Prova generale del piano napoleonico

Prova generale del piano napoleonico Storia e leggenda agli albori di un'epopea Prova generale del piano napoleonico a a e a n a; i i e ù i , o , a e . ù n - Albenga 23 . Sono le due dopo mezzanotte e piove a dirotto. Su tutta la riviera si è scatenato un furioso temporale. Le onde del mare schioccano e rombano frangendosi rabbiosamente sulla spiaggia. Il gran rapporto è finito e lo Scherer congeda 1 suoi divisionari. — Questa notte non si dorme — dice ,,, iallegramente Augerau salutando i col-1leghi sulla soglia della porta del palazzo. — Arrivederci a Ceva... Massena senza neppure rispondere al saluto, si avvolge nel mantello e corre agli accantonamenti. Il piccolo generale ordina ad uno dei soldati di guardia di accendere le lanterne ad olio appese sotto al porticati del cortile, e fa suonare l'allarme. Il rullo del tamburo rompe il sonno delle truppe che balzano dalle brande, si vestono fretttolosamente, corrono alle rastrelliere, prendono i fucili e, allacciandosi le buffetterie, si precipitano per le scale. Massena, ritto In mezzo al quadrato dei soldati, li arringa con il solito impeto. La sua parola infuocata, la sua travolgente eloquenza, spesso intercalata da bestemmie con le quali egli ama pepare il' discorso e frustare il sangue dei suoi gregari, elettrizza quelli che l'ascoltano. Mentre questi reparti, finita la conclone, si incolonnano, il corsaro genovese corre ad altri accantonamenti dove la scena si ripete. In un'ora egli ha parlato al soldati delle sue tre brigate, e all'alba da le ultime disposizioni ai suoi generali. La voce del cannone Quando le truppe si mettono in marcia ha finito di piovere e l'alba è serena; il cielo, lavato dal rovescio, appare nitido e pallido, e il sole che si alza all'orizzonte comincia ad illuminare la cresta delle montagne e a pennellare di porpora le roccie che le coronano. Le truppe iniziano la marcia faticosa per gli aspri sentieri. Niente è improvvisato, tutto lo scacchiere delle Alpi è ormai conosciuto da anni. Ma le difficoltà da superare sono molte, e la manovra spesso si frange e rallenta l'impeto contro gli ostacoli naturali non sempre sormontabili. Ciò non ostante, all'alba del 23 novembre la, battaglia è impegnata su tutta la fronte e il cannone tuona nelle direzioni d'attacco segnate da Buonaparte. Trentamila francesi sono in movimento; gli ingranaggi della pesante macchina umana cominciano a mordere i fianchi delle montagne. Le tre divisioni sono formate, la prima su due brigate comandate l'una dal generale Miollis e l'altra dallo stesso divisionario Serrurier; la seconda, quella del Massena su tre brigate delle quali hanno il comando il generale Laharpe, Bezanet e Charlet e la terza, agli ordini di Augerau, è forte di quattro brigate rispettivamente alle dipendenze di Bannes, Lannes, Victor e Bonmartine. Il divisionario Serrurier, che occupa l'ala sinistra dello schieramento, ha puntato per Val d'Inferno e su Monte Berlino, mirando a Garessio dove tenta di discendere per la valle del Tanaro. A Massena, che è al centro, è riservato l'osso più duro da rodere, avendo per obbiettivo l'impervia rocca Bardena, espugnata la quale dovrà discendere con la brigata Laharpe, nella conca di Bardineto e con quella dello Charlet salire ancora al Melogno mentre tiene di riserva le truppe del Bezanet; Augerau deve gravitare con tutte le sue quattro brigate su Loano. Prima di mezzogiorno, sulla piazza di Albenga il finto naturalista svizzero Penzich si incontra con i primi prigionieri austriaci e poiché, data la sua nazionalità, parla il tedesco, li interroga. Alcuni fra questi lo riconoscono per averlo visto pochi giorni prima aggirarsi sulle posizioni austriache, e Penzich racconta a costoro di essere stato catturato dai francesi mentre stava erborando sulle pendici dello Scaravoion. I prigionieri credendo alle sue parole non hanno nessuna difficoltà a confessargli d'essere stati colti di sorpresa. Il feld maresciallo De Vins, seduto sul suo seggiolone a rotelle, prendeva il cioccolato quando ha sentito tuonare il cannone. L'allarme ha fatto accorrere gli. ufficiali anche da Savona e nel campo di Marengo, presso Borgio, si è verificato un disordine e una confusione indescrivibile. Penzich, dopo avere apprese queste notizie di poca importanza, poiché si riferiscono alle prime fasi