Il telaio dei continenti

Il telaio dei continenti Il telaio dei continenti BIELLA, ottobre. Una mappa, esposta in un ufficio Hella Federazione laniera, rappresenta l'Italia al centro del sistema mondialeLunghe frecce, staccandosi dalla Penisola in tutte le direzioni, tocca l'America, l'Africa, l'Asia e l'Australia.. E in ognuno di questi continenti, vaste e talvolta enormi zone colorate, di mostrano come l'irradiazione dell'industria laniera d'Italia abbia raggiunto le regioni più lontane del mondo, vabbia portato i propri prodotti, vi domini talvolta i mercati. E' una. carta che tutti i giovani dovrebbero meditare, non soltants nel suo aspetto romanzesco. Essa dimostra anzitutto che 11 pionierismo d'oggi non può o non deve limitarsi alle forme superficiale cinematografiche, alle avventure esotiche o sportive, ma deve essere sostanziata di realtà e d'azione, trasferirsi dal campo del piacere e dello spasso, sul piano economico e fattivoE' questa espansione che propara glimperi. Spesso sono state le gàlee demercanti a precedere a più gloriose affermazioni di ipopoli. L'epopea del lavoro Pe-r quanto riguarda l'Italia, questa mappa mercantile rivela d'un tratto ciò che, silenziosamente ma non senza audacia, senza boati di megafoni ma con tenacia di Lavoro e profondità dmetodo, ha creato in questi dicci anndi dura, faticosa ma gloriosa rinascita la nostra razza antica e nuova. E c'è, nel nostro caso, una rivelazione particolare. Ed $ che in questa irradiazione mondiale del lavoro italiano, una città piccola, pressoché nascosta dietro uno scenario di montiin una zona quasi confinaria, fuorBelle grandi linee di comunicazioneha conquistato il primo posto in Italia, e uno dei primi posti nel mondo. Senza negare la parte che a Schioii Prato e a Monza è riservata nella attività laniera della Nazione e senza menomare le loro benemerenze industriali, è certo che Biella rimane pur sempre il nome più rappresentativoil gagliardetto più fiammante di questa avanzata nel mondo. Queste epopèe del lavoro umano, queste grandmarcie caratteristiche del XIX c neXX secolo, che hanno avuto condottierc legionari, proconsoli e ambasciatoriStati Maggiori ed eserciti degni di Storiai non contano ancora tuttavia Ja loro letteratura; non hanno trovato loro storici e i loro scrittori. La guerra, l'amore, l'oro, hanno a.vuto i più grandi poeti. Il lavoro, il grande, talvolta tragico lavoro moderno — aquale guerra, oro ed amore sono cosi spesso mescolati — non ha avuto ancora il suo vate e il suo romanziere. Gli scrittori moderni non sono ancora usciti dai grandi luoghi comuninon hanno disceso tutti gli abissi dp|le miniere, nè vagato abbastanza lucidi labirinti dei ;onge.gni e delle macchine, per ascoltare non soltanto i cuori metallici di queste, ma. <inrlie i cuori vivi degli uomini che 1; creano, le dirigono e le azionano. Le stesse tavolozze coloristiche e i principdescrittivi vanno riveduti secondo lo spirito dei tempi e le gigantesche proporzioni delle opere. Un paesaggio verticale Cosi Biella non va più considerata attraverso le comuni lenti del paesisrno di maniera. Ci vogliono cristalldi firma. Le vie, le piazze, i palazzi, itempli della città, evocali in senso puramente storico o turistico, non darebbero di Biella che un'immagine rìst-etta. Certo il Battistero del secolo VIII, romano e longobardico, la torre del Duomo di età poco superiore sono pregevoli opere d'arte, che testimoniano l'antichità d'una razza. E la stessa remota origine di Biella, che forse poeticamente si fa risalire all'epoca a.rcaica di Tarquinio Bisco, quarto re di Roma, sta se non altro a provare che le vere e grandi forzo etniche non si creano con un colpo di matita sulla carta del mondo, ma scaturiscono dalla profondità della tradizione. Ma oggi bisogna considerare non l'ex-capoluogo di circondario; ma la città potenziale, con tutta la zona che la circonda, con tutto il molteplice segreto delle sue valli, che formano uà complesso quasi metropolitano. 