La Vercesi colta da malore durante una drammatica udienza

La Vercesi colta da malore durante una drammatica udienza Il delitto di Corso Oporto alle Assise di Torino La Vercesi colta da malore durante una drammatica udienza La ridda delle speculazioni di Borsa: l'imputata manovrava 5000 titoli al mese -- Una telefonata dopo il delitto: « La Nicolotti non giocherà più in Borsa » -- Quello che diceva la sorella Giorgina: « Mia sorella potrebbe confessare... » Rosa Vercesi sviene « Crisi di depressione » dice il medico La fitta e complicata rete delle ope-razioni di Borsa; la «curva» del loroandamento; i risultati pratici ed economici che ne sono alfine seguiti: eccol'argomento sul quale dovevano illuminarci i testi che sono stati chiamati ieri mattina a deporre. E* ovvioche nella trattazione di questa ma-teria — ostica ed astrusa per i più— Rosa Vercesi si trova pienamente« à son aise ». Ella ha una conoscenzadella tecnica borsistica assoluta e completa. E' padrona della materia nel più preciso senso della parola. Ciò le consente di interloquire sovente nell'Illusione di mettere in iscacco l'Accusa. Lametfi disperati Ma prima che si inizi la sfilata degli agenti di cambio e dei commissionari di-e,, M. ,„,„,.„„.„„.,„., Borsa, attraverso ai quali la Vercesi ef-fettuò le operazioni per conto proprio e per conto della famiglia Nicolotti, è ancora la volta di un testimone che ci riporta alla notte del delitto. Luigi Lenti, il garzone dell'erbivendolo di corso esporto, racconta che la notte dal 18 al 19 agosto, verso le 4, si era accinto ad allestire il banco di vendita nel tratto del corso Oporto, prospiciente al caseg giato segnato col N. 51. Ad un tratto intese delle grida, dei lamenti disperati, che si ripetettero qualche volta a brevi intervalli. Pres.: — Donde provenivano? — Mi è sembrato che provenissero appunto dal caseggiato di fronte. Le grida mi giungevano attutite ed indistinte, ma compresi che erano emessi da una donna tanto che io pensai che si trattasse di una partoriente. Il teste 6 congedato e viene alla pedana il commissionario di Borsa Oreste Visone, attraverso il quale la Vercesi effettuò la più parte delle sue operazioni. Pres.: — Come conobbe la Vercesi? — Mi fu presentata dal mio « remisier », Carlo Rosa, che era stato suo compagno di ufficio presso Tacente di cambio Brena. Di lei mi era stato parlato nel termini più lusinghieri. Il teste racconta che la Vercesi dichiarò che non avrebbe operato soltanto per suo conto. Era incaricata dalla signorina Nicolotti di compiere operazioni anche per lei. E intanto consegnò al teste dei titoli di Consolidato, la cui vendita fruttò 43 mila lire. Con questa somma fu effettuato un riporto attivo al nome della signora Bolongaro ved. Nicolotti. Un conto distinto, per operazioni di borsa, fu poi intestato alla Nicolotti figlia ed un terzo conto alla Vercesi. Ma i tre conti non erano indipendenti l'uno dall'altro: alle liqdidazionl di fine mese, i saldi venivano fronteggiati con addebitarvi enti sui conti che offrivano la possibilità di effettuare 1 compensi. Pres.: — La Vercesi le dichiarò esplicitamente di essere incaricata dalla Nicolotti di compiere le operazioni al suo nome? — MI si presentò come mandataria della signora e della signorina Nicolotti. Il suo era naturalmente un man- ^ì/f commerciale, e cioè verbale, ma i^*m'potevo dubitare della sua correttezza. . " Operatrice prudente Pres.: — E quale ampiezza assunse il giro delle operazioni? — Un'ampiezza notevole: il valore normale dei titoli manovrati dalla Vercesi durante un solo mese oscillava tra i quattro ed i cinque milioni. Ella era però prudente nel compiere le operazioni. Gli ordini che mi passava — si trattava quasi esclusivamente di operazioni a premio — erano accorti e