Contadini

Contadini VIAGGIO IN EGITTO Contadini (Dal rostro inviato) Villaggio sul Nilo, ottobre. Come grosso serpente dalla gran testa " so, riarsa del doto. Questa breve formola dello storico antico riassume compiuta-mente la geologia, la geografia.l'idrografia di questo paese? e Ta suastoria e la sua economia. Filo d'erbanon segnava la monotona lueubre di-stesa della fulva sabbia prima delmiracolo dell'acqua; sotto' il ciclosenz'ombra di nuvole, senza fiammeHi lamni omira tniwiijn f~tódSSS* iU°nl' ??10coff i£pr*innKnLle *me, spetta- »oi la'terra P01 1 ac(|Ua; f!c°.ndat,a: ecco- ora- 11 verde grasso e rigoglioso. Come il Nilo s' abbia aperto sua strada, lo raccontano i geologi. Scavo nell'arido suolo, avanzo lentamente; invano le rocce delle cateratte tentarono la difesa estrema, il baluardo insuperabile; invano la sabbia succhiò la linfa; la gran sete finalmente si spense. Allora, comparvero gli uomini. Non abitavano, pero, nella valle, poiché il fiume ogni anno, per l'impeto delle acque, straripava, minaccioso. Assai poco esperti erano quegli uomini ih opere di difesa per costringere il fiume nel suo limite, ma assai provvida fu queir inesperienza, poiché l'acqua fecondò nuova terra. Nuovi campi erano offerti alla fatica umana. Quegli uomini sono, sì, i padri di questi umili agricoltori : sono, padri e figli, assai simiglianti, come si vede tuttora dalle figure disegnate nei secoli sulle mura dei templi e degli ipogei di Tebe e di Mcnfi. Slanciati, spalle larghe, braccia nervose, mani scarne, gambe magre, visi ovali, vividi occhi. Eccoli, sono i contadini, gli agricoltori, i fellah cioè, creatori, insieme al Nilo, della fortuna del1 Egitto. Hanno la passione, la febbre della terra, divorr.nte, esclusiva, come una specie d'avarizia distesa al sole, che spesso conduce alia miseria nera per difetto d'equilibrio fra il prodotto della terra amata e gli enormi pesi che sopra le gravano. Eccoli, questi innamorati della terra, questi amanti meravigliosi. I loro volti esprimono imbarazzo, la paura si legge nel loro sguardo (come andrà quest'anno? i prezzi saranno buoni? e il raccolto?), camminano con una specie d'ansietà ineffabile, con le mani protese quasi per implorare aiuto. Sono storditi dal grande amore, geiosi della terra come della donna, se non più. Chi mai, uomo politico o agitatore di folle, può contare su di essi per una impresa che debba svolgersi*e compiersi fuori dei loro campi? Sono poeti, questi uomini, i poeti miserabili della terra. Inerti, poco socievoli, sembra non intendano altra voce se non quella del loro cuore e del loro cervello. La sera, quando la luna occhieggia dietro le ruote immote delle palme, nel villaggio sordido e maleolente fiorisce la poesia. L'aedo canta; e il canto fa più mite la stanchezza degli uomini. Sui volto eguale, triste, del cantore, nessun segno di vita; ma il suo sguardo supera il confine del villaggio, s'affonda nell'oscurità. Tutta la sua anima è negli occhi; e il canto s'alza, limpido e solenne, nel cielo. a ,Ma sono tutti poeti ; e tutte le manifestazioni della loro vita riassumono nei lenti ritmi d'un lungo canto. Ogni movimento d'insieme nei lavori che richiedano sforzo comune, è segnato dal ritmo del canto; il dolore e la gioia, l'amore e l'odio, sgorgano dal chiuso dell'anima nel ritmo del canto. Musica e poesia senza leggi di metrica: unica leggo quella del cuore, che dà la cadenza e la misura. Richiami disperati, inni d'amore, arabeschi misteriosi dell'anima sono questi canti. E la musica è nel cuore di tutti, prima del le parole. Cantano sempre, quandodella terra, nel liuto c nella gioia. Sempre. Ogni villaggio ha lo suecanzoni c il suo poeta, il suo cantore dirò, ufficiale. La civiltà del caffè concerto è ben lontana. Non sentirai mai quaggiù le note di Lisetta va alla moda o dell'ultima canzone parigina, nemmeno fra vent'anni. Dio la natura la donna, perfetti, immutabili, sono gli elementi della poesia di questi contadini. Le melagrano del frutteto sono ancora lverdi ma lo tuo, Nafissa, sono fiammeggianti. Nafissa, l'amata, ò stanca d'amore, O io ti prego, mio Dio, d'averne pietà. E poi : 6e tu incontrassi la mia amante, lsalutala e trattienila per un lembo del suo [velo nero dille che riforni da me. Ma se rifiuta il tuo invito, ebbene, il Signore le perdoniMa nessuna f raduzione può render mai la dolcezza, la musica di questi canti. Poeti, innamorati di Dio della terra della donna. Quest'amore che vince l'ineluttabile miseria, è tutta la loro forza, alrimenti non potrebbero vivere. Dodici o quattordici ore sul campo, la breve notte nel tugurio triste, tra la folla famelica dei figli. Domani, lo gioia.stesso. E tutti eguali sono, nel voi to e nello spirito. So in Alessandria o jal Cairo o altrove, nelle città, vedi |uomini