La figura dell'imputata nelle deposizioni di colleghi e coinquilini

La figura dell'imputata nelle deposizioni di colleghi e coinquilini Una mattinata di emozioni al processo della Vercesi La figura dell'imputata nelle deposizioni di colleghi e coinquilini Intrighi e violenze « Litigi in famiglia e maltrattamenti alla madre « Un'invettiva della mamma della vittima Nel pomeriggio la Vercesi, per indisposizione, diserta le Assise La scienza non falla mal e le previsiona del medico che visitò l'accusata si sono avverate. Poche ore di sosta, nella sfibrante battaglia che ella va sostenendo, e qualche ristoro, hanno consentito a Rosa Vercesi di superare il collasso in cui era avant'ieri caduta. Ma la ripresa, come vedremo, non è durata oltre « l'espace d'un matta ». Quando alle 9 si aprono le porte, ella è già nella gabbia: assisa all'angolo estremo, in un atteggiamento che esprime raccoglimento ed estrema malinconia insieme. — Rosa Vercesi, continua la vostra causa — avverte il Presidente nell'aprire l'udienza. L'imputata, che è pallida e reca Impressi sul viso i segni della crisi di ieri, si scuote e si inchina alla Corte. Poscia frtepcmrJt1Itspuno dei suoi patroni, l'aw. Pavesio. richiamandosi a qualche forzata inter- j dprefazione data alle parole del teste! Rosa nel riferire la telefonata fattale! a 19 agosto dalla Vercesi, chiede che dil teste sia richiamato per precisare il —tenore della comunicazione fatta tal cclc... , chè io mi intendessi direttamente con llei a proposito del conto «riporto ti-jPioli quell'occasione dall'accusata, Teste: — Mi disse: « Per il momento la signorina Nicolotti non ha Intenzione di fare operazioni di borsa ». Presidente: — E non aggiunse altro? : — Disse ancora che mi avrebbe presentato la madre della Nicolotti per-| sIs^ „. ..^w. ,„ „- , „„, fGiorgio Cravero è il gioielliere che for-1 tnl alla Nicolotti l'anello con brillanti e la spilla che furono trafugati dopo U| ale si sa, furono a•1.. _ _. _ j_n_ nIl rinvenimKito della borsetta E si riprende la sfilata dei testi: Spoi sequestrati nell'abitazione della vercesi ohe li aveva celati nella « plafonière > della sua camera da letto. Presidente: — In che anno ebbe a fornire i gioielli alla Nicolotti? — Nel 1924: l'anello mi fu pagato seimila lire e la spilla quattromila. Una discussione si accende tra i patroni circa il valore che possono presentare oggi 1 due preziosi: il teste ammette che da quell'epoca in poi il loro valore commerciale è molto scemato e l'aw. Pavesio esclama: — Lo sappiamo tutti: a venderli per disperazione non si ricaverebbero duemila lire. Carlo Montecucco riferisce intorno al rinvenimento della borsetta della vittima. La mattina del 19 agosto egli transitò per il Valentino verso le 8. Passando dinanzi alla colonna commemorativa che sorge a fianco del Palazzo del Giornale scorse, in un cespuglietto, una borsetta. Constatò che era ima borsetta da signora, in pelle nera: era ripiena di documenti e conteneva ima tessera dell'Opera Dopolavoro in testata alla cFQilzVslpdlscvlosignorina Vittoria Nico lotti. La borsetta era semi-aperta: per'rterra si trovavano uno specchietto ed hun lapis per le labbra, che erano evi- i Vdentemente sfutreiti dalla borsetta. I qdlemtesse appartenerle, la raggiunsi. -Ma ola.signora mi dicMaro Ile non eraj^dentemente sfuggiti dalla borsetta. qTeste: — Dopo avere raccolto ogni dcosa notai in distanza una signora enei doveva essere passata per quella lo-,hcalltà e ritenendo che la borsetta po- stesse appartenerle, la raggiunsi. Ma ! sua. Recatomi in ufficio, a mezzogiorno mi affrettai a presentarmi in corso ©porto 51. all'indirizzo che avevo trovato segnato sul