Eleonora Duse alla rustica casa campestre in cui fu allevata sua figlia

Eleonora Duse alla rustica casa campestre in cui fu allevata sua figlia LE TAPPE MATERNE TORINESI DI UNA GRANDE ATTRICE Eleonora Duse alla rustica casa campestre in cui fu allevata sua figlia La figlia di Eleonora Duse è stata al-gulattata e allevata a Leynì. La notizia, cosi succinta, si apprende leggendo « La vitti della grande tragica » scritta da E. A. niieinhardt. Abbiamo avuta la curiosità di recarci a rintracciare la casa nella quale Enrichetta Duse ha trascorsi i suoi primi anni e dove è andata ad abbracciarla la madre tutte le volte che la Compagnia di Cesare Rossi faceva ritorno in Piemonte. Visitiamo numerosi cascinali nelle vicinanze di Leynì; parliamo ai più vecchi contadini, cercando di ravvivare le loro memorie: ma tutti ci rispondono scuotendo negativamente il capo. Attraverso viottoli fi ancheggianti le verdeggianti distese dei campi, dove le caso sono sparse a lunghi intervalli, percorriamo « Le Basse ». Non ci stanchiamo di interrogare uomini e donne, lienchè una vecchia contadina c'Informa che la « lija 'du cantarlfm », molti e molti anni fa, è stata allevata « al Clabot d.'ij Hiauco ». In questa stessa forma l'indicazione ci viene confermata poco dopo da altre persone. L'eccelsa artista he ha toccato il culmine della gloria. chmvenòsilvata,zaasguquDucospgicedaBfalovascD casolare color rosa La cascina dei Bianco si trova in borgata Roveglia. E' un fabbricato a due piani, di un ingenuo color rosa, raccorda to con ampi porticati e tettoie per i foraggi. Le tegole sono d'un rosso acceso ed una vite, i cui tralci corrono lungo la facciata, orna di verdi festoni il rustico balcone di legno, a cui si accede da una sgangherata scaletta esterna, e le piccole finestre del piano soprastame. Nell'aia vi è un completo campionario di animali da cortile: galline che razzolano in prossimità di impettiti tacchini, candide oclie che col collo teso procedono in (ila indiana, e alcuni conigli che a balzellone di tratto in tratto, sbucano dalla siepe e vanno a nascondersi sotto il fienile. Un cane steso per terra, con Ja testa appoggiala sulle zampe, sonnecchia, ma con gli occhi semi allerti e ad una finestrella, difesa da grosse sbarre, è allacciato, con caricaturale gravita, un grosso maiale. Quattro o cinque ragazzi dalla d'improvviso si trovano al cospetto di sconosciuti cittadini. Questo quadro di serena vita agreste lia dovuto rimanere indelebilmente iinpresso nella mente della liglia di Eleonora Duse. Infatti — come vedremo più 'innanzi — essa non lo ha più dimeiiti\c'M0- A Parlarci ai loi giunge una vec- M^^^^^t^^i^^f!^. to. Costei non e stata la balia elena « si- g,10rina Enriclictta », ma una cugina a retaInmridcrevqchpedechtalestcmnfapelle bronzata, al nostro giungere, so-l spendono i giuochi e ci osservano con ' tmel timido sguardo e quell'aria un po'\cscontrosa propria dei eòntadineUi che fecpQtaregcBbltdmldella povera Maria Bianco, la quale dallo scorso gennaio dorme nel piccolo cimitero del paese. — Sebbene siano passati tanti anni — ci dice la vecchia — mi sembra di I vedere ancora la nostra Enrichetta, j bianca, rossa e prosperosa, correre :pei l'aia a portare il becchime ai polli, o seguire gii uomini allorchè uscivano con lo bestie, l-a piccina non sembra- rc'rUturSTostT '«SS TySncontadinella, che a soli cinque anni scercava di rendersi utile nei lavori.icLe porte di casa sono confldenzial-\cmente aperte. Una di esse dà nella, valla, nella quale muggiiiano le vac- o e l che, l'altra serve di accesso alla cucina: un localo rustico, nero, arredato con rozze sedie, una tavola e una credenza. 