L'eroe dal pennacchio bianco

L'eroe dal pennacchio bianco L'eroe dal pennacchio bianco La stupenda e terribile sorte di Gioacchino Murat — Da seminarista a soldato, e dal Tredici Vendemmiaio al Diciotto Brumaio II Re di Napoli La tragedia dèi Pizzo di Calabria Stupenda sorte e terribile, di questi, ch'ebbe nome — l'Apollo della guerra. Osserva giustamente Mario Mazzucchelli, nel suo libro, che esce oggi, per i tipi della Casa editrice Corbaccio, di Milano, e dedicato appunto a — Gioacchino Murat, — osserva che egli, «... Impulsivo e irresistibile come Sigfrido, è una vera figura leggendaria. Appartiene quasi più alla fantasia e al mito che alla paludata Clio... ». Certo, noi si amerebbe vederlo esclusivamente in quell'aspetto e in quegli atti che hanno più colpito e affascinato la nostra fantasia: dai nembi dsEdEFdppptbtFvampanti e tonanti delie cariche di pcavalleria scaraventate turbinosamen- ; rte» Tini» t-,,frf, 4 nnmnf Ai linftoff Q rial- te per tutti i campi di battaglia dell'Europa napoleonica, lui esaltato veramente in un cielo di leggenda, in quella luce solare dell'epos imperiale, dove brillano del pari la sua sciabola invitta e il suo pennacchi^ spavaldo, immortalmente. Il pennacchio, per il gusto sfrenato ch'egli aveva del coreografico, appariva forse un po' eccessivo; ma se ha offerto occasione ai poeti di chiamarlo, quel bel Murat sgargiante, anche — l'Eroe dal bianco pentiacchio, — a buona ragione la figlia Luisa rivendica: «... Questo pennacchio, ne convengo, era forse un po' più grande di quello degli altri generali, e molto vistoso; ma la sua stessa grandezza aumentava di tanto i pericoli ai quali mio padre si esponeva, sui campi di battaglia, che sarebbe di cattivo gusto volerlo criticare con troppo rigore..,». // giudizio di Napoleone La Storia, col suo frugare addentro negli uomini e negli avvenimenti, col suo inquisire il meno cognito delle vicende e il più riposto delle passioni, col suo rivangare incessante e lo spietato notomizzare, reca attentati deleteri al candore e alla dirittezza di quel pennacchio: dalla disamina critica, esercitata spassionatamente, la figura del Maresciallo di Francia e Rè di Napoli riesce d'assai diminuita, e nè pura nè bella, per il riguardo morale. Resta il guerriero impavido e superbo, di centaurea potenza, d'indomito valore, lo straordinario generale di cavalleria, resta l'uomo della battaglia; ma anche, contrariamente a quanto si supporrebbe, per logica e simpatica concordanza con codeste qualità eccellenti, contrariamente a quanto si vorrebbe riconoscere, ci si "rivela un uomo di mediocre ingegno e di coscienza peggio che fiacca, un carattere torbido e mutevole, suscettibile a ogni più svariato impulso di passioni, non escluse le meno nobili, e se pronto a slanci generosi, capace anche di vergognosi infingimenti, capace di tradimento. Napoleone, scrutatore e conoscitore di uomini quant'altri mai, l'aveva valutato, e molto prima di avere la prova della sua doppiezza: «... C'est un brave liomme sur le champ de bataille, mais il manque de combinaison et de sena mordi... ». E analogo giudizio, anzi accentuandolo, ripete alla stessa moglie di lui, alla sorella Carolina, scrivendole, il 24 Gennajo del 1813: — otto giorni prima, Murat ha rimesso, di propria iniziativa, al viceré Eugenio, il comando della Grande Armata, confidatogli dall'Imperatore, cioè di quegli scheletriti e miserabili avanzi della Grande Armata, dopo il disastro della campagna di Russia; e ora viaggia, bruciando le tappe, per ritornare alla sua reggia di Napoli: — « ... Il Re di Napoli, vostro marito, » - scrive Napoleone - « ha abbandonato l'esercito il 16. E' un valoroso sul campo di battaglia, ma è più debole d'una donna o d'un frate allorché non vede il nemico. Non ha nessun coraggio morale... ». E,a lui stesso, due giorni dopo: « ... Voi