11 suo, paesaggio non va considerato in senio orizzontale, ma verticale: — cioè la selva ininterrotta dei suoi camine delle sue ciminiere, i lineamenti dei suoi opiiici, che tratteggiano, stampano e inquadrano il verde delle sue montagne e delle su© vallate. E su questa trama di cemento e di metallo, immaginiamo pure poeticamente chilometri di tessuti d'ogni colore esposti al sole, perchè 11 asciughi, ma anche li benedica con la sua luce d'oro e la sua cosmica potenza ! Greggi autt raliane e tessuti d'ItaliaBasta, nelle prime ombre della sera, ve der giganteggiare, traforate di migliaia di luci, gli stabilimenti Rivetti per comprendere che cosa abbiano saputo creare una città, i suoi capitani d'industria c il suo popolo. Basta penetrare nel dèdalo di queste sale, fra l'ansito ciclopico dei congegni, per capire che cosa ha fatto e cosa fa l'Italia d'oggi jiur nel momento più minaccioso della crisi mondiale, a prezzo di volontà di tenacia, di sacrifici. Modernissimi macchinari (di fronte ai quali anche le industrie di altri paesi più antichi e- potenti, appaiono già in arre Irato), popolano queste enormi gallerie d'acciaio e di calcestruzzo. Tutti i metodi più fattivi (tessitura tipo inglese o francese) sono stati applicati, aggiungendovi il lievito della genialità italiana, che scintilla tanto nel oapo quanto nell'operaio. Nello stabilimento Rivetti di Vigliano c'ò un'unica, enorme sala, che può destare la meraviglia non soltanto deiprofani, ma dpi tecnici. Ho detto sti-la, ma dovrei paragonarla piuttosto a una enorme piazza, d'armi. Un lato di 210 metri, a dodici campato, moltiplicato per un luto di 90 metri, dà una superficie di quasi 20.000 metri quadrati! E sovrapposto ad esso, un salone minoro, por la preparazione dei Alati, il quale misura pur sempre metri 52x90. Bisogna quindi immaginare tutti i giganteschi « stoeks • di lana greggia che occorrono a questo Moloh benefico; gli enormi cumuli di materie prime giunti da ogni parie del globo e ammassati nei fondachi E la stessa materia prima passandoattraverso i congegni diventa ilio, tra-ma e tessuto; si trasforma in chilo-metri di stoffe ; in cataste di ròtoliDovunque, in questo gigantesche cor-sìe, «i "passa fna il caratteristico sen-lore organico della lana. Una specie diprof timo pastorale: odor di greggi! Nonpare infatti di vedere, dietro la Inter-minabile teoria di macchine ansanti e strepitanti, tutto, la fiumana di pecore, fl»e in ogni regione del mondo, dall'A- niorica agli Antiporti, .porgono i loro velli alle cesoie per soddisfare la titanica lame eli questo poiiolo di macchine ? Non per nulla, da questo infinito scorrere di Illi, di tessuti, di sluffo, di ordegno in ordegno, balzal'inunagino di' Biella «telaio dei con- Unenti ». Senonchè attesta è soltanto l'opera della città. Ci sono cinque Valli — quella dell'Elvo, quella del Carro quella del Ponzona, Ja Valle Strona e la Séssera — e ognuna di esse è l'alveo d'una nuova fecondità e la trincea d'una nuova offensiva. Non lungi daRiella ecco la grandiosa manifattura di Tollegno, che manda filati e tessuti nel Levante. Ecco lo stabilimento