Il discorso del Duce ai Direttorî Federali

Il discorso del Duce ai Direttorî Federali A Napoli l'Italia rivive l'eroica passione della vigilia Il discorso del Duce ai Direttorî Federali «Il mondo intiero ha dimostrato nella nostra valuta la più grande fiducia, perchè sa che la lira è S'esponente di un popolo laborioso e di un Governo forte» «L'Italia fascista ha tali forze da poter resistere, anche se la crisi dovesse continuare» -- «Il popolo italiano è veramente degno dell'appellativo di grande popolo» »^fcv 1 1 1 e•£mJL **D^. f \sLa prima giornata del Duce a Napoli ha avuto la sua manifestazione più saliente nel Gran Rapporto tenuto nella storica Sala Maddalonì; oggi Benito Mussolini, in piazza Plebiscito, stringerà più forti i legami col suo popolo napoletano che le ama e adora e che già fin da ieri, nel suo slancio impaziente, lo ha circondato in una atmosfera di entusiasmo senza limiti. Napoli meritava questo onore, questo privilegio; per troppi decenni staccata, quasi ignorata spesso, dal corpo vivo della Nazione, fu riportata dal Fascismo a quel ptawo e a quella funzione storica che le spettava di diritto; essa diede il segnale della Marcia su Roma nella vigilia ansiosa dell'ottobre 1922 ; nove anni dopo non solo sì commemora tale avvenimento ma, come è nello stile e nelle tradizioni del Fascismo, se ne trae motivo per tracciare nuove direttive, per indicare nuove mète. Siamo alla soglia dell'anno decimo; tra un anno, compiendosi una fase perfetta nel tempo della nostra Rivoluzione, potremo valutare i risultati dell'opera immensa con serenità e fierezza; nell'anno che comincia occorrerà raddoppiare gli sforzi singoli e collettivi come avviene nei lavori dei cantieri o dei campi quando un piano dell'edificio o un ciclo stagionale sta per finire. Ebbene è 'da Napoli che parte la parola incitatrice per rinserrare le file, per perfezionare un'opera che ha condotto una Nazione ricca di energie ma priva di comando intelligente e volitivo al posto che le compete tra le grandi Potenze mondiali. Il discorso pronunciato ieri dal Duce al Gran Rapporto ci appare forse troppo brevemente riassunto per la bramosìa, mai appagata con cui noi amiamo seguire il processo espressivo dei suoi concetti e dei suoi pensieri geniali in frasi vigirosamente plastiche e sintetiche; ma lo spirito, ma la sostanza sono tuttavia rivelate appieno nei rapidi scorci. Sullo sfondo è una crisi mondiale in cui il substrato economico ha dei riflessi politici e dei bagliori sociali; è innegabile che il Fascismo, come concezione di governo, ne esce rafforzato contro le critiche che gli erano state mosse; quando in Germania il parlamentarismo non è più che una vuota formula glurida e costituzionale di fronte a un cancellierato dittatoriale; quando nell'Inghilterra^ culla del sistema rappresentativo dei partiti, tutti i vecchi schemi sono sconvolti, logorati e superati dalla impetuosa corrente di una realtà che non più si adagia lungo gli argini del passato, la Rivoluzione fascista appare veramente antesignana di tempi nuovi, di nuove forze storiche, di nuove necessità, di nuovi principii s metodi per l'Europa e per il mondo. Le ripercussioni economiche della arisi, e non poteva essere diversamente, hanno varcato anche i confini della nostra penisola: me se resistiamo, se la nostra lira ha offerto una prova mirabile di solidità nel momento in cui la sterlina ha perduto il | 20 per cento rispetto all'oro, il me-1 rito risale alla politica finanziaria del Fascismo che, valorizzando le virtù di produzione c di risparmio del popolo italiano, ha prescelto le vie sane, se pur ardue, delle restrizioni e dei sacrifici indispensabili. Immaginiamo un istante che sotto la pressione di particolari circostanze e di particolari interessi, talvolta chiusi nei loro egoismi, il Governo fascista avesse ceduto alla tentazione di accettare i prestili il cui miraggio venne fatto balenare con insistenza; il momentaneo illusorio sollievo sarebbe stato oggi amaramente scontato sia sul terreno economico, sia