Il groviglio drammatico

Il groviglio drammatico Il groviglio drammatico Fino al giorno del processo noi restavamo a Collegno, dove si può dire domicilio ner semilre ^^^^T^JT^S^ nante romanzo. Noi avevamo scritto „ . r,nitnin ma 1 ner-nnap-n-l me* P.nmo capitolo, ma l personaggi mes * »v^§' a^°toP aWi^edTltri mlové persone venivano alla ri terosiGsonanonilasa e aggrovigliata aumentando via via d'interesse. E non erav™0 cne a<Tli inizii el i faceva di mano |gaI mesi si succedevano, dopo i testi- moni orano venuti i periti. L'Autorità faceva eseguire delle prove a1 fine di ck mostrare che la pretesa cultura dello sconosciuto non esisteva, ignorando latino e V'^do le sue cognizioni filosofiche un vacuo imparaticcio. Ma a queste conclusioni opponevano i Canelia, don dai medici- che. trattandosi di >» malato, e per di più di un malato • f v pretendere da lui altfo che dei frammenti di una cul naufragata con la memoria. In tal modo si" giungeva al giudizio del y.rìb^?'. 11 1uaJe ammetteva 11 dub^ bio e dichiarava non raggiunta la prova per il riconoscimento di Mario Bruneri. Lo sconosciuto, rimasto tale do P°t 13 sentenza, veniva affidato ad un LtuÌ°re: l'avv Zanetti il quale a sua volta lo affidava alla famiglia Canelia. Cominciava da quel momento il sog- k«^o veronese del «professore», e -, - sterno alui si radunava un gruppo di fidl amici, che giuravano net suo na mc- Erano Persone stimatissime, che ! occupavano posti distinti nella Socie £a> convinte oltre ogni dire di aver n ^?va}° \m amlco scomparso, e decise a difenderlo da ogni attacco, ; Nplla rneea veronese ! We,,a r veronese ! Dopo di aver passati mesi e mesi a Collegno per seguire da vicino le sorti dell'uomo che avevamo per primi indi cato al pubblico quale un interessante soggetto, abbiamo a più riprese visi tato l'ex-ricoverato nella sua nuov? ca sa a Verona, e l'abbiamo sempre tro vato circondato da questi amici, assi stito dalla signora Giulia, in un'atmo sfera di pace familiare invidiabile. Il i _ esso nell'avve _ sentenza del Tribunale di Torino avessero fatto ri corso i Bruneri. i L'uomo si sentiva sicuro in quella sua rocca veronese e riteneva che gli strali degli avversari non potessero raggiungerlo. Intanto la sua memoria — cosi affermavano le persone che gli stavano intorno — si schiariva. Aveva ricordato episodi che solamente il ve ro Canelia poteva conoscere, altre per sone si erano recate a visitarlo ed ave senemvetorizivoriququndl'eaccvoslubcvslevdlsnvdrcprftrs rimonioso, sereno e fiducioso nire, benché contro la sen « professore » era sempre lo stesso, ce- c' '- '" sdSiÌfJ vano ritrovato in lui l'antico « profes sore ». In quell'ambiente si era rifatta una vita: passava il suo tempo nella biblioteca compulsando libri, discuteva con professori amici di casa e aveva impreso a stendere le sue memorie, Quando per la prima volta ci fece cen no di quell'opera che doveva scatena re n,love polemiche intorno a lui, ci disse che era quello l'unico mezzo con sentitogli per dimostrare che non era - un simulatore. In questo lavoro lo con- fortava e lo incoraggiava il prof. Fran cesco Canelia, padre della signora Giu¬ a ! Ha, il quale pur essendosi rifiutato di , jvederlo al Manicomio, perchè al rico- -,verato avevano tagliata la barba il.- giorno precedente al suo arrivo dal | . ! a .. * . ji.^i -it —».