dei combattimenti che ormai sono nel loro pieno sviluppo, sale lentamente sulle alture di Borghetto, dove incontra i due brigadieri Lannes e Victor.Victor e Lannes TI cittadino Vittorio Claudio Perrin, vuole che lo si chiami semplicemente Victor. E' un nome che gli porta fortuna; cosi lo chiamavano familiar- mente i suoi commilitoni quand' era soldato d'artiglieria, così lo hanno sempre chiamato i sottufficiali quan- ti della Dróme, e così avevano segui tato a chiamarlo gli ufficiali quando, due anni prima di allora, e cioè nel 1793, era stato promosso colonnello. Ora desiderava che si seguitasse a chiamarlo col suo primo nome di bat- d'era passato con tale grado con i fan-1 tesimo, che era la sua « mascotte » e che egli faceva coincidere con la stella della sua fortuna salita rapidamente allo zenit. Il cittadino Giovanni Lannes, sdraiato sull'erba, con la tunica sbottonata, non ha proprio l'aspetto di un generale: i suoi pantaloni sono rattoppati e le suole degli stivali sono talmente consunte da lasciare scorgere financo le dita dei piedi. Era nato mozzo di stalla e tutta la sua. persona tradisce ancora la sua origine che, d'altra parte, da uomo di spirito quale egli è, non cerca di nascondere. I due brigadieri quando vedono arrivare il naturalista non possono trattenere una sonora risata. La faticosa salita ha ridotto Penzich in uno stato pietoso e il grande rispetto che egli ha per le pallottole dei fucili nemici lo induce a sdraiarsi immediatamente per terra. Lannes non gli risparmia i suoi frizzi. — Che cosa vai erborando — gli chiede — mio caro naturalista? Stai forse collezionando i proiettili nemici? Questi son fiori dai quali è meglio tenersi al largo e che io non vorrei che qualcuno mi piantasse nella bottoniera della tunica. — Raccolgo quello che posso — risponde lo svizzero Penzich, che si sente toccato dall'ironia pungente del brigadiere. — E, se interrompo la mia passeggiata per sedermi sull'erba, lo faccio soltanto perchè mi parrebbe poco rispettoso precedere i cittadini generali, mentre questi stanno fermiBravo il mio svizzero — esclama Lannes dandogli un colpo sulla spalla ben risposto. Ma se permetti ti dirò che siamo fermi per ordine del nostro divisionario Augerau, Perchè poi il cittadino Scherer — dice Victor — ci abbia concesso que ste ore di riposo non lo so. — Presto spiegato, mio caro Victor — risponde LannàB, voltandosi beatamente su un fianco: — Scherer, che prudenzialmente è rimasto indietro, non ha più udito la fucileria dei soldati di Massena, che sono ormai sullo Scaravaion, e volendo che le sue divisioni procedano di pari passo, pretende di ristabilire il collegamento che egli crede perduto. Victor sorride maliziosamente. Egli sa benissimo che i collegamenti non si perdono, e infatti indica con la mano le alture di rocca Bardena, di dove arriva, affievolito dalla distanza, ma assai distintamente, l'eco delle fucilate. Prima vittoria francese Massena, con una marcia spettacolosa e a malgrado del temporale che fino all'alba ha flagellato le sue truppe, è arrivato di sorpresa allo Scaravaion. Le vedette austriache, per ripararsi dal freddo e dal vento, hanno abbandonato i loro posti d'osservazione e ad un tratto, dove prima erano accesi i fuochi dei loro bivacchi, la sagoma del piccolo genovese si staglia nitidamente contro il cielo che si è rischiarato. Ritto su una rupe il generale segnala la posizione da lui raggiunta al suo brigadiere Charlet, il quale si affretta a convergere egli pure su rocca Bardena. Massena, quando vede che il brigadiere sta per toccare la cima del monte e rovesciarsi sul lato opposto della" displuviale, irrompe nella conca di rocca Bardena, prende di fianco i difensori, li mette sotto al fuoco della fanteria e dei cannoni obbligandoli ad un disordinato ripiegamento. Argentau, preso alla sprovvista, si ritira discendendo a Bardineto, ove raccoglie ufficiali e truppe riuscendo ad imbastire, più brillantemente di quanto si potesse supporre, un'accanita difesa. II combattimento sanguinosissimo si conclude con la vittoria dei francesi, che s'impadroniscono del paese, mettendo in fuga gli austro-sardi. Un secondo porta-ordini arriva sul luogo dove i cittadini Victor e Lannes stanno conversando con il naturalista Penzich. Victor deve proseguire la marcia ed entrare in azione, n brigadiere raggiunge di corsa le sue