documenti. La portinaia mi indicò di salire al quinto piano ed allóYcTfè suonai all'alloggio della famiglia Nicolotti mi si presento un funzionario di polizia che mi interrogò e trattenne ogni cosa. Ecco ora la portinaia dello stabile dove abitava Teresa Ferrio, la testimone investita cosi vivacemente dalla accusata nella scorsa udienza. La teste, Emilia Davi, racconta che la Ferrio dimostrava di gradire assai scarsamente le visite della Vercesi e talvolta fingeva di non essere in casa per non riceverla. Pres.: — Sa che la Vercesi, col suo amante, si recassero la sera in casa della Ferrio per criccare a scopa? — Non li ho niai visti. n 19 scosto la tpste vide la Vercesi. verso le 14. salire in casa della Ferrio. Vi si trnttenne un paio d'ore. Alle 16 le due donne uscirono insieme. Non notò che la Vercesi avesse sul viso od al collo delle ferite. Aw. Pavesio: — J.° testimone tace che fu lei. proprio m onti giorno, aa invitare la Vercesi a salire in casa della Ferrio. La teste lo contesta e l'aw. Pavesio commenta: — In istruttoria l'ha dichiarato. Sottolineiamo l'episodio per lumeggiare la moralità di certi testimoni. Semplice conoscente La deposizione che segue era molto attesa ed è ascoltata con attenzione. La rende il signor Eugenio Procchietto, nel quale, durante la primissima fase delle indagini, si era creduto individuare il compagno sentimentale della povera vittima. Presidente: — Quando ha conosciuto la signorina Nicolotti? — Verso la fine del 1928. Frequentai un corso d'inglese presso la Berlitz School, perchè dovevo recarmi in India... Aw. La Perna (scherzosamente): te- Farà mica l'indiano adesso (risa). Teste (dopo cenni di diniego)... e conobbi in quell'occasione la signorini. Nicolotti che frequentava pure la scuola. Ci si trovava, talvolta, lei cor le sue compagne ed io coi miei amici (i poveri aviatori Bottalla e Danion t,e) e si facevano quattro chiacchiere Ma i rapporti tra me e la siirnorin; Nicolotti furono improntati sempre alla massima correttezza. In fondo ncr. s trattava che di una semplice conosce!) za. Nell'agosto 1929 mi recai a Già va. donde tornai nel maggio 1930. Le signorina Nicolotti aveva acquistato in quel frattempo il negozio «La Falena, in via S. Teresa ed io. non appena feci ritorno a Torino, mi recai a salutarla in negozio. Presidente: — In quali rapporti era colla Nicolotti ? Le dava del tu ? — No, come ho già detto erano rapporti di semplice conoscenza, Presidente: — Tuttavia si frequen-t tavano. Lei pensava a sposarla? — Non ho mai avuto questa intenzione. Aw. La Perna: — In questa causa, tutte le donne che abbiamo conosciuto avevano od hanno un fidanzato. La Nicolotti era un « rara avis ». Aw. Pavesio: — Ad ogni modo, per le amiche della Nicolotti. il teste passava per fidanzato della signorina asemccRcdlcsnctlgisfmpvnhpnlcnmdmr47pr'sldfdtcopbH teste si stringe nelle spalle ed il'uPresidente domanda: i LeJ ha dichiarato in istruttoria : mdi essersi recato a Ferrara il l.o ago- usto 1930 per stabilirsi colà. Prima di pnartire si recò A salutare la Nicolotti? * 1_ Non ricordo. Bfi n teste aggiunge di ignorare che dla Nicolotti conoscesse la Vercesi e che con costei operasse in Borsa. Seppe dsoltanto dalla Nicolotti che nel disse- % di un commissionario di B_orsa. ella l„sJ eaveva perduto trentamila lire. Presidente: — Si recd^qualche voi- nta in casa della Nicolotti ? i— Mai. Quando fervevano le indagini per gfar luce intorno al delitto, il teste fu sricercato dalla polizia torinese. Egli si strovava a Ferrara ed apprese colà di vessere ricercato. Ma non fece in tem- po a presentarsi in questura perchè gli leagenti lo precedettero ariandoio a