11 posto d'onore ò occupato da un alto camino. Attorno a questo focolare o nella stalla, Enrichetta ha trascorso le sere d'inverno dei suoi primi anni. Due sono invece i locali soprastanti: una camera per i vecchi, accanto al cui giaciglio stava il lettino della « signorina », ed un'altra per i figlioli dei Bianco. A colloquio col balio Seguendo le indicazioni che ci dà la à vecchietta, usciamo sul viottolo ombroi so, e fedeli ad un complicato itinera- i o o i o » Om-! o-l a-1" ,,gn . ^ i- 11 contadino aveva poco più di yene loti'ai un quando gli nacque n primo o-l figliuolo: Antonio. La sua Maria era a-1 prosperosa e aveva latte non por duo, r- "ia per mezza dozzina di bambini. Lo ti iaffermava il medico cav. Vallino, e ei Per questo circostanza il sindaco cav o ! Bonis, il parroco don Ferrerò e la con n l'essa Ciarvini fra le dormo del paese e ai condizioni di far la balia sceglieva Ino lei. Avevano detto ai Bianco rio, riusciamo a rintracciare una località chiamata « Crupiòn », dove il vecchio balio di Enrichetta Buse, si è recato a caricare del iieno. Troviamo il contadino seduto sul carro, con a fianco un piccolo nipotino. Carlo Bianco non dimostra i settantacinque anni che ha. E' alto, asciutto, col volto un po' legnoso, incorniciato da capelli di color grigio ferro; ma nei suoi occhi un po' aloni, allorchè pronunciamo il nume di Enrichetta Duse, si accende di improvviso un vivo bagliore. Con manifesta commozione egli ci parla della che si trattava della bimba di una persona di gran riguardo, ed essi partivano subilo por Torino e si recavano in un alloggio di corso Oporto, 2, a prendere la neonata. In qui'li'occasioil Carlo Bianco non aveva veduto ti: ni; la r. ni; ia Eleonora Duso. Solamente la muglio di b. | lui ora entrata nella, stanza della puer,-l nera (. uo era uscita poi con un preT.: zioso , involto > «he pollava a Levili — iì., n-rand" traffica si ora recata nell: a. '«'S' '•'!_•' ■ w, "«', ar- sua rustica casa una dozzina di gior to,'tu dopo, ed egli con stUEpre aveva ardato quella signora, alta, pallida e stranamente assomigliava all'imagine della « Vergine ». Come era dirsa dalla, sua Maria! Egli non osava ò rivolgerle la parola, riè toccare l'ele -e candida mano che essa gli offria. Solamente alla terza o qua.rta visi, aveva, finito per prender confidena. Più volontieri egli stava però ad scoltarla: gli sembrava che il suo linuaggio fosse una musica. Anche per uesti rustici contadini la voce della use aveva dunque quel fascino partiolare che mandava in visibilio gli ettatori. Il Bianco ci narra che la grande traca andava a. Leynì tutti " erriinunmrounqulatoprsasburefugrva sempre una infinità di raccomanazioni per la piccina. — E queste lettere — chiediamo al ianco — le avete conservate? — No, sono state bruciate. • — Quale disavventura! — ci vien tto di dire al nostro bonario intercutore. — (ìli ammiratori della ca andava a Leynì tutte le volte che suoi impegni d'arte glie lo permette- wano, e quando invece era lontana! Briveva lunghe lettere nelle quali fa-i1iezza, serena e profonda, abbia susc ato in lei il miracolo della maternità n quelle lettere essa certamente dienticava il peso della celebrità per tornare .la donna semplice « buona, non altro preoccupata che della sua reatura. Le lettere al marito della balia Questo nostro commento impressiona videntemente il vecchio. Egli rimane ualche secondo sopra pensiero: poi ci hiede licenza di recarsi alla cascina er rovistare fra la roba della moglie efunta. Rimaniamo in attesa. 11 vechio ritorna poco dopo trionfante, porandoci alcuni fogli. Ha trovato cinque ettere di Eleonora Duse. Leggiamo: « Caro Carlo' Vieni a trovarci, e preto, che ci farai tanto piacere. Euri helta si ricorda sempre di te. Abitia mo in via Santa Teresa .V. », p. s.o. Viei presto! Tanti saluti a tutta, la tua amiglia. - E. Duse ». ^rnZ7^ ^\T°^ ,Duse Caro bal'° c cara finirà mia! Ho ri cvuto In tua cartolina e sono molto elice delle buone notizie di mia Enfii! etta. Ti raccomando di averle sem re In medesima cura, massime con uesto freddo continuo. Io rimango tut a la Quaresima a Venezia, e dopo verò a Torino a riprendere la mia cara bella figlia! Pensa che io conto i giorni e le notti. Ti raccomando Enrihetta. Tua affezzionata E. Duse. - D.S. : Bacia per me Enrichetta, figlia mia