Il "viaggio in Italia,, di un secolo fa

Il "viaggio in Italia,, di un secolo fa QUANDO IL MONDO ERA GRANDE Il "viaggio in Italia,, di un secolo fa I e» permesso parlare, nell'epoca vor- ticosa dei «cento all'ora», della vec- chia Italia turistica «cartolina illu- strata» stile 1831 messa di moda dal- ,e stampe del Piranesl e dalle litogra-,fle del Lesueurs? E' permesso rievo- care 1,eP0Ca in cui le vecchie « Gaz- i»"6> scrivevano continuamente: « Persona conosciuta, dovendo con- dursi da Torino a Roma, gradirebbe compagno di viaggio con spese in co-| mime »?. Tempi tranquilli e felici. Il mondo lcra allora tanto Srande! Se voi pen- 3at.? che a,IaJlW* fare.in Ve ni il viaggio Parigi-Rouen, Madama deLa Sablier faceva regolarmente testamento, vi vien fatto di ridere, òggi. Avete torto. La vertigine della velo cita ha ucciso la gioia di vivere. Quan- do la vita comincia a divenire facile, diventa noiosa: e noi speriamo allora di d!strug:gere lo «spleen» con cen tjnaia dj. cnilometri di rotaie. E 3a. ,endo sul pesante « treno deUa noia „ non intendiamo più « scoprire » qual- cosa, ma «perdere» qualcosa... Malin- «mie. Un secolo fa non si aveva fretta, Ventotto giorni si Impegnavano per andare da Parigi a Roma, passando per Lione, Torino, Genova e Firenze: quattrocento franchi di spese... La « Scala », la « Panerà » e il « Rebecchino » Anche le nostre grandi città erano allora tutte spaventosamente silenzio!se e deserte. Una scrittrice dell'Otto cento, giunta a Torino in viaggio di (nozze, alle io di sera trovò la Capitale orribilmente addormentata. E scrisse ncI suo tace""50-' « Andavano innanzi pjccoH gruppetti & famiglie, mariti e £0jr,le SottXaccio, studenti che can- tarellavano a voce discretissima, o fi schiavano un'arietta. Qualche rara car- rozza: e un rosignolo, dal balcone di s un primo piano gorgheggiava a Voce spiegata, come fosse stato nel suo bo ?5h^tt1? nativo. Siamo giunti a piazza Castello: lo stesso silenzio opaco. Fi- nalmente ci riaolviamo di & |to an^ noi...v E notte felice, An_ |Che Alessandro Dumas padre, trova il torinese semplice, metodico, fedele al te sue abitudini; trova che in tutti i teatri ci sono sempre le stesse per sone sedute ai medesimi posti, per me8* ed anni consecutivi... Due cose col piscono più di tutto l'autore dei «Tre Moschettieri »: l'invito garbato e solle- |a ripetere a sazietà, come un sugge i stivo motivo musicale; ed il tradizìoInale «bicerin»: la buona miscela di ™>ccolatta con latte e caffè inzuppata di «grissini» caldissimi. Per lui la Cap,«le de, Plemonto e tutta n. Fa. SCino incomparabile di Torino romantica! cito dei bottegai torinesi « Veul-locatè, Mónssù?» che egli si diletta La via più spiccia per venire in Italia, partendo da Parigi, era allora quella che passa da Belfort. In dodici ore la « Diligenza » arriva a Basilea — bisogna però avere i cavalli « freschi » ogni trenta chilometri! — e si prende subito la « Concidenza » per Lucerna: poi si naviga su quel lago singolarmente periglioso che conduce ad Altdorf. Qui il « Velocifero » — fermo sot- *» famosi tigli di Guglielmo Teli ricarica viaggiatori e sporte e, prece- £**° *» &*o* - alala», riparte oscil- landò sopra i suoi alti cignoni... La strada più frequentata è stata dunaue sempre quella del San Gottardo: Bell inzona, Como e Milano... Sotto il titolo « Déplacement de nos « f