di tutti i colori, negri, con tutte le sfumature del bronzo, europei, con tutte le sfumature del bianco, qua, in questa grassa cam T>agna, gli stessi volti, lo stesso co- ere, eguali tanto da dare la tristezza ! pacata dello cose eguali. Lavorano,] questi contadini, nella maggior par-I te a giornata: gli altri a ingaggio fisso o a compartecipazione. Ma quasi eguali sono le '..indizioni per gli uni o por gli altri. I salari dei primi, particolarmente numerosi nell'Alto Egitto non 'luncrano le due piastiie mono (jj rtue Con c mezzo al giorno ire italiane al cambio d'oggi ant sogni compost,- Wttò 7c*tZ*<Mn\«Ì<Zr^V™Ì^. ciata di fave un W-T'o di Palletta ii mai'l un iWzod' emina di "ucche- ro e pura acqua cìel Nilo ecco il mi- rimentri E cosi net* tutto l'anno per tutti gli anni'. E son capaci di cavarci fuori da questi salari .>ei risparmi a febbre della terra' li prende ^d eccoli piccoli proprietari o affittua- ' mkS.V dcbi,i- Forse la 'oro prima conditone era assai migliore. hmnV? rK1}11 ,a compartecipazione S°nt,-,r,,t,t0 al rlllint0 o al sesto dei "«flotti <M suolo. Tutto questo rapP'cf'e"ta in denaro non più di duecento ire por anno. La parto dei proemiti loro spettanti viene pagata, tranne il cotone, in natura. Ma del cienaro che dovrebbero ricavare dalla vendita del cotone non ricevono q^, ^.Padrone per somme eguali a su -cnon a moltfanni di salano. Quei -a in?ag?io fisso sono in condiaip ?1 ,)oco migliori, poiché ricevono ir J,0faz,on^ a nie^ del prezzo corrente 0 due fR?dsn dl terreno. Co C0Sl P^.™^* OT1.^0' frontatimi che hanno lavorato tutto anno, si trovano, alla fine, debitori orietari e hanno quindi minori occa- ^oni di indebitarsi col padrone. Ma il sogno di tutti ò quello di diventar Proprietari di due o tre palmi di ter- ra. Lavorano tutta la vita per que- sto scopo, muoiono spesso senza esserci arrivati, pieni di debiti. I figli raccolgono questa triste eredità. E cosi i figli dei figli. La proprietà fondiaria privata in Egitto è d'origine assai recente. Fino'a poco tempo fa, il paese era considerato come proprietà particolare del Sovrano: ora il diritto di proprie- jtà è riconosciuto e si contano oltre! due milioni di proprietàri. Se si tien conto del tatto che la particolare fertilità della terra permette di ricavare due o tre raccolti all'anno, si vedrà quanto importante sia, agli effetti dell'economia privata e general?,, la proprietà terriera. Ma il fellah proprietario di mezzo ettaro di terra è ricco? No, affatto. Si fa presto a. inventariare gli averi d'un picco!:» proprietario egiziano o d'un af¬ no. e come (ale si coltiva. L'agricoltura richiede solamente molto lavoro per via dell'irrigazione, del mantenimento dei crinali, della coltura e della raccolta del coione. Il contadino egiziano non risparmia la sua fatica e provvede da nolo, senza strumenti meccanici, a tutto il lavoro. Ma malgrado i progressi considerevoli e rapidi dell'economia agraria, il fellah, conta sempre fra i contadini più poveri del mondo. Due pesi gli gravano addosso: l'imposta fondiaria, la quale assorbe il terzo del raccolto netto della terra, e il prezzo di locazione, altissimo. Che se poi il fellah ò proprietario, il secondo peso è costituito da quello non meno grave desìi interessi e dall'ammortizzamento del debito ipotecario ch'egli ha contratto ner pagare una parte del prezzo al momento dell'acquisto del piccolo nino, poiché crrli, per il suo grande amoro alla terra, compra general¬ mente senza averci il denaro, confidando nel buon prezzo del raccolto e nella forza delle sue braccia. In queste condizioni, in quésta economia, dunque, il contadino egiziano trascina miseramente la sua vita. I villaggi si compongono di miserabili case di fango o di mattoni, le une sulle altro, senza finestre. L'aria e la luce vi penetrano attraverso le sconnessile del soffitto. Tutta la famiglia vive in un solo ambiente, in mezzo al bestiame. Parassiti di tutte le specie e di tutte le fogge sono i compagni inseparabili del contadino per tutta la sua esistenza. Uomini donne bambini si trascinano nella polvere, seminudi; nel campo, sotto il sole spaccapietre, si coprono la testa gli uni con una calotta di feltro o con un piccolo berretto, le altre con un vaio nero che avvolgono sulla fronte con gesto abitudinario, meccanico. La morte li miete, inesorabile, tante sono le malattie, compagne di tanta miseria e di tanta sporcizia. Ma per due uomini morti, eccone Quattro che vengono a rimpiazzarli.' Fecondità della ;erra, fecondità degii uomini. Miserabili, malati, ma poeti anche quando la fame batte alle fradice porte degli umili tuguri. Amano Dio, a terra, la donna, la famiglia. Poeti, gli ultimi del mondo. ALFIO RUSSO. gdsS

Persone citate: Nafissa

Luoghi citati: Alessandria, Alto Egitto, Cairo, Egitto