Arte tradizioni e leggende della Città dell'Aquila

Arte tradizioni e leggende della Città dell'Aquila Arte tradizioni e leggendedella Città dell'Aquila AQUILA, settembre. Quel viaggio tanto celebre elio rinethe, fece un Riorno attraverso l'Italia, ha avuto conseguenze straordinario, che ancora OE.gi durano e nessuno si immaginerebbe: ha stabilito l'itinerario obbligatorio per rinuncine, italiano o forestiero, si proponpa di faro il turista attraverso il nostro paese. Sono passali centocinquanl'anni, ma solo gli spiriti indipendenti hanno il coraggio di andare in Puglia, piuttosto che in Sicilia, o di risalire su per lo montagne dell'Abruzzo, piuttosto elio assopirsi nelle soavi auro del Golfo di Napoli. Cosi o dio la città dell'Aquila so no sta sola in mozzo ai suoi monti, od il suo fascino di terra romita rimane sconosciuto a migliaia di persone ilio puro conoscono (In l'ultima pietra dello cittadine umbre o toscane. I novantanove castelli e i loro Santi I buoni costumi abruzzesi vogliono die parlando dell'Aquila non si ometta mai l'articolo, od n preferenza si dica, addirittura « la Città dell'Aquila Che sarebbe conio diro la. città dell'Imperatore, la citta sovrana che tutto il paese intorno chiudo e comprende simbolicamente entro le proprie mura. Poiché vi fu un'epoca che la valle dell'Aterno era sommata di novantanove castelli, tutti in puerra fra. loro; rna l'Aquila. Imperiale scese, seguita dal suo esercito, ad imporre la pace, e fu deciso che i castelli antichi, inaccessibili in vetta ai monti, venissero abbandonati, per costruire la!ittà che affratellasse quelli che fino aiieri avevano spartito solo colpi di col- tello e sassata in testa. A questa origino|l'Aquila devp il suo nome, simbolo del-'tà Ita autorità o del mistico atto che l'aveva n fatta sorgere. L'aria della valle aveva, non si sa che forzo mansuete e pacifiche, e delle grandi guerre fatte in cima al monti, nessuno si ricordò; solo i santi patroni dello parrocchie rimasero indivisi, oprnuno por la gente che aveva pia protetto quando viveva chiusa noi proprii villaggi: Santa Maria di l'affa, Santa Maria di lioio, Santa Maria di Colleiiiuggio — tanto Madonne, quanti orano i paesi di origino degli aquilani! Ma in cielo lo preghiere di tutti i Saliti lo Madonne paesano, si confusero in una sola preghièra; e l'acqua della terra, ohe prima, ogni parrocchia aveva voluto a'.ùngere da. una. fontana separata, fu portata, ad una fontana sola, comune por tutta, la citta, dove si bove la. più deliziosa bevanda, celebro in tutto l'Abruzzo, fresca e lieve; alla quale Io persone accorto proferiscono solo il vinetto nato su ciuci poppi elevati, rosa, frizzante, da bersi sono la pergola di qualche osteria, ipertii sullo scenario sempre nuovo delle montagne. L'Aquila è rimasta un poco in disparte dallo prandi strade della storia d'Italia: chiusa nolla sua vallo, bisogna andarla a cercare apposta, o non e dotto die la si debba sempre trovare, come, avvenne: a Muzio Attendolo che. mandato a socrrere la città assediata da ricaccio da Montone, una volta si perdette su pel Piano dille Cinque Miglia, è ridiscese a marce forzate verso Napoli; credendo di essere in Abruzzo; e la seconda volta Dinegò addirittura nella l'escara. Ma onesto vivere appartata, superba nella sua distanza, ha fatto si che l'Aquila conservi una fisionomia, che e viva e parlante nella sua arte e nella sua storia, e le ha permesso di sfuggire la. prilla volta ni livellamento del Rinascimento toscano, noi quale sono andati distrutti tanti caratteri delle nostro regioni; e la seconda volta alla spogliazione spagnola, che ha immiserito o paralizzato il Regno delio. Due Sicilie in un modo fosco e tetro, del quale ancora oppi dovunque sono palesi le tracce dolorose. Arte originale Ricchissima di monumenti i quali risalgono tutti al suo secolo più plnrioso, il Quattrocento, non c'è nulla che faccia ricordare, nell'Alpina, lo città della Toscana e dell'Umbria che hanno toccalo il loro splendore nel medesimo tempo e nelle stesse condizioni: la liberta del Comune che permetteva ad un patriziato attivo ed agiato di esercitare tutte le sue doti geniali nella politica, nell'arto, nella scienza, nella mercatura, ed all'occorrenza anche nella guerra. Gli abruzzesi fecero tutte queste co se, come i senesi, i fiorentini, i pisani, perugini; ma le fecero a modo loro: eh bero i loro grandi santi francescani, e ne dipinsero le storie; ma senza lasciar si impressionare troppo, nè da Giotto nò da Masaccio. E quelle novantanove chiese, di cui ancora oggi rimangono numerosissimi esemplari, tutti in uno stile romantico cui l'occhio degli aquilani doveva essersi familiarizzato in modo da non potersene più disabituare, hanno una loro linea severa, un poco dura, che ricorda l'austerità tagliente dell'orizzonto alpestre intorno alla città, così diverso dalla dolce sfumata collina umbra o toscana. Non si sa perchè manchi, nelle nostre storie dell'arte, ima caratteristica della pittura abruzzese. Si può leggere, in tutti gli autori, che Cola della Ainatrice, per esempio, è un « ritardatario ». E, davvero, questo contemporaneo di Raffaello metteva nei suoi quadri lauta agitazione, ancora gotica e già barocca, piena