L'Ente Adige-Garda

L'Ente Adige-Garda Aziende di Stato L'Ente Adige-Garda Bisogna anzitutto domandarsi: è l'Ente Adige-Garda una azienda di Stato? Certamente no; ma è un'azienda costituita in base ad una legge dello Stato, che si è in seguito sviluppata attraverso l'intervento di istituti parastatali e che ultimamente ha ottenuto per un mutuo la garanzia sussidiaria dallo Stato. Ad ogni modo è inutile discutere sulla costituzione dell'Ente e sulla sua definizione giuridica, quando si pensi che dall'origine, cioè dalla legge 24 marzo 192!. n. 443, con la quale l'Ente veniva creato, alla conversione del decreto legge 30 dicembre 1929, concernente il mutuo ricordato a favore dell'Ente autonomo Adige-Garda, tutto si è svolto nell'ordine delle pubbliche amministrazioni e degli organi statali. Ora l'Ente Adige-Garda sta passando un momento difficile. Ma avviene un fatto strano; nel mentre tutti gli industriali non hanno esitazioni a riconoscere che le loro aziende passano momenti diffìcili, basta che un'azienda di Stalo confessi le sue difficoltà, perchè non solo nasca lo scandalo, ma tutti si sentano autorizzati a ripetere un vecchio luogo comune, cioè che la cosa è naturale, perchè lo Stato e le amministrazioni pubbliche in genere non hanno mai saputo gestire .un organismo industriale. Abbiam visto crollare centinaia di iniziative private, talune delle quali ha avuto le conseguenze di un terremoto, e nessuno si è meravigliato. So un'azienda di Stato, giunta a un certo punto del suo sviluppo, dimostra la necessità che hanno tutte le aziende, cioè di consolidarsi attraverso i;:t aumento di capitale o di convertire i proprii debiti in capitale, avviene il solito scanagliamento di tutti gli interessi d categoria. Eppure nella situazione dell'Ente Adige-Garda non vi è niente di straordinario. Vediamone un poco la storia. Costituito con 24 milioni di capitale tra le provinole di Verona, Mantova, Modena e Bologna; i comuni di Modena, Bologna, Verona e il Consiglio dell'Economia di Verona, per l'utilizzazione delle acque del Ponale e del lago di Ledro, ridotto a serbatoio, mediante la grande centrale di Biva di Trento (circa 100 milioni di chilowattora all'anno), alla fine del 1928 cominciò ad avere l'impianto di produzione completo e qualche linea principale, avendo speso, oltre il capitale, anche 65 milioni presi a prestito e prevedendo di spendere altri 20 milioni per completare la rete di distribuzione. Tutto ciò secondo calcolate previsioni e avendo incontrato o fatto niente di straordinario, rispetto al programma iniziale. Fu in quel tempo, cioè verso il 1928, che si cominciarono da parte dell'Ente le pratiche per un finanziamento che potesse dare la tranquillità all'Ente, in luogo di continuare con dei finanziamenti provvisori onerosissimi. Ma proprio nel 1928, quando cioè l'Ente poteva cominciare la distribuzione della sua energia, cominciarono tutte le lotte aperte o subdole per provocarne la insufficienza e dimostrare quindi la sua incapacità. Eppure chi avesse voluto provvedere a ragion veduta, avrebbe potuto rendersi conto, come si resero conto due periti che hanno nome illustre nel campo della tecnica, e dell'industria, i professori e ingegneri Lorenzo Ferraris e Giancarlo Vallauri, accademico per giunta, i quali dimostrarono in una loro relazione che l'Ente con i suoi impianti, con le sue reti di distribuzione, anche sopportando l'onere di alcuni contratti legati a finanziamenti, e perciò pesanti, avrebbe potuto vivere e progredire. Per tutto il 1929 continuò da parte dell'amministrazione dell'Ente l'affannosa ricerca di un finanziamento, e noi abbiamo assistito alla situazione disgraziata offerta dal fatto che alcuni degli stessi amministratori che rappresentavano gli enti pubblici, erano i meno