^ dsgurnvssscFi.Brasile," aveva dichiarato di riconoe | scerlo ugualmente da una lettera ine,viatagli: sia per la calligrafia, che af-' fermava essere identica a quella di a!suo genero: sia per il contenuto della -i lettera stessa. Il comm. Francesco e j Canelia ritornava in Italia qualche n tempo dopo e l'incontro col «profesl 'sore » e la signora Giulia^aweniva sul -;ia banchina del porto di Genova, o i Eravamo presenti a quell'incontro, - Il commendatore non ebbe esitazioni o'di sorta: gli gettò le braccia al collo, a lo baciò, lo chiamò «il suo caro Giun lio », e da quel momento fu uno dei più - strenui suoi sostemton. Fu egli stesso - a portarlo a Firenze, a Roma, a Mil lano, presentandolo ovunque come suo - genero. In quest'ultima città radunò a giornalisti di tutta Italia perchè lo ve- dessero, lo interrogassero e anche in e quell'occasione l'ex-ricoverato seppe - contenersi come un autentico prof ese sore. -I Ma l'inchiesta giudiziaria non potedi va appagarsi di ciò e continuava il suo a corso; il secondo processo sollecitato - dai Bruneri si concludeva: contrariao mente al primo giudizio, l'ex-ricoverae- to veniva riconosciuto per il tipografo e Mario Martino Bruneri. e-1 Convinzione incrollabile ri Convinzione incrouapue n-1 L'inverosimiglianza del ritorno del i- prigioniero smemorato dalla Macedoo nia, era uno degli argomenti che magi- giormenle scuoteva la fiducia di molo- te persone. In quei giorni anche fra le di file dei Canellisti avvenivano defezioe-1 ni. L'on. Guarienti, una dei primi a ridi conoscerlo aveva modificate le preceo denti sue dichiarazioni; il conte De e Besi s'era messo in disparte e cosi pu- :] re mona. Manzini; e lo stesso saeerdo- te che nella sacrestia di San Zeno a Ve rona, alla nostra domanda se era ben sicuro di aver riconosciuto il prof. pachititànonGiulio Canelia ci aveva risposto: <: Non,Masolamente ho ritrovato la sua perso-Ito: na, ma la sua stessa anima! ». sonLa convinzione della signora Giulia]manon subiva scosse. A tutte le obbiezio- ; proni essa opponeva serena la sua incroi-, tralabile fiducia. « Una moglie non può in- alcgannarsi » rispondeva, e con questa fra-1miose metteva termine ad ogni discussi© ne. Anche il padre di lei al quale avevamo fatto presente la gravità delle prove che stavano contro il riconoscimento di suo genero, nell' ex-ricoverato, rimaneva irremovibile nella sua convinzione e cosi pure il prof. Renzo e l'avvocato Cesare Canelia. la sorella Maria e gli amici fidati. Come spiegare questo miracolo? Come aveva potuto quell'uomo assumere intera la personalità di un altro solamente pel fatto di vivere nell'ambiente che era stato l'ambiente dell'altro? Come poteva egli continuare a fingere per anni ed anni senza tradirsi mai? Ad ogni nuovo scaturir di prove contro di lui ci ^recavamo a trovarlo col proposito di convalidare definitivamente la nostra convinzione, ma ogni volta che uscivamo da quella casa, dopo aver parlato oltre che con lui con la signora Giulia, qualche dubbio tornava, ad affiorare. «E se nonostante tante gravi prove, che la ragione e la logica non riuscivano a confutare, quell'uomo non fosse Bruneri? Era possibile che da quella buona signora che parlava senza enfasi, da quella eroina che sembrava quasi ignorare la drammaticità della situazione e che affrontava la lotta con tanta serenità, si sprigionasse un potere di suggestione tale da non permettere più di discernere la verità? ». Il giorno in cui ci confidò che ra fornomgroavedevtalsì a fporin ratnonRconti tratradi riononNoavturnosonmodoqula temtizsi corediografie fatte eseguire sull'ex-ricove- elurato da alcuni specialisti, in diverse. a città, non portavano le traccie dell'operazione di costotomia subita da Mario Bruneri, la notizia ci sembrò effettivamente sconcertante per la parte bruneriana. Contemporaneamente ricerche fatte dai Canelia e so ex sue pudaReamente,'cadallo stes- di:x-ncoverato. radunavano elementi no cm quali essi spiegavano il romance- nusco ritorno in Patria del prigioniero padi guerra. Veniva messa m luce a fi- neS„tf„?S "JSS«£° »ìiwp^Riteil quale affermava"SH^aS'SSKraÌL/JU ifo^firl^3 frnituXt npi ««Si? scfJ5t^.eS^.