Moda Secondo Impero

Moda Secondo Impero Moda Secondo Impero La moda, coi suoi corsi e ricorsi, pieni di poesia, ci porta ogni tanto •un profumo di passato: questi cappellini della voga attuale non li ab biamo forse veduti leggendo lo sto rie dell'imperatrice Eugenia?... Un mattino d'inverno del 1861 ella ne inaugurò per l'appunto uno simile e delizioso per andare a pattinare: piccolissimo sull'enorme massa del suo «chignomi, le stava inclinato fino alla radico del naso. Ella fu, corno ecztvlbcls<tldc6empre, ammiratissima. Ma a quel tempo era già diventata politicante e la «parure», per quanto fosse anco-Ivra cosa per lei importantissima, non|terà più il suo primo pensiero. Erajsstata più civettuola da bimba, cent'anni fa, quando lo scrittore Prospero Mérimée l'aveva conosciuta a Madrid. Eugenia di Montijo, contessina di Teba. Allora giocava con sua sorella .l'aca, ma sapeva già di essere la più graziosa ed era assai fiera delle mutandine trinate che, secondo la moda, s'allungavano una buona spanna 6otto il suo vestito. Era una splendida bimba dai capelli accesi, ma il suo fulgore .lo doveva raggiungere qualche anno dopo, quando fu una signorina: Mérimée ne rimase abbagliato. Mai aveva veduto una simile bellezza di razza: personale slanciato, flessuoso, delle gambe da Diana cacciatrice, gli attacchi finissimi e forti come l'acciaio, piedi e mani di una delicatezza squisita e spalle fiorenti. E su quel corpo di dea, sul collo lungo, regale, la bionda testa fiera, un viso che era una rarità. Adessc che il conte di 'Montijo era morto e la sorella Paca si era sposata diventando duchessa d'Alba, Eugenia girava il mondo con la madre, donna Manuela, matura, ma ancora ardente di vita, prodiga, sciupona, loquace e un tantino intrigante e, come la figlia, irrequieta, smaniosa di girovagare e innamorata della vita d'albergo. Sempre fuori di casa quelle due spagnuole ! E più che potevano correvano a Parigi. Che bellezza Parigi! Tipo alla sportiva com'era, camminatrice instancabile, amazzone intrepida, Eugenia andava a spasso sola coi giovinotti suoi corteggiatori, con la disinvoltura petulante di una dama maritata. Portava dei diamanti, ciò che scandalizzava non poco le sue amiche. E detestando i vestiti da educanda, metteva le gonne più ampie che poteva cariche di guarnizioni e i corpetti scollati nel modo più provocante. Splendida com'era e nobile e ricca (benché con molti beni ipotecati), non le mancavano intorno fior di partiti. Ma ella torceva in una 6morfietta le belle labbra che sem bravano di corallo rosa. Ella sapeva quel che valeva. Sua madre strepitava: a Hai ormai ventisei anni 1... Rimarrai^ zitella !...». Eugenia alzava le spalle: per l'appunto aveva conosciuto in quei gironi Luigi Napoleone Bonaparte... Vent'anni più di lei, una gran fronte giallastra e già sguarnita di capelli, un lungo naso spiovente sui baffi e dolci occhi trasognanti : era difficile che ella potesse innamorarsi di lui. Ma ecco, proprio allora egli viveva la sua gloriosa vicenda, proprio allora diventava imperatore dei Francesi. Adesso le due Montijo erano sempre invitate alle feste di cor.te e allo cacce di Compiègne. Sul suo bel cavallo, in una lunga veste verde e con un piccolo tricorno sui capelli d'oro ella sorrideva raggiante e spavalda come una eroina della Fronda, oppure, ondeggiante e superba nella sua gonna carica di centotrè volanti, entrava a testa alta nelle Tuileries, fingendo di non sentire il mormorio rabbioso e schernitore delle rivali. L'Imperatore non poteva saziarsi di guardare la meravigliosa creatura, di cui ogni gesto l'innamorava di più. Egli vedeva il suo gioco e talvolta tentava di ascoltare i consigli dei parenti e i loro giudizi crudeli : quelle spagnuole che vagabondavano in Europa da anni avevano un' anima da avventuriera, Eugenia era gelida e calcolatrice e mirava al matrimonio, el potere... Ma quando la guardava si sentiva struggere di desiderio e subiva, senza scampo, il potere misterioso e fatale della bellezza superiore per certi uomini ad ogni forza umana, a ogni resistenza di volontà. Ella aveva giocato bene il suo gioco e come in una storia di fate potè un giorno svegliarsi Imperatrice. Ora scintillava di gemme da capo a piedi e quando nelle gran feste o agli splendidi spettacoli la folla applaudiva la sua fulgente figura, che si sprofondava in una riverenza d'etichetta d' impareggiabile grazia o si assideva solenne sul trono dorato, ella sentiva di essere la prima donna del mondo, la più trionfante, la più bella. Gran cosa poter adornare di splendori e di eleganze un corpo che avrebbe fatto la fortuna di una mannequin e un viso che anche senza diademi avrebbe fatto voltar la gente per la strada ! Perciò le dame ella le voleva belle intorno ed eleganti e distinte e di gran tono; neppure l'in comparabile bellezza statuaria della Castiglione le faceva paura, ella non