L'apostasia di De Gas

L'apostasia di De Gas L'apostasia di De Gas PARICI, settembre Le Ietterò di Edgardo De Gas che avrei voluto veder pubblicate da Marcello Guérin non sono propriamente quelle che costui ha rintracciate nell'archivio familiare di Giulia, Gabriele ed Enrico Fèvre, nipoti del defunto pittore, o nei cassetti della vedova dello scultore Bartholomé e degli eredi di pochi altri contemporanei parigini: sono quelle che con tutta probabilità ingialliscono a Napoli fra Je carte dei membri rimasti italiani del parentado De Gas: del duca Morbilli, che sposò Teresa, sorella di Edgardo; del barone Bellelli, cbn spos'j una sorella di suo padre, Leura j dei duca Montejasi-Cicerale, eh" ne :-:pnsò un'altra, Fanny. Giacché per quanto abbia fatto il De Gas per dissimulare e dimenticare le proprie origini e per quanto studio abbiano posto i suoi molti congiunti nel rendergli la pariglia, è fuori discussione chi', alniruo sino al 1886, i rapporti tra il ramo francese e il ramo italiano della Casata rimasero ininterrotti, non foss'altro che in conseguenza delle complicate questioni di interessi ohe li obbligavano ad occuparsi l'uno dell'altro. Ora confesso ebo, dopo molto scartabellare, non ni'è riuscito, qui a Parigi, di raccogliere gran che di esauriente sulle vicende interne della irrequieta tribù. Quel che risulta dal carteggio esumato dal Guérin (Lettres de De Gas, Parie, Grasset, .1931) e dailla collezione di ritratti di mano dell'artista, esposta attualmente alle Tuilleries nei saloni dell'Orangerie è che la famiglia De Gas, napoletana, era numerosa e che, come tante altre famiglie numerose del nostro sangue, sciamò per il mondo. Augusto, padre di Edgardo, venne a stabilirsi a Parigi poco avanti la metà del secolo e vi aperse una Banca. Un fratello di lui andò a cercar fortuna alla Nuova Orléans, fondandovi un'azienda per l'esportazione del cotone, ma, privo di eredi, di lì a qualche anno propose a due dei figli del banchiere di raggiungerlo e di prendere l'azienda a loro conto. Titolari della nuova ditta De Gas brothers furono così \ Achille e Renato, in compagnia del ' secondo dei quali, di dieci anni minore di lui. Edgardo fece per diporto nel 1872 la traversata dell'Atlantico. Una tela da lui dipinta nel 1873 ; ci mostra l'ufficio dei tre cotonieri, ! col vecchio zio sbarbato all'americana , •! i.,u-_ esanunante in primo piano, il tubino i• i ■ 1 ,-, ,■ sugli occhi, una partila di merce, e ?, . , ■ i1 ,• A v-n» | nello sfondo i due nipoti: Aahille, ! , ,, j- , -i i- f j' seduto in atto di leggere il listino di borsa, e Renato in piedi appoggiato a una scansia. Il pittore rimase alla Nuova Orléans coi fratelli pochi mesi, eseguendovi parecchi ritratti, sui quali, rimasti probabilmente in America, mancano notizie precise, la sola tela nota dell'epoca essendo la così detta Femme à la potiche, effigie di Estella Musson, vedova di un ufficiale americano che Renato aveva sposata iu seconde nozze e dalla quale aveva avuto tre figli. Il trapianto di là dall'Oceano non sembra, a ogni modo, aver dato frutti duraturi. Rimasto vedovo, presto, Renato riprese moglie in Francia negli ultimi anni del secolo e vi morì nel 1920, mentre Achille, lui, era morto sin dal 1893; circostanze le quali inducono a supporre che l'azienda sia stata liquidata in capo a non molto tempo. I De Gas non furono mai grandi uomini d'affari. Degli altri figli di Augusto, Teresa sposò, come ho detto, il duca Mor- .Dilli, tornando alla culla napoletana " i\_ v\: I ! della famiglia. Di spiccato tipo meri dionale, il fratello la ritrasse a più, riprese, intorno al 185o, quando pò- fatro nvprp 9n n V.ft AT1T11 ■ Un A VnltA i teva avere 25 o 26 anni; una volta da sola, in cappellino cabriolè con un largo nodo di nastro rosa che dà risalto al bruno tutto napoletano i ' della carnagione un altra insieme col marito, in una tela di composizione | bellissima, purtroppo