truppe. Si mette, come usava allora, alla testa dei reparti agitando la feluca che ha infilata sulla punta della sciabola, e piomba su Toirano difesa dalle truppe del generale Roccavina. La temperatura si riscalda. Il gene- rale piemontese, che ha un altissimo)m ascendente sui suoi soldati, ancorché: d sia circondato, seguita a difendersi | m1 con un eroico ardimento e, ad un I le o e i n e o o a a l i , e o i e o i i , l s a d i l certo momento riesce ad aprirsi un , mvarco tra i battaglioni francesi, rltì-j randoai lentamente e sempre minac-aciando il nemico che lo incalza. Lannes, che è rimasto in attesa di ordini, si crogiuola al sole e continua a scherzare con lo svizzero Penzich, quando questo gli fa segno di tacere. Egli ha scorto tra i cespugli un uomo che si avanza cautamente nella loro direzione. Lo riconosce subito: è un amico di Borgio e allora con il fazzoletto gli fa cenno di avvicinarsi. Il ligure, già passato nelle file dei repubblicani, reca una notizia di qualche importanza. Il feld-maresclallo De Vins, al quale il rombo della prima cannonata ha aggravato i molti malanni che lo tormentano, ha ceduto il comando al generale Vallis; le posizioni del campo di Pietra sono già conquistate dai francesi e alcune navi cannoniere fulminano il fianco sinistro delle truppe austriache... La battaglia di Loano Lannes si alza di scatto; ne ha saputo anche troppo e, senza attendere gli ordini dello Scherer, decide di en trare in azione. Con un cenno della mano congeda il borghese di Borgio, saluta Penzich, rimasto a contemplare le nuvolette di fumo che, dopo essersi sprigionate dai cannoni delle navi francesi, ondeggiano pigramente ditvmgbrMvgrbbpne per lungo tempo fra cielo e acqua e, precipitandosi lungo il pendìo, rag-lgiunge la sua brigata e la trascina di1 corsa verso Loano. Massena, intanto, che è padrone di Bardineto, spedisce il generale Cervoni verso il colle del Melogno. Il Vallis, preso di fianco e alle spalle, si ri tira, lasciando, come aveva previsto IBuonaparte, ì carriaggi e ì cannoni) nelle mani del nemico. La marcia del Massena è stata fulminea, spettacolosa; in otto ore egli ha fatto percorrere alle sue fanterie trenta chilometri su un terreno imper- vio tormentato da continui avvalla-: menti, intricato da alberi di picco lo Lfusto e ostacolato dagli strapiombi chile roccie. , ili valoroso Roccavina protegge la di- sastrosa ritirata dell'armata austria ca che, superato Finale cerca di valicare la Caprazoppa sul ciglione fra Gorra e Verezzi. Sembra che queste truppe riescano a disimpegnarsi, quando proprio sull'erta sono prese dal fuoco di reparti francesi mandati da' Massena e la battaglia si sposta e gravita su Ceva. Dopo due giorni le truppe dell'esercito sardo non reggono più allo sforzo: austriaci e piemontesi hanno lasciato sul terreno quattromila morti e in mano del nemico cinquemila prigionieri. Lo Scherer ora tentenna: egli non crede di poter rimanere dov'è giunto per la difficoltà di far arrivare le vettovaglie dalla riviera nè giudica di potersi impadronirò di Ceva per la impossibilità di raccogliere e fare giungere un parco d'assedio. Manchiamo di tutto — conclude 10 Scherer che ha chiamato a rapporto i suoi divisionari — e siamo alle porte dell'inverno... ■— E' vero, manchiamo di tutto — ribatte con la sua solita franchezza il Massena — ma manchiamo specialmente di audacia. Nei primi di Dicembre il comandante dell'Armata d'Italia ordina il ripiegamento delle truppe nel versante tirreno: Cosi finisce la campagna del 1795 lasciando i francesi nella situazione generale in cui erano nel principio dell'anno, però più saldamente pene trati verso Genova e lieti e moralmente forti del buon successo Buonaparte invece monta su tutte le furie e biasima aspramente lo Scherer. Egli scrive da Parigi : « Si è commesso un errore enorme non espugnando 11 campo trincerato di Ceva mentre gliaustriaci si ritiravano verso Acqui. Il successo sarebbe stato sicuro. PerchèScherer non ha approfittato della vit toria? L'occupazione di Ceva, il concentramento della nostra Armata attorno a questa piazzaforte, sarebbero stati di una tale importanza da determinare la Corte di Torino a proporci la pace ». Se il 30 novembre il Buonaparte fosse stato il comandante dell'Armata di Italia in luogo dello Scherer, le tre divisioni che avevano cosi brillantemente condotta