temeva nessun confronto. E pure era; gelosa... La sua voce diventava stridula quando .ella faceva una scena di gelosia all'Imperatore, schiavo ora di altre bellezze. Perchè non seguitare ad amare soltanto lei, che era la più bella, ed era 1' Imperatrice? Egli l'ammirava pur sempre. Le sue vesti, preferibilmente bianche o lilla chiaro o celesti, inghirlandate e gonfie, sembravan nuvole meravigliose... Ma sotto quei tulli, quei veli, quelle ghirlande ella s'induriva sempre più. La maternità non l'aveva resa più tenera, ne più dolce. Eugenia non fera donna da carezze. Mentre all'Imperatore venivano le lacrime agli ocehi al menomo cboboi del Princi- ccvtpqtlbalumlmvanmrcallsardpsrnmdtdptlpdlcvvpescnnlcdtgc pino, ella lo voleva allevare alla spartana e non lo lasciava mai. Una grande durezza era in lei, fisica e morale. Nelle passeggiate, con quelle caviglie e quei piedi da bambola, ella faceva più strada di tutti e faceva Timaner gli altri indietro, senza fiato; nelle gite in barca, mentre tutti boccheggiavano, ella non sapeva che fosse il mal di mare: una salute di ferro, una vitalità implacabile. Della carne non capiva e non compativa nulla, nò le debolezze, ne le passioni, nò i mali ; al marito che soffriva atrocemente ella diceva che <t egli s'ascoltava troppo » e quel che l'irritava spesso contro suo figlio, era di vederlo delicato, gracile, non gran che bello... Ella invece non si senti-va mai tanto bene come quando poteva agire, far parte del Gran Consiglio, dare il suo parere, discuterecon impulsività, quasi con violenza con gli ambasciatori. Quando aveva provato a far da reggente durante la campagna del '59, ne aveva provato un sì gran gusto che quasi quasi se non si fosse trattato di aiutare l'odiatissima Italia, avrebbe voluto phe la guerra continuasse. Ambiziosa, violentemente, atrocemente ambiziosa. La sua sete di dominio l'illudeva; ella si credeva dotata di un ingegno virile e superiore a suo marito nella sapienza di governo, ella gridava forte davanti ai ministri, mentre l'imperatore, stanco, ascoltava in silenzio facendo dei puppazzet- e n e e e e a n - e a a i e o i o , - ti con la matita sul foglio che aveva davanti. Egli la guardava poi con quei suoi occhi socchiusi, tristi, sognanti. Era l'imperatrice. Era la madre di suo figlio. Sempre bella, ma già il suo collo s'era ingrossato e le sue goto così delicate si erano appesantite. Sempre elegante, ma di un'eleganza più austera, da donna che pensa a dominare, non a civettare e a piacere. Ora la conosceva bene. Fredda, bigotta, più che pia, con poca sensibilità, senza tenerezza. Franca, impulsiva e dotata di quell'incoscienza audace che può parere coraggio. Ciò che la faceva così appassionatamente odiare da tanti, ciò che la rendeva così impopolare, era in fondo la sua mancanza di femminilità. Politicante, poco donna. Il popolo lo sentiva e non glielo perdonava. Come poteva mancar di femminilità una creatura così idealmente bella, fine, squisita?... Allora, quando se n'era così follemente innamorato non se lo immaginava, ma ora la conosceva... Non abbastanza, perche il giorno in cui ella gli proposo di abdicare per lasciaro la reggenza a lei, egli chiuse gli occhi come davanti a un abisso. Non abbastanza, perchè nella terribile guerra del '70 ella gli impedì di tornare a Parigi, con una crudeltà che scandalizzò i generali e i ministri ; e quando seppe la fatale notizia di Sédan si mise a urlare come una furia scatenata: |«Perchè l'imperator non è morto?... Perchè non si è fatto uccidere?... ». Quando si ritrovarono in esilio in Inghilterra, nella loro casa di Chislehurst, egli non glio lo rimproverò. Aveva perso, era un vinto. Malato, taceva sempre e parlava soltanto col figlio, con tenerezza infinita. E guardando la moglie forse pensava che la più spietata verso di lui era stata proprio lei, Eugenia, quella che egli aveva, per amoro, elevato fino a sè e che avrebbe dovuto essere il suo conforto, la sua luco nelle ore buie. Padre e figlio «i irnava.no teneramente, ogni ambizione in loro sembrava spenta. Quella di Eugenia si rinfocolò alla morte del marito: ora era la madre del Pretendente... Ma fu spenta poco dopo, per sempm, alla morte del suo povero figliuolo, non ancora ventenne, in Africa, nella più inutile avventura militare... A lei restavano ancora quarantacinque anni da vivere, da errare, ombra velata e irrequieta, da città a città, come spinta da una fatalità implacabile; quarantacinque- anni per ricordare, per giustificarsi, per macerarsi nel dolore, por purificare l'anima nella solitudine, nella meditazione. Sotto il fitto viso, cho conservava l'antica incomparabilo delicatezza di lince, biancheggiava come fosse di marmo. CAROLA PROSPERI. o nero il suo

Persone citate: Castiglione, Luigi Napoleone Bonaparte, Malato, Moda Secondo Impero

Luoghi citati: Africa, Europa, Inghilterra, Italia, Madrid, Parigi