I Gabalies e la dittatura

I Gabalies e la dittatura SPAGNA I Gabalies e la dittatura MADRID, ottobre. h'halì. dell'Hotel Palare, verso le tre del pomeriggio, conosce gii onori della solennità ufficiale, l/Hólcl Palacfì a Madrid, è una delle tre grandi fucine della politica repubblicana — le altre due sono le Cortes e l'Ateneo — ed ò altresì il convegno preferito dei banche! ti e dei festeggiamenti con i quali si celebra un trionfo elettorale o si dà il via :.i programma d'un nuovo partito. Ver- ! so le tre. quel vasto hall frigido come il salone d'un transatlàntico e illuminato da gialli riflessi d'aranciata, è allo zéniih dell'animazione: deputati e finanzieri vi concedono udienze, degustando caffè e liquori: i1 camerieri vanno e vengono zelanti, visibilmente eccitati dati'importanza dei loro illustri clienti. In quella dorata luce di pagoda, i lottatori del Parlamento sembrano riposarsi in una cornice di tradizionale ospitalità spagnuola, fra le nervose Commissioni della mattina e i clamori immancabili de! lardo pomeriggio allo Cortes. Come nei salone d'una contessa balzacchiana, vi troverete finanzieri ansiosi di conquistare il regime, ex-ministri ed ex-deputati decaduti che dalle loro poltrone spiano la stella della nuova fortuna, generali che si strirfgor.o alle falde dei potenti rappresentanti del popolo, donne altezzose e rapaci avvezze agli omaggi ufficiali. Vi potete incontrare Don Angelo Ossorio y Galiardo, faccia vermiglia di tacchino, il quale rappresenta nella Camera l'ordine degli avvocati e la censura vigilante sulle illegalità governative, intento a confabulare con qualche illustre del vecchio regime: vi troverete — chissà — Don Melquiades Alvarez, il dìù trascinante oratore politico della Spagna, intento a distillare qualche concetto di quel partito « riformista » che adunava, anni or sono, l'elite intellettuale ed oggi non è che mesta mina; vi troverete — chissà — il Conte di Romanones, zorjpo e contraffatto, che propaga qualche sibillina ironia, fra gli adepti del nuovo regime. In un'altra quinta del salone, don Emiliano Iglesias, uno dei più abili e scaltri navigatori radicali fra agenti elettorali e finanzieri sta raccontando qualche episodio della sua lotta con 1.2acià, o predica, inesauribile, la necessità d'un Governo Lerroux: mentre all'angolo opposto oualche bollente parlamentare catalano affila il feiTo freddo d'un'interpellanza da lanciare sulla faccia di Maura. Se siete proprio fortunati, scorgerete Don Ramon del Valle Jnclàn, il grande poeta galiziano, trascinare la sua lussureggiante barba profetica ed il suo moncherino morto, più in là potrete vedere il Comandante Franco che si trascina penosamente sulle gruccie, a braccetto di don Rodrigo Soriano, vecchio battagliatore alla Cavallotti, afono e spossato, che con ogni sua interruzione suscita una tempesta; oppure vi apparirà qualche professore correligionario del Ministro della Guerra, Azanà, sempre scortato da un intero Senato accademico. Tutti sembrano affratellati in quella cordialità spagnuola che ha così larghe braccia. Eppure... Eppure, no. In quest'affabile ed espansiva società d'amici si aggiralo i gabaliés, i zannuti cinghiali parlamentari. Sempre la Spagna ha avuto i suoi gabaliés. Sempre o quanto meno negli ultimi cento anni, da quando le piazze hanno tumultuato e gli uomini brandito armi per la difesa della democrazia o per la Monarchia assoluta, il liberalismo all'inglese ha fatto fallimento. Cento e più anni fa, i liberali correligionari di Riego si chiamavano gli esaltati. Oggi i repubblicani esaltati si chiamano i gabaliés, cioè, in gergo parlamentare, gli urlatori, i faziosi, i terroristi, i seminatori di scandali. Nella Camera spagnuola, di questi zannuti, ce n'è sparsi per tutte le file della Sinistra, concentrandosi però in quel gruppo radico-socialista che ha accaparrato, per sè — sotto la guida di Marcellino Domingo, l'incompetente maestro che regge la Pubblica Istruzione — il monopolio delle sonorità demagogiche e delle sensazioni catastrofiche. Un radioamatore che trasmettesse i clamori di questo gruppo darebbe l'impressione ironica della tempesta. I radico-socialisti si sono messi in testa di formare la guardia sacra della Rivoluzione, di rinnovare i fasti della Convenzione, di