incompiuta, i■ o più accordato? O fu sempheemen-1 r. .. „ _ r ■ , ,.iQuest'ultimo quadro, tuttavia, invece di finire, come sarebbe stato naturale, in casa Morbilli, alla morte di Edgardo si trovava ancora nel suo studio. Dobbiamo credere che i rapporti fra l'artista e la sorella rimasta italiana subissero una crisi e che il ritratto non venisse più richiesto te che il De Gas pensava una telr, di quell'importanza esser meglio restasse in Francia? Certo è che di tutti i ritratti di famiglia da lui dipinti quasi nessuno giunse mai a passare le Alpi, ossia a seguire i modelli a casa loro ; meno che ogni altre, naturalmente, i due, importantissimi, esposti all'Orangerie: quello della zia Bellelli con le due figlie Giovanna e Giulia, dove si vede, di scorcio, anche la testa del marito, e quello, tutto in nero, della zia Montejasi-Cicerale, seduta su di un canapé mentre le figlie Elena e Camilla sterdono le mani verso una tastiera invisibile. Opere robuste e meditate, Edgardo fece per esse, fedele ai suoi netodi di investigatore attentissimo, inpressionista più di nome che non di fatto, molti schizzi e bozzetti, il che vieta di supporle intraprese pei togliersi di dosso dei parenti importuni e abbandonate in un canto per noja : ma, finite che furono, tanto l'ima che l'altra, insieme con un nucchio di studi acecssorii a matita sulla Bellelli, rimasero intatte e intangibili nel suo studio, dove la prima delle due stava ancora alla sta morte e fu poi acquistata nel 1921 dal Louvre, mentre la seconda a vendette l'autore medesimo, una bilia somma, alla famiglia David-Weill Il procedere di Edgardo cambia soltanto quando entra in gioco Margherita, la sua seconda sorella, maritata a un francese, il Fèvre, e rimasta in Francia. Ver» costei, appunto perchè diventati francese al pari di lui, intimità e tenerezza non conoscono eeclissi. I che ritratti ad olio fattile verso il D60 entrarono subito trionfalmente in casa Fèvre, Nizza, dove rimasero indisturbati ino alla morte del modello, allorché tre figli che ho nominati sopra li onarono al (Louvre. E il più curioso si c che Edgardo lasciò in eredità a questi nipoti francesi anche i ritratti dei parenti italiani non consegnati ai titolari, e fra gli altri quello grande dei coniugi Morbilli, nel tempo stesso che un altro grande ritratto ad olio ed uno a pastello di Teresa toccavano, come molti autoritratti dell'artista, a suo fratello Renato, col quale, dal suo ritorno dall'America) l'intimità non era stata meno viva e costante. iLa storia dei ritratti dipinti da Edgardo De Gas ci prova insomma il distacco prodottosi fra i due rami della famiglia a mano a mano che gli anni passavano e che la separazione si faceva più lunga. Il banchiere Augusto teneva ancora frequente e affettuoso commercio con le due sorelle e il fratello di Napoli: egli morì del resto., nel 1874, appiè del Vesuvio, quasi sciogliendo il voto di ricongiungersi con la terra natale. I figli suoi, invece, nati o naturalizzati francesi, andati a scuola a Parigi — Edgardo aveva fatto gli studi secondari al collegio Louis-le-Grand — non tardarono a scordarsi dell'Italia per attaccarsi alla nuova patria. Il loro fu, purtroppo, il destino ordinario di tanti emigrati. Nel Settanta, soldato di artiglieria, Edgardo si battè per la Francia : e al contatto dell'uniforme straniera parve restassero cancellati anche i suoi ultimi debiti morali verso la città partenopea, che non era più nemmeno borbonica. Eppure l'occasione per riprendere contatto durevole con la nazione del suo sangue non gli era mancata, quando, nel 1856, il padre lo aveva mandato a Roma per perfezionarsi nello studio dell'antico. I quattrocenteschi, specie il Mantegna, lo avevano tanto innamorato, con la profondità del loro disegno, quel disegno che resterà cardine supremo del suo travaglio d'artista! Ma nella stessa Roma, se l'antica pittura italiana lo riempie di ammirazione, i compagni delle sue giornate non cessano d'essere francesi — un Delaunay, un Moreau, un Bonnat — i suoi modelli continuano a chiamarsi Ingres e Corot. Poteva, del resto, l'Italia del 1856 lottare con ja Parigi splendente del Secondo Impero nell'animo di un uomo vissuto quivi dall'infanzia, quando se ne lasciava così facilmente eoclissare nella memoria di chi aveva trascorsa l'iti' tera gioventù nella penisola: un De Nittis, un Boldini, un Chiariva? „ „ XT .. , Sebbene a Roma e a Napoli Jid- , y-, , - 1 jardo De Gas dovesse fare di poi ° T, . . r. molti altri viaggi, egli non sembro . . . 