile c'era un cofanetto, ma l'avete sottratto. Quella è la prova del delitto ». La Vercesi abbasso gli occhi e quando si awiò all'uscita reagì vivacemente alle invettive della signora Nicolotti la quale, nel vedere .l'assassina di sua figlia, non aveva potuto soffocare il suo sdegno e la sua disperazione. Il secondo episodio si verificò in Questura. Avevo chiamato il padre e le sorelle della Verce-| si per metterli a confronto con lei. Il padre sosteneva che erano tutte fandonie le nostre affermazioni circa le lesioni riscontrate sul corpo della figlia. Io feci spogliare la Vercesi ed il vecchio, nel vedere la figlia conciata a quel modo, esclamò: «Ti maledico se non dici la verità ». Aw. Pavesio: — Questa è una novità d'udienza. Awocato Generale: — L'importante è che l'eDisodio sia vero. La persona che lo riferisce è insospettabile. Avv. Pavesio: — Lei comprende l'a normalità di quanto awiene: si fa fare da testimoni al padre contro la figlia. Teste: — A quelle parole del padre, la Vercesi fece l'atto di lanciarsi contro di lui. Il teste esclude poi che la giornalaia Giorcelli sia stata fatta sostare sotto l'androne dello stabile di corso Oporto, allorché l'imputata fu condotta per il sopraluogo, ed accennando alle indagini compiute sul conto dei familiari della Vercesi, riferisce questo particolare edificante: — Giorgina Vercesi, la sorella dell'imputata, aveva dei convegni con un giovanotto in un locale sito in Galleria Nazionale, e percepiva, al termine di ognuno di quegli incontri, la somma di cento lire. : Aw. Pavesio: — Giorgina era fi-,danzata con Pont. lTeste: — Quello che le dava cento lire ogni volta che si incontrava con!lei, era l'amante ufficioso non ufficiale. > rlI Pont era l'amante non solo della Giorgina ma anche delle altre sorelle. -| Aw. Pavesio: — A verbale tutto a questo, se il testimone assume la re- - sponsabilità di quel che dice. La so- e rella minore della Vercesi non conta -che 14 anni. E' una bambina; non è tinnire Al Ini a a a lecito insevire contro di lei. Circa le condizioni economiche della famiglia Vercesi, il teste aggiunge an- cora che la madre dell'accusata, per provvedersi di danaro, era costretta di tanto in tanto a fare da guardarobiera presso un albergo . SI morso sul braccio della vittima Al cav. Ciminelli succede il commissario cav. Edmondo Rossi, che pure ,P*"'te<=!P^. alle ia^S'nl intorno al de-, htto. Egli ne rievoca le risultanze, ed 1 accenna che dai primi rilievi compiuti trasse la persuasione che il morso rl-|scontrato sul braccio della vittima fos-ise il morso di una donna. La Vercesi non fece alcuna opposizione a recarsi in Questura. Si dimostrò invece riluttante a spogliarsi. Pres. : — Lei indagò per scoprire cosa vi fosse di vero nelle affermazioni fatte dalla Vercesi intorno al misterioso personaggio che 3i sarebbe accompagnato alla Nicolotti. — Sì, e non risultò nulla di vero. La Vercesi aveva detto che si trattava di un individuo abitante in corso Oporto, certo Travaglini. Si percorse tutto il corso Oporto, casa per casa, ma del Travaglini non si trovò traccia. Ella aveva detto anche che questo individuo era un frequentatore di cinemato- TO Per ^Vf"-' rai sono aPP°stat° a'"' "nf™ r,f" 1 ; ™ spn7a agli ingressi dei cinema, ma senza risultato. Il teste riferisce poscia che la testimonianza della giornalaia Giorcelli fu resa spontaneamente mentre fervevano le indagini, e dichiara infins=£he la Vercesi si mantenne sempre calma e guardinga nelle risposte. Teste: — Era diffidente con noi e per provarlo basterà un episodio. Una sera, dopo che gli interrogatori si erano