siete un bel soldato sul campo di battaglia, ma, all'infuori di ciò, non avete nè energia nè carattere... ». Ed era l'esatta verità. La caratteristica di Murat si palesa questa, precisamente: magnifico soldato, nel senso guerriero della parola; ma un povero uomo, altrettanto spesso inetto che subdolo, ubriacato di spropositate ambizioni, e disposto a qualunque transazione, pur di soddisfarle, avido e intrigante, imprudente e sospettoso, appena lo si tiri fuori dal campo di battaglia. « ... Il titolo di Re vi ha dato alla testa... », gli scriverà ancora Napoleone. Dal seminario al reggimento Pensare che i suoi l'avrebbero voluto prete. Nel 1787, ventenne, studia al Seminario dei Lazzaristi, a Tolosa. Ma accade che passa di là i! reggimento dei Cacciatori delle Ardenne. E il giovinetto butta alle ortiche, con la sottana, il petit collet di abatino, e si arruola. Due anni dopo, ha raggiunto il grado di maresciallo d'alloggio. Siamo rirLadsndmpqLdbdtnfdmnC—mfdbcmtlelsacsdIzvsrnamigtmvLqVnscmdpsnautmnssclScDGMmdlgsplsmggvsall'Ottantanove: le idee rivoluzionarie Dfermentano anche fra le truppe, ne sminano la disciplina. Il maresciallo di nalloggio Murat si segnala per tal quale 'turbolenza; e infine commette un atto, g delegato deilTloró Guardia Nazionale stupido ma grave, di insubordinazione. Evita l'espulsione per indegnità, chiedendo e ottenendo il congedo assoluto. E torna al paese natale, La BastideFortunière, un villaggetto non lontano da Cahors, dove suo padre gestisce un piccolo albergo. S'impiega commesso presso un merciajo: il futuro Re di Napoli fu veduto allora misurare panno e tela, portare le mercanzie, scopare la bottega. Ma al)'Ottantanove è succeduto intanto il Novanta. Tutti i cantoni della Francia devono mandare a Parigi un per partecipare alla Festa della Fede- ; razione n Quattordici Luglio. Murat ' -V O riesce a farsi nominare, fra i tre che rappresenteranno il dipartimento del ptpdcsmdvfsLòt, cui Cahors e la Bastide-Fortunière Iappartengono. Due anni dono,'fa parte jdella Guardia Costituzionale che l'As-ìsemblea Legislativa assegna al Re. Ma non ci resta che un mese: presenta le dimissioni; e denunzia il corpo al Comitato di sorveglianza dell'Assemblea, per incivismo, accusando i capi di oblique trame con il partito della Corte. La sua accusa diviene arma in mano dei Giacobini, per imporre all'Assemblea lo scioglimento e il licenziamento della Guardia Costituzionale. Murat ottiene in compenso di essere riammesso nel suo vecchio reggimento, che nel frattempo ha assunto la denominazione di — 12» Cacciatori a cavallo. In pochi mesi, guadagna le spalline di luogotenente; Vanno dopo, è nominato aiutante di campo del generale della brigata, e capitano. Segue la prima campagna dell'Esercito del Nord. Un membro di una — Commissione del Consiglio Esecutivo, — certo Landrieux, gli propone di assumere il comando in seconda di un corpo franco a cavallo, ch'egli sta raccogliendo, a cui ha dato nome di — Boussardsbraconniers. Murat accetta; e diventa capo-squadrone. Combatte indiavolatamente a Pont-à-Marcq; entra combattendo a Lilla. Poi si urta col Landrieux, lo accusa di saccheggio e furto, lo fa. espellere dai quadri e incarcerare. Dopo la caduta di Robespierre, accusato lui stesso di robespierrismo e anarchia, èlanche lui imprigionato. Si difende ac-1 canitamente e abilmente; e viene prosciolto; e torna al comando dello squadrone. L'Apollo della guerra Vigilia del 13 Vendemmiaio dell'anno IV — 5 Ottobre 1795: — la Convenzione Nazionale è minacciata dalla rivolta degli estremisti di destra e di sinistra; e Barras, nominato generale in capo dell'Esercito dell'Interno, viene a sapere di quaranta pezzi di artiglieria, che stanno per cadere in mano dei rivoltosi. A mezzanotte, lui e il generale Bonaparte chiedono d'urgenza al 21.o Cacciatori, ch'è accampato presso Parigi, un ufficiale energico e di provata fede repubblicana, per una missione eccezionale. Viene indicato il capo-squadrone Murat. E' accettato. Gli danno trecento cavalieri, e l'ordine di galoppare a briglia sciolta, per salvare i quaranta cannoni, a ogni costo. Lui parte, si scontra con ingenti forze dei sezionali realisti, le carica e mette in fuga; e ricupera i cannoni. Sono quelli che lo stesso giorno — Tredici Vendemmiaio — salvano la Convenzione, mitragliando la turba ribelle. 