"Chiodo del mondo,, imperatore di Mataram

"Chiodo del mondo,, imperatore di Mataram LE PORTI PECE HO CO ÌST OSO ITJTO "Chiodo del mondo,, imperatore di Mataram Una piccola parte del territorio del-l'Isola di Giava è ancora governata,almeno apparentemente, da Sovraniindipendenti. Ma non si tratta di Prin-cipi paragonabili in potenza a quellidelie Indie inglesi: Maragià, Ragià,Gaekvar, Nizam, Nababbi o Begun e\Marahana se sono donne, i quali bat- [tono moneta, stampano francobolli, le-vano balzelli, amministravo l'alta ebassa giustizia ed hanno eserciti concannoni deformabili, carri d'assalto edaeroplani. I Sovrani giavanesi, invece, malgrado il fasto che li circonda e adonta che il popolo ritenga tenacemen- te di essere retto da loro, sono deiPrincipi d'operetta, che i Residenti o- landesi fanno muovere a loro bene-placito, come il marionettista sunda-nese i suoi «vaiang» articolati ed ul- tra comici. Sovrano e Residente compaiono sem- pre insieme in pubblico, con identici ombrelli scarlatti a tre piani, simbolodel potere supremo, ed un'affettuosaespressione piena di candore precisa la loro reciproca posizione. Infatti il primo si chiama il « fratello maggiore » del secondo che è il cadetto, e con questa parentela e con gli ombrellini e corpi di ballo numerosi e soldati dalla divisa che ricorda i fanti di Federico II e fabbricatrici di « batik » e portatori di « fcriss » più o meno meteorici, gente tutta che fa parte della Corte, Ù dominatore perpetua l'indi-pendenza degli ultimi rampolli dell'im-pero di Mataram, vale a dire di cotesti Principi. Il tempio dei mille Budda La regione, sede dei Sovrani giavanesi, ha il suo centro geometrico nel Tempio dei « Mille Budda », la più insigne meraviglia architettonica di Giava e dell'Asia buddista, che si trova ai piedi del vulcano Merapi. Si compo-ne di un microscopico impero che si chiama di Solo, la cui altiera capitale è Surakarta («città costruita dagli eroi »), del sultanato di Diokia con città sovrana a Diokiakarta e di altri due staterelli minori. S0710 le briciole dei- l'impero di Mataram che gli olandesi-<~-«L dei tre secoli da che padroneggiano Giava e VInsulindia. Ne hanno lasciato la parvenza impressionati forse dalla densità della popolazione in quella par-te dell'Isola, che supera ogni immagi- nazione (Giava ha complessivamentequarantadue milioni d'abitanti con una superficie die è metà dell'Italia). E iSovrani giavanesi regnano con titoli che ricordano quelli degli Scià persia-ni anteriori a Pehelvì ly Difatti l'im-peratore di Solo è: «Chiodo del MoìV-do», Servitore del Misericordioso, Prin-il Sultano di Diokia non ne riscuote che la metà. \cipe dei Culti, Regolatore della Fede, Commendatore degli Eserciti ed altre cose ancora. Nel kraton o palazzo imperiale di Surakarta, S. M. Gusti Pangeran Adipati Anom Amangù Negoro VII, avvantaggia di una lista chnle di venti milioni di lire annue, mentre Ma Diokiakarta è maggiore di Surakarta, benché ambedue abbiano veduto scomparire il loro antico carattere giavanese nella fisonomia, di centri coloniali moderni dai larghi e lunghissimi viali, i mercati coperti in cemento armato, la selva dei villini olandesi sepolti nel verde e gli alberghi per i turisti. Il kraton di Surakarta è una riunione di padiglioni e di tettoie senza stile ombreggiati da enormi albereti tagliati geometricamente e preceduti da prati dove sono sparse statue buddiste e bramaniche provenienti dalle rovine dei