protratti a lungo e tutti noi eravamo stanchi, diedi ordine che nel mio uffleio^nVVéro Doriate alcune tazzedl-Iumcio tossero portate a cune razze ai caffè. Ne venne ordinata una anche per la Vercesi, ma essa rifiutò di berlo. Si decise soltanto quando vide che avevamo bevuto anche noi. Pres.: — Non si fidava del suo avvocato, e diffidava perciò anche del commissario di P. S. (risa). Al teste viene ora rammostrato l'impermeabile in sequestro. Egli spiega che la giornalaia Giorcelli allorché lo vide addosso all'imputata, in Questura, lo riconobbe senza esitazione. Aw. Pavesio: — Ma l'impermeabile manca di bavero e la giornalaia afferma che la donna che lo indossava teneva il bavero rialzato. Teste: — Non c'è mai stato equivoco su questo. L'impermeabile ha un piccolo bavero ed a questo voleva alludere la Giorcelli. Ai funzionari di P. S. segue il «fidanzato » dì Giorgina Vercesi, Giorgio Pont, il giovanotto che abbiamo già visto l'altr'anno sul banco degli imputati, allato di Rosa Vercesi, con la quale era coinvolto nella vicenda dei titoli trafugati all'agente di cambio Gilli. Egli ha finito da qualche mese di scontare la pena cui fu condannato dal Tribunale. Dichiara che la sua relazione con Giorgina Vercesi risale ad otto anni fa ed aggiunge che con Rosa Vercesi i suoi rapporti si erano fatti aspri quando costei aveva abbandonata la famiglia per andare ad abitare da sola. Pres.: — In istruttoria lei ha dichiarato che la Vercesi era autoritaria. — Lo era, in quanto sapeva di essere il sostegno della famiglia. Certo è che quando credeva di avere ragione la voleva ad ogni costo. Quando avvenne il delitto, il teste era"fuori Torino. Apprese la notiziadai giornali e rimase sconcertato nel leggere che la presunta colpevole era la Vercesi. « Non la credevo capace di tanto » Teste: — Non avrei mai immaginato che la Vercesi fosse capace di tanto. -• , - - — Pres.: — Riferisca ora quanto ledisse Giorgina a proposito della so- — Quando tornai a Torino, fissai un appuntamento a Giorgina. Ella mi raccontò che era stata chiamata in Questura per un confronto con la so- rella. Vide così che Rosa era coperta di ferite. E Giorgina mi dichiarò chese avesse saputo che la sorella era così coperta di graffi, l'avrebbe cacciata di casa. Aw. La Perna: — Avrà detto che l'avrebbe cacciata se avesse saputo che le ferite erano in rapporto al delitto. Il Pont è momentaneamente congedato e viene alla pedana Giuseppina Bosco, la nipote della pettinatrice nel cui negozio, Giorgina Vercesi, colta da malore, avrebbe pronunciato le note parole: « Sarebbe meglio che mia sorella confessasse ». Ma la teste non era presente a quell'episodio: ella lo sentì riferire dalla zia. Giuseppina Gay, è una giovane di » a . e e l e n o a n a | l a e e a e a o e n a i a : durante tutto questo tempo la camera -,di sicurezza, viene ora nell'aula. Ella lai sorregge ai carabinieri e appenao prende posto nella gabbia reclina iln!capo, in un atteggiamento di doloroso >abbandono. Il suo ingresso e sottoli- Pres.: — Lei ha conosciuto la Ver-cesi? — Faceva gli acquisti nel mio ne-gozio, ed era per me una buona cliente, Pres.: — Non l'ha incaricata tal- volta di operazioni bancarie? — Qualche volta e l'ho trovata pre-cisa e corretta. Un giorno le affidai un assegno di 50 mila lire per la ri-scossione. Ella lo incasso e mi fece te-23 anni. Figura citata dalla difesa. Mala teste Drotesta- — Io non ho inai conosciuto la Ver- cesi. Non so perchè mi abbiano chia-mata qui. (Ilarità). — H- ■ •■ ■ ... - Il mistero di questa deduzione saràspiegato più tardi dall'imputata. La Gay è vittima