Elogio del bluff

Elogio del bluff Elogio del bluff PARIGI, novembre. Che si possa discutere se sia bene male, ai fini supremi della cultura, ìtrodurre la passione e il pregiudizio azionali anche nelle cose dello spiito, nessuno vorrà dubitarne. Ma na simile discussione non può, orlai, ai tempi che corrono, rivestire e non un valore accademico. Il prolema mi sembra infatti pregiudicato, in modo, pel momento, irremissibi:, dalla pratica dilagante, che fa del azionalismo culturale una condizioe sine qua non dell'esistenza stessa i una cultura. La trahison des clercs una sentenza alla quale, si può forse ottoscrivere, ma a condizione che la i riconosca un reato cui non è più ;cito derogare. I Francesi, che furo 0 i primi, nel nostro quarto d'ora torico, a segnalare il male, per bocca li uno dei Toro più attenti osservaori, sono proprio, fra tutti i popoli olti, quello che si rivela più alieno lai proposito di cercarvi un rimedio, tfon accadrebbe a nessuno in Frania quel che può accadere ancora, per sempio, in Italia, e che è accaduto 1 me settimane or sono: di vedersi edarguire da un rappresentante auorevole della cultura nazionale per iver rivendicati i diritti di questa cui ura e di questa nazione sopra un irtista indebitamente passato a far >arte di una cultura e di una nazioìe straniere. I Francesi, per rammaico che possa provarne Julien Benla e con lui quanti ancora non si sono rassegnati ad abdicare al con:etto essenzialmente umanistico del'universalità del patrimonio intelletaiale, sanno ormai da un pezzo che lei nostri tempi di perpetuo guerreggiare anche la cultura è milizia, :on tutte le conseguenze che da tale qualità debbono logicamente discendere, vale a dire necessità dì un prò jelitismo che faccia capo a recluta inenti numerosi e di una giurisdizio ne che crei per lo meno fastidi ai lisertori ; e non si meravigliano quindi neppure delle esagerazioni e degenerazioni talvolta comiche cui questa nuova branca dell'imperialismo può condurre. Nuova, del resto, sino a un certo punto, giacché sono forse di ieri le contese fra le città greche intorno ai natali di Omero? Che la Francia debba a cotesta sua rapace ingordigia d'idee, di cervelli e di fame d'esser diventata un paese straordinariamente simpatico non sa rò sicuramente io a sostenerlo: ma qual'è oggi, vi domando, al mondo, il paese simpatico? Qual più qual meno, paesi e popoli vengono discoprendosi reciprocamente tutti antipatici; e dubito assai che noi Italiani, per e sempio, diventeremmo di punto in bianco i cucchi dell'universo se rinunziassimo oggi ad affermare l'italianità di Cristoforo Colombo e se, invece di dichiarare festa nazionale l'anniversario della scoperta dell'America e di imporre agli increduli la severa lezione -dei documenti colombiani pubblicati il 12 ottobre scorso per iniziativa del Podestà di Genova, offrissimo una medaglia d'oro a don Carlos Pereyra per rimeritarlo di avere consumata la vita nel ricercar prove dei natali spagnoli del Na^ vigatore. Al contrario, tanto è ormai il contagio bellicistico appigliatosi ai rapporti culturali, tanta è l'abitudine di vedere nel rispettivo patrimonio di ingegno una macchina di guerra, uno stendardo di combattimento, che a non sentire la gelosia dei propri grandi uomini e l'invidia di quelli altrui c'è da farsi prendere per imbelli e guardare con dispregio anziché con l'ammirazione dovuta a chi, nelle co se dello spirito, antepone l'interesse universale all'interesse particolare. I Francesi questo difetto eroico non l'hanno mai avuto, almeno che io mi sappia, e in ogni caso non l'hanno più Una delle loro forze, all'opposto, consiste proprio nella spacciatura e nella sicumera invidiabili con cui ti appiccicano la loro marca di fabbrica su qualunque prodotto convenga loro di annettersi per accrescere il lustro della ditta. Giorni or sono un sarto di Milano al quale reclamavo invano almeno dal 1928, un abito di stoffa nazionale, mi pose sott'occhi un campionario recentissimo che finalmente doveva farmi contento: stoffe uscite tutte da fabbriche ita liane e tali, la Dio mercè, per l'ottima qualità, l'elegante disegno e prezzo mite, da fornire ai più restii la prova di una vittoria industriale da esserne fieri e racconsolati. Orbene: debbo dirlo? Le diciture del campionario erano redatte in ingle se e le stoffe venivano presentate alla clientela come merce