ri- tcercare in ufficio. Dichiar i allora: «Non mmi sono fatto vivo presso l'autorità di P. S. perchè nulla di specifico posso di- ilre intorno al delitto ed alla vittima ». j mt D'altra parte — aggiunse come peri scusarsi — l'autorità aveva la possiJilitù di ritrovarmi perchè, essendo naturalizzato cittadino ungherese, sin dal 1927, a causa della pratica di divorzio Ili corso con mia moglie, avevo fatto tutte le dichiarazioni di soggiorno che sono prescritte per gli stranieri». inghc— La sentenza di divorzio è stata gpoi delibata? — interroga il Presi-: j laNon ancora. 'a dente Teste: s c'è una certa severità ora nella B delibazione delle sentenze di divorzio — osserva l'Avvocato Generale. a Da Ferrara il teste fu accompagna-Igco a Torino. In questura diede tutti i tichiarimenti che poteva dare e fu ri-1alasciato. fresidente: — La Nicolotti sapeva acne lei era divorziato ? ,im— sai. glielo avevo detto lo. V , ^residente: — Lei ha accennato che n la NicoloUi. prima della sua partenza cePer Ferrara,J_e__apparye preoccupata^ ij..— Si. mi sembro preoccupata e non raseppi spiegarmene la ragione, perchè, gsecondo lei asseriva, gli affari del ne-; fozio andavano bene. Doveva dunque zitrattarsi ai altro. Ji."1^ benedetto Troia ha tenuto in u affitto, per quattro mesi, una camera co ammobiliata presso la famiglia Ver- nnoci niinnrlA MiiAnfn nV.,*n<i*n Ih ttin Qam L Sozk> andavano bene." cesi, quando questa abitava in via San Francesco da Paola 41. Pres. : — In che epoca esattamente ? — Dal febbraio al giugno 1930. Quando i Vercesi lasciarono l'alloggio punvuio continuai a tenere la camera pressoi chcala famiglia che subentrò nella locazione. Pres.: — Frequentava la famiglia Vercesi ? — Avevo con essa i rapporti consueti che possono correre tra inquilini. La camera che io occupavo aveva però un ingresso particolare, indipendente dall'alloggio. Pres.: — E non ha mai assistito a litigi in seno alla famiglia Vercesi ? Aw. Pavesio: — C'erano quattro sottane in quella casa. Qualche Disticcio era inevitabile. Il carattere dell'imputata — No, avverte il Presidente, si è verificato qualcosa di più. Ed il teste sedsiSge lagcestladenati^delo" hV~Ser\to*1ìn^isumtoriat**iS^U """na'di" tecrrelle. Ha aggiunto ancora: Io stesso ho avuto agio di constatare che Rosa Vercesi era di carattere violento e per ,crquesta rasione temuta da tutti, anche legdetto che Rosa Vercesi, d'indole vio-:lalenta e prepotente, litigava quotidia-!nemunente con la madre e con le so-,daor priorie Ti mìo r««i<iìprn ron è i+atn "f^SerSetato.1^6 è ****\™"un" giorno maltrattate"^ bala madre. Lei stesso ha di-epquesta ragione temuta da tutti, anche dal padre. Preciso dichiara il teste ho detto questo non in base a fatti specifici ma soltanto come mia imfincachPres.: — Ma iei deve avere intesoKanche dei fatti specifici. Dopo l'arre- sto della Vercesi, si è conosciuto cne1. ella aveva morsicata chiarato in istruttoria: « La madre di ceva che per il caratteraccio della Rosa la vita era per lei un inferno ». — La madre della signorina Vercesi avrà detto questo in un momento di rabbia, Certo non a mente fredda: la madre è sempre la madre... Pres.: — Conferma quanto ha dichiarato al Giudice Istruttore? — Confermo che non sono a conoscenza di fatti precisi e specifici, lo non ho constatato nulla di concreto. A domanda dei difensori, il teste dichiara che la direzione della casa era tenuta per cosi dire dall'imputata: era lei che si occupava di tutto; che ese^ afVBmhamrirela laguiva i pagamenti e che effettuava glijvoincassi. linPres.: — Sa che Rosa Vercesi aves-inose un amante? ef— Non me ne sono mal awed-.itn. !smAw. Pavesio: — Si è lanciato molto