di un'omonimia. In vece sua doveva comparire una sua omoni¬ ma, che abita nello stabile di corso Vittorio Emanuele 32, nel qua'- ella dimora. Ed ecco il primo dei testi a difesa: Francesco Olivero, già esercente una panetteria in via Ormea. nere a casa il danaro prima ancora del- l'ora fissata. Pres.: — Presso di lei era solita a regolare puntualmente ì conti per leprovviste ? — Con puntualità matematica. Tor-nando a casa, dopo avere riscosso lostipendio, passava nel mio negozio a saldare il conto. Aw. Pavesio: — H teste è ■ stato vicino di casa della Vercesi. Può dircise in casa dell'imputata accadevanodelle scenate ? La vicinanza, dichiara il teste, duròdue o tre anni, ma egli non notò maialcunché eli anormale in casa Vercesi. Neppure vide che l'abitazione dell'im- putata fosse frequentata da giovanotti. Rosa Vercesi rientra nell'aula Rosa Vercesi, che non ha lasciato tlrantn tutto Questo temDO la camera ua neato da un diffuso mormorio. Tutti l — prime le signore che sono, come z sempre numerosissime — si protendo- s no verso la gabbia per osservare la p protagonista. C'è una vecchia signora, ; ra tra il pubblico, che punta addirittura l su di lei il binoccolo. Quando osser-| a ..... _tt.i_a_t- jiuZui l. „u„L Ivavamo, all'inizio del dibattimento, che jd questo processo è considerato da tanta e folla come uno spettacolo, una specie-v di spettacolo teatrale a tinte forti e d drammatiche, non dicevamo cosa lon- —,^u<. U!„t„„„!i pi sticceria in corso Vitt. Emanuele 32. Giuseppina Gay, la giovane comparsa |jn virtù dell'equivoco, è in libertà, i « ~- •- — » <= tana dal vero. Il Presidente informa l'accusata intorno alle testimonianze che sono state rese durante la sua assenza e poscia è la Vercesi stessa che dà spiegazioni: ella informa che la teste Gay è stata citata, per errore. In vece di costei doveva essere citata una sua omonima, proprietaria di una pa- Pres.: — Sé vuole andarsene, è liberissima. Se preferisce rimanere invece, rimanga. — Me ne vado subito — esclama la Gay avviandosi verso l'uscita. Aw. La Perna: — Brava, lei è la sola donna che non ama sostare In questa aula. E' richiamato Giorgio Pont. L'aw. Pavesio vuole che egli riferisca intorno alla consegna di 20 mila lire fatta sda lui alla signorina Nicolotti per in- rcarico della Vercesi. IdTeste: — La Vercesi mi pregò unirgiorno di portare alla Nicolotti 20.000 slire ed io adempii all'incarico. La Ni-1 Vcolotti avrebbe dovuto consegnarmi cuna ricevuta, ma, se ben ricordo, ella snon me la rilasciò. {dPres.: — In che epoca è accaduto,usbpspldplsdifrdcquesto? Pres Qualche mese prima del fatto. ceE lei ha lasciato i danari rsenza ottenere alcuna ricevuta? — La signorina Nicolotti dichiarò che l'avrebbe fatta tenere lei stessa alla Vercesi. Anoora i giochi di Borsa Senonchè — fa rilevare l'aw. Da- ecimlscn-ISasso di P. C. — in istruttoria il te- l a. . _.*„_,«.„ i.Qr,;=„,n„ „if^,v,Q„n mste ha riferito l'episodio altrimenti. ; mDisse che la consegna del danaro av-jtvenne nel novembre 1929 e che la Ni- mcolotti gli rilasciò regolarmente rice-| fvuta. idAvv. La Perna: — Si vorrebbe sen-,ttire anche l'imputata su questa circostanza ? Vercesi: — Le 20 mila lire che mandai alla Nicolotti erano il provento del èdvdla vendita di titoli di sua proprietà. La itvendita era stata fatta in aprile. RicPont mi portò una specie di ricevuta mprovvisoria, dicendomi che la Nicolotti Pnon aveva trovato sottomano l'originale che già le era stato trasmesso. Avv. Pavesio: — E' indubitato ad ogni modo che la Nicolotti, a quella epoca, giocava in Borsa. Aw. La Perna: — Si potrebbe