meditati. Quello era un periodo disgraziato per gli speculatori di Borsa, e tuttavia le perdite furono per lei limitatissime. Avv. Pavesic: — Può dire il teste qual'era la massa dei titoli manovrati mensilmente dall'imputata? — Posso riferirmi a quanto avvenne negli ultimi tempi. In meno di due mesi, la Vercesi manovrò circa 5500 azioni. A fine luglio, avendo manovrata una massa cosi ingente di valori, ella ebbe una perdita che non superò le 2000 lire. Certo, se l'andamento della Borsa fosse stato buono avrebbe potuto realizzare forti guadagni. Avv. La Pèrna: — Ove 1 titoli non fossero stati manovrati con la circospezione di cui ha detto, quale possibilità di perdita avrebbero potuto offrire? — Anche di duecentomila lire. p. G.: — Alla liquidazione di fine agosto, il riporto attivo al nome della Bolongaro si chiuse con un saldo di 15 mila lire. Donde aveva origine questo saldo? , , , , — Costituiva il residuo del riporto attivo compiuto all'inizio, al nome della Bolongaro, per la cifra di 43 mila lire. Ed il teste aggiunge che dal conto della signora Bolongaro erano state ritirate 17 mila lire, che furono passate alla figlia. Aw. Pavesio: — Sarebbe necessario che il teste, sulla scorta delle situazioni mensili, ci illuminasse intorno ai risultati di tutte le operazioni. Teste: — Non mi è possibile precisare l'andamento delle operazioni, perchè i conti istituiti presso di me si collegavano e si inserivano in quelli istituiti presso l'agente di cambio Arneodo. Ad ogni liquidazione di fine mese, mi si diceva infatti di effettuare dei compensi con i conti Arneodo, e così mi sfugge la possibilità di stabilire l'esito delle operazioni nella loro totalità. « Non tutto quello che ha detto è la verità» Avv. Pavesio: — La difesa aveva instato per degli accertamenti peritali intorno al corso delle operazioni di Borsa. La nostra istanza è stata respinta. Ma ecco che la necessità di accertamenti si impone. Si fa carico all'accusata di avere giocato in Borsa coi denari della Nicolotti, mentre si sa, per le affermazioni del teste, che la Nicolotti aveva un proprio conto per operazioni di Borsa. Quanto ha affermato la Vercesi non è stato creduto; facciamo dunque delle indagini per stabilire la consistenza e l'esito delle operazioni. Avv. Dagasso (P. C.) : — La Vercesi parla in contradditorio di una tomba che non risponde. La Nicolotti è morta Tutte le operazioni — insistel'avv. De Antonio di P. C. — sono state fatte solo nominalmente per conto della Nicolotti. Pres.: — Per fare delle indagini bì sognerebbe sapere che tutti gli ordini partivano dalla Nicolotti. L'imputatasostiene di avere fatto le speculazioniin piena intesa con la defunta. Ma ab-biamo visto in questi giorni che nontutto quello che la Vercesi ha detto èla verità. Imputata: — Ricorda il teste che durante le riunioni di Borsa io telefo'navo al suo ufficio da un bar di via, ,, .v, „ _Arsenale' Si era in un periodo di tra-rmilo Der'le Borsa ed io mi tenevo vi-cina al negozio della Nicolotti, onderonsultarmi con lei prima di passare|u ordina . Teste: — Le telefonate non le rice-|vcvo io, ma i miei impiegati. ! P. Ci.: — Ci dica piuttosto l'impu-ital-a: cosa fece delle 1.7 mila lire pre levate dal conto della Nicolotti madre? l — Le consegnai alla signorina che i80 ne servi per acquistare delle Fiat, ! — Si dice che la JNicolotti era ; estranea alle operazioni — osserva : l'avv. Pavesio. — Ma i lissatini bol I lati relativi a tutte le operazioni re- cano la sua firma. Il teste conferma che effettivamente i fìssatini recavano la iirma della Nicolotti, senonchè, dopo il delitto, gli fu fatto osservare in Questura che apparivano sui primi e sugli ultimi fls satini. La diversità grafica consisteva in questo: negli ultimi fissatini la inialale del nome di battesimo della Nl ! S°J?ttl' vittoria, era tracciata m guisa taLw vere ili wuv^tui il o:-.