convinti e i meno fiduciosi dell'andamento della loro azienda. Inoltre le stesse aziende comunali di Verona e di Modena, che dovevano essere le prime ad andare incontro all'Ente Adige-Garda, dimostrarono ripetutamente di non voler concludere niente. C'è stato perfino il pericolo della cessione all'azienda municipale di Modena, e gli stessi consorzi di irrigazione e di bonifica che dovevano trovare nell'Ente un alleato, cedettero viceversa alle lusinghe delle imprese private. Si assistette così al tentativo, in parte riuscito, della demolizione di un piano che aveva ogni probabilità di riuscita, data la sua impostazione e il suo fondamento di carattere industriale. L'Ente Adige-Garda, infatti, collegato da una parte (Trentino) con le aziende elettriche municipalizzate di produzione (Bolzano-Merano, Trento, P.overeto-Biva) e dall'altra con quelle pure di pubblico interesse, capaci di assorbire l'energia (attualmente l'Ente trovasi già a Verona, ■Vicenza, Mantova, Modena e Bologna, ma collegamenti con altre aziende municipalizzate sono pensabili e fattibili in un futuro più o meno prossimo), l'Ente Adige-Garda, diciamo, potrebbe costituire la naturale congiunzione, e rafforzerebbe in modo cevidente la posizione delle aziènde pubbliche di tutta la regione. Forse appunto di fronte a questo piano si accesero maggiormente le opposizioni; le quali agirono nel senso di gettare il discredito sull'Ente, per rendergli difficile il finanziamento che lo liberasse da una situazione precaria. Al tempo della approvazione del decreto 30 dicembre 1929 che prevedeva l'accensione di un mutuo di 105 milioni, la esposizione cambiaria dell'Ente saliva in cifra tonda a 81 milioni. Ma in quella relazione si prevedeva già che la cifra fosse salita secondo gli ulteriori bisogni dell'allargamento della rete di distribuzione, e infatti si domandavano 105 milioni. E' da notare che fra gli istituti {impegnati vi erano, c certo vi sono ancora, la Cassa di Risparmio di Verona e Vicenza per 13 milioni, l'Istituto di credito per il lavoro degli italiani all'estero per 21 milioni e mezzo; la Banca del Trentino e dell'Alto Adi^e per 30 milioni; la Società indù-ni e la Cassa di Risparmio di Veronaé Vicenza per 3 milioni e mezzo. L'elenco fa naturalmente pensare che uuesti istituti abbiano avuto piena &• Óucwi nell'azienda per il suo caraj- tere di ente pubblico, pensando che a così importante impresa di pubblico interesse non venisse mai a mancare l'appoggio dello Stato. * * * Questi particolari danno solamente una modesta testimonianza delle lotte attraverso le quali dovette farsi strada l'Ente autonomo Adige-Garda, al quale d'altra parte si negavano i mezzi. Con quale autorità e con quale credito l'Ente potesse continuare la sua opera tutti possono giudicare. Lo stesso finanziamento previsto dal decreto ricordato, attraverso la garanzia sussidiaria dello Stato, è praticamente fermo, dopo oltre un anno. Quasi presaghi di quello che doveva avvenire, noi scrivemmo nel marzo del 1930 che malgrado il decreto che approvava il finanziamento, le difficoltà non sarebbero finite. E infatti non sono finite, perchè l'Ente Adige-Garda è alla vigilia del fallimento. Si è lasciato che i finanziamenti provvisori diventassero farraginosi e ingombranti; e qualcuno ha criticato anche gli amministratori per il fatto di avere ricorso troppo spesso alle cambiali. Infatti nel 1930 si sono spese quasi 200 mila lire solo per rinnovare le cambiali. Ora noi domandiamo so una qualche attenuante non possano avere gli amministratori di quel tempo, visto che hanno dovuto continuare a lavorare nell'incertezza, senza avere ascolto da nessuno. Fra le tante accuse si è ripetuto, per esempio, che si sono spesi troppi milioni m decorazioni esterne per la centrale. Ora, si