Neutralità e disarmo

Neutralità e disarmo Neutralità e disarmo Secondo alcuni eminenti cultori del diritto internazionale, la situazione creata dagli obblighi mutuamente contratti dalla maggior parte dogli Stati nel dopoguerra' esclude la possibilità, od almeno la moralità, di rimanere neutrali di fronte ad un conflitto armato. Non certo mi avveritu1 rcrò in una discussione della questione giuridica, per la quale non ho nò preparazione né inclinazione: porrò, siccome uno degli clementi che influiscono sulla misura d'una ridir zione dogli armamenti c dato dalla possibilità di trovarsi di contro un numero maggiore o minore di avversari, della neutralità è necessario parlare. E ne parlerò considerando ne la dottrina e. la pratica probabile, per dedurne gli effetti — teorici gli uni, realizzabili gli altri — sul disarmo. I Sostenitori della lesi della soppressione della neutralità dicono che questa non è ammissibile per tutti gli Stati firmatari del Patto della S. d. N. Dice infatti l'art. 16: «Se un Membro della Società ricorre alla guerra, esso e ipso facto considerato come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti gli altri Membri ». K l'art. IT prescrive lo stesso tratta mento anche verso uno Stato non membro della Società e clic ricorra al la guerra. Nell'uno c nell'altro caso sono previste misure diplomatiche, commerciali, finanziarie e militari. Per conseguenza la neutralità non è ammessa. I patti posteriori (fìriandKellogg di non aggressione bilate rali o plurilaterali) nulla contengono di simile; ma, escludendo il ricorso alla guerra, presuppongono che contro un trasgressore prendano posizione gli altri contraenti. 11 patto di Locamo considera invece, nell'eventualità di un conflitto armato francogerjnanico, l'intervento armato immediato di due Potenze garanti Indipendentemente dall'azione della S. ti. N. a cui s'è accennato sopra. Dall'esclusione della neutralità derivano due principii importanti: l'obbligo ed il conforto della mutua assistenza; l'impossibilità del disarmo totale pei singoli Stati perchè, eseguendolo, si metterebbero nell'impossibilità di prestare l'assistenza armata. Aggiungono gli antineutralisti fi rincalzo degli argomenti fondamentali che, esercitando pressioni perchè uno o più Stati riducano i loro armamenti, si contrae con ciò l'obbligo morale dell'assistenza in caso d'aggressione e che perciò anche per questo verso la neutralità è condannata. Obbiettano i contraddittori la difliioltà di determinare l'aggressore, difficoltà su cui s'è tanto dissertato, ma che sembra ormai risolta, altneno empiricamente, dopo l'adozione dell'Atto generale dell'arbitrato obbligatorio: è considerato aggressore chi rifiuta d'adire all'arbitrato o di accettare la sentenza od ha ricorso ad atti d'ostilità. Obbiettano ancora, fondandosi sulla riluttanza di alcuni fra gli stessi membri della S. d. N. ad accettare l'obbligo dell'assistenza urinata all'aggredito, che possono verificarsi situazioni di conflitto, in cui molti Stati rifiutino l'assistenza e, di conseguenza, non rimanga loro che il passaggio dalla parte dell'aggressore o la dichiarazione, più probabile, della neutralità. A ciò rispondono gli antineutralisti che o si ha fede nei patti sottoscritti o non la si ha ed in questo secondo caso è inutile perder tempo a discutere ed a fabbricare patti. Sillogismo questo elio non manca certamente di forza, ina che è. praticamente infirmato dal moltiplicarsi . dei patti, quasi che uno — quello della S. d. N. o quello Briand-Keliogg, entrambi di carattere generale — non fosse sufficente. Nè il dire che la moltiplicazione dei patti rafforza l'organizzazione della pace distrugge l'angoscioso interrogativo sulla leale efficacia dei patti stessi. Ed è su quest'efficacia, sulla probabilità pratica dell'assistenza e della neutralità, che conviene