ìu c'era un certo divario tra le firme cnee si precisi. Non si può giocare l'ergastolo su delle approssimazioni. Il teste intanto ribadisce che se le operazioni fossero state compiute tut- In Klestl 1haV^o^toto^W^a*.'in complesso nonno truixato aei gua- ^•^^JS^^^miS^SSnwS eMn>v,?^à0,fafiS?^t?=fH,rtlA JESH*** ^f, iS^JLS?*.? 5®^? mioìVo difforme ; presentava, al vertice, una specie di gancio che nelle firme figuranti sui primi fissatini non esisteva. L'accusata intanto sostiene che il giro delle speculazioni si .svolse dopo che ella aveva guadagnato, con un'operazione sulle « Chatillon », 14.700 lire. — Beata lei — esclama l'avv, Martinengo. « Si gioca l'ergastolo... » Ma la difesa insiste sull'opportunità di accertamenti contabili e peritali. — L'imputata — esclama ravv. favesio ■— sta giocando l'ergastolo su delle circostanze che non sono chiare. Una delle ragioni per cui, secondo il capo d'imputazione, ella avrebbe commesso il delitto, discende dalla necessità di sopprimere la disgraziata per sottrarsi alle conseguenze delle appropriazioni indebite da lei consumate. Orbene, noi vogliamo dimostrare che appropriazioni indebite non vennero compiute e che la Vercesi, nell'eseguire le operazioni di Borsa, agi d'intesa con la Nicolotti. Nella nostra coscienza di difensori, non possiamo ammettere che affermazioni infondate siano fatte intorno ad un punto capitale della causa. — Oh! la Vercesi è qui non soltanto per questo — osserva il Presidente — mentre il P. G. osserva: — Il capo di imputazione parla anche di altre sottrazioni. La Vercesi, dopo aver ucciso la Nicolotti ha trafugato tutti i documenti che erano contenuti nel cofanetto. Avv. Dagasso: — E la spilla e l'anello da chi furono sottratti? A noi basta di essere certi intorno à questo |•1argomento, sul quale punteremo i piedi. Avv. Pavesio: — Il P. G. dice che sono stati trafugati i documenti riflettenti le operazioni compiute dalla Nicolotti, e agita delle cifre che noi con¬ testiamo. E' necessario che si indaghi '• - _. ■si innestava e si inseriva esistente presso un altro ,m=Jfuelì°-. , -, agente dicambio ogni dato in proposito può es- sele non solo impreciso ma inatten-difaile, e rimane quindi incerto se effettiva-mente la somma è stata consegnata ■ . » . ,, „,. Di certo — constata il Presiden- ri. sappiamo questo: la Vercesi ri-tiro dal conto della signora Nicolotti 17 mila lire che dice di avere passate alia figlia. I documenti che possonoattestare questo trapasso non esistono~"' ""*'" "" alla vittima. — Quindi — osserva l'avv. Pavesio — manca la prova che la Vercesi se ne sia appropriata. P. G.: — La prova la daremo noi. Avv. Pavesio: — Ma se offriamo la prova che la Nicolotti non ha mai interrotto le speculazioni di Borsa, rimarrà stabilito che nulla di irregolare è stato compiuto dalla Vercesi. lina menzogna P. G. : — Quando furono vendute le azioni «; Stipel »? Teste: — Nel mese di giugno 1930. ed anche quella volta il ricavato fu da me versato alla signorina Vercesi. Imputata: — Ma io lo consegnai subito alla signorina Nicolotti. P. G. ( al teste) : — Il conto era intestato alla Nicolotti? — No, alla signorina Vercesi. Imp. : — Fu intestata cosi perchè alla Nicolotti era già stato intestato un conto per operazioni a termine, e presso lo stesso agente di cambio non si potevano intestare, per ragioni tecniche, due conti al medesimo nome. — In istruttoria — rileva l'avv. Dagasso — la Vercesi ha dato un'altra spiegazione: ella affermò che il conto era stato intestato a lei per espress o desiderio della signorina Nicolotti, la quale desiderava che la madre fosse eventualmente informata delle operazioni che andava facendo. Ecco la menzogna! Ed è