Giuseppina

Giuseppina Giuseppina cCome lo sapeva far bene il suo!smestiere di donna!...», scrive lo sto-|nrico Bainville nel suo recente libro 'c«Napoléon»; ed è di Giuseppina zche parla con questo tono tra am-|vmirativo e sprezzante, di quell'ama- jL«•«-»• r- - - • -«• ITbile Giuseppina che fece delirare d'amore nei primi tempi del suo matrimonio il generale Bonaparte e che durante l'Impero fece una conquista anche più difficile: quella di un'universale popolarità. E tutto ciò senza speciali bellezze, si è soliti dire, senza vere qualità morali, senza brillanti doti di spirito, ma così, in merito di uno « charme » indefinibile, per un dono di grazia penetrante e avvincente come un profumo, per avere insomma quel che adesso si attribuisce immancabilmente alle dive del cinematografo in voga e che è convenuto definire il « sex appeal », il richiamo del sesso, l'attrazione più misteriosa e profonda che una creatura umana possa esercitare sulle altre. Possibile?... « In certo qual modo — osserva acutamente R. Wilson McNair nel suo magnifico evidentissimo ritratto di Giuseppina Bonaparte (edizione Mondadori, nella collezione « Le scie ») — Giuseppina è un enigma così grande come Napoleone. Soldati di fortuna l'uno e l'altra, ma, in certe occasioni cavalieri erranti e anche Crociati, essi passarono l'uno a fianco dell'altra sempre litigiosi ed iracondi attraverso le file scandalose dei loro cortigiani e furono conosciuti da pochi ». C'è qualcosa, certo, in questa celebre figura di donna, che continua a suscitare, attraverso il tempo, un'instancabile curiosità, non soltanto perchè di ogni potere di seduzione si vorrebbe scoprire il segreto, ma anche perchè si sente d'istinto, oltre quel suo sorriso così languido e femminile, dietro quelle lacrime che così frequentemente e copiosamente le inondavano il viso, un elemento di forza e di freddezza, un lucido spirito pratico e. la capacità di manovrare sempre in modo da aver la meno peggio. Verrebbe voglia di sapere che cosa pensava veramente di lei il suo primo marito, il quale non subì per nulla il suo fascino, non l'amò mai, anzi diede chiaramente a vedere di non poterla soffrire. Era anche vero che l'aveva sposata per forza. Suo padre, il marchese di Beauharnais, che aveva da anni per amante una certa signora Renaudin, gli aveva promesso in moglie una deliziosa bellezzina, certa Desiderata Tascher De La Pagerie, una piccola creola, figlia di un raffinatore di zucchero alla Martinica, nipote della signora Renaudin. Ma la piccola Desiderata morì e l'amante del marchese fece venire al suo posto la sorella maggiore, Giuseppina, di sedici anni. Non pare che fosse gran che bella allora e ad ogni modo le grazie dei suoi movimenti che facevano pensare alla flessuosità di un forte animale cresciuto liberamente non dicevano niente ài gusti del giovane Alessandro. Quantunque fosse bello e mondano («le beau danseur » lo chiamava la regina Maria Antonietta), il giovane marchese doveva essere terribilmente serio, piuttosto pedante, pieno, d'orrore per le piccole e grandi bugie femminili e per le tortuose diplomazie di cui si compone il «saper vivere» delle donne furbe. Simpatizzava con le « bas bleu », con le donne gravi, tutte d'un pezzo, sincere e che hanno delle idee politiche, sociali... Giuseppina si trovò a fare l'esperienza forse più dura in cui possa cimentarsi una donna, quella di avere un marito al quale non si riesce in nessun modo a piacere. Allora si ripiegò su di sè come uno straccio di seta e cominciò a piangere. Il marito le rimproverava le bugie, le falsità, i troppi denari spesi, e Giuseppina piangeva. Le rinfacciava la sua ignoranza, la sua leggerezza, la