Lo scapigliato soggiorno torinese di due belle nipoti di Mazzarino

Lo scapigliato soggiorno torinese di due belle nipoti di Mazzarino Lo scapigliato soggiorno torinese di due belle nipoti di Mazzarino Anche quei lettori che non sono troppo freschi di studi storici hanno oramai rinnovato conoscenza attraverso due recenti articoli di Concetto Pettinato, col parentado di Mazzarino; e ciò mi dispensa dal ripresentare le due sorelle Mancini, Ortensia e Maria, che furono ospiti della nostra città. Ortensia avrebbe dovuto veramente, nei plani dello zio Cardinale, venirvi in ben altro modo, perchè Mazzarino, che già nel 1657 aveva dato Olimpia Mancini in moglie a Eugenio Maurizio di Savoia conte di Soissons, vagheggiava (li collocare un'altra nipote sul trono sabaudo; e perciò, dovendo nel 165S incontrarsi a I->one con Carlo Emanuele II, vi giunse fiancheggiato da un gaietto sciame di nipoti fra le quali brillava, in tutta la promettente freschezza dei suoi quindici anni, la bellissima Ortensia. Ma il Duca, benché non insensibile al fascino femminile (tutt'altro!), non dimenticava ^li interessi deli- Stato, e trovò modo di far sentire al Mazzarino che un matrimonio così disuguale non era possibile, a meno che non fosse giustificato da qualche grande vantaggio per il Piemonte, come la rei-tiiuzione di Pinerolo, che la Francia teneva tuttora in forza dell'odioso Trattato di Cherasco. H Cardinale naturalmente rifiutò, e -la cosa non ebbe seguito. Le due sorelle Ortensia ebbe ancora fra i suoi ammiratori nientemeno che Carlo II d'Inghilterra, ma finì per doversi accontentare di Armando de la Sorte de Meilleraye, duca di Mazzarino, noiosissimo uomo che alla moglie rimproverava persino la passiono per... il giuoco dell'oca! A sopportare un simile ruminante ci voleva ben altra virtù che quella di Ortensia; e quando poi Armando si rivelò anche mezzo matto, la moglie non esitò a piantarlo in asso e fuggirsene a Roma, vanamente inseguita da un tardivo ordine d'arresto del Parlamento di Parigi. Così Ortensia, nel marzo del 1671, | capitò a Torino, non sovrana come aveva sperato ma'fuggitiva; ed ebbe splendide accoglienze. Carlo Emanuele, uso ad esercitare l'ospitalità con regale magnificenza, in quell'occasione si sorpassò a tal segno che ne giunse l'eco fino a Roma, destando infiniti pettegolezzi. Ma le male lingue ebbero ben più da fare un anno dopo, quando si seppe che la duchessa Mazzarino, dòpo aver soggiornato qualche tempo a Roma, aveva ripreso la fuga, accompagnata questa volta dalla sorella minore Maria, moglie del Conestabile Colonna duca di Tagliacozzo. Questa non poteva' invocare a sua discolpa le ragioni che fino ad un certo punti i scusavano Ortensia; perchè il Conestabile fu sempre un perfetto cavaliere, indulgentissimo ai tanti capricci della moglie, e se si determinò talvolta a richiamarla ad una maggior serietà non aveva torto. Sorvoliamo sulle vicende di quelle stravaganti creature fuggite da Roma vi abiti maschili, sull'approdo a Mariglià, sul rifugio a Nizza, sul rifiuto ii Luigi XTV a ricevere Maria Colonna e sul divieto fattole di abitare a meno di 50 leghe da Parigi, sul ritorno di Ortensia a Torino dove dal Duca 'e fu offerto, quale residenza, il Cartello di Chambéry; e portiamoci al : onnaio del 1673, quando la duchessa Colonna prese stanza a Torino, nel convento della Visitazione in contrada del Trincotto Grondona, ora Via XX Settembre. Dirò altra volta di questo monastero, fondato da Santa Giovanna Francesca di Chantal per liberalità di una gran dama che i miei lettori conoscono già, Metilde di Pianezza vedova de Simiane d'Alblgny; per oggi basti ricordare che la Colonna vi stette come in un albergo, andando e venendo a suo piacimento e