la volta del sig. Pietro Arneodo, agente di cambio, il quale dopo avere premesso che non conobbe personalmente nè la Nicolotti nè la Vercesi (esse fecero capo a lui per compiere le operazioni ma attraverso il tramite del sig. Giaccaglia) rievoca 11 corso ui i risultati delle operazioni compiute. La Vercesi ebbe, nel marzoaprile 1930, un guadagno di 14.700 lire dalla compravendita di 500 azioni Chatillon. I guadagni della Nicolotti furono minori: nel dicembre 1929 ella trattò 150 titoli, nel gennaio 150 con un guadagno di 435 lire; nel marzo 300 con una perdita di 1300 lire; nell'aprile 300 titoli ancora, con una perdita di 1118 lire. Ed il teste continua nell'enumerazione: i titoli manovrati furono sempre parecchie centinaia al mese, con risultati varianti. Telefonata rivelatrice? Ed ecco Carlo Rosa, l'antico compagno di ufficio della Vercesi, quando costei era procuratrice dell'agente ai cambio Brena. Allorchè l'agente Brena si ritirò dagli affari, il teste passò alle dipendenze del sig. Visone e indusse la Vercesi a rivolgersi a quest'ultimo per le operazioni che intendeva compiere. La Vercesi istituì presso il sig. Visone tre conti: uno al suo nome e gli altri, rispettivamente, al ndme della signora e della signorina Nicolotti. pres,: — Lei conobbe la signorina Nicolotti? — SI, in casa della Vercesi, ma in quell'occasione non si parlò di affari. Pres.: — Il 19 agosto la Vercesi le I telefonò. Cosa le disse ? l — Ero stato fuori nei giorni ad dietro e le avevo inviato una cartolina, ili 19 agosto, verso le 10,30, essa mi telefonò per ringraziarmi dei saluti che le avevo inviato. Io le ricordai che doveva farmi avere ancora i tis- satini relativi alle operazioni com- fpiute nel mese precedente ed ella mi j assicurò che la Nicolotti non glie n aveva ancora consegnati. Poscia mi comunicò: «Badi che da oggi in poi 1* signorina Nicolotti non intende più fare operazioni di borsa. Per le opera- zìoni di riporto che si riferiscono alia madre, io le presenterò la signora esi intenderanno », Questo particolare suscita impressione. Sotto quell'annuncio si nascondeva la confessione del delitto? L'avv. Dagasso della P. C. lo afferma: — La Vercesi enunciava che la signorina Nicolotti non avrebbe più fatto operazioni. Ella dava implicitamente notizia del delitto che aveva commesso durante la notte. In istruttoria, il teste ha illustrato ampiamente il succedersi delle varie 'ed osservò che secondo i Operazioni, ^ lf , da" delle situazioni contabili, la ver- cesi doveva essere debitrice verso la Nicolotti madre di 23 mila lire circa, Ma ella non versò mai alla Nicolotti la somma. L'imputata, anche su ciue-sta circostanza, dà spiegazioni, affer- mando che la somma venne impiegata dalla signorina Nicolotti per l'acquistodi altri titoli. . Avv. Dagasso: — In base a quantojriferì il teste ed a quanto era risultato rìnltn iniìnirini il (HiiHinn 1 OTTI 1 TICìTti ae» dramma' la indicò espUcitamente „om„ B„t.ri,.„ riei rt=uttn. ov.inmnnrir.in come autrice del delitto, chiamandola ! « menzognera ed imbrogliona ». Senon- al furore, alla sicurezza, àll'Sg- jdalle indagini, il Giudice Istruttore contestò l'addebito alla Vercesi la quale risposo seccatamente: « Non voglio saper nulla di quanto mi dice. Non risponderò più a contestazioni tanto ridicole». Ecco qual'è l'Imputata. .fam dalla prima giornata si è verifica-ito questo fenomeno curioso: mentre:all'udienza del mattino non assist? che:Paola Borboni fra il pubblico Ed eccoci alla ripresa pomeridiana che sarà brevissima ed emozionante. un limitato stuolo di appassionati, alla ripresa pomeridiana la schiera degli spettatori si ingrossa inverosimilmente. Ad ingrossarla, a farla falange, concorrono in buona parte signore e signorine. Quella specie di siepe umana che si