Troubetzkoy a Parigi

Troubetzkoy a Parigi IL PRINCIPE SCULTORE Troubetzkoy a Parigi Per guidare l'automobile deve rannicchiarsi tanto è lungo e dinoccolato: e si aggrappa al volante come al sostegno di un paracadute; le emozioni hanno lo stile e quasi la materia di una discesa aerea. Vorrei che egli non parlasse e, agi-;tandosi meno, serbasse le discussio-ni e i contrasti di idee per il mo-mento in cui arriveremo allo studio e metteremo piede a terra. Impos-sibile: ogni parola desta in lui una reazione, sprigiona un gesto piasti-co della mano sinistra che sembra definire una forma o accarezzare un volto: per convincermi invece di guardare la strada mi fissa in volto lo^S^o a- ì? t-l t+ iarresta.lamacchina di botto. Intanto urge in- tomo a noi la fiumana delle auto ! mobili e le prue degli autobus sem| brano destinate a speronarci. I gesti e i richiami del metropolitano accelerano i tempi: via! via! avan:ti! avanti! vite! vite! L'Arco diTrionfo roseo coi suoi neri profondi al centro del crocicchio e del pomeriggio. Superato il vortice micidiale trovo il modo di insinuare in una così battagliata pausa, le mie congratulazioni: — Sa, Principe, congratulazioni: i giornali hanno annunciato il nuovo matrimonio... _ — Non mi parli dei giornali : nei giornali io non leggo che le notizie degli scontri e dei disastri automobilistici. — Io sudo freddo e il Principe conclude: — Sono le sole notizie sicure. Quanto al resto! Da I bambino mi misero in mano un liIbro di storia che cominciava: «Le origini di Roma sono dubbie e oscure... si dice... si dice... ». Da allora, capirà... ho smesso di leggere. — Sporge il capo nudo dal finestrino, si presenta : — Le prince Troubetzkoy — e seduce con un sorriso il metropolitano che si avvicinava alla macchina tenendo la matita e il li— bro delle annotazioni nell' atteggiamento sospeso dello Scriba egizio al Museo del Louvre. Anche questo scoglio è superato ; ci incanaliamo nella più rarefatta corrente del Boulevard de la Grande Armée avviati a Neuilly sur Seine dove Paolo Troubetzkoy, in Rue Perret, ha il suo studio. Vi piombiamo con due o tre sterzate brusche e la minaccia di siluramento di un albero. Ci siamo. Sotto la gran tettoia di vetro, al piano terreno in mezzo all'adunata di quelle cento e cento statuette alte due palmi e allineate come bottiglie sulle assi che ricorrono intorno alle pareti lo scultore sembra anche più gigantesco. Dà un'occhiata alla stufa ed a me, si cava la giacca, il suo consueto abito di lavoro. Un dinoccolamento della persona non gli toglie l'aria imperiosa e aristocratica: lo sguardo è vigile e pronto nelle occhiaie nrofonde, e si proietta jsu di me studiandomi; con una dolcezza paterna e indulgente accarezza intorno i saggi del suo lavoro di mezzo secolo. — G'hoo settantaquattr'ann. Le saveva? Se dìsariss no! Ho conosciuto la mia seconda moglie un mese fa : una irlandese. E l'ho sposata. Eccola qui. — Mi addita una statuetta gentile e morbida in marmo di Carrara dove la signora è rappresentata. — Ma a lei, la cosa che più interesserà — aggiunge — è questa, una testa di cavallo che modellai quando avevo sedici anni. Non c'è male? L'è minga mal, vera"! Amavo le bestie fin d'allora: quasi subito mi convinsi della necessità e dell'umanità del vegetarianismo. Già: i pranzi a base d'erba! Sì sì, ridete pure. On volt bien. Vous avez le cerveau pourri per la viande. Va a un canterano, ne toglie un fascicoletto scritto a macchina. Il canovaccio di un film — A proposito: per sostenere le mie idee ho scritto il canovaccio di un film- Ecco qua: « Dottore di un altro pianeta». Le interessa? E ho una lettera di presentazione di Shaw: legga, legga, per i magnati dell'industria cinematografica. Incomincia il racconto (e svolge tutto l'intreccio): si tratta di un film improntato a uno spirito europeo e vegetariano: con molto pacifismo nudismo e ingredienti