Dove fu Roma

Dove fu Roma VIAGGIO TIV TURCHIA Dove fu Roma (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)- MERSINA. ottobre. opera grandiosa d'inselli tessitori, Qui si mescolano le fiore diverse, fio-pa r ^ colorr deWAnaMìa, lna naiura plu ricca ... , • _ j„i « aerosa vi si trova, al riparo del- '« montagna superba che la protegg«e àai venti dell'altopiano e fa dabaluardo agl'immensi umori del. mare, e come un riparo ir qualche profondo gorgo della natura; il mure Ha lasciato scoperto, in un lavoro di duemila anni, un fondo fertilissimo. Su questo humus il coione avvolge la sua favolosa fioritura come una i in / v / i < i ; -. tr; :, "' unir n --<:-.---. - ■1 ■-- ••——• —' — ■ 1%. di piante. Ancora il sudanese d'e-{ ba(io . (o vider0 f u. , deW impero veneziano. L'araba , ,. , . .... , dagli occhi asciutti, col passo furli■•„-,■• „ , • ji„„„i,,ì „ i„ f sol!° la "r^CSSa d°]\^ttL,a /<>'-« tozza delle gambe, e airiva.la fl'* <l"i sulle carovaniere. Il dialetto di Venezia risuona sul mare da una folla di imprenditori, rappresentanti, trafficanti, attorno alle navi di. Tric.Wc che oscillano al largo. Lungo la strada del litorale, quella che va in Siria, il cammello s'illude del marecome d' un deserto; ondeggiano con Unodo delle razze; sedimenti di razze mostruosi scoppiano come babbo„; di malattie d'oriente. Anche le spiMC sono gonfie e tenere come gemme /„ SUcchlo. Vi alligna ogni albero approda(o a questa riva, allo stesso • - * lui le gobbe della terra accumulale dai Romani, là dove fu la riva, per accendervi ì segnali di fumo e di fuoco, e questo era il loro telegrafo. Talvolta è il sospetto di percorrere un letto fluviale asciugalo dall'estate; talvolta un abisso di efflorescenze ,na,^e. jn certc zone d'un verde fa- miliare è la vile. Tra questo verde la casa e il cipresso lasciati dai greci spulsi: la casa a forma di rustico ,,.^ { d(,ìla (oro fl)„,;Ca mi ' ' disputata; 1 . , ,. V'h, case, alberi, fanno pensale agli idilli di qualche loro aulico. ' Focolari cristiani Altrove in Anatolia, e a Istambul, segni di tali migrazioni erano i cimiteri delle minoranze cristiane: gli angeli di -marmo vi. pregano in tutte ''' lingue della ISalcania, all'ombra del loro albero più fidato. Qui invece sono le casuccie, le colture, le chicsc. La cerimonia della messa domenicale. come io l'ho veduta, a Mersi- "" /">'" italiani,. era un focolare a ci/i si scalducciavano i pensieri più carh L' uscita da colesla cerimonia, coi chiari saluti nella chiara mattina, poteva essere, di qualche vostro borijo: non c'è bisogno di una fede strepitosa per capire le guerre di reuigione, come falli in cui le razze po(essuro trovare una. solidarietà. Ora .;,, Orienle questo non è più, e la sless„ ri,\ìqione,c un semenzaio di rivalilfì nazionali. Ma è tanta la parentfla fm C0SI, veCchie e antiche, che }<| cf,slircia ruslìca ha lo stcsso sen. so delle rovine di Lfeso, e il frate . . ... ' . ' . deila chiesa italiana di Mersina sta 1 «rco romano di Tarso, » <ìarnnU llUc colonnc M Po>"V'°P"""- E' difficile, non parlare dei lìomani. /> loro rovine pesano su questa tcrM» '"»'" carica. In trecento anni di. colonizzazione dell'Oriente, seminarono lauta pietra che la terra non fini- sec di partorirne. E si capisce come la gente del luogo, che ebbe cosi poche fcstimonianzc di sè, concepisse un rirfio naturale verso questa specie di bolidi c di