66 ' 6 ,. . , mai venirci con soverchio trasporto XT , , a , rj u Nessuna contentezza trapela dalle ettere scritte di laggiù agli amici francesi, coi quali non si intrattiene se non della propria smania di rivedere le rive della Senna. Vero è che l'amore del paesaggio non mise mai sottosopra questo fanatico della fi' gura umana: comunque, ci voleva una discreta dose di indifferenza per vantarsi, nel 1886, dopo essere stato già a Napoli numerose volte, di non avere ancora messo i piedi a Baja nò a Pozzuoli, nè al Fusaro ! La sola pas seggiata che gli sorrida è quella di Posillipo: ma va a Posillipo, dice, per consolarsi di non poter andare al Trocadero, confessione che, francamente, mi farebbe dubitare del suo buon gusto se non preferissi dubitare della sua sincerità. Nel dicembre del 1873, l'anno successivo al ritorno dal la Luisiana, costretto ad accorrere a Torino dove suo padre, in viaggio, per Napoli, s'è improvvisamente amma- lato, scrive con malumore: «Eccomi conC to qui, in pieno Piemonte, lato, scrive con malumore: « Eccomi coni to qui, in pieno Piemonte, . . , n '. -ti,... _ j.n_ ■' lungi dalla mia pittura e dalla mia vita ». Nel 18S6, dalla sua camera ^ . confida in una lettera al- ,, 6? -r. , , i * ^ • 1 amico Bartholomé: « Qui non sono più se non un francese molesto. Vor rei già essere di ritorno». Gli è che probabilmente ormai nemmeno zii e P entusiasmo esto « ^ schizzinoso, il r P quale ad ricorda di loro solo quando sono in ballo questioni di interesse. Proprio quell'anno nel parentado dovevano esser sorte gravi controversie di successione. Edgardo fu costretto a prendere un avvocato ; e, circostanza che ci fornisce la misura del suo isolamento in piena Napoli e in mezzo a una tribù di congiunti, do » .. ,. 6 , vette farsene indicare uno dal con- sole di Francia ! Di che si trattava ? A quanto risulta dal suo carteggio con Ludovico Halévy, il popolare autore drammatico, si trattava del riscatto di una proprietà possieduta dall'artista in comune con la cugina Lucia, figlia di Edoardo De Gas, l'unico fratello del banchiere Augusto. La ragazza essendo alla vigilia di andar sposa al marchese Guerrero, ufficiale dell'esercito, desiderava, per sua comodità, rendersi padrona anche della parte del cugino. Questi, dal canto proprio, era lietissimo di cedergliela, » avendo più caro di lasciare un nome di buon pittore in Francia che non di piccolo proprietario in Italia » ; ma voleva fargliela pagare il più alto prezzo possibile. Di qui dissapori e contrasti, che non è difficile comprendere come avessero per effetto di concorrere ad appannargli il fascino di Chiaja e di Mergellina. Dell'apostasia di colui che dal 1861 n poi aveva smesso di firmarsi De Gas per infranciosare anche il proprio nome, fanno fede, del resto, gli stessi languidi rapporti corsi fra lui e gli altri artisti italiani di Parigi. Il solo pel quale nutrisse una certa amicizia fu il De Nittis, forse perchè potevano insieme dir male di Napoli; sebbene alla moglie del popolare pittore di genere, una francese cui verso il 1880 fece il ritratto col figlioletto, De Gas non sapesse perdonare di aver troppo speculato sulla celebrità del marito. Del Monticelli e del Modigliani, allora poco noti, non pare si sia mai dato per inteso. Per Boldini nutrì sempre mediocre simpatia, cosa che d'altronde non può