1796. Murat è capo-brigata. Si presenta a Bonaparte, che lavora a raccogliere il suo stato maggiore per l'Armata d'Italia: — Generale, voi non avete aiutanti di campo con il grado di colonnello. Mi propongo di seguirvi, per assumere questa funzione. In realtà, egli non era colonnello. Ma non termina la prima campagna d'Italia, che è generale di brigata. E torna a Parigi vestito teatralmente, di una uniforme verde con cordoni d'oro, pantaloni bianchi, stivali rossi, bicorno piumato, sormontato da un enorme pennacchio, con un fermaglio di brillanti: sicché Bernardin de Saint-Pierre, avvisando la sua imponente prestanza fisica, lo definisce appunto — VApollo della, guerra; — e la mordace Madama De Stàel, — un capo arabo, imperatore dei credenti: — e più maligno, il Signore Di Talleyrand, — il carnevale della Gloria. Ricorda De Bourienne, nelle sue Memorie : « ... Murat, per la bellezza delle forme esteriori, la forza fisica, l'eleganza dei modi, la fierezza dello sguardo, e l'audacia nei combattimenti, rassomiglia, in questo tempo, assai meno a un soldato repubblicano che ad uno di quei prodi cavalieri cos3 ben tratteggiati dall'Ariosto o dal Tasso. La nobiltà del suo viso fa dimenticare di sùbito la modestia della sua nascita. E' affabile,'gentile, galante: e sui campi di batta- glia, venti uomini, comandati da lui, lGli si attribuisce, ed egli stesso non'valgono un reggimento... ». smentirebbe, se dobbiamo credere alla Duchessa d'Abrantès, «...di aver cono- v sciuto molto intimamente Madame Bo- ! naparte... ». { Campagna d'Egitto. Murat dà ma gnifica prova in pompo; riservandosi a però, tra una battaglia e l'altra, di criticare aspramente il comandante in capo, e di fare, come oggi si direbbe, del disfattismo. Il suo stesso ajutante di campo, il capitano Edoardo Colbert, ci'svela che «...Murat e del numero dei,malcontenti... ». Poi, mostrerà di ricre dersi. E ancora il Colbert testimonia: Qualche tempo dopo Bonaparte do-ivrà dirgli: — Non statila forse felici, f/Mo? Eppure, qualche mese fa uno sconsiderato parlava di voler disertare, Off f/i tutti sono diventati più saggi; elio ne godo. Ciò mi risparmia di fare ' cacciar loro nel cervello qualche etto gromma di piombo... ». E Murat se lo terme per detto. Ma alla giornata di Abukir — quella di terra, — la cavalleria, ch'egli conduce, Idecio>- della vittoria. Bonaparte gli grl jda. in u«° slancio d entusiasmo in cui ìfo"e affiora persino una punta dm- ldal 1g06| col Trattato di Bajona, del 15 1 Luglio 1808> diventa — Gioacchino-Napoleone, per grazia di Dio e ver Conti vidia: — La cavalleria ha dunque giurato di fare tutto lei, oggi? E nella relazione, poi, al Direttorio: « ... Il successo della battaglia, che avrà tanta ripercussione, per la gloria della Repubblica, è dovuto principalmente al generale Murat. Chiedo per lui il grado di generale di divisione : la sua brigata di cavalleria ha fatto l'impossibile... ». L'ascesa Murat è promosso generale di divisione. Ha trentun anni. Torna, con Bonaparte, a Parigi. Al colpo di Stato del Diciotto Brumaio, gli è daccanto, cooperatore decisivo del successo, come ad Abukir. E' nominato comandante in capo della Guardia Consolare. Ottiene di sposare la sorella del Primo Console, Maria Annunciata Carolina: bellissima : se i ritratti non ce ne garantissero suffìcentemente, la Duchessa d'Abrantés la