stabilire a quanto ascendevano le perdite di Borsa della Nicolotti presso l'agente Brena? Imputata: — Presso il Brena cominciò a fare operazioni nel febbraio 1929. Al febbraio dell'anno dopo ella aveva perduto 60 mila lire. Chiuso quest'ulteriore intermezzo a la^ude^r^^ Vrbdpuaedi cambio Brena quando la Vercesi ne era la procuratrice. Afferma che la Vercesi teneva in ufficio contegno serio, corretto. Pres.: — Non era autoritaria? — Era un po' decisa, ma prepotente no. Lucia Novo, era vicina di casa dell'imputata: dice che i Vercesi sono « buona gente ». Dell'imputata sa che si privava di molte cose per aiutare la famiglia. Più caloroso è il giudizio che dà la teste seguente: Teresa Suretti. t-i : e. Al — -~ ,a«11„ a!Per cinque anni fu vicina di casa della | famiglia Vercesi. a Teste: — La signorina Rosa aiutava la famiglia. Era buona, tranquilla, ' affabile' con tutti. I — Proprio il contrario di quello che han detto gli altri testimoni — osserva —W„ltiÌ,^H«?Ìre| e.chel'imputata era aftabile (Uarità). I - L £*_stea vX insala VeS' i .- . . i casa era frequentata da due uomim n : soltanto: 1 fidanzati di Rosa e Giorgi-j- na Vercesi. Maria Bocchis, esercente una droe'g1?er>a in via Mazzini, ebbe la Vercesi ì I ««ente. Non lasciò presso di lei alcun i i debito e non la colpi mai sfavorevol- 1 mente. e o a l a e a ì i Ora l'imputata si allontana ancora. Ella non si sente di presenziare ulteriormente all'udienza. Nell'aula è introdotto Giovanni Onari, il quale vendette nel maggio 1930 alla Vercesi un apparecchio radiofonico per 4000 lire. Due mesi dopo la Vercesi glielo ritornò con l'incarico di rivenderlo. Il teste riuscì a far fuori l'apparecchio soltanto nel settembre, per la somma di 3000 lire. Una breve parentesi tra la deposizione a difesa: depone ora l'industriale cav. Alberto Cottolo presso cui la si- a sua volta nella gabbia. Per ora sfila a!come teste nell'emiciclo. -aI — Pres.: — Da quanto tempo siete li compagna di cella della Verce3i? oI — Da undici mesi ed in tutto questo - tempo ho potuto constatare che la Ver-] -1cronaca: Giovanna^ GagUardi"la « bel"i Ila Sandrina». Ella è detenuta per la -1truffa compiuta anni or sono ai danni -del notaio Napoli di Susa e, in carcere ' - divide da 13 mesi la cella con la Ver-i 'cesi. Di costei, ella tesse l'elogio. | -j Pres.: — In carcere la Vercesi tiene i un contegno buono? : -1 — si, Eccellenza. Tiene un contegno -]ottimo. E' di buon cuore e molto edu-i a1&nofina Nicolotti fu impiegata per tre anni come cassiera e contabile. - L Jf*e: ~ N.on h° avuft0( che da lo-ldar.e-la signorina Nicolotti durante il i_ , - Era serussima ed attiva. Nellassume- i periodo trascorso^ presso la mia ditta, à, a Ef.ii^P16!0-^*-^^-^.,?^ e ¬ o a a zione di 25 mila lire che le restituii al lorquando si allontanò dalla mia ditta per entrare in una combinazione commerciale. Lo compagno di cella E la sfilata dei testi a discarico è ripresa con un personaggio noto alla - jeata Pr(«. . _ a ,ErmCente' e1 -, . , oicJìe la.esortai a confidarsi col giudice, a |gìS^.-SSSSS; c; - a vu?!e cne dica Le ha detto forse di essere Talvolta parla della sua situazio- ne ed io le faccio coraggio. Una volta ie dovrebbero creder- |Sono innocente o ml *• i) — Voi detenuti — osserva il Presio:dente — vi dichiarate sempre innocen- ti. Ed a vicenda sapete anche conso-1 ò!larvi. -.il _ Ma io ho confessato quello che ho fatto — protesta la teste. i- L'altra compagna di cella della Ver- . ! cesi è Ines Venturello, la giovane fan- I ^ÌS.5.^m-.