^.^^!^4.^J^£5llUpri.—-.— • i ....... v „„ ,, | bili, erano fatti, in base aue quali a irevonn enh criiirtinarrt il H riminola n di Tarvisio, allo smemorato, e altri soldati deponevano di aver accompagnato in viaggi attraverso i Balcani un ufficiale italiano che aveva smarrita la memoria. E il « randagio » veniva rintracciato nel Veneto e nel Friuli. Si trattava sempre dello stesso individuo? Tutto ciò aveva effettivamente del romanzesco; ma era prospettato con tale convinzione da suscitare perlomeno il dubbio. La sentenza di Firenze Contro tutti questi elementi — prospettati dal prof. Carnelutti e dai suol collaboratori alla Corte d'Appello di Firenze, a cui era stata rimandata la causa dalla Corte di Cassazione, in seguito al ricorso contro la sentenza della Corte d'Appello di Torino — si opponevano le prime gravi prove raccolte: il paletot di Don Re, la giacca della signora Scarpa di Milano, ecc. Erano prove inoppugnabili indistrutti- a o e i , ù averlo ritrovato, e che ora combatte va per conservarlo al suo affetto e a quello dei figli Rita e Beppino, al quali se ne erano aggiunti altri due, dominava il dibattito. Di lei parlavano non solamente i patroni di casa Canelia, ma anche quelli dei Bruneri; e lo stesso Procuratore Generale avvocato Abrami, nella chiusa della sua arringa, aveva per lei accenti di viva commozione, o o ò n e o o o l e e - , - • o-tratto scompigliare le fila dei cancIU-^nvevano già giudicato il Tribunale di Torino, pure non pronunciandosi definitivamente, e la Corte d'Appello di Torino che aveva dichiarato senz'altro essere lo sconosciuto Mario Bru neri. La Cassazione, accogliendo il ricor- amescupai seloviLreditomtaindobadutoIlpsvso, ammetteva implicitamente la nre-|nsentanone di nuove prove, ma la Cor- ^te di Firenze non credette necessario ^ammetterne, considerando gli elemen- mti di cui era in possesso sufficienti a confermare la sentenza di Torino. La figura dolorante della signora dvgGiulia, di questa donna Ideale, cheì"aveva atteso fiduciosa per anni ed an-!dni il marito, che si diceva sicura di q' rgtgContro il responso della Corte di iFirenze ricorrevano nuovamente alla èCorte di Cassazione, a sezioni riunite, si patroni di casa Canelia, perche la dCorte di. Firenze non aveva tenuto CSne^tes^ fasciavano Firenze dove, attorniati da ^fedeli amici, avevano atteso l'esito, lsperando ancora. I »r cUn colpo di fulmine , tUn colpo di fulmine doveva d'un s Magistratura Tribunale rimandati di cattuMario Bruneri. siamo ro allora abbiamo Renzo e avv. i parenti e dramma, nome contcnon volevano ~ nessuno. La riducia di tutte queste persone non era scossa per , minaccia dell'lmmlnente arresto A Torino u 5 giugno, rivedevamo rex-ricoverato in Tribunale. Nonostante la estrema gravità del momento Quell'uomo appariva ancora sereno, tranquillo. Lo stesso contegno egli non abbandonava quando in cala dulìa conte8sa Torri veniva tratto in arresto. Questa buona signora, che fa parte del gruppo di coloro che non hanno mai dubitato, ci narrava l'emozionante scena avvenuta e come a cercare di confortare la signora Giulia e Beppi- ^.P-^Ì2^t2^n^^m»iiv!ÌS "co" to 1 arrestato stesso. In quell ora, co- ™i nel,.passato, V^rtqoymto^ nòii ««™ ^JS^«^1*h0CS£0^.JS£ torità. Quell uomo, infatti, era sempre stato riservassimo nei suoi giudizi; egli, se interrogato, si limitava a dire cne si trattava di persone convinte, in Seguito a fatali apparenze, che egli fosse Mario Bruneri e che perciò agi vano in conseguenza della loro convln zione. Solamente quando davanti a lui si accennava ai Bruneri scuoteva il capo e mormorava: « Vorrei sapere il motivo di tanto accanimento contro di me di coloro che affermano, erroneamente, ma forse anch'essi in buona fede, essere io