sua civetteria, le sue infedeltà, ed essa piangeva. Non voleva ammettere di esser padre di Ortensia, la loro bambina, esigeva il divorzio ; Giuseppina piangeva. Quante lacrime nella sua vita!... Non la imbruttivano per niente, anzi l'illuminavano e il suocero e la zia e gli amici e i vicini tutti a consolarla, a compiangerla, a considerarla una vit tima... Quel duello coniugale fu tron cato dalla Rivoluzione: la prigione per i due coniugi, ma la ghigliottina solo per Alessandro. A lei, nel bel sole di Termidoro, la libertà, la vita e il misurarsi adesso con gli appaltatori dell'esercito, con gli speculatori di disastri, con gli sciacalli, coi pescicani del tempo. Ah, qual fatica e qual pena trarre il denaro sufficiente per vivere dalle tasche di quei dissipatori !.„ In fondo Barras era avaro con lei, e poi già preso dalla bellezza della Tallien. La giovinezza non l'assisteva più : dopo i trenta ella si era fatta assai abile nel darsi il rossetto e nell'accomodarsi il viso delicato, sfiorito. Al giovane generale Bonaparte quella bruna snella appariva allora incantevole; egli la divorava con quei suoi duri occhi di acciaio il cui sguardo ricordava alla vedova Beauharna's l'implacabilità di Robespierre. Ma non aveva paura. Giuseppina nonebbe mai paura. Chi ha tanta facilità a piegarsi, flettersi e piangere ma sgusciare frattanto tra una difficoltà e l'altra non prova mai la vera profonda paralizzante paura. Bonaparte non le piaceva, ella non lo stimava gran che, ma in quel tempo non aveva altri a portata di mano... Con lui, allora, ella non si comportò meglio di una Qualunque mantenuta sposata e adorata da un innamorato ardente e ingenuo e l'indifferenza di lei e i defini e gli struggenti ardori di lui, non hanno nulla di diverso dalle solite illogicità che regolano gli umani eventi amorosi. Di venire in Italia LsetccpaglepLigsecmanmmsVcnlsstpllmgtdfddlmtgscclralsgdsvecbtidcfesnon aveva alcuna voglia Giuseppina, ma quando vi fu si comportò abil-mente, e a Milano accomodò grazio- al~,t„„ m,i„(,f.„ j; ° saoaente alcune maieiatte ai suo eia-j rito. «Je gagnc des batailles, Josephine me gagne les coeurs », diceva tutto contento Napoleone. Ella cominciava allora a intravedere la sua nuova situazione e a farsi combattente: quel branco dei Bonaparte venuti a villeggiare tutti al castello di Mombello, malvestiti, rozzi, ma orgogliosissimi, superbi, le avevano messo il freddo nelle vene, Lo sguardo implacabile di madama T «..•:„ Il r Letizia l'aveva fatta fremere; cono sceva la forza delle avversioni c deeli odii umani, lei che era stata odiata dal suo primo marito e sentiva che la commedia della sua vita richiedeva ora una grande parte di prima attrice: chissà dove sarebbe arrivato quel magro giovane giallognolo tenentino che tutti ora, meno lei, guardavano con ammirazione ed entusiasmo... E nella grande parte di prima attrice ella culminò tre volte. La nrima fu allorché, al ritorno d'Egitto, Napoleone, consapevole dei suoi tradimenti, voleva divorziare, ed ella riuscì con le sue lacrime incessanti, con la sua umiltà senza limiti e la sua dolcezza instancabile, a farsi perdonare e a conquistare di nuovo suo marito. La seconda fu al momento dell'incoronazione, al sommo della sua riuscita, quando, chiesta un'udienza privata al Papa Pio VII, piangendo amaramente, chiese che il suo matrimonio con Napoleone, non essendo stato benedetto dalla Chiesa, lo fosse ora. E vi riuscì, suscitando l'ammirazione dello stesso Imperatore, e l'indomani, durante la cerimonia, ella fu la perfetta personificazione dell'eleganza e della maestà. (Le sorelle di Napoleone, livide, dovettero portarle la coda del manto e per