Sella per i pannilani. Esso è, al tempo stesso una curiosità storica e geografica. Fondato da uno Statista, Quintino Sella, esso sorge meta nel territorio di Biella e metà In quello di Chiavazza. Ed ecco il vivaio industriale di Valle Mosso, ove accanto ai grandi stabilimenti, sorgono i piccoli, con i loro tessuti esposti all'aria, lungo la costa, in lunghe bande colorate che, secondo l'antica tradizione, si chiamano 0 rame ». Superiorità italiana Tutta questa attività laniera non soltanto spinge i nostri prodotti in ogni punto d'Europa, soprattutto in Inghilterra, ma in ogni paese del mondo: negli Stati Uniti, nel Canada, nell'America del Sud, in India, in Cina, in Giappone, nell'Arcipelago della Sonda, (a Sumatra, a Giava, perfino nell'isola di Borneo) in Australia, nell'Africa settentrionale e. in quella australe. Tutto ciò che un tempo era privilegio c monopolio delle industrie inglese e francese, viene oggi conteso vittoriosamente dall'Italia. Le due nazioni già quotate in questo produzione sui mercati del mondo, si trova.no orinai di fianco e di fronte la giovano rivale. La superiorità dell'industria italiana vdeno sempre più affermandosi: è l'opinione di critici stranieri, non sospettabili certo di compiacenze. Si riconosce non soltanto che la lavorazione italiana è più raffinata e che la eccellenza dei nostri operai e indiscutibile ma che la stessa genialità e versatilità nostra, influiscono sulla varietà dei disegni, sulla grazia delle tinte. Il gusto e il buon gusto italiano influenzano, rivoluzionano, arricchiscono i campionari, portando, anche in questa materia, un senso artistico che la eleva e la nobilita. Cosi s'è ereala tutta una schiera di condottieri dell'industria, si sono formate vere dinastie di produttori, grandi n piccoli, umili od atletici. Essi sono (li elenco alfabeticamente) gli Agostinetti, i Bertotto, i Bezzonetto, 1 Boccino, i Botto, i Boggio, i Borsetti, i Bozzo, t Bozzalla, i Bracco, 1 Barberis, 1 Caligaris, i Canepa, i Canova, i Caffrio, i Cavagna, i Ceria, i Cernuti, i Canale Maiet, i Cartotti, i Caucino, i Compia, i Cugnolio, i Faudella, i Feria, i Ferraris, i Foglio, i Fileppo, i Fila,1 Gilardi, i Guardino, i Galflone, iGal-lo, i Garbacelo, i Garlanda, i Giardino, i Gronda, i Giletti, i Gioia, i Gibello, i Canzone, i Lessona, i Loro, i Lesna, i Loffi, i Lora Lamia, i Mosca, .i Manza, g4i'OgliaTO;,"i ■-PTroeirgg;"frrf»Tta, i Prilla, i Piana, i Piceo, i Pera, i Rivetti, i Reda, i Ramella, i Sella, i Simonetti, gli Strohino, i Spianato, i Trossi, i Tallio, i Torello, i Taverna, i Tonella, maiio •, ciò che viene a stabilire la i Trabaldo; gli Ubertalli, gli Ubertino, i Vaglio, i Vercollone, i Valle, i Valz, i Ventre, i Vignazia, gli Zignone, gii.» „ Zegna, ecc. Seta e cappelli... giapponesi singolarissimo, Un iposto a parte, ha nel campo tessile ratti. Questo industriale (al quale si dovrà fra breve l'inaugurazione d'uno sta.hilimento modello in cui tutti i criteri più moderni, sia per quantoriguarda l'eleganza dell'edificio, dal-dallaquale un tóflippil setificio Bu- a bella facciata quattrocentesca, siare r quel che concerne la modernitàdellc macchine, e l'igiene degli ope- rii. trnu.,tn n rrwin ni nerfeyin rat) ha ti ovato 1 modo di pei fez n-mire squisitamente, con criteri d altanovità, i filati di seta, preparando so- prattutto quella che è la parte di fantasia. Grazie a questa raffinata lavorazione non c'è più bisogno di richiedere all'estero quei pittoreschi « motivi » serici che prima venivano impor¬ t-lli F il Rumiti Tni piti il man