distende torno torno ai banchi, è infatti tutta costellata di deliziosi visucci incarminiati e di décólletés pronunciati. In virtù di questa folla elegante, le ultime espressioni della moda riescono a penetrare in... Corte d'Assise. Ma il fenomeno, abituale ormai, si è verificato oggi con un'intensità più pronunciata. L'aula è veramente stipata. Nei banchi che seguono a quelli dei patroni di Parte Civile, con un gruppo di signore siede anche Paola Borboni. La fascinosa attrice, protagonista, sulla scena, di vicende piacevoli 0 gioconde, ha voluto accostarsi al dramma: al dramma giudiziario. Ella osserva con attenzione la eroina cne siede nella gabbia, e ne sottolinea con acuti rilievi gii atteggiamenti. Ma Rosa Vercesi non appare oggi in una delle sue giornate migliori. Umile e remissiva all'inizio del dibattimento, quasi da rasentare l'untuosità auando fi"dioar':f J£* ^^H^tato yia via inno a xrtarfwa cinn ari iti □r.vc'CtTrj hai» si rivolgeva al Consesso che l'ha da'lena e vigore, sino ad insorgere nell'udienza scorsa, in quella maniera furibonda, che è nota, contro una teste che le aveva un tempo protestato simpatia ed amicizia e che, allo scoppiare gressività dimostrata nella udienza bassata è subentrato in lei, oggi, co-,me un sonso dl scoramento. E' palli-1 da piu del soiito, e non presta quasi . ••' r • ■'■ ■ ■ ^ . i ia Vercesi operò in Borsa a mezzo dell'agente di cambio Arneodo. Conosceva anche la Nico- attenzione a quello che avviene nel- i>auia E. ancora un uomo dì Borsa cne depone: il sig. Sandro «accaglia, il quaie conobbe la Vercesi allorchè co-ì ste} era impiegata presso l'agente di!cambio Gilli. Per il_tramite del teste,i - - - - Pres lotti? — Si, di vista, era snella e minuscola, mentre la Vercesi, in suo confronto, è complessa e robusta. Sotto braccio Pres. : — Lei ha accennato, in istruttoria, di avere visto la Nicolotti la sera ancora in cui fu compiuto il delitto. — Sì, evo seduto nel dèh or del caffè Lagrange, in corso Vittorio Emanuele, la sera del 18 agosto, e verso le 23 — credo fossero scoccate da po-,£?, — vidi passare sotto i portici lajNicolotti e la Vercesi. Erano sottobrac-;ciò e si dirigevano verso Porta Nuova.1Avv. Dagasso: — Ricorda, che laiVercesi portasse al collo un renard"! — Non mi pare. Ricordo che aveva un abito scollato. Avv. De Antonio: — La signorina Nicolotti le ha passato mai degli ordini ner operazioni di Borsa? Si recava talvolta nel suo ufficio? — Non venne mai in ufficio. Mi telefonò soltanto una volta, nel gennaio 1930, per comunicarmi che non inten- deva compiere l'operazione a premio Li" Aat n»r in n,.»ie n„n.su cento Fiat per la quale avevo avuto l'ordine dalia Vercesi. Essa dichiarò che avrebbe acquistato i titoli soltanto « a termine ». Il teste, dopo avere dato dettagli sul corso delle operazioni compiute dalla imputata, è congedato. E si ripresenta il signor Visone. Egli ha frugato negli archivi del suo ufficio ed ha trovato un certo numero di fissatini bollati recanti la firma di Vittoria Nicolotti. Sono più di cento e riflettono tutti operazioni di compravendita di titoli compiute negli ultimi tempi, vale a dire nella primavera del 1330. L'Avvocato Generale comm. Aroca ed i patroni di P. C. si affrettano ad esaminarli. E così i patroni dell'Imputata. Ma ecco un colpo di scena: Aldo Nicolotti, il fratello della disgraziata signorina uccisa, sì avanza e presenta alla Corte un documento che è destinato a servire di base per l'esame comparativo delle grafie: una tessera intestata alla sua povera sorella e recante la firma di questa, autenticata dall'autorità. Avv. Pavesio: — Non ci opponiamo alla presentazione di questo documento. Ma l'esame grafico non potrebbe essere compiuto che da un perito. Pres.: — Non è il caso di addivenire ad