templi della regione. L'Imperatore fa dei ricevimenti nel Pringital o sala del trono, con spettacoli di musica e danza, assistendovi con l capo coperto da un bizzarro cappello bianco o scarlatto che sembra un vaso di fiori rovesciato. E' enorme di proporzioni e di pinguedine e le udienze che concede agli stranieri sfumano, starei per dire, nella preoccupazione dell'osservanza rigorosissima del cerimoniale. Il Residente olandese\ri avvicina all'elefantesco Sovranoì che porta vistosi orecchini alla SoZo-|nte ed è vestito d'un tunica milita-\re costellata di decorazioni, con le\gambe avvolte nel batik tradizionale ^mentre la danza ballata dalle danza- '!tricì di Corte si svolge al ritmo del gamelang, l'orchestra indigena. Non si può rivolgere a Sua Maestà nes- ssima domanda. E' lui che le formula 7 par che parli a se stesso, interro- agandosi e rispondendosi come se re.^citasse una lezione appresa a me-\^moria. Musica e danze Il gamelang è composto dal violino giavanese suonato dal direttore d'orchestra, da chitarre, da uno psalterio a quindici corde, ma soprattutto dai saroog su casse armoniche di bambù tcdldttus -\formati da piastre metalliche {atte vi-,]brave da martelletti imbottiti ed in- i] fine da un certo numero di tam tata -'e da una gradazione svariutissima di i piccoli gong, di campane, di cimbali, à, di campanelli. L'effetto di questi stru- e menti in funzione è spesso gradevole - e ricorda vagamente certe musiche -\popolari scozzesi. e] he ballerine con le sole braccia n ignudo e pettinature lisce tirate al- d Vindietro che fanno risaltare le fronti , prominenti, ieratiche nelle espressio- d ni dei visi, avanzano esitanti e lente - sui palcoscenico dallo sfondo tappez- i zato di batik. Vestono il costume - classico di Corte con sottana amplis- -lsima bianca e bruna che quasi na--\sconde i piedi ignudi, un lungo giub-- betto azzurro, un'alta cintura con grande fermaglio aureo, dalle coltane- che scendono sul petto. Dal fermaglio i .della cintura pende un batik, un'estro- o\mità del quale è tenuta sollevata con a'la destra. L'acconciatura delle piccolea teste è stranissima, formata da una l e i » a - tiara di cuoio dorata costellata di gemme e sormontata da un cimiero con pennacchiettì tremolanti che terminano a palla. Brillanti alle orecchie, armille alle braccia, ai polsi e alle caviglie, treccia unica che cade sulle spalle serrata entro una rete di perle. Le ballerine sono di alto lignaggio, nate nel kraton dove passano un'est- stenza claustrale, benché sia difficile -]credere che l'augusto corpo di balloi non formi un'appendice dell'harem l a -\i<Estremo Oriente, un po' di Giappone i e Cina, ma soprattutto del Siam e imperiale. Sono tutte giovanissime, dal busto delicato, spalle fragili, corpo aereo, incipriato come il viso e le mani di polvere rossa, ansi color zafferano. Esse vanno, vengono, girano su se e i e - stesse, senza un sorriso, senza che un, . . , ... . , ... muscolo dei loro visi impetrabili,neutri si muova. Vi è in loro tuttodell'India. Sono gli idoli viventi discesi dai bassorilievi del Tempio di Mille Budda concepiti duemila anni /«.