I,efango anche contro le sorelle, after-|d!mando che esse tenevano un contegno1 dipunto edificante. Vogliamo sentire la mverità dal teste? lePer ragioni di studio, lo passavo spnuasi tutta la giornata in casa. Non fidho mai notato nulla di irregolare. E scpoi non ho l'abitudine di immischiarmi i .negli affari detrli altri. IstAw. Pavesio: — Per dilaniare quei-1 fale povere ragazze, si è detto persino deche alla notte ricevevano visite ma- " chili. « Libertà riguardosa » Teste: — lo non posso dir nulla in nronorto. Del resto la mia camera, com; ho gi;ì detto, aveva un ingresso indipendente. Anche se avessi voluto, mi mancava la. possibilità di controllare quanto avveniva in casa Vercesi. Un assessore: — Il teste pagava 400 lire al mese d'affitto. Questo prez-j sp7.0 era alquanto elevato per una sem-,naplice camera ammobiliata. ch— Infatti — osserva il Presidentej — lo si potrebbe spiegare soltanto col diratto che all'inquilino tosse usato unireunme Edepustmluunlattamento particolare. — Avevo una camera libera. Ecco ''itto. Ricevevo chi volevo, ma i paironi non se ne potevano accorrere. — A noi risulta — insiste il Presilente — che un inquilino dell'impunta pagava 6IM) lire al mese per una ^rnora ammobiliata. Ma quell'affitto >««"OT)dPv!» qualcosa. Avv. Daa-asso: — Comprendeva dei icrviri particolari (risa). E il Prendente, che ha alluso, come •i comprende, a quanto è risultato cir-n l'inquilino di via Madama Cristina 1formula una domanda più precisa e delicata: — Ha mai avuto rannorti con qual"una delle sorelle Vercesi? TI te=te lo ps^lurle. W rnicerlato L>e-io7i"oTin broveme-ntp Mario (;iii"ia. il iiinlp attesta che il sier. Prochietto. u «Hottio in cui tìi nnmmeson 11 ripi'tro si trovava a Ferrara, e Lina Bnptto, la signora che transitava per il Parco del Valentino la mattina in cui il sifnor Mpntecupco rinvenne la borsetta della vittima. E' la volta quindi di ima testimonianza che solleva rumori e contrasti. Denone il dott. Giulio Bellia, ora commissionario di Borsa, un tempo impiegato presso l'agente di camb'n Brena. Con la Vercesi — che in Bdastlenudfril ddlaVdsistte'ufficio aveva un ruolo superiore al suo in quanto dal principale era stata no- : minata procuratrice — il teste ebhe uno scontro vivace. Egli lo rievoca. Ma prima si vogliono da lui altri dettagli, Pres.: — Presso l'agente di cambio Brena era impiegata anche la sua fi- danzata? — Si. ci sposammo qualche mese dopo il mio licenziamento, Pres.: - E cosa notò sul conto del la Vercesj? ^ ^ ^ ^ „ulla di notevole. Poscia, quando si seppe che all'agente Gilli, presso cui era stata impiegata, erano stati trafu- nulla gati dei titoli, ebbi della diffidenza ver-| so di lei. Sul principio r-nasi colpito soltanto dal suo carattere: collerico e violento. Avv. Pavesio: — La Vercesi è vio lenta, m?. il Bellia, che è un uomo mi' tissimo. l'ha schiaffeggiata. Non di mentichiamolo! il modo le deposizioni dei testi iNon posso consentire — esclama P. G. — che si commentino in tal — I nostri commenti — replicano in coro i difensori — sono più che le- gittimi e giustificati. i,.ti,«. uno soniano iPres. al teste: — In istruttoria lei ha dichiarato di avere la convinzione che la Vercesi mettesse la zizzania tra g]j imniesati dell'ufficio. — si, ho avuto l'impressione che el- la mettesse in cattiva luce i colleglli allo scopo di primegfriare. H signor s ^ Brena la ascoltava assai. " i Rievocando lo scontro avuto con la accusata, il teste racconta che giun- gendo al pomeriggio in ufficio (al mat- tino egli si tratteneva n Borsa sino alle 13 e perciò si riteneva in dirittoi tornare in ufficio alle 15, anziché alle 14 come era obbligo per gli