Come le stelle... - Petrolini in casa sua - Josephine Baker a Villa d'Este.

Come le stelle... - Petrolini in casa sua - Josephine Baker a Villa d'Este. POSTA DI MILANO Come le stelle... - Petrolini in casa sua - Josephine Baker a Villa d'Este. p,,, .. ,y,LA*N^' ^o151"0,' ho d,v<;rtlvo' allorché il « Wunder- dnar» N. 2 non s'era ancora trasferito : pa Torino, all'imbarazzo che le « girls » ' gmostravano nell'attraversare la platea, i ndovo talvolta erano costrette a sostare ! bper un minuto o due, prima di risalire i fquella ribalta dove avrebbero, impa- !dVide svelate lo Hnvani mombra qinn c" sv,e,ate Ie .^1,°y,an* membra sino vIti ammossi rlnlm npnsiira ho al-1 ,ai limiti ammessi dalla Censura, ho al-Mzato le gambette ad altezze più vertiginose, nella perversa stretta d'uni « can-can ». Come mai tanta verecondia, qua giù? Come mai tanta sicurezza e impertinenza, là sopra? Eppure, traversando la platea, esse serbavano il loro mantello sulle spalle, come le Vergini saggie dipinte nel duomo di CoIonia. Mentre lassù erano peggio che ignude: e cioè ignude quanto la Censura permette. Questo pudore « à re- osmstbGrtnpcbours » mi ricordava quello, altrettan-ìlto anacronistico, delle modelle che re- j qstano spogliate, senza batter ciglio, in- i lnnn*i ni rovoiiotto- ™, ct^nin^o h-ìt,.IfrBnanzi al cavalletto; ma strillano d'in dignazione se lo stesso pittore va a guardarle, dai buchi del paravento, mentre stanno rivestendosi. E' un mistero. E ho voluto domandarne alla giovine Ingeborg — la seconda, nella fila militare del Balletto Vermel, tornato ieri a Milano con nuovi apparati fantasmagorici — che avendo studiato filosofia, prima di fare la doppia spaccata e di ballare I' «hula-hula », era forse in grado d'illuminarmi: — Mein lieber: ma che cosa credete voi? Quando poi ci si spoglia, alla ribalta, o si fingono atti peccaminosi, il pubblico non ha più nome nè faccia. E' come un'atmosfera che abbia qua e à dei rumori, delle luci. Figuratevi un cielo pieno di stelle. Queste stelle, sono mille o duemila occhi che ci guardano. Avreste vergogna voi, « mein Schatz », di denudarvi al cospetto d'un cielo stelato? — Eh: può darsi. L'uomo è pudico. Egli potrebbe vergognarsi anche degli astri, e delle anime vaganti... — Adesso fate dello spirito, del « witz ». Ma vi assicuro che due occhi, vicini, fanno assai più paura di duemila lontani. Ecco perchè ci dà tanto fastidio l'attraversare l'orchestra, anche ammantellate, fra i curiosi che cercano crGebtdicLutdicmclnlcdmrtdhfscnnrdi guardarci in fondo alle pupille o den-,stro il corpetto. E poi, vedete: là sopra mnoi siamo delle altre: i fantasmi, i ri-1cflessi di noi medesime. Mentre quaggiù, jzicqsdlpnpzsfidsistaccate dal velario e dai riflettori, torniamo ad essere la signorina Luciana, o « mademoiselle » Lucy, o « fraulein » Ingeborg, che è nata a Vienna nell'ombra di Santo Stefano, e ha studiato all'Università... — E a te, Petrolini, che impressione fa il pubblico? — Nessuna. E' come se non fosse. Però questo non significa ch'io non ne senta la presenza. Al contrario: la sua essenza è così fusa in me, ch'io non l'avverto più. La recita diventa un soliloquio. O per meglio dire, è come s'io mi trovassi in casa mìa. E in casa mia, allora che ricevo, tratto gli ospiti meglio che posso, ma anche con tutta la libertà di chi è padrone fra i mobili suoi. Quando io mi trovo lassù, darei del tu anche all'arcivescovo. Anzi ho l'impressione, vedi, che allora il tratto di confidenza, o magari d'impertinenza, sia proprio compreso fra i miei doveri d'ospitalità. Un istinto mi dice che gl'invitati non lo temono: al contrario. 