ashionables », la « Mode » del 1832 ci dà le più utili informazioni sopra la « fermata » di Milano. Le persone ricche — dice la « Guida » — o quelle che sì sforzano per sembrarlo, non sdegneranno di discendere all'Albergo Reale. Pensate: per sei franchi al giorno, voi potete godere di una camera eccellen , inatteso degli incendiari... E avrete tut t que8to per la modica somma di te con un buon letto e bene ammoni liata — avrete due poltrone almeno! — e gusterete di una cucina sceltissi ma. Il personale della locanda è decente e vi saprà servire con cortesia e con spirito. I Caffè non saranno affatto rovinos' per te vostre borse. Il migliore è il « Cova », dove è di buon gusto andare anche a cenare dopo lo spettacolo. Vi serviranno del caffè alla crema, e soprattutto non si lascieranno privare di quella specie di « punch » composto di rossi d'uovo, di vino di Madera, di cannella e dì altre droghe aromatiche, che si chiama « Zabajon » — vecchio ! vocabolo spagnolo — e che è il più settantacinque centesimi!.. Ma prima di andare alla « cena di mezzanotte », non dovete dimenticare — si capisce — lo <: Spettacolo ». Ricordatelo: farsi vedere alla « Scala » è una necessità assoluta per un « fashionable » che si trovi a Milano. Ma, ahimè, non è troppo facile ottenere queste piccole gioie: la maggior parte de' _ palchi è affittata all'anno... E allora? Allora Valéry, nella sua «Italie Con- fortable», vi darà subito la ricetta si- cura per ottenere un buon palco, sem- pre però che non si tratti di « pre- mière» o di giorno festivo. Il camerie- re della locanda — ci sono apposta per queste incombenze si incaricherà di jfarvi felici. Alle prime ore della serajrjsi recherà sulla piazza del Teatro, do-jq ve i palchi che in quella sera non ven- gono occupati, sono posti all'asta: e si - hanno sempre per prezzi bassissimi. -| Dopo cena, se è una bella notte, fi- - n< rete tutti in piazza del Duomo ad |ammirare la selva delle guglie can - didissime che cristallizzano i secoli. Ine tanto la città sarà già tutta ammanta-,t». di un fitto velo di nebbia e di si¬ lenzio... E il giorno? Le solite corse alle o -! chiese, alle gallerie, alle già rumorose riunioni popolari » sui bastioni _ ce e en—zprcnaCgd- i e e i e - °.uau> Per so,i 8 franchi al giorno, vi offrono un comodo posto nel fondo di una carrozza aperta, fatta a forma di «fiacre »; vi pagano anche il pranzo — che ha luogo alle 7 di sera, arrivando ne sono tutti i giorni! — e lunghe so¬ ste da Zini, « le premier cabinet de lecture de l'Italie ». Tutto questo varrà a tenervi in faccende sino all'ora in cui si accendono in piazza i grandi lampadari ad olio. Durante la giornata voi potrete anche far eseguire — per vostro conto — dei deliziosi quadretti in 7etro di Boemia e comperare degli eccellenti sigari « Virginia », « qui ne se trouvent que là en Europe»: e, infine, andando da Vallardi, dove — fra le tre e le cinque — si danno convegno tutte le più belle donne di Milano che vogliono mettere in mostra i loro ricchi scialli di Cascemir e i loro piccoli « barboncini », scegliere qualche stampa « veramente inglese »... Tutto questo, per un forestiero che si rispetti dà il « bon ton ». E alla sera non mancherete di pranzare da « Rebecchino ». Vi basti sapere che solo qui si sanno fare le « costolette alla milanese »... Poi, dopo aver visitato alcune case signorili — la buona abitudine di « ricevere » è già di moda — si lascia Milano con rimpianto. li « rimpianto » ci vuole: fa parte dell'Itinerario. Vicino all'Ufficio della Posta — sulla piazza del Duomo — si è subito attorniati da una folla di vetturini sostenni ed imponenti come magistrati & a a nonché la camera dell'albergo. E un peccato non viaggiare, Si impiegano tre giorni e mezzo per Rsrdmvsb—mnrtecmslMubsdp«"1»v6™ìu ne Bimiu c uiMzu per andare da Milano a Bologna. Qui i signori Menchioni e Pollastri — una'specie di «Enit» di quell'epoca — ten- gono molte vetture che fanno servizio Bologna-Firenze-Roma. Si firma un piccolo contratto per ogni viaggio: in esso vengono fissati minutamente tut-| o " 1 diritti e tutti gli obblighi del viag- a Ettore: è un patto solenne, quello che 'n a i — » e - - a s i a e firmate... C'è sempre pure pronta una mezza dozzina di vetture per Venezia. Per i romantici, Venezia è la « Città al chia- ro di luna» per eccellenza; per i,« fashionables » gaudenti, essa è invece la « Città Carnovale ». Ce n'è per tutti i gusti, insomma. I sospiri, i sordi e il « Caffè Florian » Ma mentre molti, sbarcando sulla Riva degli Schiavoni, si danno a sospirare alla maniera di Byron e di De Musset, e si danno a gemere sulla bellezza qui s'en va à Ta mort -r- il « sospiro » e il « gemito » sono di prammatica — il ricordo della Vene- 5- zia del Casanova e del Da Ponte, la Venezia turbolenta e febbrile, che gul- da e anima tutti coloro che vanno a lei, è quello che più dì tutto afferra lo spirito dei forestieri e li tiene prt- gioni del suo dolce e scapigliato gioco. I La «Città dei Piaceri» — scrive la e Sulphide del 1837 — comincia a ricevere la sua porzione annuale di forestieri malati di distrazione o di follia. I balli succedono ai balli, alla Fenice: il Carnevale non è lontano... Andiamo a Venezia — scrive il Mentire de France, dello stesso anno — se vogliamo scuotere i giocondi sonagli della Follia e se vogliamo sentire il nostro cuore trasalire, al richiamo dei ' violini. — Partiamo, dunque. Fisseremo subito anche noi una bella camera al Danieli, aiVEtiropa, alla Luna, al Vapore, al Reale: sono queste le migliori locande della città. Sul registro del Danieli leggeremo ancora — scritti con mano tremante — due nomi : Giorgio Sand e Alfredo De Musset, gli Amanti storici, gli Amanti tipo. Tutti questi alberghi sono «sicuri »; ma tuttavia — dice la .« Guida Rei- chard», primo tentativo del genere non sarà male, prima di coricarsi, di guardar bene sotto il tetto e di mettere il comodino contro la porta della camera... C'è poi una buona ricetta per combattere l'insonnia causata dai rumori della locanda. Una cosa da niente: basta mettere in ciascun orecchio un batuffolo d'ovatta imbevuto di olio me sopra di esso un altro batuffolo ; asciutto... «Questo preparato — dicelrendo perfettamente IdReichard — sordi ». E chissà per quanto tempo — aggiungiamo noi. I viaggiatori agiati e prudenti, do- oNdvranno munirsi, nella stagione estiva, i|di qualche bottiglia dl buon vino, di; sciroppo, di aceto, di fragole, nonché d di limoni maturi. Non sarà male por- d tare anche una bottiglia di «aceto dei Sette Ladri», una di acquavite, una di l « acqua arquebuse » o di « menta di Péron», un flacone di sali ammonia- s cali contro gli svenimenti e uno di li- quore « Anodine d'Hofmann »... Mi di-. jrete: ma dove diamine si metterà tuttajdjquesta cantina e tutta questa tarma-[teia?! Niente paura: Pierre Godillac,' inon ha forse inventato — fin dal 1826 r— il « sac de nuit », fatto a somiglian- vza delle « tasche » in uso per il tras- nporto delle lettere? jnE se voi amate la compagnia, trove- ' arete nella Città dei Dogi una delle So- scietà più eleganti d'Europa. I <c Salo- 'vni» veneziani sono celebri: si ricorda cancora con commozione quello della sContessa Albrizzi. Quello della Moceni- j lgo, della Papadopoli, della Soranza e ddella Gregoretti sono ora - - in pieno, si — o a e i r Romanticismo — animali e ricercatis simi. Tutte le illustrazioni di Venezia e un gran numero di quelle di Europa — vi si incontrano in serate in Cdimenticabili. Tutto questo bizsarro mmondo dorato diventa ancora più di- ; «vertente allorché l'ora del Carnovale gsuona dalla storica «Trotticra*. Però le Sbelle tradizioni del secolo XVIII sono;h— ahimè — perdute; n.;3suno è più tmaschcrato durante i sei mesi dell'an no! I balli sono tuttavia ancora nume rosi quanto Un tempo e altrettanto fol temente divertenti. E' alla « Fenice » lHslche bisogna andare, se si vuole vera-1 tmente vedere che cos'è un ballo in ma- ! pscherà a Venezia, in pieno Carnevale.:pli Martedì Grasso — dico Paul De sMusset — c'è la «Cavalchina*, non1 suna di quelle resse scapigliate e barbare dove uno non crede di divertirsi se non ritorna con dei ceffoni; ma una di quelle riunioni di buon gusto che i nostri nonni hanno goduto in Francia al tempo della perfetta cavalleria. In quest'epoca dell'anno, Venezia rivive la sua esistenza fastosa è gioiosa,..-. : ■ ; -. ; ; Ma i nostri. Viaggiatori, hanno fretta: altre città li attendono e il « barcone » è già alla porta dell' albergo, pronto per far vela per Mestre. rI ravioli di « Nicolino » e il burro del Granduca La terza « tappa » di rigore è Firen- pldsbpv—cpze. Firenze esercita già sullo spirito del pellegrino un grande fascino: per- che? Perchè la sua storia è tanto vec- chia e la sua bellezza è tanto giovine! Ma la « ingigliata Fiorenza » non e sol- r ina m « ingiglilo. ..uicna a uuu <= s».- i tanto il sacrario dell'Arte: in essa c'è a'pronto — per tutti — un alloggio con-; - fortevole e un'abbondante nutrizione o per soli 100 franchi al mese. Una buona n camera mobiliata Lungarno si può ave- n re per soli 15 franchi... I «Restaurant?? -| hanno poi dei prezzi incredibili. Da Du- - rand si mangia alla francese; da « Vi- e gna» e da «Nicolino» — apprezzato 'quest'ultimo per i suoi ravioli — si mangia all'Italiana: e vi si pranza a sa- ! zietà per un solo franco! Che volete di a i - più? La vita, lo vedete, vi e abbon- i,dante e delicata... |r a e a l i - II burro venduto nella Cascina del'Granduca, è freschissimo, odoroso e sa- ponto: ogni « panetto » porta ancora impresso lo stemma dei Medici. La no- biltà e gli affari... Che curioso tipo di « borghese » quel Granduca di Toscana! Armaury-Duva: ci racconta che un'giorno un viaggiatore inglese incontra al passeggio un signore seguito da due bei cani « terranova ». L'inglese racco- - glie da terra, un pezzo di legno e lo a getta nell'Arno in piena, e nel contem- po incita i cani ad andare a prenderlo, a II signore si avvicina all'inglese e, cor-!a tesemente, lo piega di non insistere nel ' suo desiderio . I — Ma i cani — osserva il viaggiaa tore — sono dei :< terranova », quindi l o . a a - a r o esercitati al nuoto — E' possibile — risponde il signore con grande calma — ma ^o non desidero che essi si bagnino. — Strano... strano... — mormora seccato l'inglese. Il signore si inchina, saluta togliendosi il cappello, chiama a sè i cani e si allontana. - — Chi è quell'originale che vuole che dei « terranova ■ non vadano nell'ac- una guardia che incontra poco i — E' il Granduca di Toscana, signore! Si dice che l'inglese — che doveva presentarsi a Corte la mattina seguente — abbia preso la « Diligenza » in tutta fretta... A Firenze, il jambon» del Casentino passa per essere il primo d'Europa. H vino migliore si paga 10 soldi al fiasco. Si compera dal barone Ricasoli, il già famoso : Chianti»; dal Vescovo di Fiesole, il •■ Carmignano »; dagli eredi Venturi, il « San Martino », e dal marchese Peruzzi, lo squisito ^Villamogna ». Dopo aver visitate le Gallerie, si va al Caffè Donin — celebrato in tutta la qua? - chiede il caparbio inglese a mira poco distante., dp ; Europa — a prendere dei sciroppi deluziosi della birra inglese — quella fe Idesca non è ancora di moda —- e della ysorzata squisita con l'alkermes distillato,sn rwa Ti,» pV v„,! qNovella. E in questo Caffè che ce 1 u-dai frati domenicani -r fivrp- gratuitamente doì z iTiorì da alcune ragazze graziose. j; Ma è tempo di avviarsi Illa Piazza a della Signoria, dove Stendhal, seguito' da un servo con una grande quantità di «sporte» di ogni dimensione sta sa-1 lendo in una ricca landau. L'autore di « Rosso e Nero > va a Roma per la se- sta volta e ha molta fretta: muoversi, spostarsi, andare da un punto all'altro -.della terra, è u^ia delle caratteristiche 1 delle razze superiori. E Stendhal appar tiene a questi esseri privilegiati. Egli i è il primo uomo moderno. Sa che la « Ca ravana » ha conquistato il mondo e che viaggiare non è soltanto camminare nello spazio, ma è salire e discendere nsl Tempo. Aver visto molti Paesi, è arrivare giovani alla maturità: uno dei segreti della Fortuna. Il desiderio di vedere e l'umore ansioso, inquieto — caratteristiche spiccatissime dell'età no stra — sono nati quindi all'alba del-1 l'Ottocento. Sinché il cuore conserva i desidèri, l'anima custodisce le illusioni, si diceva fin da allora. Stendhal e i pranzi del» Armellino » Stendhal ha appreso dal suo amico Chateaubriand — che fece il suo pri mo viaggio a Roma nel 1803 — che « ie strade italiane sono eccellenti e che gn alberghi, superiori a quelli france- Sjt valgono quanto quegli inglesi ». Ora ' tha noleggiato una bella vettura per iljc tragitto Firenze-Roma. Il viaggio du-,iltcmstspssuriupnNsmuml'era cinque giorni e costerà 45 franchi Ha con sè tre predicatori quaresimalisti, i quali, il primo giorno di viaggio, lo fecero pregare lungamente il mat tino, il mezzogiorno e la sera. Era sul punto di lasciare questi noiosi «mipagni alla prima fermata; ma il «me stiere del viaggiatore » la vinse... Ora j r se ne trova behissimo e le sere passano ; dndrilcsrapidamente. | cLe seccature più gravi sono sempre pperò quelle cagionate dalla Dogana, alle frontiere dei piccoli Stati. I gendarmi guardano tutti con grande diffidenza... Quali sono i vostri mezzi di sussistenza? Siete .voi raccomandato a un banchiere? Chi è? Vi ha invitato a pranzo? Che si è detto a tavola? mmpnpDQuante domande. Dio mio! Ma