altri imr.iesrati) trovava costantemente la Vercesi seduta al suo posto. Il fatto non era casuale, ma con esso la Ver- cesj intendeva far rilevare che il Bel-j ija era negligente e non rispettava l'o-l ... tl = negligente e non rispettava l'o-l rari0- La cosa si ripetette per molti giorni. _ E iei na finito col perdere la pa-| zienza — osserva il Presidente. I Teste: — Il signor Brena mi chiamò un giorno per sentire cosa pensavo sul cont0 della Vercesi. Gli feci capire che non era una persona da tenere a quel L .a c .. .. ^ 1 posto; non era un'impiegata per il suo ufficio. « Ma è attiva » replicò il Brena. A questa obiezione risposi: « Se vuol tenere in ufficio una persona spor- che si era intanto avvicinata a noi ca è padrone di farlo La Vercesi,! senti le mie parole e tosto, rivolgen dosi a me ed a mia moglie, urlò: « Voi siete delle persone più sporche di me*. Sentendo insultare me e la mia moglie, non potei trattenermi dal reagire e colpii la Vercesi con uno schiaffo. Ella allora si è lanciata contro mia moglie, colpendola con un pugno. — Questo è falso — insorge la Vercesi. — Ed il signor Brena potrà attestarlo. Pres. al teste: — Lei ha detto che la Vercesi era persona sporca. Intendeva alludere alla sua condotta di donna o a quella di impiegata? — All'una ed all'altra. Avevo sen- tito da più parti che la Vercesi, fuori dell'ufficio, teneva una condotta assai! discutibile. In Borsa poi s'era diffusa; - ' ' 1 " ' ' tempo impiegata." — H teste può riferire episodi concreti da cui il suo giudizio sia stato creS.. °a 4,c'ì1 11 ,suo Siu<u, legittimato ? — domanda1 avv. Pavesio. Il teste rimane alquanto esitante. In la voce, chela Vercesi non fosse estra nea alla sottrazione dei titoli patita dai sl&?or .Gl"i. Presso il quale era un —'ldgal"f:- correvano sui conio (iena v ercesi. i f™**^Ì12* -che .lcbaie che il teste non può indicare/nè^episodi né nomi, che. documentino' le|^fine risponde negativamente e l'avvocato Pavesio incalza: — n dott. Bellia ha accennato a voci che correvano sul conto della Vercesi, Kf*c«y.anc- portatori di queste voci? — No- . Avv. Pavesio: — Si dia atto in verafférmazioni da lui fatte. Pres. al teste: — Sapeva che la Vercesi aveva un amante? — Si. Le proteste dell'Imputata Intanto, contro le affermazioni del Bellia insorge vivacemente l'imputata: — Il teste ha raccontato le cose a modo suo. Ma la verità è diversa. Egli ha detto che giungeva in ritardo al pomeriggio e invece è al mattino che arrivava tardi in ufficio. Cosi il lavoro restava arenato specialmente durante la liquidazione di fine mese. E' ouests la ragione per cui ero costretta, molte vo^e- ac* andarmi a sedere al suo tavolino per sbrigare il lavoro di cui egli non si interessava. Per questo fatto efTli si risenti, e dichiarò che se il si- sm°r Brena non mi avesse data una I,ezione si sarebbe licenziato. Informato d! ciò u signor Brena lo chiamò in disparte. Egli allora inveì contro di me- Avendo inteso le sue espressioni, le ritorsi dicendo che era l'uomo più sporco di Torino. Giunse intanto la sua fidanzata, ed egli mi colpi con uno schiaffo. . Avv« Pavesio: — AH udienza, il teste na fa-tto delle aggiunte alle dichia- fazioni rese in istruttoria. Egli aveva detto allora: « La Vercesi cercò di dare " " ~'" sporgere querela. Poi tutto' fu appia nato e le parti si scambiarono delle dichiarazioni di reciproca... stima. Avv. Pavesio: — Leggiamo queste dichiarazioni. Gioveranno a lumeggiare i termini della vertenza. un pugno a mia moglie ». Oggi affer ma che la Vercesi ha vibrato il pugno e che sua moglie ne è stata raggiunta. Etrll è laureato in legge e deve intendere la. portata delle parole. Non si