enedetta! ». Le benedizioni sul capo della figliuoa si rinnovano anche nelle altre letere: « Caro Balio e cara figlia mia benedetta! - Grazie delle buone notizie. Ti mando in una piccola scatola una bela « buata » che piacerà a Enrichetta sarilui chlivDvliptacarlagdcrpescsaqtoclaaFzmvvNteLNgleuvmllBcsltrj raccomando in questi giorni di carncvale di non fare uscire la bambina se fa freddo, e non farle mangiare cose c.he le possono far male. Ti ringrazio con iun0 jj cuore e benedico la figlia f , . T E igdcnalorola. Ma anche il vecchio contadino siLe scarpette di Enrichetta Con viva commozione leggiamo questi interessanti documenti. — E' tutto quello che si è salvato dalle fiamme — commenta il contadino, il quale prosegue il racconto dicendo che insieme alla Duse si recava a volte a Leynì anche il marito di lei. In due o tre occasioni anzi 6 venuto solo. Noi contadini non siarno eccessivamente espansivi e ci sorprendeva il vedere con quanta effusione la madre o il padre abbracciavano e baciavano la flgliuoletta. Quasi quasi la spaventavano. Debbo aggiungere che mia moglie era un poco elosa ! Tutte quelle visite finivano sempre nella stessa maniera: con molti regali por noi e sempre la stessa osservazione da parte della Duse: « Ma Enrichetta calza delle scarpe impossibili! ». Io allora m'affrettavo ad andarne a comperare delle altre. In cinque anni ne ho acquistato quarantotto paial Vi sembra poco? Credo di aver fatto la fortuna del calzolaio del paese. Enrichetta, invece non si lamentava mai, non chiedeva mai nulla, essa era contenta di vivere come gli altri miei figliuoli, che chiamava fratelli e si stupiva, quando la accompagnavo alle funzioni o a qualche festa scolastica, the solamente a lei i maggiorenti del paese facessero tante feste. 11 vecchio ha trovato la vena dei ricordi e continua a raccontare arrestandosi solo di tratto in tratto per ammonire il nipotino, il quale con la sua vivacità, minaccia tutti i momenti di cadere dal carro. 11 Bianco ci dice che dopo Antonio, fratello di latte della figlia della Duse, era loro nata una bimba alla quale era stato imposto il nome di Enrichetta. L'altra era destinata ad andarsene e la moglie del con ladino voleva che almeno le restasse una creatura da chiamare con quel nome. Negli anni successivi altri due maschietti rallegravano e completavano la famiglia. Quando Enrichetta Duse aveva abIiandonatc Leynì por seguire la madre, tanto l'una quanto l'ultra avevano promesso ai Bianco di non dimenticarli, e tutte e due erano state di pa- ra recato a più riprese a Torino per vederle. Egli ci tiene a precisare, che quelle occasioni indossaci sempre na bella giacchetta di velluto marron, etteva al collo il fazzoletto di seta osso e bleu, e infilava nel braccio n grosso canestro di vimini entro il uale riponeva le più belle frutta del stagione. Ebbene, nonostante fosse osi ben vestito, un giorno che si era resentato all'Albergo d'Europa, dove apeva trovarsi la Duse, si era visto barrare la strada da un signore con n berretto a galloni d'oro (il portiee), il quale pretendeva di metterlo uori dall'albergo, affermando che la rande artista riceveva solamente dei i contadini. Ma il "l"*™™e g™" *»,no? (<de. iani 0 aveva fatto tanto chiasso Anche na cameriera della signora era accor a e allora quel signore gallonato era masto con un palmo di naso, a veder ui che con i suoi scarponi calpestava ricchi tappeti della scalinata. La « sorella di latte » Nel raccontare questo episodio il vechio ha gli occhi pieni di ingenua mazia. Egli si è divertito un inondo nel edere le feste che a lui faceva la use, tutte le volte che andava a troarla e nel constatare come per il bao della sua iìgliuola lasciasse in disarte i signori della città. L'ultima vola che egli l'ha riveduta è stata in ocasione dell'ultima e memorabile sua ecita al Teatro Balbo — Come l'ho trovata cambiata quela povera signora! Solamente in quel iorno mi sono accorto che anche una onna come lei poteva invecchiare!... 