*Hgli artefici buddisti venuti dalle V^nei^* TToP^o° le S^^ ! ^uetJaU i Piedi ji_ muovi» _ ap-o pena B soj0 per scoprire un istante o i,oma aperta da un lat.o che lascia a intravedere le gambe. Le braccia oh--\aegaìaìl0> scivÒlano, salgono, scendo-\- Jnon movimenti ambigui, quasi la- e^cwi. mentre le mani si torcine e ri-a ; torcono, imploranti, minacciose, ca-<i'rezzevok respingendo ed attirando i con espressioni d'odio, d'amore, gesti ti -\veramente parlanti. La danza finisce-\con un'ultima torsione di matti che\-\puo significare quel die volete: la fi- -\ne di uìia pasSio>ie principesca, lamorte eroica di un guerriero, l'esito,di un sortilegio, l'estasi di un bonzo.\ìIl teatro vivente ■Mata nari figlia di padre olandese e di madre giavanese, nata negli Sta-\ dell'Imperatore di Solo e sposata adj \un nieticcio europeo che vive ancoran, e e e da quelle parti, ha copiato e diffuso]nel mondo le danze delle ballerine di' « Chiodo del Mondo », ma non avreb-1 bc osato certamente prodursi a Giava j poiché i suoi compatrioti l'avrebberoUtrovata troppo inferiore alle sue ini- mitabili maestre. Dopo la danza. Sua. Maestà offro ai suoi ospiti uno spettacolo rappreseti- tato da attori e. non da marionette. E' curioso come i grotteschi ivaiàng» articolati di Giara non traducano che drammi angosciosi, mentre gli attori in carne ed ossa devono sempre far\ ridere. E' presso a poco il contrario 'di quel che avviene da noi. Il teatro] vivente è un privilegio della Corte,\ma gli attori invece di recitare si limitano a commentare con gesti quello che racconta il capocomico il quale armato di bastone rimane sempre in scena dal prologo alla fine. Attori ed\attrici — la parte di quest'ultime è] sostenuta da ragazzi — camuffati da\orribili maschere ma vestiti di ricchis-] \swli..co>ìtuml' no,\ Pronunciano verbo. ì f1" «W«W f «« mìa^ giornata |"ef k5,at°n del f"ltano * Diokia. La \sala àiidxensa dove il Principe riceve \me ed ll Residente olandese che mi ^compagna e ammobiliata da poltro- '!,e "'crostate ai madreperla, ^mpadari di Venezia, un tavolo verde cd oblungo nel mezzo, delle litografie sott? vet/° a'">ese pareti... Sul Palmento una muta di lucertoloni addomesUcati fanno uno, caccia, acca- ^tta alle zanzare ed (Me mosche Una\^Zt-L80"6™»imtano, magro, ossuto, avanti negli anni, carico anche lui di decorazioni olandesi sull'abito di finissimo batìk. Ha la pelle assai chiara, i favoriti candidi, i capelli grigi annodati dietro la testa e tenuti fermi da un pettina di tartaruga, le dita coperte di anelli ed un inverosìmile brillante all'indice destro scintilla con lampi meravigliosi. p ] Inchini cerimoniosi da parte nostra, sorrisi da parte del Sultano, domande e risposte inconcludenti e, nel silenzio succeduto dopo le prime parole, il ru more del palmo delle mani del Sovra no che battono due volte. A quel ri chiamo si spalanca una porta per la sciar passare una buffissima coorte di jdomestici, i quali in ginocchio, reggen- do ciascuno un vassoio carico di bi bite, di bicchieri, di bottiglie di soda appena stappate, di ghiaccio, di gelati, vengono verso di noi che Siam seduti sulle poltrone chiesi. I domestici sono preceduti da un maggiordomo che ^avanza pur esso in ginocchio proteg gendo con un ombrello scarlatto dal '.manico d'oro il portatore di rinfreschi .d'avanguardia diretto decisamente ver so il Sultano. ] Ma questi fa segno che i primi ad essere dissetali dobbiamo esser noi. Si [prende un bicchiere, ma i servitori re troslanti, uno dopo l'altro, si accanir '^scono ad offrirci ancora i beveraggi dei loro vassoi. L'etichetta considera uscome un affronto grossolano offrire all'ospite una volta sola quello che egli mostra di gradire, il farlo sarebbe dare una disgustosa dimostrazione di avarizia. Respinta dai nostri rifiuti la schiera ginocchioni dei servi, seguita questa volta e non preceduta dal maggiordomo ombrellifero, si ritiro e siccome uno di noi per il gran caldo fa l'atto di tergersi la fronte con il faz- \zoletto, mani, invisibili muovano sulle nostre teste i ventosi « pankal » so- spesi al soffitto. La fabbrica di « batik » Il Sultano è gentile e parla un poco anche l'inglese. Ma è più occupato a • mristicare il suo betel, quella ripuì ,„„„. ,„„„„ „,,„ „j0„+ ' „ „^,t,„„,,; .