^-4'.,5'. di complicità nell'assassinio del suo o ] padrone ed è in attesa di comparire a a sua. vr>ltn nplln. srahhin. Ppr nra ofilo cesi è una ragazza molto buona, di cuore, che si presta in tutto. Pres.: — Vi ha detto di essere innocente ? — Sì, molte volte. Pres. : — Ma anche voi vi protestate innocente. Avv. Zaccone: — Io sono il suo difensore e posso dichiarare che lo è davvero. Pres.: — Lo vedremo quando sarà; la sua volta. La teste, che, al pari della Gagliardi, ha rotto oggi la monotonia della sua| detenzione con un breve viaggetto: Carceri, Corte d'Assise e ritorno, è ritradotta. Nessun altro teste è presente (ne rimangono da sentire non più di un paio ancora) e si intraprende la lettura degli atti: interrogatori, pen zie, ecc. Il verbale che segui al seque-! stro della lettera scritta dalla Vercesii per incaricare i parenti di far scompa- j rire i gioielli, contiene alcuni partico-l lari notevoli. La Vercesi doveva essere] ammessa ad un colloquio e poiché peri L<: ,_, Li u_l^4n disposizione dell'autorità giudiziaria! era « soggetta a grande sorveglianza » | venne minutamente perquisita prima1 di quel colloquio. A questa misura s'! — strozzame'nto.~Larmòrte," dissero" anco ra i i jriti, risaliva a cinque o sei ore dopo l'ultimo pasto. E' da esclude- re che nel prodursi dell'evento letale si sia avuto il concorso di concause, Vengono letti poscia i referti dei medi ci che esaminarono le ferite riscontrate sulla Vercesi e che le giudicarono prodotte da unghiate, durante il corso di una furibonda colluttazione^ Queste sottopose non senza riluttanze e turbamento. Le fu tolto il vestito e, appuntata alla camicia, all'altezza del seno, fu rinvenuta la lettera diretta ai parenti. Tra le letture che hanno da farsi, l'aw. La Perna vorrebbe pure quella dei verbali relativi al reperto di un paio di mutandine, trovato in casa della vittima. Avv. Dagasso: — L'indumento è stato repertato ma non sono stati fatti degli esami su di esso. Avv. La Perna: — Purtroppo. Ma in questa causa è indispensabile soffermarsi su quello che non è stato fatto. I denti della Vercesi La lettura degli atti prosegue con la relazione dei periti settori, i quali giudicarono che la morte della Nicolotti conseguì ad un processo asfittico per conclusioni peritali del dott. Fulcherio e del prof. Canuto sono già state rife- rite nell'imminenza del processo. Ad esse consentì in un primo tempo anche il dott. Coggiola, designato dalla imputata, ma poscia il dott. Coggiola manifestò dei dubbi sull'origine di quelle lesioni e richiese che gli fosse consentito di visitare ancora la Vercesi, cosa che non gli fu accordata. La giornata si chiude con la lettura della re- lazione peritale intomo alle tracce del m^r, ani i,»,win A*rta ™r- morso riscontrato sul braccio della vittima. I periti spiegano lungamente co me, dai rilievi compiuti, appaia la per fetta rispondenza delle arcate dentarie deila Vercesi col morso stesso. Carat- teristica della dentatura della Vercesi è la mancanza di un premolare destro dall'arcata superiore. Da ciò, la difesa vorrebbe argomentare la scarsa attendibilità delle conclusioni cui sono giun- ti i periti. Per fugare ogni dubbio, è condotta nell'aula l'accusata la quale mostra alla Corte la propria dentatura, Poscia, mentre la lettura prosegue, la Vercesi è rimandata in camera di sicurezza. — Voglio disturbarla il meno possibile — dice il Presidente nel rimandarla. — Pigliamo atto di questo suo proposito — esclama l'aw. Pavesio. E' un buon auspicio... Si ride. Quindi l'udienza è rinviata a stamani per le ultime testimonianze e le arringhe di Parte Civile. ,, -FRANCESCO ARGENTA.

Luoghi citati: Napoli, Susa, Torino