rievoca nelle sue Memorie: « ...Sa peau ressemblait à un satin blanc glacé de rose. Ses pieds, sei maìns et ses bras pouvuient servir de modèle. Ses dents étainnt charmantcs, cornino toutes celles des Bonaparte... ». Indi, con l'ascesa trionfale di Napoleone, la superba ascesa di Murat: finché, già Granduca di Berg e di Clèves a fusione di Stato, Re delie Due Sicilie, Grande Ammiraglio dell'Impero. Ha seguito il Primo Console e l'Imperatore su tutti i campi di battaglia, da Marengo a Wertingen, a Ulm, ad Austerlitz, a Schleitz, a Jena, ad Eylau, a Tilsitt... A Jena, è la cavalleria di Murat che sfascia e travolge la resistenza prussiana. E dopo, quella stessa cavalleria compie l'inseguimento furibondo degli.sconfitti, sulla strada di Berlino, e poi ■a Stettino, e davanti a Lubecca: fino a \che l'ultimo generale e l'ultimo corpo Iprussiano sono raggiunti, e costretti a|capitolare: — la marcia infeiiiale, —come è tramandata nella storia : esempio classico, insuperato in tutta la storia, di azione d'inseguimento, per parte di cavalleria. E ad Eylau è ancora Murat, con la sua cavalleria, che domina la giornata, e sfonda e rovescia le formidabili linee, l'ino allora infrangibili, della fanteria russa, con una carica inicolonna, che annienta, in pochi momenti, trentamila uomini: esempio classico, anche questo, di azione d'urto. E il Cinquattottesimo bollettino della Grande Armata : * ...Getto manoeuvre audacieu-se s'il en fut jamais... cctte cliarge brillante et inouie... avait colbuté plus de 30.000 hommes d'infanterie, et les avait obli ges à abandoner leurs pièces... ». Il tradimento E Murat seguirà ancora Napoleonenella sciagurata campagna di Russia, eroe di Ostrovno e dolla Moscova. Ma, il titolo di Re gli ha dato alla testa. Vagheggia un regno ben più vasto, che non quello di Napoli: mira addirittura al Regno d'Italia. E si mostra insofferente soprattutto della tutela napoleonica. Aveva già, in altro tempo, assunto pose di pretendente, eventualmente, alla successione imperiale, in Francia. Ora, suoi inviati ufficiali alla Corte di Vienna vanno trattando con Metternich. «... per studiare se'l'esistenza del Regno di S. M. Gioac-jchino Napoleone non potesse essere,assicurata durante conversazioni geneJrali che si potrebbero intavolare sotto!ia mediazione dell'Austria...». E men- tre ripete insistentemente a Napoleo-jne le sue assicurazioni di fedeltà in-lcondizionata, di devozione assoluta, in- triga con l'Austria, intriga con l'In- ehllterra, mantiene attive relazioni e' i: l.*-: : : „: j: "Iprepara accordi con tutti i nemici di;a;lui, garantisce loro d'essere pronto „ 'schierarsi dalla loro parte, sùbito che! lo vogliano. E tuttavia, aprendosi la campagna di guerra del 1813, raggimi-|lge l'imperatore, riprende il suo posto 'nell'esercito imperiale, Magister equi- tum, comandante della Riserva di Ca-;nsieme, dell'ala destra. La concluderà a Lipsia, alla -Ile Nazioni. li Mazzucchelli insiste che non è|A valleria, e insieme, dell'ala_ destra. La| ! campagna concluderà {battaglia delle Nazioni accertato quello che alcuni storici han-. ... I"j „ i parte da lui avuta m questa campa- gna. Eppure innegabilmente, nel corsoi no preteso, vero e proprio to militare del Re di Napoli, per lajdi essa egli non rista di conversare e, contrattare, per il tramite d'interine-, diari segreti, con gli stessi nemici che combatte in campo; e offre e accet- ta in esame e discute proposte e eon dizioni. E poiché tratta ciandestina ménte, per conto proprio, mirando unicamente a quanto ritiene suo proprio interesse, esclusivo; ne risulta necessariamente, inoppugnabilmente, ch'egli tratta contro l'Imperatore; per ciò lo tradisce; e mentre, per altra parte, gli rinnova ancora una volta le più sviscerate proteste di riconoscenza e di attaccamento. Lo tradisce, innegabilmente, in campo politico. Ma