• 1 tinayìte drona che sdenta a vent anni v ] ^ „ f^. del gìavanesì d-ambo 4 p<£sato ,m tempo C0W:eniente, alla insta del nostro primo sbadiglio represso di noia, il Principe si leva proponendoci di condurci a vedere le fabbricatrici di batik della Corte. H^M0 all'aperto nei oiardinì e, scorl ^ ^ nerbo di giannizzeri con stw W ft-ffiSTt S 1 «J- ,n ,„■„„„„; „ „rr,^^ h, ^ZZ™ ?Z "rìZZ S di ''"""10 'ra tete amese' masnui ai rsnFd—SttgcmpNgcsiir—bCfggss\^^JiJ^^^/fu^A2^t 2W**22flf^n^ìtìtann I?™*™*"™, inJZ> df <^*Jt «fflSSito ™« r."f^e che durerebbe aU infinito, se il u nostro augusto accompagnatore con] un cenno non le invitasse a riprendere | .,.0 no \a Mvoro ^"es*° 0 4uel che "° veduto aUe> 'Corti di SoLo 0 di Diokia della Giava ,romantica ed artistica, ma se avessi \visitato ta magica isola qualche anno ìprima avrei potuto assistere ad un l< rampok > imperiale, vale a dire ai ■combattimenti fra le tigri ed i bufali cne j Sovrani giavanesi bandivano nel\i0 occasioni solenni e che il Governo j olandese non permette più. Ma i conti olandesi ne deprecano la. scampar- ]sa poiché quei ludi crudeli eran tutto ' quello die di veramente imperiale fos1 se rimasto a « Chiodo del Mondo ». Si sacrificavano sino ad otto o dieci tigri Un un soj0 giorno e nella lotta fra gli artigli e le corna era quasi sempre la tigre che aveva la peggio. Nè gli uomini venivan risparmiati, poiché il duello non si svolgeva in un circo chiuso, ma nella piazza maggio re della città, in Un'arena improvvi sata, formata da un gran numero di servi della Corte, armati di lunghe picche che facevano cerchio. La tigre 0 Ui pantera chiusa in una specie di trappola era portata nel mezzo del circò. Si apriva la gabbia come avvie ne delle custodie dei colombi nel tiro al piccione, con un semplice urto o tirando una corda. In quanto al bufalo lo si preparava al combattimento aguz- sondagli le coma, n pHmo movimento della tigre era ai sfuggire al suo terribile avversario gettandosi verso la siepe umana. Riu Hendo tutte le forze tentava di supe .rarto con un prodigioso balzo passan ao al disopra della barriera delle pie che_ Avveniva allora che le Untele si alzavano o s'abbassavano verso la ti qve prendendola in aria e respingen doìa Ulcerata nell'arena. Dopo qualche tentativo la tigre insanguinata rinun ciam a tentar di evadere e rivolgen dosì al l)ufai0 lo assaliva. Si svolgeva „nora ,7 vero combattimento, quello che „on à possibile vedere che nella, oiun,hu aeUa paTte sud-occidentale mmola, .rAsrdtadtrtpctddtgtdnsapnat—tsbemegtrqzmfSovente accadevano degli incidenti soprattutto quando il salto della tigre verso In liberazione era cosi alto dii riuscire a superare- le picche senza ferirsi e a piombare nel bel mezzo del pubblico inerme dove gli artigli della belva potevano dilaniare a loro agio... ARNALDO CIPOLLA. g(cmqaindcnztrn

Persone citate: Attori, Begun, Federico Ii

Luoghi citati: Asia, Cina, Estremo Oriente, Giappone, Italia, Venezia