ragionare. La politica è realtà e — mi perdonino i dotti l'eresia dottrinale — dalla mutevole realtà nasce la mutevole dottrina del diritto internazionale, quella stessa dottrina che faceva diro a, Federico li: Prendiamo la Slesia; troveranno poi i dottori le ragioni. Marciamo pure, e pieni di speranza e di fede, verso la creazione d'una umanità migliore, ma non dimentichiamo il terreno su cui poggiamo e tutte le insidie su di esso ancora disseminate. Prescindendo, adunque, dalle considerazioni dottrinali, la, neutralità in presenza di un conflitto di terzi può essere determinala o dalla mancanza d'interesse nel conflitto stesso o dalla speranza di ricavarne un utile maggiore che non partecipando al conflitto. A motivo della nota interdipendenza degli interessi mondiali e, più ancora, di quelli continentali, riesce difficile immaginare oggi un con'flitto, pel quale qualche Potenza non veda lesi o semplicemente minacciati '< proprii interessi; in una futura eventuale guerra gli stessi Slati, che nell'ultima guerra riuscirono a mantenersi neutrali, probabilmente non 10 potrebbero, ad accezione forse della Svizzera. Ciò che di questi giorni è accaduto nel campo finanziario, quando un serio pericolo per la moneta germanica ha avuto gravi ripercussioni in Inghilterra, in Ungheria, in Austria ed ha spinto Francia e Stati Uniti ad un energico intervento, è molto istruttivo anche nei riguardi d'una crisi politica. Dunque, , sotto l'aspetto della mancanza d'interesse la neutralità è assai scarsamente possibile. Quanto alla speranza di utili, è ila notare subito che la neutralità non può fornirne che di materiali ed immediati, sotto l'orma di forniture ai belligeranti, che utili a lontana scadenza non potranno venire ai neutri, i quali non parteciperanno alle trattative di pace. K quando si parla di utili materiali immediati, 11 pensiero va immediatamente al grande problema della libertà dei mari, in cui per le grandi Potenze oceaniche si concreta la questione della neutralità. Problema che Wil- 1 son inserì nei suoi li punti, ma che l'Inghilterra fece cancellare. Eppu* re bisognerà bene riparlarne un giorno in maniera più esauriente di ciò che non sia stato fatto alla Conferenza navale di Londra, quando si cercò di codificare ciò che non è codificabile senza alterare la funziono dello strumento, cioè l'impiego del sommergibile. K si vedrà allora che per il carattere totale assunto dalla guerra, quando tutto diventa strumenti.) bellico, quando non v'è Pm distinzione tra, belligeranti e non belligeranti, quando le risorse dell avversario diventano obbiettivi di primaria, importanza, i diritti dei neutri divengono un mito. Dove va allora fui ile materiale dei neutri? i\e si ricorre all'esempio dei due successivi atteggiamenti degli Stati Unili nell'ultima guerra. Da allora il concetto della guerra totalitaria si e grandemente sviluppato, come dimostrano gli apparecchi palesi ed occulti. Ma un:i decisione di così alla gravità, coma quella della partecipazione o meno alla guerra, non può e non dev'essere considerata alla meschina stregua del lucro materiale, che de! resto la reconte esperienza ha dimostrato effimero. Tuttavia, volendo considerare la questione anche sotto questo aspetto utilitario, si deve concludere che la neutralità ha poche probabilità di riuscire redditizia. Concludendo, la neutralità è negala in linea di difillo ed è, a mio modesto parere, poco probàbile in linea di fatto. D'i ciò deriva clic essa non ha influenza nella, determinazione degli armamenti da assonnarsi ai singoli Stati. E ciò costituisce un'apprezzabile semplificazione in un problema, per altri aspetti lauto complesso. GIOVANNI MASSETTI.

Persone citate: Briand, Giovanni Massetti

Luoghi citati: Austria, Francia, Inghilterra, Londra, Potenza, Slesia, Stati Uniti, Svizzera, Ungheria