minerali dell'antica architeti lira, che parlano tantoforte e toriI'ano. Vidiad Ankara il gcslofuribonrfo d'un operaio che mi mostrò l'ira degli iconoclasti. Lavorando a una condutiura, venne fuori un sarcofago incompiuto della bassa romanità; si cedevano le Iruccie dello scalpello an cova non cancellale, come colpi d'un pollice, forte. Con un gesto violento il piccone dell'operaio colpi la figura della matrona raffigurata all'ombra d'un lieve arco; la testina cadde in frantumi, e la matrona rimase a contemplare ancora col gesto delle mani nel greinhro sconsolato. tVoti saprei pensare all'Anatolia senza riandare u coleste rovine. A CoSlàniinopoli, come nella Uomu medie- vale, trasformale e (ululiate dalle Cirilla successive, in Asia Minore stanno sulla terra liscia e disadorna, vaneggiano gli archi ne! cielo, le coton¬ cascno fra architettura greca e romana, quella iìitima e religiosa, questa misura, di potenza terrena. Alla svolta d'una strada, da Bufata a Cesarea, da Ankara a Tarso a A dalia, questi ricordi s'incontrano chiusi in picconarechiti, mutilali o ridoni, in frànuìmenti minuti, acciecuti, i loro sguar- fdi sono più profondi, infiniti i loro,gesti. ge sollevano ancora il fiore del capijello; qui. si trovala differenza del loni. ;v, nu u i -.<. ni---) -->■■- Il tempio di Augusto ad. Anfcora\dedicato danna comunità di greci al-,in clemenza dell'Imperatore, lui la Le orme di Augusto •slninierp nuando volei conservarle' binimele, quuiiau poni lu,lò\'Lu"'-.senza pericolo, preferii non distrila-] gerle... .. - « 1Vo?i ho mai fallo gu*r-\ra ingiusta ad alcun popolo». Sono\parole del testamento di qiiell'Impe->rotore, hanno il tono dei suoi sMan-\lasci anni al di là ormai del bene e ìdel male. La presso, come cani ac-|cucciati, si. sono fatti seppellire, an--che là, i vecchi turchi. Il tempio t>o-|tiro dice queste parole con la ''oce\fidala dei templi. Più oltre, dov'è la colonna romana sulla piazza, che pure di dischi sovrapposti, bizzarria da barocco, questa voce diventa enorme ed echeggia Ira le colonne, i capitelli, i sarcofagi, le statue troncale della Ilocca. Le pietre dei monumenti di quella che fu Ancijra furono ammuccliiale dai tartari e dai turchi a\ difesa della rocca, come se non si trovasse altra pielra che lavorata. E' tri muro compatto che corona là sommila del colle; da una parte è la vita della cosuccia anatolica di legno dipinto, dall'ultra lo sprofondo della vecchia posizione di guerra, col colore delle posizioni antiche di cui si. narrano assalti favolosi, come al Campidoglio; ma questa di Ancijra è ancora una voragine naturale. Qua e là pel terreno sconvolto, Ira le casupole che si sano spinte come pecore sull'orlo d'un abisso, è il leone ittita con la geometria puerile e astrologica di questi vecchi parenti degli Assiri; e un panno è steso sopra ad asciugare. Errala la grande catasta di pietre romane, come un ossario di mostri preistorici. Una sull'altra, colonne, capitelli, architravi, tronchi di consoli e di sacerdoti, per centinaia di metri, un muro di. difesa fatto di personaggi e di architetture vive, spettacolo incredibili c unico. Qualche ietterà si legge qua e Ut, e quelle più ricorrenti nella scrittura romana, le R, le S, le X. .1 traili questi suoni compongono una parola, una pielra dice nel suo colare di travertino: Lucius augur; un Lucio augure, spinto fin qua a predire dal volo degli