può ammettere che equivochi. Ma il teste dichiara che il pugno è stato sferrato e che sua moglie ne è rimasta colpita. L'incidente doveva dar luogo ad un episodio giudiziario. Da una parte e dall'altra si pensava di La dichiarazione sottoscritta dal Bellia è più ampia di quella rilasciata dalla Vercesi. In essa il Bellia dice sostanzialmente: « Dichiaro di essere dolente dello spiacevole incidente avvenuto e di avere agito in un momento di eccitazione. Voglia ritenere che le frasi da me pronunciate hanno tradito il mio pensiero e di conseguenza prego di scusarmi ». A sua volta, la moglie del Bellia. si dichiarava soddisfatta della transazione avvenuta mentre Rosa Vercesi dichiarava: « Prendo atto della dichiarazione del signor Bellia e considero definita e transatta l'intera questione 2. Pres. al teste: — Dopo quell'incidente ella rimase ancora in ufficio? ntlppgmsecddpvqsgdvmR | — Andai dal signor Brena e gli di si: « Ora bisogna che uno dei due : ne vada. O via la Vercesi, " disse ... . , o via io ». E il Brena licenziò me, assicurando che avrebbe licenziato anche la Vercesi. Ed ecco: intorno all'incidente che ha i avuto tanta eco al dibattimento, rife risce il signor Silvio Brena che fu spet tatore disinteressato. Il teste premette ora avere assunto alle proprie dipen- denze la Vercesi nell'aprile 1928. Ella restò presso di lui sino al febbraio ideilo scorso anno. Prima di deciderne l'assunzione, si rivolse, per informa- izioni, al sismor Gilli che l'aveva avuta come impiegata per varii anni, Pres.: — E quali furono le refe renze? — Mi si disse che sapeva fare il suo lavoro. In sosianza furono le solite ge- neriche informazioni che si sogliono dare_in circostanze del genere. Pres.: — Sembra che nell'ufficio la Vercesi fosse un po' invadente, — Si interessava assai all'andamen- to dell'ufficio e se trovava qualche cosa che non andava me ne informava, Pres.: — I colleghi della Vercesi avevano motivo per lamentarsi degli atteggiamenti che essa assumeva nei loro riguardi? — Effettivamente la Vercesi aveva questo debole: elevava se stessa, offu- Scando un tantino gli altri, .11 teste rievoca poscia lo Il teste rievoca poscia lo scontro ve rlflcatosi tra il Bellia e l'accusata. Lo scontro ebbe origine da questo: il Bel- lia affermò che la Vercesi era una don- na qualunque, ed ella reagì protestati- do. A vertenza compiuta, il teste giu- dico che il Bellia era stato più biasi mevole della Vercesi nella determina zione dell'incidente, e lo licenziò. Slts In barca H signor Brena è congedato e succede Salvatore Centouze. Conosceva di vista la signorina Nicolotti e la sera del 18 agosto, alle 21.30, la vide in via Madama Cristina con una signora più aita e più complessa di lei. Augusto Casanova, che rilevò l'alloggio occupato dalla famiglia Vercesi in via San Francesco da Paola, racconta di aver trattato con l'accusata per il rilievo. Ella aveva delle pretese assai elevate: richiedeva 13 mila lire per la cessione dell'appartamento. Dopo molte discussioni si accontentò di una cifra minore: 6000 lire. Augusto Casanova, vicino di casa dei Vercesi, riferisce che la sorella minore dell'arrestata, Giorgina, si lagnava spesso, dei bisticci che scoppiavano tra le sue sorelle ed il di lei fidanzato. Ed ecco un'ulteriore deposizione di speciale rilievo. Per riferire intorno alla gita in barca che la Vercesi compi nei giorni precedenti al 19 agosto, si presenta il signor Amilcare Cisternino. Pres. : — Lei è amico indivisibile del' ., l'amante dell'imputata? — Indivisibile proprio no. Ora, per esempio, siamo divisi. Il teste racconta che con l'amante della Vercesi furono effettuate ripetute gite in barca. A due di esse partecipò anche l'accusata: precisamente a quelle compiute il 15 ed il 17 agosto. Le fj6 ?