la battaglia di Loano, non sarebbero tornate in riviera e, anche senza il parco d'assedio che avrebbe voluto avere a sua disposizione il generalissimo francese, Ceva sarebbe caduta. Massena, Laharpe e. Augerau cam- minano sulla spiaggia di Finale godendosi il sole. Ancorché si sia nelmese di febbraio il cielo è sereno e la temperatura mitissima, quasi pri maverile, — Ho scritto delle lettere minatorie allo Scherer — dice Massena sorri- dendo maliziosamente — informandolo che ho trovato ai piccoli posti i soldati scalzi e affamati, ma in realtà le condizioni generali in cui si trovano le truppe sono assai diverse ma dovevo pure in certo qual modo giustificare le requisizioni che i miei brigadieri hanno compiuto. — Ma intanto — borbotta Augerau — i genovesi 3i lagnano... — Ed hanno torto — ribattè il Massena — noi pagheremo ai genovesi tutto quanto siamo stati obbligati di requisire. Ho dato la mia parola d'onore che fronteggeremo i debiti contratti e la manterrò. Noi abbiamo l'obbligo di tenere alta la reputazione della quale godiamo e di non perdere la confidenza e la fiducia degli abitanti. Ho parlato questa mattina col governatore di Finale e gli ho ripetuto quello che ho detto ai genovesi. Alla metà di febbraio, riaperte le comunicazioni stradali, noi saremo in grado di restituire tutto quello che abbiamo preso agli abitanti. — Nei miei magazzini — esclama vittoriosamente il Laharpe — ho ancora tremilo, duecento ottanta quattro quintali di grano e novecento ottantanove quintali di farina. Io — afferma l'Augerau per non essere da meno dei colleghi — ho egato ai miei soldati due mesi in * contanti. — Ed io — grida il Massena,- che è di buonissimo umore — fra pochi giorni riceverò quarantamila lire e quattromila e seicento paia di scarpe. Ne ho rifiutate — dice pavo- neggiandosi il Laharpe, — duemila paia perchè non mi parevar.o sufficientemente belle per i miei soldati. — Con tutto questo — soggiunge il Massena che non smentisce in nessuna circostanza le sue origini di pi rata — non bisogna trascurare le re : quisìzionl. Non occorre, soltanto FerLne vediamo risplendere all'orizzonte u mezzo milione ricavato dalla vendiita del bastimento catturato dai nostri corsari, dimenticare che gli abitanti di questi paesi hanno presa la buona abitudine di concederci tutto quanto fin'ora abbiamo domandato con le buone o con le cattive maniere... I tre divisionari si mettono ad un tratto sull'attenti. Hanno veduto avanzarsi verso di loro il generalissimo Scherer che sembra su tutte le furie. I calunniatori dell'Armata — Ecco quello che degli intriganti e degli inetti — egli grida prima ancora di essere vicino ai suoi generali vanno dicendo a Parigi sul conto dell'Armata. Questi miserabili sconosciuti affermano che non abbiamo fatto tutto quanto si poteva fare per raccogliere i frutti della campagna. Disprezzo troppo questo genere di calunniatori e di imbecilli per ri spondere direttamente. La fiducia che ho riposto in voi e per la quale vi ho affidato il comando delle mie divisioni che vinsero la più grande e gloriosa battaglia che si sia combat tuta dacché mondo è mondo sulle alpi, mi determina a pregarvi di inviare voi stessi un rapporto fedele circa le operazioni. Non vi domando di dire che la pura verità: fate tacere, cittadini, l'invidia e l'intrigo, mettete in evidenza quello che ha fatto l'Armata d'Italia in confronto dei mezzi che aveva a sua disposizione. I tre divisionari rimangono un at timo perplessi; la domanda rivolta a loro dal comandante in capo appare abbastanza strana — Come mi è dolce — esclama finalmente l'Augerau che è il più impetuoso — l'occasione che mi porgi di confondere i malvagi e di rendere giù !stizia al valore dei nostri bravi fra telli d'armi e alla saggezza del loro ;cnpo. Che cosa dicono a Parigi? Chei e , e l'Armata non ha saputo fare fino in fondo il suo dovere*.' Rispendi, cittadino Scherer, rispondi che sono degli imbecilli. — I calunniatori — esplode Massena — sono quelli che non hanno avuto l'onore di partecipare a questa fulgidissima vittoria. Si presentino, se hanno il coraggio, si presentino a ripeterci a voce quello che hanno avuto la vigliaccheria di scrivere... Fra gli imbecilli, i calunniatori, i malvagi era compreso Buonaparte che, partendo da Parigi su una vettura di posta si dirigeva appunto verso Albenga... X ERNESTO QUADRONE.