uccelli la buinhi ventura. Dall' Eufrate al Ci dna a Adulki, ponti aurora, linoni, i soli liliali contro le improvvise, piene dei fiumi; sul Cidno, a Tarso, un frammento di colonna coperta da un lavoro di squame, come una lorica [i liomani si compiacevano qui di bizzarrie e sentivano l'imminenza del clima babilonese): davanti a una bottega di caffè un capitello per sedile. I Fori, le colonne, gli archi Pompeiopolis. Vi andai col nostro console Muchi Sismondi, un loscanot console della Cilicia come Marco Tullio Cicerone e raro conoscitore dell'Anatolia. Ila anch'egli un viso antico, d'una romanità riveduta da qualche scultore del Rinascimento, di quelli che alla risolutezza romana davano l'asciuttezza dei visi e le. labbra strette dei loro conciliadini. Pompeiopolis, tre miglia a orienle di Mersina, fu fondata da Pompeo durante, le guefre "del Triumvirato; ospitò la schiuma del Levante. Grandezza detl-architellura: per tale masnada furono costruiti i punii fissi del mondo antico: per le loro nostalgie di grecali t'.l-t cropoli, una montagnola poco più alla di dieci metri, ina quanto batava perchè si vedesse il suo segnacolo venendo dal mare, e tremare di commozione. Più oltre il Foro. Coonne restano in piedi, alcune si tor¬ avo della colonna, le volte e gli ariht di vn passaggio coperto, auda- eia della vecchia architettura^ die »'»1 no veduto altrove; e un'altracosa audace: l'aquila romana apre re ali Ira le foglie dell'acanto del capitello. Ci sedemmo sul cemento antico del porlo, divenuto roccia e nalura. vedei-umo l'esile struttura della vecchia ins4,naiura che ci sug-cono sul terreno che cede, simili ad alberi che hanno sentito il fiato d'un.... ' . nccntlw. Dovevano essere due filedi colonne, che sostenevano su tiwit-sole poste a una certa altezza, nel-„ ~. ' ""'" '."."j ì'i .c pata nei grevi vapori del mare. An- he t'0 voleva Aìn r coslrui. n u clllA< dorc vi fo$se un poco di ristoro ai gmndi calori< come qucl, lo d)e ^..^ fuHivo &gA mare a R e la fa tremare mla fl,rim_provviso, l'estate. Vedevamo quellecoj0MMe che guasi si facevano forzapìina con Vallm perché reshUSséroanc •„ pfed(. come cmU conibai tutJ. udivamo il rumore delle pie'.reche un povero agricoltore andava.'. , . . , . ammucchiando m una mura, le pie.-Ire di quella città distrutta che do-un -ieenlì di teminnaione la terr'ino secoli ai seminagione ia teli-\non finiva di partorire. Il fondo del-l'acqua veU'insana tura era chiaroverde come in un affresco pompeiano, e nel fondo i ciottoli ciic nessuno da secoli se non il mare aveva turbato: pareva di leggere vec-cili miraggi di città, e l'ombra tra-scorrente delle navi. Più su, poi,,,,,,„ . ,, „,,„.. .. .„ sul colle dove si stendeva un tempol'abitalo, uno spettacolo singolaredava il colore di quella vita rimasta indecifrala nel suo abisso di lontananza : sui massi enormi del terreno roccioso, frammenti di pa-rote misteriose si leggono ancora,rozzamente incise- Tombe, sotterra-nel di misteri e di selle, culti particolari? Qua e là pareva di scorgere il primo gradino per discendere nella roccia che sotto deve essere cava: l'clemo viaggio sotterraneol'eterne porte dell'ai di là. Il boschetto di querci all'intorno era tutto divoralo da enormi pidocchi die avevano appeso loro nidi mostruosi grossi come un pugno, ai rami gialli. CORRADO ALVARO.

Persone citate: Marco Tullio Cicerone, Mersi, Muchi Sismondi