Hnlln Cecoslovacchia -,-»- " ° — si attingenvano questi prodotti e nel-Jla quale ora, invece, essi vengono esportati dall'Italia. L'attività del Biellese non si limita tuttavia all'industria laniera. Vi sono, nel campo della filatura e della tes- situra, i cotonieri, benché oggi in nu-mero limitatissimo, per effetto dellacrisi mondiale. E c'ò anche, special mente nella Valle del Cervo, una antica e fiorente industria del cappello fine; il cappello cioè derivato dal pelo di castoro, di lepre e di coniglio. Lungo questo torrente dalle aeque cris.ta.l- lino (in cui guizzano e saltano quelle celebri trote, maculate d'oro e pie- obiettate di rosso che meriterebbero li figurare negli argenti sbalzati del-0 munse Badia.li) sorgono parecchi ca.ppellifici, come il « Barhisio •, il « Corvo », ecc., che esportano in tutto 1 globo. Sposso infatti essi recano, su! fondo serico o sul marocchino inerno, marchii esòtici del paese dei tulipani e di quello dei crisantemi, dell'Estremo Occidente e dell'Estremo Oriente. E' così che il più schietto e genuino prodotto italiano finisco per figurare sotto i pittoreschi emblemi d'una presunta lavorazione straniera... Senonchè, quello che non è stato ancora mosso bene in vista, specialmente per il oBarbisio», ò che questi cappelli, i quali vanno dal feltro più duraturo al loulard «poso piuma», sono ancora e soprattutto finiti « a singolare eccellenza di questo noslro prodotto, e il suo squisito valore d'esportazione, anche in confronto delle più celebri industrie d'oltralpe e d'olreoceano. Esportazione di pionieri Per finire (anche senza citare a fondo fra le numerose altre industrie del Biellese, quella del granito di Ballila, le cui cavo gigantesche e memnoniane hanno dato le basi al porto d'Alessandria d'Egitto e colonne al 'Inghilterra) parleremo d'una singo-ure industria localo, il cui prodottod'esportazione ò essenzialmente limano. Bisogna recarsi in quel di Rnsazza, por scoprire questo segreto! Chi sa in¬ fntti che da questa zona partono, ogni anno, squadro di pionieri per i conti-nonti lontani? Esistono in questo parte della Vallata del Cervo gli istituti prò- iessionali di Ptedicavallo, di Rosazza e di Canapiglia. Sono i vivai destinati a patentare costruttori, che sono poi accuratamente ricercati e. richiesti da grandi ditte straniere. Si è creata cosi una magnifica scuola di coraggio e di iniziativa, che ha dato uomini fattivi alle più difficili e rischiose imprese, in America o iti Africa, specialmente nel Congo belga e nella Costa occidentale. Questi eroici costruttori degli imperi altrui s'addentrano spesso in regioni selvagge o in zone epidemiche, nelle jungle e nelle foreste, affrontando fatiche, disagi, stenti e non di rado la morte. Molti partono portando in tasca contratti già stipulati. Ma ve ne sono anche di quelli elio ostino, di propria iniziativa e per proprio conto, affrontare l'ignoto. Poi, raggranellato, dopo qualche anno, un ragguardevole peculio, questi avventurosi hiellesi tornano nostalgica¬ mente alle loro valli, elio non hanno inai dimenticato. Non hanno accumulato nè le ricchezze dei terreni diatnantiferi, nè l'oro che affascinò già Cecil Rhodes. Si accontentano di quel che basta per godere in pace il rezzo d'una valle, il mormorio d'un torrente. Dopo la febbre del lavoro, hanno valutato, con latino equilibrio, quel che è il tesoro della vita: la saggezza. Una quiete laboriosa nella maestà della natura, una umile pace, ma popolata di grandi ricordi. Non è forse questo il più grande elogio d'una cazza? CURIO MORTARI.