11 vecchio non racconta in modo oordinato, ma bisogna lasciarlo pescae nei suoi ricordi, così come gli caita. Egli ci dice che Enrichetta Duse ra andata in Inghilterra, dove si era tabilito il padre "suo. e si era sposata on un professore dell'Università, quai nella stossa epoca in cui si sposava anche la figlia di lui: l'Enrichetta, la quale in quell'occasione aveva rieevu o una lunga lettera dalla sua prima ompagna d'infanzia. Poi era venuta a guerra; i figli del contadino erano ndati al front" e il sseondo, a nome Francesco, cadeva nella presa di Cori ia. Solo l'Antonio tornava, ma infer mo di malaria e perciò lasciava il lavoro dei campi per farsi negoziante di vino e commestibili a Torino, in via Napione. Un giorno del 1921 — è sempre il conadino che racconta. — l'Antonio Bianco era. salito sul trenino che portava ; Leynì per andare a trovare i genitori Nel vagone sgangherato, c'era unii signora elegante, alta, pallida, coi capei i un po' grigi, insieme ad un signore e ad un fanciullo di dodici anni "e ad una bimba di otto. L'Antonio si era voltalo più volte a guardarli curiosamente, perchè essi parlavano in una ingua straniera. Alla stazione di t.eyni a signora si era rivolta al figlio del Bianco e in perfetto italiano gli aveva chiesto se i Bianco stavano sempre allo stesso ciobot. Fu una rivelazione: quela era Enrichetta, la sua sorella di lat tei Vi furono baci e abbracci e anchi Tocosofioluseil lanitafiocoravapedotasiogiiicisiippoil risecoidvaqptoc■pSndpprpursdstdrnetdes. il signore sconosciuto, al quale la mo- glie si era rivolta, aveva pronunziatoldelle parole che dovevano essere dei icomplimenti, sebbene il giovane non le j cornprendesse. Che feste nella casa quando arrivarono gli ospiti. La. vecchia Maria Bianco non finiva di baciare e guardare quella signora, che continuava a chiamare!ia «sua bambina»; poi l'Enrichetta aveva voluto mostrare al marito e ai iigliuoli la camera dei vecchi, indican-ldo il posto dove si trovava una volta U suo lettino, far vedere la stalla, il poi-ilaio. tutto insomma. Nonostante i ca-jpelli un po' grigi, nella casa della sua infanzia, essa, sembrava davvero ritornata bambina, non faceva che ridere. La figlia della Duse aveva allora narrato che il marito, durante la guerra, eia state ufficiale di marina. Essa allora pregava sempre per lui, ma tutte le notti le veniva fatto di sognare che si trovava ancora a Leynì, nella casa dei suoi vecchi, e che insieme a « mamma Maria» si recava nella chiesa dove si trovava quella Vergine davanti alla quale aveva impara tb a pregare. Aveva allora fallo voto che se il marito fosse salvo, avrebbe portato lui e i figliuoli a Leynì per pregare insieme in quella pìccola chiesa di campagna. Aveva mantenuto il voto fatto alla Madonna con tanto maggior piacere in quanto che poteva rivedere i suoi buoni vecchi. I cioccolatini conservati Il racconto, benché semplicemente fiorisca sulle labbra del veccMo Bianco, non riesce perciò meno commovente Ma egli tace d'un tratto come se avesse dato fondo a tutti i suoi ricordi. Dopo un pausa, allargando le braccia, egli aggiunge: Della signora Leonora non mi è rimasto quasi nulla : mia moglie aveva un bel ritratto con la firma, ma se l'è preso mia figlia; c'era un cofano con dei cioccolatini e l'ha ritirato Antonio, perchè aveva paura che i nipotini li mangiassero. Lui dice che bisogna conservarli così, in ricordo di quella grande artista. Io non ho più nemmeno l'indirizzo della signorina Enrichetta; l'aveva scritto la mia povera vecchia tutto a « gambe di mosca », io non potevo leggerlo e l'ho perduto. Ma certamente la figlia della Duse scriverà ancora, perchè essa non può dimenticare questo vecchio ohe l'ha tenuta in braccio quando ora più piccola di costui. F. ili cosi dire il Bianco solleva in rollo il piccolo nipotino 0 lo abbraccia con una tenerezza che si direbbe scouosciutà ad un vecchio e rustico contadino come lui UGO PAVIA.

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