giacobineggiare con i tamburi degli arresti e col processo delle responsabilità, necessario, a loro parere, a imprimere il crollo alla vecchia Spagna. La Dittatura spagnuola non andò esente da errori. Pure, nonostante gli errori, i Governi presieduti da De Rivera non furono improvvidi nè crudeli. Il generale ebbe un volto corrucciato di coreggitore paterno : la sua eloquenza, abbondante ed effusiva, esprimeva l'ingenuo stupore, talora, di non essere sorretto nè compreso. Sugli avversari non gravò mai ferreo rigore rivoluzionario: li ingrandì con l'esilio o li molestò con il sistema delle multe. Verso i partiti non si comportò come se volesse cancellarli e svellerli dalla vita spagnuola, e manifestando dolorosa meraviglia che tanta ostinata pervicacia rompesse la bella concordia in Dio, nel Re c nella Patria da lui vagheggiata. C'era un afflato sincero in quel suo desiderio di risanare la Spagna dai molti mali che l'affliggevano, di ricondurre ordine e giustizia. Trattò col ferro e col fuoco gli agitati anarchici e i pistoleros di Bai'cellona e chiuse gli uffici della Confederazione Nazionale dei Lavoratori (Sindacalisti anarchici), ma in compenso le organizzazioni dell'U.G.T. (Unione Generale dei Lavoratori) socialiste furono rispettate e impinguate mentre l'attuale Ministro del Lavoro (socialista) Largo Caballero e Fabra-Ribas venivano nominati Consiglieri di Stato e inviati a Ginevra quali delegati governativi al Bureau International dn Travati. Fu inflessibile con i catalani separatisti; ma quale uomo di Stato serio potrebbe incoraggiare le follìe separatiste del signor Macia? La guerra del Marocco, contro la quale s'erano infranti i Ministeri liberali, finì con la pacificazione del Riff e la sottomissione di Abd-el-Krim. Durante la gestione di De Rivera, fu chiamato ai Lavori Pubblici il Conte di Guadai horce il quale tracciò ed eseguì un vasto piano di opere pubbliche, migliorò sUade. elettrifico ferrovie' creo le Confederazioni idrografiche, curo la ripopolazionc forestale. Nel complesso, la Dittatura non fu epoca di bieca reazione sociale, nè si diresse contro le classi diseredate. Ha pure il suo peso il fatto che essa peri, non sotto la collera proletaria ma per i complotti dei militari e dei repubblicani borghesi. Il gioco dei gabaliés è fin troppo scoperto. Essi non costituiscono senza premeditazione l'urlo alla discussione, nè abbeverano il Paese di rancori senza miraggi a lunga scadenza. La Camera spagnuola, che in certi momenti pende incantata sotto la parola immaginosi? e ben modulata di José Ortega y ff?r»?t, o sol to l'eloquio concettoso di Fernando de los Rio"?, essi vogliono trasformarla in un comizio: c la trasformozione non è senza malizia. Lo scopo reale che es3i si prefiggono non è quello di esigere !c responsabilità, uniche il processo delle responsabilità terminerà in una comrnedia parlamentare o in una crudele mistificazione: il processo, per avere una sua logica, dovrebbe estendersi all'opera storica di tutti i Governi succedutisi dalla restaurazione di Sagnuto in poi (1875), di cui la Dittatura forzò eù esasperò ì metodi. Non si tratta di trascinare alla sbarra, e di deportare alle Canarie o condannare ai lavori forzatqualche dozzina di generali ed exministri, ma bensì di spargere una larga seminagione di odi, di consegnare la Repubblica al Comitato giacobino e alla setta. Si tratta di distruggere o deprecare quella dccc.n eia nacional o liberale, convivenza di t:utt'i partili, che imponga il risnetto dalla vita pubblica de! nemico, senza opprimerlo, nè discuterglinè sofisticargli i suoi diritti di spagnuolo, e il frate sopporti l'ateo e l'ateo e il frate e il militare il civile e il civile e il militare » che bellamente invocava, alla vigilia del 14 aprile, il filosofo Ortega. Si trattadi rovesciar!."» o di farla abortirequella acconcia. Purtrormo, i gabaliés agiscono in conformità ad un'oscura lègge storica. Nessun Paese, è forsequanto la Spagna, incapace di vero liberalismo. Quando, ne! 1820, i iiberali imposero la Costituzione dCadice attraverso il pronuveiaminto di Rafael de Riego. si comportarono in maniera da rovesciare sulla Soagna l'invasione di centomila francesi e da ricondurre Ferdinando VII a Madrid al grido di « Viva le catene ». LORENZO (ÌIUSSO.