prendendo larga parte alla vita di società, allora intensissima a Torino. Le feste di Carlo Emanuele II La Corte di Carlo Emanuele II era, rho già accennato, splendida; il Duca, gran signore nell'animo, intenditore d'arti belle, portato al lusso e ai divertimenti, dava il tono, e il patriziato ne seguiva l'esempio. Le feste succedevano alle feste; nel 1663, per il primo matrimonio del Duca, la strada fra Porta Nuova e S. Salvarlo lu trasformata, su disegni di Amedeo di Caatellaanonte, in un magnifico viale ornato di statue e di trofei, con un gran palco capace di 600 persone e un ricco trono davanti alla porta; e feste nel 1665, per il secondo matrimonio; nel 1666, per la nascita del Principe di Piemonte, il futuro Vittorio Amedeo II, e feste in ogni occasione. Il nuovo Palazzo Ducale (cioè l'odierno Palazzo Reale), ancorché non in tutto compiuto, era abitato dal 1665, e si stava splendidamente decorando; il P. Guarini, che già aveva costrutto S. Lorenzo, stava allora lavorando alla meravigliosa cappella della ■Sindone; e intanto il Duca abbelliva ogni giorno il Parco, Mirafiori, Rivoli, costruiva ex-novo il Castello della Venaria, la Versailles della Corte Sabauda, con la spesa di oltre 4 milioni di lire del tempo, e, non pago del teatro edificato nel 1610 da Carlo Emanuele I nel vecchio Palazzo S. Giovanni, faceva iniziare la costruzione del nuovo teatro delle feste, sull'area ove poi sorse il Regio. L'espansione edilizia era così vivace che in quel medesimo anno 1673, in cui la Colonna giunse a Torino, fu necessario estendere la cinta fortificata verso levante fino alla Porta di Po, cioè fino oltre il rondeau di Piazza Vittorio, includendo una quarantina di nuovi isolati; Piazza Castello divenne così, come aveva previsto il primo Carlo Emanuele, il centro di Torino, e la sua superficie fu quasi triplicata. La moglie in convento per modo di dire In quel turbinìo di svaghi e di feste, la fuggitiva si buttò con tutto il suo ardore; di giorno, s'intende, che la sera bisognava tornare all'ovile. Accadde però più d'una volta che la Colonna, reduce dalle caccie della Venaria a troppo tarda ora, dovette accettare l'ospitalità • di Emanuele Filiberto, Principe di Carignano e fratello maggiore di Eugenio di Soissons, nel vecchio palazzo di via Guardinfanti (ora via Barbaroux; il palazzo fu distrutto nel secolo scorso). Ma non si sgomenti 11 lettore: il Principe era un saggio, poco portato a dar retta a quella testa matta; e, sordomuto dalla nascita, sapeva anche valersi con garbo di1 ; ; d[pMrfsaEqctnrnqdclppbcrgmacmcdsvbIaesmaamcnllcdpcqspBgcCLzgDesPgiascCdsvoaiMcsCluvmag1postscdttSssstcjsfocpa di questa infermità per fare il sordo quando gli accomodava. Chi stava sui carboni ardenti era il Conestabile Colonna. Aveva mandato un tal Don Maurizio di Bologna, che doveva ufficialmente servire da cavaliere d'onore alla moglie, ma che in realtà aveva mandato di spiare ogni azione di essa e riferirne al marito. Senonché l'astuta donna s'avvide che il poveruomo non sapeva una parola di francese, e subito si diede a non parlar più che francese, sicché Don MauriziOi oltre a non poter adempiere al suo incarico, faceva anche una figura piuttosto ridicola. Un viaggio a Chambéry Nell'aprile, gran novità; la duchessa Colonna decise di andar ad abitare a Chambéry, con Ortensia; e Carlo Emanuele, lieto in fondo di levarsi quella seccatura, le offri carrozze e cavalli di Corte per il viaggio, suscitando naturalmente le proteste del Conestabile. Ma Ortensia, che a Chambéry si era fatta una sua piccola Corte, non intendeva affatto di dividerla con quella indiavolata sorella; e ricordandosi improvvisamente di un voto fatto chissà quando a S. Francesco di Sales, deliberò di adempirlo senz'altro, partendo per St.