accertamenti peritali. La Corte apprezzerà. Intanto, i patroni per conto proprio, compiono l'esame comparativo delle grafie e formulano i proprii apprezzamenti. I patroni di P. C. trovano che la firma di Vittoria Nicolotti che appare sui cento e più fissatini è dissimile dalla autentica che figura sulla tessera presentata ora dal fratello. Se ne inferisce che le firme sono apocrife. Avv. De Antonio: -— Le firme che figurano sui fissatini emessi dal marzo in poi sono tutte false. Dopo l'acquisto del negozio la Nicolotti non fece più operazioni di Borsa. ■ > — E' un falso continuato quello che è stato commesso — esclama l'avvocato Dagasso. Que'lo che disse Giorgina Vercesi Avv. La Perna: — Bisognerà dimo- strarlo. — Ora non si procede per il falso — interviene il Presidente. E nell'aula è introdotta una teste: Maddalena Bara- telli, la pettinatrice presso la quale Rosa Vercesi si faceva praticare Ton- dulazione. . - Pres.: — 5-a Vercesi si reco nel vo- -jstro negozio la.mattina del 19 agosto? ai — Si, venne alle .11,30. e, Pres.: — Avete notato che il . o e i suoabbigliamento fosse diverso dal solito?— Contrariamente al solito, portava un vestito molto accollato. Pres.: — E non avete notato altro?— Ho notato che alla tempia sinistra aveva una ferita, un graffio. Pres.: — In istruttoria avete detto che si trattava di un grosso graffio. — Non ho detto che fosse grosso Ed infatti non' era tale. Pres.: — E non le avete chiesto come se lo fosse procurato? La teste non ha spinto sino a que- - - ..i. •, - - -- ... - - - sto limite la sua curiosità, anche per-a cjjè sapeva la Vercesi di poche parole. , j Avida di sapere di più, si dimostrò i invece una settimana appresso, in oc-1casjone ,jj un episodio"che ebbe per - protagonista Giorgina Vercesi, la soa rena minore dell'imputata, o: — Quasi di fronte al mio negozio, Giorgina Vercesi fu colta da malore eojsl Coatte al suolo. 11 mio lavorante ifu tra j iml ad accorrere e-la portòi ' ... . _ ... ,_ T _ —il!—J ! Y?nao*i Francesca AieDsio, colei cne tiene il banco di vendita in corso Opor j** * • «fosforai» caseggiato ove 'fif com- e a n o in negozio per soccorrerla. Le offrimmo un cognac e si riprese. Era così stravolta che io non l'avevo riconosciuta, per quanto fosse anch'ella una mia cliente. Fu una mia nipote che la riconobbe. E la teste aggiunge una circostanza che suscita impressione: — Quando rinvenne e le chiesi se .era la signorina Vercesi, mi rispose di igì ed aggiUnse: «sono io, la sorella di :quena cne è stata arrestata sotto l'ac:cusa dl ayere ucciso la Nicoiotti ». (La a teste nel riferire il racconto incorre in un « lapsus »: dice « suicidato » invece di ucciso e ciò determina una fuggevole parentesi d'ilarità). Io rimasi impressionata e quasi mi scostai da lei. Pres.: — Nel fare questo racconto Giorgina Vercesi piangeva? — Piangeva dirottamente. Poi ci lasciò dicendo che doveva recarsi in Questura appunto a cagione dì sua sorella. Pres.: — E non disse altro? — Sempre tra le lagrime, disse: « Mia sorella potrebbe confessare. Così almeno la Polizia lascierebbe in pace noi tutti». (Impressione). E come per spiegare queste parole, narrò che dal giorno in cui era stata arrestata la sorella, ella ed i suoi famigliari erano sorvegliati e chiamati di continuo in Questura. Pres.: — Ma nel dire queste parole, aveva l'aria di ritenere che sua sorella avesse compiuto realmente il delitto, o manifestava invece dei dubbi? La teste non sa rispondere. Contro la domanda del Presidente insorge per altro l'avv. La Perna. — E' molto simpatico far da testimone nei confronti della sorella, spe- 'eie quando la legge lo vieta — egli esclama con manifesto sarcasmo. Avv. Dagasso: — Il Codice attuale non inibisce più queste testimonianze. Svenuta! Alla pettinatrice, succede