di Manchester! La Francia, per fortuna sua questo stadio lo ha superato, dato che lo abbia mai conosciuto. In Francia non soltanto la stoffa nazionale — che vale assai meno della nostra — è venduta come nazionale, ma spesso e volentieri si barat ta per propria anche la stoffa altrui. Non c'e occasione buona o cattiva di cui il Francese non approfitti per sta bilire un suo qualsiasi diritto di pre cedenza sulle idee, le invenzioni, le conquiste di cui lo straniero reclama la paternità. Chi non conosce la pretesa che la radiotelegrafia sia vanto di Branly e non di Marconi? Percorri l'intero regno dello scibile, e ti imbatterai ad ogni passo in pretese ana loghe, dall'ogiva alla vaporiera, dal cinematografo alla patata. I Paesi ordinari si accontentano di quelle quattro o cinque scoperte capitali che il mondo attribuisce loro e tollerano di buon animo che il merito delle altre possa trovarsi equamente ripartito fra gli altri popoli: i Francesi non ammettono che nel mondo nascano cose alla cui nascita la Francia sia estranea. Una letteratura enorme non ha altro scopo se non di provare che il gotico e il romanticismo sono fatti di origine francese, che la civiltà ro • mana non fece presa sulla civiltà delle Gallie, che Virgilio è un celta e non un latino, che l'America fu scoperta dai navigatori di Dieppe, che il minnesang è ricalcato sulla poesia ripocoqupoSchtotopomdepr18Psodnmbrimdnmdqrcmnnspqcppdmpvb1ppoMfcdltnrNqnmtrucihebqssmudsnsvglggp e a o , n ^ i e i o a i e n e n i , e i a l n o i i : i e l o a . i e e a o al il di e o n o a n e ti o • le oe a dei trovatori, che la musica strumentale tedesca è figlia del « francese » Lulli, che Goethe è un allievo di Ratine, che Manzoni è una creatura spirituale dei giansenisti. L'altro giorno è spirato Edison: potevano i Francesi trascurare una così bella occasione per rivendicare qualcuna delle invenzioni che resero popolare lo scienziato americano? Sappiamo dunque, dai loro giornali, che il fonografo non è stato inventato, come a torto si crede, dal così detto Mago di Menlo Park bensì da un poeta francese, e nemmeno dei primi : Carlo Cros, autore del Coffret de santal e buon orientalista, il quale presentò, a tempo perso, il 30 agosto 1877 all'Accademia delle Scienze di Parigi una memoria su di un processo di registrazione e di riproduzione dei suoni da lui denominato paleofono, che un collaboratore della Semaine du emerge descrisse il 10 ottobre successivo ai lettori di questa rivista ribattezzandolo fonografo, mentre il brevetto dell'apparecchio di Edison data soltanto dal 15 gennajo 1878, ossia è posteriore di due mesi. Lungi da me il reo proposito di mettere in dubbio l'esattezza di questi dati: è sempre possibile, del resto, cercando bene, trovare quello che fa comodo. L'interessante, per me, non sta tanto nella legittimità o nella illegittimità delle rivendicazioni del genere, quanto nella cura presa di affermare ad ogni proposito la preminenza dell'ingegno nazionale, quanto nella pregiudiziale sistematica che i Francesi debbano sempre saperla più lunga degli altri, arrivare prima degli altri, capire più presto degli altri. Anche noi Italiani avremmo, e come !, il diritto di rivendicare per noi l'invenzione del telefono, invenzione doppiamente nostra, perchè brevettata da Antonio Meucci nel 1871 in America e perchè resa di pubblica ragione in Italia dalla stampa sin dal 1866 in base ai risultati ottenuti _ dal valdostano Innocenzo Manzetti. Ma prima che la Mostra fiorentina di Storia delle Scienze evocasse i titoli inoppugnabili di questi due connazionali, chi s'era mai presa la briga, in Italia, di fare ufficialmen te del telefono una invenzione italiana.chi si era mai curato di impugnare i diritti apocrifi del Graham Bell ? Nessuno aveva fiatato : e se apri una qualunque enciclopedia straniera, in nessuna di esse troverai l'Italia nominata a proposito del telefono, mentre se apri quelle francesi vi troverai citato, a fianco del Graham Bell, un d'Arsonval, che non sai con precisione quale perfezionamento abbia introdotto nell'apparecchio, ma che ha il merito di permettere alla Fran eia di piantare almeno un pezzetto di bandiera anche lì. Noi siamo ancora, insomma, a quello stadio della cultura in cui le soddisfazioni personali sembrano sufficienti a tener luogo del riconoscimento pubblico e in cui la lode che uno sente di