voi'fsvi fate passare subito per ammalato n— un bel clima è il tesoro del povero gche ha un'anima — e la faccenda va;dper le spiccie. sLa carrozza si ferma in Piazza Co-'plonna, dove c'è la Posta, in mezzo a una v gran lolla: siamo in ritardo di dieci S ore... Poca cosa, stavolta. Ic A Roma è di gran buon gusto, per g un viaggiatore di riguardo, andare ad n alloggiare in via Gregoriana e andare <inue5ia.iu .u rio. vji^svwc"^ ~ ouuaio . a pranzo dall'Armellmo, sul Corso, do- l; ve con 56 baiocchi si ha un magnifi- co pranzo per due persone. Che tempi! <l Ma Roma conta — in tutto — 140 mi- ' la « anime »; il Foro Romano è anco- r ra ridotto a Campo Bovario e nelle trat- s torie si racconta tuttavia come — at-, m traversando la macchia di Viterbo —jc si uccidano frequentemente e ladri e. u viaggiatori. m ! La compagnia scapigliata degli ar- p tisti, si raduna invece da Lepri, dove i i Z g con 31 baiocchi si pranza come dei Re a |e ci si «spassa» come a teatro! Alla ,'sera si va al Palazzo Ruspoli, sul Cor- l so, dove il conte Demidoff — un vero c mecenate — vi fa assistere a dei brio- m si Vaudevilles nel suo splendido salo- d ne; di sotto c'è... il più elegante Caffè p di Roma. Ma alle 10 di sera tutto ces- a sa, tutto si ferma: la Città Eterna è] 'a letto... E allora si levano i fantasmi n del Passato e tutte le grandi Ombre p rivivono in questo «religioso orror ». g Percy Shelley — che fu a Roma nel o 1819 — scriveva da una piccola casa d posta di fronte ali Aragno: «Roma è e città di quelli che non possono morire |U!e che sopravvivono alle miserabili ge-i nerazioni, le quali occupano, passan- 'do, il posto che quelli eternamente consacrano ». Tutte le Passioni, grandi e profonde, si trovano a Roma: ec- co perchè essa è stata sempre la mèta di tutti gli spiriti nobili... « Napoli Beila » L'ultima fermata è a « Napoli Bella », la Città delle Sirene. Vi chiede il vetturino: — Sigilo, dove? — Via Toledo, la nuova arteria... Chi potrà rendere già il suo bruli- uccfnSzlcsdlodchìo, il suo fracasso, il suo colore pit- toresco, la sua originalità, folle? Gli al- d, bergli! sono buoni, i vetturini sono di- pvertenti, l'aria viva, il sole gioioso e ,il mare di un azzurro fantastico... I»E la trabalzante «carrozzella» si'dferma al Vittoria, al Crorella, ai Fio-jcrentini, al Marti», le migliori locande zdella città: sopra di esse sta l'acceso,dpennacchio del Vesuvio, come nelle yecchie stampe a colore... Sorrento, Sant'Elmo, Campi Flegrei, Grotta di Virgilio, e cene e festini all'ombra della pia fonte di Gian da Nola: fragranza d'alighe e canzoni e ritmi di « tarantella »! Dice Jules Bertant : « L'Italia è una religione: e Napoli uno dei suoi altari Mfioriti s. | dQui finisce il « Viaggio in Italia », il «viaggio classico, il viaggio « ufficiale » udi un secolo fa. I nStendhal cosi chiudeva il suo famo- tso libro su Roma: « Non si deve con-| ,s.g]iare & ^ ^ andftre in Ita)ia Jn z! questo Paese, non si trovano soddisfa- d ^„ „ zioni Per la vanita- Ciascuno deve vi- zjvere co} Pr0Pr,l° ^f1?"1 non cl sl Puo n aPP°Spare agU altri... ». ,a' Cento anni sono pass-ti da allora, ri Se 1 autore della Certosa di Parma si a1 riaffacciasse alla vita, riconoscerei»- n be ancora il volto di questa Italia nn- b nevata, tutta tesa nello siorzo di prò- n durre, tutta presa dalla gioia di vi- r vere?.., g1 £ ALFREDO ROTA, 't