di romanticismo, di violenza, dì voluta indisciplina, da apparir» un barbaro a chi confronti la sua ? assunzione Pj. a lutu ac. tato fieri attacchi Eppure gli spagnoli cessfblle nella Pinacoteca Vaticana, con le opere dell'Urbinate esposte nella sala adiacente. Eppure di questi ritardatari », di questi » barbari », non è fatta gra.n pano della storia d'Italia? Essi sono i riho.lli, gelosi della propria individualità originale, che pre.frtriscono dibattersi tutta la vita neircslenuante dramma della creazione piuttosto che seguire la moda imposta dai grandi maestri. E' nei peli-egri na.L'ei provinciali, lontano dagli itinerari del gran turismo e .della grande ftoria, che si ritrovano questi più genuini volti dell'Italia. Ed è chiaro elio il nostro Quattrocento non lo può intendere olii, dopo Firenze e Siena., non visiti l'Aquila, corcando di stabilire, i precisi rapporti che vi sono fra le nudo dolomiti che chiudono torno torno !a città e la bolla e dura linea dello sue caso: l'asprezza della storia e la piazia quasi infantile della, parlata popolare; la rigidità del '-lima od 'I verde intenso della campagna., Tutta, una. vita fatta dì contrasti; -ma non dolorosi nè tali da turbare pli spirili; piuttosto una dura milizia sopportata con spalle così forti, da permettere di sor-ridere anche in mezzo alla, battaglia. Strana citte, l'Aquila, veramente; che malamente si rio^cp. 3, definire. Poiché è tutt'altro che multiforme; ristretta dentro le mura, è ?»mpTo rimasta usuale a se stessa. Ha. sopporsooolari asseti, non sono riosoi- ti a lasciarle altro dio un brutto e tozzo castello, castello da. pianura. schiacciato dentro terra dall'aereo pao-sajrpio che. lo domina. I-", dei martiri della libertà aquilana, die chiusi nel-le segrete di quel castello morirono di fame, la città, quando dopo molti cen to anni ne ritrovò i corpi mummificati, non seppe farne altro uso che esporli, come una curiosità, nel museo. Bisogna dire davvero eh" là retori,-a non alberga in quopli spirili, e lo cose più dure della vita sanno sistemali-; senza nessun patema d'animo! Il miracolo dì San Giovanni da Capesfrann Ma forse, per mepJio intenderla quest'anima clic non ama drammatiz zare lo cose, questa sana flemma, quo sta chiarezza e lievità di cuore, hlso pnerà fermarsi ancora un poco rie museo, davanti a un quadro di Sebti stiano di Coito, che mirra la vita. San Giovanni da Capestrano, 1 papno di San Bernardino. Guardatelo questo santo gigantesco insaccato dontre il suo saio cricio, oh! vo o co] crosso naso piantalo Tra duoocchietti lutt'aitro che assorti nell'in-finito, ma pieni piuttosto di una maliziosa attenzione'! F. poi vedete lo .■ scene » intorno: San Bernardino predicao caccia i demoni, sulla porta, della chiesa, circondato dalla folla dei fedeli e da nuvoli di divertentissimi diavoli ebo scoppiano in aria come racchette. Una folla minuscola, c'io circonda una grande piazza. Ma in mozzo a questa piazza, ben piantati sulle gambe larghe, due uomini ragionano, volgendo allo spettatore le spallo ed il profilo, tracciando per aria larphi sosti colle mani vasto come spatole, sentite calare lo parole una a. una da quello bocche ben disegnate, parole ponderatissimc di spettatori elio non si lasciano impressionare dal miracolo; vi credono, certamente, ma. lo capiscono e lo giudicano, c io collocano in un mondo noi quale si muovono con una quadrata sicurezza, quadrata come la composizione del quadro. E dall'altra parte, la scena di un miracolo di San Giovanni da Capostrano completa questa bolla maniera di credere senza sbilanciarsi troppo: l'esercito turco è schierato contro i cristiani, e lamia nugoli di frecce e di saetto: ina il Santo alza, la mano benedicendo, e frecce o saetto si ripiegano o tornano indietro a colpire chi le ha lanciate. Ma mentre piccola piccola in fondo al quadro si svolpe questa battaglia, il solito giocane robusto e ben disegnato, piantato in primo piano, con una lancia trullsge un infedele cadutogli al piedi « Aiutati che Dio t'aiuta » e « Prudenza non è mai troppa », ecco proverbi che qui si estendono e suonano durevoli conio un poema. E poi, usciti dal Museo, vi proponiamo una gita ad Amiterno, l'antica città romana, a pochi chilometri da Aquila. No sono rimasti solo il teatro, non lo suo gradinate scavato alle prime falde (lolla collina, e la cerchia dell'anfiteatro vicino al tinnir, con un respiro d'aria fresca mandato dai pioppi. Ma un bizzarro caso ha rivestito di viti tutto il giro del teatro; o la platea dell'anfiteatro è divenuta un rigogliante campo di grano. Non si può trattenersi dal rilletere su questo oscuro simbolo, la vito ed il vino dio crescono sulla collina aerata, hi dove un pion-no suona vano le parole ispirato dei poeti; ed il grano che prospera sulla Urrà die un giorno fu cortamente intrisa del san gue di uomini combattenti e di belve uccise. Cosi ci sembra che tutto l'A bruzzo, e più questa sua città cos misteriosa nelle sue serene parvenze traggano una vita pacata o semplici sopra uh terreno nutrito di fonda e intensa spiritualità in cui grano e sangue, vino e poesia mescolano l'odore ed il sapore. ALBERTO SPAIMI. lioru-

Persone citate: Aquila, Imperiale, Muzio Attendolo