°£ero Inizio alle 10 del mattino l^gmS^ ^^SS^ Pres.: — La Vercesi indossava il costume da bagno? ^ ÌSSStìSml&^wS&^SSi ^SS% SW*»1^ nel modo più reciso, che ella si sia potuta ferire al viso raccogliendo fiori lungo le rive. La smentita che il teste porge alle affermazioni fatte dell'imputata, genera vivaci contrasti. Dalla gabbia, la Vercesi insorge con veemenza: — Il signor Cistemlno dice che nessuno di noi si è scostato dalla riva. Ma egli non ha potuto vedere tutto quello che si è fatto in quella giornata. Quando si scendeva a riva la comitiva si divideva e qualcuno, per una ragione o per l'altra, si allontanava. Le ferite ài viso le ho riportate appunto in uno di quei giorni. In coscienza, il signor Cisternino può escludere questo? Un grido straziante E l'imputata prosegue nel suo sfogo, per spiegare — dice — l'origine dei graffi che le furono riscontrati al viso. Ma una voce l'interrompe: — Sono le unghie di mia figlia che l'hanno ferita — irrida, straziata, la madre della povera vittima. Ultima teste della sfilata odierna, Rosa Nicolis rievoca un episodio che suscita impressione. Ella era vicina di casa della famiglia Vercesi quando questa abitava in via S. Francesco da Paola. Teste: — Un giorno, richiamata da alte grida che si alzavano dall'appartamento vicino, uscii sul pianerottolo e trovai Giorgina Vercesi che invocava aiuto. Rientrai con lei in casa, e vidi che la sorella Lucia, in camicia, era vicina al balcone, e ne era allontanata dalla madre. Lucia era gravemente ammalata, tanto che il giorno precedente la si era ritenuta in punto di morte. Li per li non mi resi conto di quanto stava accadendo e mi limitai ad esaudire la preghiera che mi veniva rivolta, aiutando Giorgina e la madre a riadagiare sul letto la ragazza. Dopo, la signora Vercesi mi spiegò che aveva avuto un violento litigio con la figlia Rosa, e che costei l'aveva morsicata ad una mano. La sospensione meridiana dell'udienza ci prepara intanto una nuova sorpresa. Allorché l'udienza è ripresa, la gabbia appare vuota. Rosa Vercesi non ha voluto essere tradotta in Assise. Cosi dichiara il maresciallo dei carabinieri che è preposto alla traduzione dei detenuti. All'annuncio, la folla che gremisce l'aula si abbandona ad un lungo mormorio. Il rinvio a domani E intanto, sospesa l'udienza, il Cancelliere cav. Vittonatto ha l'incarico di recarsi in carcere per conoscere le ragioni che hanno determinato l'accusata a tenersi lontana. Al cav. Vittonatto ella dichiara di non sentirsi bene: la crisi di ieri si è rinnovata in forma anche più accentuata. Ma non bastano le affermazioni dell'accusata: occorre che il suo stato sia accertato dal sanitario. Cosi viene mandato a chiamare il dott. Giulio Olivieri, lo stesso sanitario che il giorno innanzi visitò la Vercesi nella guardina della Corte d'Assise. Il responso del medico viene reso noto alla Corte verso le 17. Il dott. Olivieri dichiara che Rosa Vercesi appare sofferente. « H tono psichico notevolmente depresso; conati di vomito insistenti; la lingua fortemente patinosa; il polso meno frequente di ieri ma piuttosto molle»: ecco i fatti patologici rilevati dal sanitario il quale aggiunge che la Vercesi presenta con essi uno stato di forte emotività che si esprime a volta con scosse di pianto a volta con tremori muscolari diffusi. La prognosi è ancora la stessa: breve riposo. Poiché il sanitario dichiara essere ggg^jhue &SSb^SS^ sentito le parti, rinvia l'udienza a lunedi mattina. FRANCESCO ARGENTA,

Luoghi citati: Cisternino, Da Ferrara, Emilia, Ferrara, India, Torino