g questo non comporterebbe ancora, se- condo il Mazzucchelli, e non provereb-'be affatto il conseguente tradimento militare. Ma se in guerra, come è sta- ; to ripetutamente affermato, l'animo è tutto, l'animo del combattente, e tan- to più del capo; con quale animo, con quale coscienza, combatteva dunque il Re di Napoli, Gioacchino Murat? Ed «ecco l'incertezza, già dichiarata incomprensibile, di certi suoi movimenti; e l'abbandono, altrettanto incomprensibile, di posizioni vantaggiose, facili ad essere difese; ed ecco i troppo replicati e troppo pericolosi errori, che non si giustificano, che non si spiegano. E quando, il primo giorno pqdi Lipsia, egli riceve l'ordine di cari-lcare, e alla testa di cinque divisioni ! di cavalleria si getta sulla cavalleria I prussiana, e la disperde, si getta sulla;fanteria alleata, e là sconvolge, si pre-| cipita contro la cavalleria leggera rus-;sa, e la respinge, fino a meno di tre-jcento metri dall'altura da cui lo Zar Alessandro osserva le fasi della batta-1 glia; ecco che questi fu udito mormorare dispettosamente: —■ Vraimentj nótre allic cache trop bien son jeu. Poche ore prima, quello stesso giorno, Murat aveva ricevuto, al suo Quar- tier Generale, un messaggero, che gii recava un dispaccio del suo fiduciario presso il Quartier Generale degli Al-1 leati: ltì... L'Inghilterra s'impegna a otte- nere dal Re Ferdinando la sua rinun-!zia al trono di Napoli; a garantire questo trono a Murat, a garantirgli]diversi altri vantaggi, e questo d'accordo con l'Austria, a patto ch'egli abbandoni subito l'esercito francese... ». In faccia alla morte Sarà la sua doppiezza, questo suo, | come suol dirsi volgarmente, tenere .ji piede in due staffe, che lo perderà, ■ irrimediabilmente. Se Napoleone, da \Sant'Elena, potrà accusarlo d'essere: I stato causa principale della sua ro-j|vina; lui, Murat, deve accusare soprat'tutto se stesso, la propria mancanza di carattere, di coscienza, di senso mo-irale, come, da tempo, aveva sentenziato j lo stesso Napoleone, Ma l'eroe Murat ritroverà il proprio valore leggendario, riabiliterà intero e candido il suo pennacchio glorioso, con la morte, quando lo giustizieranno al Pizzo di Calabria — il 13 Ottobre 1815. Un memorialista, Antonino Condoleo, narra: <... — Ebbene, sergente, perchè piangete? «— Maestà, non sono stato mai condannato a esercitare impiego così sciagurato; e la mia commozione prin- cipalmente deriva, primo per non aver '.Lei dimenticato di averLa servita con lo stesso grado, secondo per la mia sventura, di parteciparLe che la Corte ha di già firmata la sentenza, per la di morte. Ebbene? non siete mai stato alla guerra? « — Maestà, si. « — Avrete visto, dunque, morire molti soldati. <r — Sicuramente, Maestà. « — Immaginate essere io, al momento, uno di quelli. Orsù, via, sergente, rasserenatevi. Ritornate da chi vi manda, e dite loro che Murat non h* avuto mai timore della morte...», Era il tramonto. Avviandosi al sup- I'p"zi°. fi rammarico di non avere leLjsue spalline, che gii erano state ruba-1 ,te. Poi, vedendo la sedia preparata Jper lui, e la benda, per bendargli gli ! occhi.respinse sorridendo luna e l'al tra. E volle comandare lui U plotone jd1 esecuzione. ... . • l « - - Amici miei, il cortile è abba- stanza s'retto; perche possiate mirare Sius.t0- ™nl-ate ai petto, e rispettate .'11 viso...». I ai io .„mi,i, 0„i r,ottn tt- ; ùl aPrl »a camicia sui petto. ^ sen- ;za un toemitonella voce, comando :_ | ....... ! * ••• £■ %\ 7°"° coman"| ao- , lla,,:.-nt, „rVnn tiS'ó |^la 1 ;'^"nT1^a,,,lp l^ ,„"„%,, mossi> che soltanto due di loro riusci rono à mai-arere 1 còni anche and, 1-•in a vuoto Mmat Mn^rtattP?^" ;™"0 a v"° ~~,~*. 1 ' "attere ci-. ""o- • Ri j , <~ ^essuna Sra-Ia- ricominciamo. ' ni'ómWi a 4.prra fulminato | E Plonlbo a terra, ruminato. A AURIO BASSI. |"110' s"f°=t.,,1rl "U°J°Ji