su quello politico, come sta oggi avvenendo alla Germania e all'Inghilterra per non parlare di altri Stati minori. Ma limitare la crisi a questi elementi di resistenza non sarebbe, sufficiente per caratterizzare un regime rivoluzionario; il Fascismo intuisce e comprende che assistiamo a un'evoluzione profonda se non a un crollo completo di tutto un sistema li economico; i fattori sociali vi inter feriscono con una complessità che lascia turbati quanti avevano educato le loro menti secondo preconcetti immutabili; occorre gradualmente preparare gli organi che garantiscano la successione; ecco la necessità ■inderogabile dello Stato corporativo che deve svilupparsi sempre più nell'interesse solidale degli individui e dello Stato. In questa visione totalitaria pur nella sua attualità palpitante, in questo programma ad ampio respiro, come si inquadra l'azione del Partito che fu e sarà la spina dorsale del Regime? Apertosi alle schiere giovanili che appena alcuni giorni or sono diedero uno spettacolo indimenticabile dì disciplina e di entusiasmo, liberatosi, per quanto è umanamente possibile, dalle inevitàbili scorie, il Partito deve rinsaldare innanzi tutto la sua coesione interna. E' questa la premessa per intensificare l'attività che dal Partito deve irradiarsi nel corpo della Nazione. Il Duce ha trovato un'espressione felicissima per definire tale funzione del Partito: scendere fino ai capillari della Nazione ascoltando con pazienza e operando con giustizia. Sono parole che non possono non avere un'eco profonda nel cuore n nell'animo del popolo italiano, di cui il Duce ha tessuto il più alto elogio. Tutti sanno che Benito Mussolini non ha avuto mai timore di dire le più crude verità anche contro corrente, che mai egli si è piegato all'adulazione demagogica; ma oggi a Na¬ poli, parlando noti dinnanzi alle masse di gregari e lavoratori, bensì dinnanzi ad alcune centinaia di dirigenti del Fascismo al centro e nelle Provincie, la sua voce si è commossa soffermandosi sulle virtù di disciplina e di sacrificio di tutto un popolo. In nove anni di governo egli ha avuto la prova più sicura che principalmente le categorie più umili e silenziose mai hanno disperato; e oggi [che le difficoltà sono andate inaìsprendosi hanno fiducia nel Capo, \sentono che la sua mano è ferma e \che bisogna stringersi, raccogliersi \più fortemente sotto la sua guida \perchc il certo avvenire della Nazione italiana non venga ne compromesso ne ritardato. Così il Duce adempie la missione di immedesimare Fascismo e popolo rendendo sempre più concreto e manifesto quello che sempre furono la Rivoluzione e il Regime, espressioni dirette delle più schiette energie del popolo italiano. Da questa comunione nasce la fede più inconcussa per l'anno che sta per iniziarsi, anche se esso debba riservarci giorni durissi- ma; le parole pronunciate alla Sreta |Maddalonì sono un viatico per la Na-izione e lo hanno consacrato la me-!moria di due grandi Morti fascisti clic mai dimenticheremo: Michele| Bianchi, mente politica, animato da una mistica rivoluzionaria, e quell'Aurelio Padovani tanto amato dalle folle meridionali, apostolo dell'azione. Telegrammi di adesione Roma, 24 notte. Al Segretario del Partito, S. E. Giuriati, sono pervenuti i seguenti telegrammi : « Ner ringraziare V. E. per gentile, gradito invito, la prego di voler scusare mia assenza Napoli domani, dovendo recarmi Genova per Importante urgente lavoro che interessa Ministero comunicazioni. Saluti fascisti. - Guglielmo Marconi ». « Il vecchio vice-Segretario del Partito vu0le cssere considerato presente naila sala Maddalonì con la fede e lo sPìrito del 1922 a ripetere con te il giuramento di allora. Abbraccioti. - ba stianini ». « Domani nella sala di Palazzo Maddalonì anche Michele Bianchi sarà pre- sente con lo spirito placato dalla con quistata vittoria fascista. Il fratello di sangue e di fede vi prega, Eccellenza, di offrire al Duce la sua commozione e il suo orgoglio per il ricordo rievocatore. Ossequi. - Gustavo bianchi ».