sorprendere, avendo entrambi carattere fcufc- t'ailtro che facile. De Gas dava al ferrarese del vililan rifatto; fecero però insieme nel 1889 un breve viaggio in Spagna, viaggio cui il primo dei due si era preparato sul libro del De Amieie, probabilmente dietro consiglio dello stesso Boldini. Cordiali furono i rapporti fra il De Gas e il Manzi, altro napoletano: ma qui era in campo l'interesse professionale. Laureato ingegnere a Torino e venuto a Parigi sui venticinqu'anni dopo aver fatto le fucilate a Porta Pia, il Manzi con■duceva in società con un francese, il Joyant, un florido negozio d'arte sul boulevard des Capwcines. Intimo di molti italiani, fra cui lo Zandomeneghi, un veneziano stimato anche dal De Gas, e a tempo perso incisore e acquafortista di garbo egli stesso, dalle sue officine uscirono, fra il 1890 e il 1900, una serie di albumi di disegni di artisti di grido rimasti sin oggi veri modelli della riproduzione in colori. Primo della serie fu l'album dedicato al De Gas. In compenso, questi ritrasse il Manzi in un pastello che lo rappresenta nel suo laboratorio della me Forest e che, a differenza dei ritratti dei parenti napoletani, toccò al ritrattato. Ricordiamo ancora, per la cronaca, il ticinese Luigi Chiariva, animalista e paesista di merito, che, dopo aver frequentati a Milano i corsi di Brera, aveva sta diate al Politecnico di Zurigo la chi mica dei colori e che dei risultati dei propri studi fece generosamente parte al De Gas, e avremo esaurito l'elenco delle amicizie italiane di quest'ultimo. Tali amicizie, di cui nella maggior parte dei casi costui non si valse nemmeno per parlare la propria lingua, rimasero tuttavia accidentali e sporadiche e non ebbero punto come effetto di mantenerlo in corrispondenza spirituale con l'atmosfera italiana.'! suoi veri amici furono francesi: l'Halévy, il Bartholomé, il pittore Rouart, il Renoir, il Pissarro, coi due ultimi dei quali si riuniva sovente, ai tempi eroici dell'impressionismo, in un caffè del boulevard des Batignolles. Come, purtroppo, molti altri artisti del suo sangue, tutta l'ambizione del napoletano si ridusse, insomma, all'essere « buon pittore in Francia ». Se ne andava di mezzo l'Italia, tanto peggio per l'Italia! E' la solita storia. Quanti non ne abbiamo perduti, cosi, attraverso i secoli, di pittori, di musici, di cantanti, di ballerine, di ministri, di generali? Se dovessimo fare il catalogo di tutto l'ingegno che lo straniero ci ha rubato, avremmo bisogno di un volume. Parigi, Vienna, Londra, Pietroburgo, Nuova York : dalla fine del Rinascimento il genio ita liano vi è stato, oserei dire, all'incanto. Eterni emigranti, eterni giro¬ vaghi, con un pugno di zecchini, di talleri, di luigi, di sterline, di dollari ci hanno comprati quanto hanno voluto. E meno male allorché grazie a un esodo collettivo riuscì all'Italia di mantenere all'estero, anche nei suoi tempi più tristi, dei focolai di cultura originale: quello che si perdeva in casa lo si guadagnava fuori. Ma come rifarsi dell'ingegno perduto a stilla a stilla cioè a uomo a uomo e irrimediabilmente assorbito dalla cultura altrui come la terra arida assorbe l'acqua dell'orcio bucato? Il caso di Edgardo De Gas non è se non uno fra mille. Se ancor oggi cercassimo bene negli studi di Montparnasse, non vi troveremmo forse un De Chirico, un De Pisis, un Tozzi, un Campigli e dieci altri artisti d'ingegno pronti, per poco che la fortuna li assista, a continuare la serie? Lo stillicidio perdura. 'Che cosa trovano, costoro, a Parigi? Se lo chiedete a loro vi risponderanno: l'ispirazione. Io credo vi trovino semplicemente oper lo meno vi cerchino, i mercanti di quadri, le mcdele, le esposizioni, la clientela intemazionale, la gloria facile. Perchè lo stillicidio dell'ingegno italiano fuori dell'orcio nazionale cessasse, bisognerebbe che a tutto questo gli italiani imparassero a preferi re l'Italia. CONCETTO PETTINATO.