10 desiderano e lo sollecitano. Lo vedo nei loro sguardi; lo indovino nei loro pensieri. Allora mi vien giù la botta espansiva, romanaccia, villanzona, cosi come la manata o il ganascino che si dà all'amico nel momento di maggioresolidarietà, al nostro ragazzo mentre più ci commuove. E il pubblico capisce. E accetta. Ed è contento. Certo all'infuori del clima affettuoso, e posso dire entusiastico, che ho la fortuna d'incontrare dappertutto, ma in particolare.nei teatri milanesi, dove la liberalità ambrosiana si sente subito sorella del- la roTnnnPsrn in non ardirei nptinnrp la romanesca, io non aranti neppure uno di quegli atti confidenziali che qualche lunatico mi rimprovera. Il gior-1 no che tornassi a dare del lei al pub-1 blico, sarebbe il più triste della mia vita. Vorrebbe dire che fra i nostri cuori, il suo ed il mio, sarebbero abo-'liti quei ponti per cui tutto passa: an-'.... -, i che linsolenza, la pernacchia, la birbonata. Vorrebbe dire un amore finito, un patto revocato, un abbaudono impossibile, un'estraneità ricominciata. Vorrebbe dire ch'io non riceverei più 11 pubblico in casa mia, tra il riso delle mie maschere; ma che lui riceverebbe me in casa sua, tra il gelo dello sue preoccupazioni. Mi capisci? Ed ecco il perchè di tante mie libertà, che a quei tali ipocondriaci paiono enormi. Ieri sera all'« Odeon », durante una mia buffonata, sono saltato dentro al palco del Clubino: e ci ho preso posto, tranquillo, afferrandomi al braccio di qualcuno, dicendo « levate! » a qualche altro che m'ingombrava. Lo crederesti? Tutti a ridere da matti. Poi ho detto, a quelli del loggione, che loro erano i più cari al mio cuore: perchè fra i posti distinti qualche sbaffatore ci scappa sempre, mentre la povera gente là sopra i suoi soldini li spende sempre, e li spende tutti. Ebbene: ho avuto un applauso da non finire: e i primi a battere le mani indovina chi sono stati? Quelli delle poltrone. Ebbene: il teatro è così. Vedi: in arte, come in amore, il tono della perfetta sincerità non può mai essere .1 — 1 ,\n un rti-\' r\i ty1 on/>On71 i"4ì tm _ o i e o dato che da un po' di mancanza di rispetto... A Josephine Baker, nel giardino di Villa d'Este dove la più contesa delle donne va divertendosi come una scolara in vacanza, non ho osato domandarglielo, che pensasse degli occhi del pubblico. Ma dopo un tè in giardino, fra ammiratori, e una corsa su per le grotte, in cerca di capelvenere autunnale, e un'altra dietro il suo cv.eciolo « saut de puce » che aveva acchiappato un merlo, e una partita di « ping-pong », e un'altra di un gioco negro che non ricordo, ha finito per dirlo lei, dopo altre confessioni inattese c graziosissime. Ha detto che le statue canoviane del lago dì Como le destano una grandissima invidia. La timida e easta perfezione delle loro pose appare impareggiabile, irraggiungibile alla più scatenata delle danzatrici. Ha detto che si farà, tenterà di farsi un abito del colore che i roveri hanno sul Lario, tra il settembre e l'ottobre. Ma come fa, « grand Dieu! », quello strano verde a cangiarsi in rosso, restando verde ? Infine ha detto ed io sono certo che non mentiva d'essere timida. Avventurandosi alla ribalta, deve ogni volta ripensare al suo sangue e alla sua terra, per straniarsi dagli occhi guardanti e ritrovare, negli impulsi dell'origine, i ritmi dei balli, gli accenti delle canzoni, i timbridegli estri e delle temerità. Ha dettod'essere timida, timidissima. Seriamente. E non ha voluto dire di più. H £pstjgliojae,

Persone citate: Josephine Baker, Lario, Petrolini, Schatz

Luoghi citati: Como, Este, Milano, Torino, Vienna