tratta di pietre del luogo, squadrate, con le più sempli ci linee e sagome che si possono immaginare. Molto meno di quello che si è fatto in centrali che tutti conoscono, chiuse in vallate alpine appena accessibili, mentre qui siamo al limitare della città di Riva, la quale aveva diritto a un qualche riguardo. Ma tant'è. Quando si vuol criticare, lo materia si offre. Ma chi non ha offerto il fianco a queste critiche? L'impianto dcll'Isarco che oggi orgogliosamente si mostra all'attenzione anche degli stranieri, non è stato considerato impresa da pazzi? Gli impianti della valle del Tooe che si considerarono un modello di perfezione per lo sfruttamento integrale del aacino idrografico, non sono stati smantellati appena finiti, per dar luogo a impianti concepiti diversamente? Evidentemente il discorso intorno alle critiche e alle difese diventerebbe molto lungo, e non è il caso che si faccia su un giornale. A ogni modo è il caso di ricordare non tanto la stranezza, quanto la gravità della situazione che si è fatta a un Ente che ji continuiamo a considerare statale, in quanto lo Stato lo ha farlo nascere, e gli ha offerto la sua garanzia ner crescerei Può darsi che l'Ente Adige-Garda sia nato in un clima diverso dall'attuale, in quel tempo nel quale per tutti i fiumi del Veneto si era previsto un eguale ente, per arrivare alla socializzazione delle acque, affermata nel convegno socialista di Reggio *" milia nel 191fi. Tuttavia dal 1921 ad oggi c'era modo di decidersi se si doveva conti no ire o si doveva troncare. E forse le condizioni sarebbero state ben diverse anche nella eventualità di una cessione alla industria privata, la quale invece sa che oggi può fare quelle condizioni che vuole per rilevare uno dei più belli e preziosi impianti costruiti nell'ultimo decennio. Proprio recentemente il tema dell'intervento dello Stato nella privata economia è stato ripreso con larghezza e con esplicite affermazioni da parte di uomini che non sono usi a improvvisare pareri e teorie. Ricordiamo i senatori Berio e Pironti, i consiglieri di Stato Scalise e Petretti, l'on. Carapelle. Alle idee espresse con fermezza, ma con misura, affrontando luoghi comuni che formano la delizia di coloro che non amano guardare la realtà, anche noi abbiamo reso omaggio, nel senso che la realtà stessa impone talvolta l'intervento dello Stato all'infuori di qualsiasi tesi o principio, quando l'iniziativa privata sia insufficiente, o minacci l'equilibrio dell'interesse generale per essere strapotente. La conclusione però della nostra partecipazione alla discussione è stata questa: piuttosto di pensare per il momento ad altri interventi (visto che siamo ancora al punto di intervenire — come ha dichiarato il Duce nel suo discorso in Campidoglio — per necessità e non per principio), non sarebbe il caso di difendere l'intervento dello Slato dove si è già affermato? Ecco il punto più delicato della questione, da tener presente a proposito dell'Ente Adige-Garda. Intorno a questo Ente fino a ieri vi sono stati propositi incerti, e la diffidenza talvolta ha reso amara la fa,tica anche ai meglio intenzionati. Ouasi sempre si è trovato modo di superare gli impedimenti per inerzia Perchè ora non si dovrebbe difendere l'Ente con volontà e convinzione dopo aver provveduto a risanarlo' come è fatale che venga fatto da chiunque debba provvedere alla sua esistenza? Certamente il problema dell'intervento dello Stato è grosso e farà consumare molto inchiostro e molte parole. , . ... Ma se il difendere ì pnncipn per l'indomani è nobile causa, il salvare il fià fatto oggi vale di più, e rappresenta un utile invece di un disastro. ALFREDO GIARRATANA.

Persone citate: Berio, Carapelle, Duce, Giancarlo Vallauri, Lorenzo Ferraris, Petretti, Pironti, Riva, Scalise