-Innocent poche ore prima che Maria giungesse a Chambéry. Un'accoglienza così... entusiastica parlava chiaro; e la Colonna, arrabbiatissima, riprese la mattina seguente la via di "Torino. Il marchese Carron de St-Thomas, ministro degli Esteri, ne fu costernato; aveva già dovuto sudar quattro camicie tra le premure del Conestabile e le mattane della .Conestabilessa, ed ora che sperava di esserne liberato se la vedeva tornare a Torino; p col proposito, stavolta, non più di stare in un convento, ma di comprare una casa e stabilh-visi. C'era da far rizzare i capelli! Intervenne Carlo Emanuele, eminando alla reduce di tornare al monastero; essa finì per obbedire, dopo mille discussioni, ma, quasi a vendicarsi, si mostrò più stravagante di prima. Forse aveva sperato che il Duca le cadesse ai piedi, e non aveva risparmiato le moine per giungere allo scopo; visto che egli, nonostante la sua fama di donnaiolo, non se ne dava per inteso, volle rendersi interessante coi capricci e le sgarberie. Ricominciò il carteggio con Roma, e ricominciarono le torture del St-Thomas. Provò il ministro a proporre un accomodamento, che il Principe Colonna giudicò accettabile; bastò questo perchè la moglie lo respingesse senz'altro; ugual sorte ebbe un'altra proposta conciliante del Marchese di Borgornunero. Infine, stancatasi di quel giuoco, la biaara Collana (come la chiamava, nel suo italiano di fantasia, Carlo Emanuele) pensò di andare a Londra con la cugina Laura Martinozzi, duchessa di Modena, che accompagnava colà la figlia Beatrice, sposa al Duca di York; ma poiché Luigi XIV era inflessibile nel vietarle di accostarsi a Parigi, deliberò di passare per i Paesi Bassi, allora soggetti alla Spagna. Partì da Torino, definitivamente, il 15 ottobre 1673. Il cadavere sequestrato Aveva nascosto la sua deliberazione al St-Thomas, forse per non dargli una soddisfazione; si era invece confidata col Borgomanero, il quale ne avvertì il Conestabile. Questi era allora in grande favore presso il Re di Spagna (era stato anzi proprio allora nominato Governatore dell'Aragona) e non penò ad ottenere che la moglie appena giunta a Bruxelles fosse arrestata, condotta in un chiostro e forzata ad andare a Madrid per tentare ancora una riconciliazione — che naturalmente non riuscì. Dove e quando sia morta la bisara Collona non si sa; certo non rivide più la famiglia. Ortensia rimase a Chambéry come una sovrana, nel castello ducale, finché visse Carlo Emanuele; quando questi morì, essa si sentì poco sicura di fronte alla palese antipatia della vedova reggente, e prese essa pure, il 22 ottobre 1675, la strada di Londra, ove stette poi fino alla morte, rifiutando sempre ogni riconciliazione col marito. Qui la storia della duchessa Mazzarino si fa tragica: corse gravi rischi, per l'accusa di aver avuto parte ad una pretesa congiura di cattolici contro il Re; poi, datasi al giuoco, si ridusse in tali strettezze che quando morì (1699) i creditori fecero sequestrare il suo cadavere. Si dice che allora Armando Mazzarino si sia vendicato in modo tragico, riscattando la salma della moglie, che in seguito portò sempre con sè dappertutto dove andava — come per affermare che alla fine l'aveva spuntata lui! Madame de Sévigné aveva detto: la justification de M.me Mazarìn est écrite sur la figure de M. de Mazarìn; se è vera la storia di quel macabro trofeo, convien pensare che il Mazzarino, oltre che brutto, fastidioso e debole di cervello, fosse addirittura un sinistro pazzoide. Poveri sogni, che lo zio Cardinale aveva accarezzato quarant'anni prima! E. B. sarGgritgdhsoltnptrgcIdncdcrcgapgriNTsfilfrddlmnBmplgntcdmddrifdrpdQptitfatntmveclncpprzginsvRiitdRPi—aaetrlvtfadit