tutta vendetta si sfogavano a tirarla indietro più che potevano). La terza, fu al momento del divorzio. Da combattente esperta e formidabile, ella si era in quegli anni difesa a palmo a palmo dalle perfidie della famiglia Bonaparte tutta coalizzata contro di lei, dai calcoli dei ministri, dai progetti degli interessati, vigile sempre, consumandosi in gelosie e in lacrime che non si possono dir false, ma che erano certo calcolate. Ella capeva da gran tempo che la sua partita era perduta e voleva piazzarsi nel miglior modo per ritirarsi coi migliori vantaggi. Ella aveva fatto delle spese come Napoleone aveva fatto delle battaglie, sempre assediata da fornitori, obbligata a combattere con tutte le armi, della eleganza più sfarzosa, del lusso più folle, i suoi debiti erano spaventosi, inconfessabili, nella bilancia ella doveva mettere dunque tante lacrime e tanto dolore che il peso traboccasse da quella parte e l'Imperatore pagasse senza recriminare. Quando la sera fatale fu giunta e il marito le comunicò, piangendo, la decisione del divorzio ormai irrevocabile, ella ebbe solo un grido, una frase : « Ah, io non sopravviverò ! » e cadde svenuta al suolo. Tutto disperato, Napoleone non riusciva a farla rinvenire, allora aprì l'uscio, chiamò l'usciere Bausset, e si fece aiutare da lui per trasportare l'esanime Giuseppina nella sua camera. Venne anche un servitore fidato: Bausset portava l'Imperatrice tenendola alle spalle, il servitore la teneva alle gambe, e Napoleone precedeva, tenendo il lume, pallido come un morto. Bausset sentì a un tratto Giuseppina che gli diceva piano : « Non tenetemi tanto stretta, mi fate male ». Allora capì che non era il caso di affannarsi troppo. E l'indomani, ella ebbe un contegno superbo di abilità raffinata. Sì, i suoi nemici erano tutti lì, madama Letizia dura e implacabile che si godeva le sue la: crime, e le cognate sogghignanti e i cognati superbi e i ministri ostili e i cortigiani ingrati, ed ella piangeva, certo, ma con che grazia, con che dolcezza !... Piangeva, ma si ritirava con l'onore delle armi, e i debiti pagati e un buon appannaggio, e il titolo d'Imperatrice assicurato. E Napoleone piangeva più di lei e rimaneva accertato che ella era la donna che egli aveva amato di più, la sua amica più devota, più fedele... Piangeva, ma era una dolce vittima, e tutta la Francia piangeva con lei e anche nelle più lontane capanne dell'Impero, sarebbe stata la buona Giuseppina, per sempre; ormai la leggenda era fatta. Aveva lottato da sola, nessuno era stato capace di aiutarla, neanche i suoi figli. Eugenio era insignificante, e Ortensia, sempre in posa, con le sue lacrime, i suoi amori romantici, la sua arpa, le sue romanze, il suo tono di vittima, le rassomigliava, ma non la valeva. Sola, come Napoleone era stato, e sarebbe stato solo. Dicono che durante i Cento Giorni I stMcoleIICfestilidtraqbgeluzdegtcdbtmmaQn(Giuseppina era morta mentre lui era all'isola d'Elba) Napoleone, visitando la Malmaison con Ortensia, rompesse in pianto e dicesse : « Buona Giuseppina, essa sì che non mi avrebbe mai abbandonato !... ». Oh, sì, ella l'avrebbe abbandonato. E mentre lui stava a Sant'Elena ella avrebbe ricevuto le visite di qualche Borbone (i Borboni la stimavano : «cette pauvre madame Beauharnais !... ») e se la sarebbe passata benino, ma per qualche misterioso privilegio, tutti avrebbero pensato, e Napoleone come gli altri, che se non andava laggiù a dividere la prigionia del suo adorato marito, era proprio perchè, povera Giuseppina, non poteva... CAROLA PROSPERI. adgmsSnialmcbstssonrrsmudcddcvrsvccgpdggeramcstrs

Luoghi citati: Egitto, Francia, Italia, Martinica, Milano, Sant'elena