La Gran Madre di Dio e il «color cucina»

La Gran Madre di Dio e il «color cucina» La Gran Madre di Dio e il «color cucina» E' incredibile come un poco più di colore in qualche secchio di tinta possa condurre a dei guai. Sviste da imbianchino, che poi hanno risonanze interprovinciali. Così è che l'altro giorno essendo a Vercelli ci siam sentiti domandare : *: Ma che diavolo fanno a Torino, alla Gran Madre di Dio?». E [teri, trovandoci per caso a Cherasco ] (Cuneo), qualcuno ci ha apostrofato : « Ma me lo spiega lei perche alla Gran | Madre di Dio danno il color cucina ? ». i Fuori, cioè, dì quella che una volta era la cinta daziaria. Ma dentro la I cinta, lo stesso. La gente passa in,tram, e giunta a capo del ponte guar-] da stupefatta, e non crede ai proprii occhi. Poiché si ritiene affetto da im-lprovviso daltonismo, più d'uno chiede'al vicino dì piattaforma: «O comedmai? ». L'altro si stringe nelle spalle: « E chi lo sa? Sarà di moda... ». Cosi per tutto Borgo Po è un'interrogazione unica. Così noi da Torino, città quant'altre mai moderata e prudente, sempre per la svista di qualche imbianchino, stiamo lanciando una nuova moda: quella del neoclassico al giallo ocra. Andiamo dunque a vedere lo spettacolo, ed invitiamoci anche la Sopraintendenza all'arte medioevale e moderna del Piemonte e la civica Commissione di Ornato. Il tempio eretto tra il 1S18 ed il '31 da Ferdinando Bonsignore per commemorare il ritorno della Dinastia a Torino, ciascuno se lo ricorda qual era qualche mese fa. Una. chiesa un po' fredda, un po' triste, un po' impacciata come tutte le creature nate non con un temperamento pronrio, ma con la tara d'una imitàlàóaè^NM la sua malinconia, quell'aria che ave- va di scusarsi d'essere proprio soltan to la modesta copia d'un edificio illu stre, ci rendeva la chiesa tanto cara. E ci piaceva contemplarla in fondo al ponte, tra le case basse del Borgo, con la collina verde a corona, ed alto a destra quel delizioso Monte che per ogni torinese è un pono il simbolo della sua città. Grigi su grigi, colori in sordina, quel fare vecchiotto d'un tempo bonario, una tonalità familiare e pacata. La solita <: antica stampa » del buon Gozzano, insomma: il meglic che ci ha dato il neoclasr.icismo quando dal fasto gelido s'è rifugiato nell'intimità borghese. Ma la Gran Madre di Dio sta per diventare tempio nazionale, sta per accogliere neile sue cripte profonde „ le salme dei quattromila' Caduti chedormono nel camposanto torinese : idea generosa, bellissima, tale da fared-21 tempio non soltanto un altare di fede, ma anche un'ara di gloria ita- liana. Occorreva renderne degna — in ogni particolare — la chiesa prescelta.33 il Municipio allora non ha lesinato spese e fatiche. Ma parve anche necessario rinfre- acaro 1 esterno. Sulla pietra una buo-na lavatura, ripassati i cementi, ri-pulita 'a scritta del timpano. Restavail muro. Come trattarlo? L'ideale.sarebbe stato stendere un arric-datura a calce come si fa per 1 af- fresco, e poi venirci su col pennello a toni m armonia con la pietra. Costa- va troppo: si decise la tinteggiaturanormale. Pare che questa tinta siastata studiata e .saggiata per un mesee mezzo. Poi, trovata quella buona .ottenuta dalla Soprauitenden» allai^tc del Piemonte I autorizzazione, sidrizzarono i palchi; e gli imbianchiniebbero campo libero. Cosa mai sia successo Dio solo lo%£^fi£T%£Jfà!^&df Dio sfavilla d'un bel giallo ocra che dà a chi guarda dei vaghi spasimi di itterizia. li grigio della gradinata e d»Ue colonne, il grigio del fastigio edella cupola stridono su quella tintache è la tinta tipica che una volta si dava alle cucine prima che le mattonelle bianche la cacciassero dalle canemoderne, con una dissonanza a rendere la quale non si trovano parole. Lì intorno c'è qualche buontempone che vuol far dello spirito: «Dicono che Torino è una citta troppo grìgia e uniforme. Se continuano così la renderanno allegra D'accordo; e i colori vivaci souo infatti in auge nell'edilizia moderna: giallo, rosso, ver-de a profusione. E questo colorismo mavinettiano introdotto nell'architettura può anche riuscir gradevole, se sapientemente graduato. Ma trattare una chiesa neoclassica alla stresrua dell'edificio d'un architetto razionalista, in verità ci pare il colmo dell'allegria. Tutto ciò, del resto, non conta. Perche — dato che è assolutamente inconcepibile che errore non vi sia stato a un errore si rimedia sempre, speeie quando si tratta di dare una nuo-va mano di colore. .Evidentementenessuna Autorità municipale ha avuto occasione in questi ultimissimi giorni di passare in piazza Vittorio Veneto. Conviene che il prof. Pacchioni o l'architetto Mesturino, o qualcunotaxi e corra a dare un'occhiata, e poilili in Municipio ad avvertire il Poae-sta o il vice-podestà ing. prof. Silve-della Commissione d'Ornato salti instri. Ma faccia presto, per carità. mar. ber,

Persone citate: Ferdinando Bonsignore, Mesturino, Ornato, Pacchioni

Luoghi citati: Cherasco, Piemonte, Torino, Vercelli