cari a Briand e alla gioventù universitaria! — Vedi che el ghe piaas no. ■ E mi uresenta il suo ultimo lavoro. — Questo, è Beethoven giovanetto: lo modello per l'Università di Bonn. Una testa scapigliata ed elettrica, una fisionomia tormentata e dolorosa ben diversa dalle rigide e spettrali raffigurazioni che traggono lo spunto 0 sono fatte sulla « matrice » della maschera di Beethoven morto. — Cosa ghe ne par ? Io mi trovo bene soltanto quando parlo milanese — dice: — il russo l'inglese il fran~ cese il tedesco li parlo correntemente ma non sono la mia lingua, la lingua madre. Tutta la sua infanzia si è svolta sul Lago Maggiore, la giovinezza a ! Milano. Nella villa della madre, a jGbiffa, Villa Ada, sostavano i Cata¬ e i . lani, i Boito, i Grandi, i Cremona. In un'atmosfera neoromantica e aristocraticamente zingaresca i tre principini Troubetzkoy, Paolo Pietro e Gigi (così come ìi ritrasse intorno a un cane San Bernardo Da- -;niele Ranzoni nel famosissimo qua-jdro) vennero in contatto coi miglio-|ri ingegni della « Scapigliatura ». o ì Ranzoni abitava quasi a Villa Ada. | -iPrima che la fama lo conducesse a a [Londra e la follia al manicomio era -1"11 mlte ospite <U quel salotto dalle a 1 tendine ricamate e daUe poltrone di n P^c/ie, Insegnava a Paolo il nuoto i e camminando passo passo sui greti o %^^^°JiJ^^±f'^Bla a|tura ranzoniana e cremoniana c'è - nella scoltUra di Troubetzkoy. L'im- o pressionismo sculturale cominciato con Grandi, culminato con Medardo Rosso trova in Troubetzkoy uno dei, seguaci più disciplinati e più equili-1 :ibrati. Là tecnica corrisponde molto i;bene ana preoccupazione di «arre ì i e a e a, — , l a — i l a d y , i e l a o a , n n o a i s a E a a i , : ì s a n e i n o i i e n a i , o » . e ~ a a a a ¬ stare la vita », di « fissare il movimento ». In quella babelica fine dell'ottocento quando le arti, smarrita la legge della loro espressione e superate le barriere della loro potenza sconfinarono una nell'altra tanto che la scoltura voleva esser pittorica e la pittura musicale, questo modellare per macchie parve una rivelazione. Avversari e adoratori se lo disputarono. * Il maestro — Avete cominciato con Giuseppe Grandi? — Per modo di dire: fui nel suo studio qualche mese verso i vent'anni: mi aveva invitato a frequentarlo quando ne avevo dodici. Egli mi avrebbe dato qualche insegnamento, in compenso io avrei caricato la sua pipa. Macché ! Ero cresciuto troppo, uno spilungone, Grandi era un ometto. Disse che gli mettevo soggezione... La sua personalità era già completa e matura: sono trascorsi più di cinquantanni, egli è fedele a se stesso: credo che pochissimi altri artisti abbiano resistito con tanta sincerità senza accogliere nò i consigli nè le tentazioni di maniere nuove. Se gli chiedo la sua opinione su Rodin mi risponde che era un imitatore dell'antico, se gli nomino altri scultori contemporanei cari alla critica moderna mi risponde che non li conosce. (Si consolino: a Riepin rispose di non aver mai visto la Venere di Milo!). Vedo tutti gli appassionati sforzi del suo pollice allineati come le figurine di un « puparo ». L'immediatezza che le fa vive e vibranti di penombre nella fusione in bronzo, si perde in uno zuccherino troppo amabile quando esse sono scolpite in marmo. L'« abile », il « grazioso », lo « joli » sembrerebbero la condanna fatale di questo artista se non si conoscesse di lui la grande mole equestre di Alessandro IH collocata su una piazza di San Pietroburgo. Io la vidi ancora nel 1925 imprigionata tra le bandiere rosse e i cartigli sui quali i bolscevichi avevano scritto apocalittiche sentenze e insulti al passato regime. Un cavallo dal vero — Far grande: il mio sogno sarebbe di far grande. Non mi manca il respiro. Quando bocciarono il mio bozzetto di statua equestre per il monumento a Garibaldi, a Milano dissero che non avrei saputo tradurlo