meritare gli è più cara della lode che gli decernono gli altri : stadio angelico e idillico se mai ve ne furono, stadio che trova la sua spiegazione storica nella modestia invincibile inculcataci da secoli di soggezione politica e di sfiducia nei destini nazionali, stadio che è forse, fra parentesi, più scientifico di qualunque altro, ma stadio il cui prolungarsi non potrebbe se non danneggiarci, in un'epoca in cui la prosopopea, la vanagloria, il ciarlatanesimo e la prepotenza sollevano tanta polvere sulle strade del mondo da rendere l'umile violetta assolutamente invisibile e trascurabile. Su questo capitolo a dmezannla Gticasistdirlgi cesnatpopstrimagRque.2ofenci squestrore :z'oancprola tagstragiadomudi vinnela- pieglipiunonadigOpbitri,motrel'edetaarbrlacedisenafiuriodidalaebisclànasiaprbaditeratrbipainlatocoWfli Francesi possono darci lezione. 11 jìl^famoso rayonnement spirituale del loro Paese attraverso il mondo è il frutto ammirevole di un pajo di secoli almeno di pubblicità superiormente fatta intorno ai propri scrittori, ai propri politici, alle proprie rivoluzioni, ai propri istituti, alla propria cucina, ai propri amori, ai propri vizi e sinanco alle proprie virtù, che sono l'articolo più difficile da accreditare fuori di casa. La fortuna dei popoli obbedisce assai più che non si creda alle leggi che governano la fortuna degli individui. Come si danno individui pieni di qualità e di meriti dei quali nessuno si accorge, ed altri viceversa che a parità di titoli fanno continuamente parlare di sè, così esistono popoli che non tirano a più di mille esemplari e popoli che superano le centomila copie. I Francesi hanno il segreto delle tirature colossali. Io mi domando con emozione che cosa sarebbero oggi nel mondo Manzoni, Leopardi, Foscolo e qualche altro Italiano della medesima caratura, se fossero toccati in sorte alla Francia anziché all'Italia. Io mi domando quale sarebbe la popolarità universale della vilipesa pasta asciutta, se invece di vedere la luce a Napoli o nella Magna Grecia, questo pittoresco commestibile fosse uscito dalla illustre fantasia dì Vatel. Io mi domando quale posto terrebbe fra le Accademie moderne Piedigrotta, se invece di specchiarsi nelle acque partenopee brillasse sui torbidi flutti della Senna. La chiave del successo francese nel corso degli ultimi secoli va cercata, più che in una radicale, irrimediabile superiorità di mezzi, nella attitudine a farli apparir superiori, ad assicurar loro una risonanza esterna irresistibile, a bourrer le cràne del prossimo. Ci sarebbe uno studio interessante da fare sulla parte che questo gigantesco sforzo pubblicitario ha avuto nelle vicende europee, da Luigi XIV che sbalordisce il mondo col bluff del Re Sole e le lumiere di Versaglia alla Rivoluzione francese che dà il continente in mano a Napoleo.ne col bluff della Libertà, dell'Eguajglianza e della Fraternità, giù giù fino al 1914 che spinge il mondo intero a fianco della Francia col bluff della « Guerre du Droit», e al 1926 che capovolge in un mese dal nero al bianco, dal fallimento alla prosperità, la situazione finanziaria della Repubblica col bluff della fiducia condotto napoleonicamente da Poincaré, riuscendo a far rientrare in cassa l'oro, a forza di stampare biglietti, vaie leneuncotePbiseTlammprzaEsebmsuinrepseleangrorizfaqdpsdcdcBLv?.uddpdzlamezgfpmrnl'tcsLleemc a dire servendosi esattamente di un mezzo analogo a quello che quattro anni prima aveva condotto al disastro la Germania. La didascalia, la didattica, l'arte di persuadere, l'arte di insistere, l'arte di fare l'articolo, per dirla in gergo commerciale : ecco oggi la vera superiorità dei Francesi. In un'epoca di pubblicità sfrenata, guai ai popoli pudichi, guai ai popoli agnostici ! La morale dei nostri giorni suona : Amica vcritas, sed magis amicus Plato. Rassegniamoci, una buona volta, a questo inevitabile tradimento della .2oria in omaggio alla pratica, e difendiamo ostinati non solo le cose che ci sembrano importanti, ma anche quelle su cui l'innata liberalità del nostro genio ci porterebbe a transigere : anche i titoli di secondo e di terz'ordine, anche le piccole precedenze, anche l'italianità di Camera, anche la pronunzia italiana del latino, anche la pasta asciutta. Per salire le mon tagne bisogna i cominciare dall'adde strare i garretti alle piccole passeggiate. CONCETTO PETTINATO.