un'erbivendola: Francesca Mensio, còlei che Pluto il delitto. Racconta che .il suo ,garzone. Lenti, le riferì la mattina del 1 19lt:agosto. di avere inteso delle invoca .aloni e delle grida, i ».... t> !.. A che ora fu- Avv. Pavesio: rono intese le grida? — Il Lenti disse di averle intese al- le 4. ì E la. sfilata dei testi dovrebbe pro!seguire. Una quarantina ancora devo-ino essere sentili. Ma ecco, mentre iv cav. Vittonatto accerta le generalità della testimone che segue, l'imputatafa cenno ad uno dei suoi patroni, l'av-vocato Raffaele Zaccone, di avvicinarsi alla gabbia. E' pallida, accasciata. Si è detto che ella sia una donna su cui non ha presa il sentimento. Ma durante l'interrogatorio reso al principio del dibattimento, ella ha avuto degli accessi umani quando ha parlatp della sua vita di lavoro e della sua famiglia. Ora, con quel senso di naufragio che avverte intorno a sè, essa ha inteso riferire dalla teste Barateli!,- circostanze ed episodi che le rievocano, nella forma più penosa, la famiglia e la giovane sorella. Ha influito questo,„ jfatto"neÌ'"deremTcare"'là crisi d*a~cui ;Si sente colta? All'avv. Zaccone ella 1 dichiara di non sentirsi bene e prega idl chiedere alla Corte il consenso dia o allontanarsi dall'aula. Avv. La Perua: — E' nel suo diritto di allontanarsi se non si sente di presenziare all'udienza. Pres.: — E allora, in attesa che la imputata si rimetta, sospenderò per qualche istante l'udienza. Mentre la Corte si ritira, i carabi-- ^SjV?,Ara^!'o ! Portano l'accusata fuori dalla gabbia. .iNel corridoio, essi l'adagiano su duesedie. La Vercesi è semi-svenuta. Mentre si manda a chiamare un medico municipale, i militi le si affollano intorno recandole qualche soccorso. Il capo riverso, il viso contratto, ella appare in preda ad una vera crisi. In-l a a i o i i a a e a a o e e , e e a e . e o e e - tanto nell'aula il brusìo della folla cresce di ritmo e di ansia. Come sta l'imputata? Si tratta di ima crisi momentanea? Nel vestibolo della Corte — separato dal vano ove si trova l'accusata da una semplice vetrata — Giorgina Vercesi coglie i lamenti della sorella e singhiozza perdutamente. Giunge intanto il sanitario, il dott. Giulio Olivieri, medico municipale. Nella camera di sicurezza dove è stata nel frattempo portata, egli visita l'imputata. E poco dopo, riaperta l'udienza, il sanitario espone alla Corte i risultati dei suoi esaini: E' necessario il riposo — Rosa Vercesi soggiace ad una crisi di depressione nervosa, con vomito insistente e fenomeni di debolezza circolatoria. Per riaversi le necessita qualche po' di riposo. — Entro quanto tempo ■— interroga il Presidente — ella giudica che potrà riaversi? — Penso che domani mattina potrà essere in grado di presenziare alla udienza. La Corte prende atto delle dichiarazioni del sanitario. Quindi l'avv. Pavesio chiede la parola: — L'accusata — egli dice — non ha soltanto il diritto ma anche il dovere di assistere al dibattimento per rispondere alle contestazioni che le possono essere rivolte. Poiché, colta da una crisi improvvisa, ella si trova nell'impossibilità di presenziare all'udienza, chiedo che l'udienza venga sospesa sino a domani. L'istanza della Difesa non è contrastata dall'Avvocato Generale commAroca, il quale anzi si associa, ed il Presidente, conte Marchetti, rinvia la udienza a stamani. L'aula, colma di pubblico, si sfolla, tra disparati commenti. Fuori, la folla attende pazientemente il passaggio dell'autofurgone ... . „ — cellulare sul quale la Vercesi è ricon-è dotta poco dopo in carcere. Stremata,- sfiancata dalle emozioni e dalle soffee renzo, ella rientra nella sua cella per - rimanervi sola con la sua tragedia j n»ii«rpcrn ARfiPism -1 ERANCEaCO AKucINlA,

Luoghi citati: Chatillon, Ton, Torino