nelle proporzioni richieste. E in pochi giorni modellai un cavallo al vero e lo esposi in pubblico. Qui nello studio non vi sono che le cose piccole: l'Archivio plastico di un'epoca in cui emergono D'Annunzio col monocolo, Caruso in costume teatrale, Bugatti a cavallo, la Duchessa di Pistoia in piedi, Shaw seduto, la Pavlova in atto di morire come un cigno. Tra il fruscio delle mode accollate e il galoppo dei cavalli e il latrato dei cani esquimesi si compone il suo mondo. Perfino il brumista addormentato a cassetta, l'isvoteik sonnacchioso nella pelliccia della slitta sono già nella storia, col sorriso e il passo delle principesse delle arciduchesse russe finite serve in un Restaurant o manichini in unii Casa di Mode. I ritratti più famosi furono i cinque di Tolstoi e quello di Giovanni Segantini. Tolstoi in camiciotto e a cavallo, Segantini col pollice infilato nella apertura del panciotto fecero epoca. Era il tempo in cui Tolstoi chiedeva al mondo con la sua mugikomania: Che cosa è l'arte?» per concludere che l'arte è immorale, non esiste ecc. Al nostro Paolo che davanti a lui stava modellando accanitamente la figurina dalla gran testa calva e dalle occhiaie incavate domandò : « Perchè vi affannate t auto a far un lavoro inutile? ». « Inutile? E i vostri romanzi che io non ho mai letto, sono per caso utili? ». — E Segantini? — Chi si rammenta di quei tempi lontani? Non ricordo nemmeno dove Segantini veniva a posare : credo nel mio studio di via Solferino, a Milano. Lo facevo posare nudo fdivgodlnvginbMgpctafcvLmsdPfiinbPescdflgCp | , 1 e i i i n a a fino alla cintola; ma non mi riusciva di cavar niente di bello dalla creta, inutile: inutile. Il giorno in cui stava per partire, alt alt! Ecco la posa giusta! Lo vedo, lo vedo: in poche ore è fissato. Perchè io ho bisogno di aver davanti agli occhi la verità, la vita. — Un'opera vostra — interromno — non mi piace. — Quale? La statua dì Puccini Allarga le braccia si fa scuro in volto come se di sotto il principe grattato dalla critica saltasse fuori il proverbiale cosacco. — La statua di Puccini collocata nel ridotto della Scala.: in quell'ambiente neoclassico, all'ingresso del Museo teatrale hanno collocato quel grottesco blocco di bronzo col cappello in testa e il bavero alzato. — Sì, si. E' vero. Ho pensato anch'io molte volte che quel monumento bisognerebbe rifarlo. — E guarda attraverso i vetri il crepuscolo delle foglie molte, meditabondo e sereno come se un altro mezzo secolo di la-voro lo aspettasse. Eccolo ritrattato da Zorn, daLaszlo, e diverso da quello che im-magineranno i posteri percorrendo la sua vita zingaresca : dai modesti studii milanesi in via Vivaio in corso Porta Nuova in corso Porta Vittoria, fino all'Accademia di Mosca dove fu il più anarchico dei professori, poi nella palazzina di Parigi in Rue Weber ai primi del novecento. Sulla Prospettiva Newski a Pietroburgo ebbe un locale immenso a sua disposizione : vi caracollavano in libertà i cavalli, c'erano cani, renne, lupi. Là dentro compì il lavoro più eroico, rifacendo infinite volte il' cavallo d'Alessandro in tra il via vai dei colleghi dei critici dei gentiluomini di Corte. — E Mussolini? — Mi lasciarono troppo poco tempo: lo vedevo in Prefettura mentre riceveva la gente. Difficile: difficile. Come Crispi: quando feci il ritratto a Crispi... Si rimette la giacca, usciamo. La portiera ci aspetta al varco porgendo una lettera giallina. — Signor Principe, uno del Commissariato ha portato questa lettera. — Per me ? — Sì, per lei. Troubetzkoy la prende, me la passa e mi invita a leggerla : dissiggillo, leggo: « la macchina, ecc. ecc.; statibnnement abusif » ; — Ah! Nient — dice lui — una contravvenzione automobilistica. G'hann el bon temp. Ne ho delle altre lì che aspettano. Calmissimo si caccia il foglietto in tasca; siede al volante mi invita a Scili re. RAFFAELE CALZINI.