loro' congiunto ». A questo punto è bene precisare che dall'inizio della causa i Bruneri si erano tenuti appartati. In loro nome agivano solamente gli a\'vocati ai quali era stato messo a capo un maestro di diritto: il prof. Cammeo. Solamente Felice Bruneri concedeva interviste ai giornalisti e saputo che l'ex-ricoverato stava per licenziare alle stampe un libro, si improvvisava anch'cgli autore delle memorie di Mario Bruneri. Le sorelle e la moglie dell'ex-tipografo rifuggivano invece da qualsiasi dichiarazione che non fosse loro chiesta dall'autorità. A un certo punto anche il Felice sembrava volersi mettere in disparte. Il giorno in cui il Tribunale, chiamato per primo, a giudicare l'identità dello sconosciuto aveva dichiarata non raggiunta la prova che egli fosse Mario Bruneri, il Felice ci aveva det to: «Ho fatto il mio dovere, perchè sono sicuro che quello è mio fratello. ma dal momento che l'autorità non si pronuncia io me ne lavo le mani. D'altra parte si comprende che io non ho alcun desiderio di mandare in carcere mio fratello! ». Più tardi, quando in- formati del ricorso presentato in suo nome e in nóme della moglie Rosa Negro, gli abbiamo chiesto come mal avesse mutato parere, egli ci rispondeva: c Io non volevo, ma sono stato talmente pressato c con argomenti così convincenti che ho dovuto aderire a firmare una lettera che mi era stata portata da un signore già compilata in precedenza. Mi hanno però assicurato che mio fratello, nonostante ciò, non andrà in carcere ». Immutabile serenità Ripetiamo che l'ex-ricoverato ha conservato sempre, anche nei momenti più drammatici, una inspiegabile tranquillità. Quando da Torino veniva tradotto, ammanettato, al Reclusorio di Pallanza e doveva esporsi alla curiosità della folla, 11 suo volto pallido non tradiva nè impazienze, nè collera. Noi — come il lettore ricorderà — avevamo preso posto nella stessa vettura e abbiamo seguito 11 detenuto fino a che le porte del carcere non si sono rinchiuse su di lui. Da quel momomento egli era separato dal mondo; diventava un detenuto simile a quegli altri sciagurati che espiavano la pena nel reclusorio. Pur tuttavia di tempo in tempo il pubblico aveva notizie di lui a mezzo delle persone che si recavano a visitarlo. I suoi legami con la casa Canelia non erano stati recisi. Era stato consentito che il ra¬ eluso venisse visitato da loro e che . a loro egli scrivesse. La raccolta delle sue lettere inviate alla signora Giulia e a Rita e Beppino Canelia venivano pubblicate dal professor Carnelutti e da lui presentate al lettori con una 'calorosa ed emozionante prefazione. Il difensore ribadiva la sua convinzione, non solamente quale patrono del dete^ nuto mp ,e 7lomo rche n recluso di o pallanza non poteva essere Mario Bru- neri, appoggiava il suo asserto sul conRitenuto dell! lettere stesse, sosteneva ra un uom? », ^uale aveva saputo su scitare nell'animo dei due giovanetti llUta e Beppino Canelia, (i due nati prima della guerra) sentimenti di i l l i a n a i a . - amore e di pietà figliale, non poteva essere lo sciagurato tipografo il cui cuore non aveva mai sentito palpiti di paternità, e concludeva Invocando che i giudici, prima di pronunciarsi, vedessero quest'uomo, perchè solamente allora avrebbero potuto farsi una convinzione precisa sul suo vero essere. La prefazione, non meno che le lettere che portavano la voce del recluso di Pallanza fra 11 pubblico, ha suscitato una viva impressione. Era l'estremo tentativo di porre ancora una volta in primo plano quell'indefinibile e inafferrabile personaggio che aveva dominato or tra le quinte ora alla ribalta, tutta la romanzesca vicenda: il dubbio. La Corte di Cassazione ha fatto calare la*, tela sul dramma. UGO PAVIA. Il itt dl i Cli