Parigi vorrebbe eludere Ginevra attirando Berlino eludere Ginevra nel proprio gioco

Parigi vorrebbe eludere Ginevra attirando Berlino eludere Ginevra nel proprio gioco Parigi vorrebbe eludere Ginevra attirando Berlino eludere Ginevra nel proprio gioco Parigi, io notte. Con maggiore o minore Intemperanza, gli attacchi contro l'Italia per la posizione presa e riconfermata nel campo del disarmo, e per l'idea di sospensione degli armamenti lanciata a Ginevra dall'onorevole Grandi, continuano. Non v'è che la Depiche Coloniale a scrivere benignamente, non sappiamo in virtù di quale distrazione di redattore o di proto: « La proposta di tregua negli armampiiii (ino alla riunione della Conferenza procede da un eccellente sentimento. Essa avrebbe il difetto di essere un po' imprevista, p di rischiare di condurre a qualche disoccupazione. Ma c mi punto di vista secondario, accanto i quello infinitamente più importante d.illn paco mondiale. « A prima vista non sembra che questa tregua debba sollevare gravi obbiezioni ila parie nostra, a condizione, ben inteso, che essa non impedisca di conti mia re a prender^ misure e ad effettuare lavori di carattere difensivo, come la costruzione e l'arredamento dei forti sulle nostre frontiere». Fulmini a paura Tutti gli altri giornali fulminano. Il Temps nega che tra il disarmo e le riparazioni esista non solo un legame diplomatico, ma più ancora un semplice legame morale. Si tratta, a suo parere, di problemi • differenti e indipendenti tra loro, dal che, pretendere di stabilire tra essi un rapporto di relatività, sarebbe lo stesso che cacciarsi in una via senza uscita », L'Advenlr è persuaso che il disarmo, problema essenzialmente politico di cui Grandi ha fatto il nodo centrale della situazione europea, è viceversa una questione oziosa, creata unicamente per imbrogliare le carte del gioco francese, il solo problema realmente urgente essendo — secondo il giornale — il problema economico, dissentendo su questo punto non solo dall'on. Grandi, ma da tutti i finanzieri e gli economisti del mondo, che da un pezzo non si stancano di additare all'incertezza dei rapporti politici tra le Nazioni, e ai pericoli che minacciano la. pace e di conseguenza, nei crescenti armamenti, l'indizio fondamentale della situazione mondiale del dopo guerra. Per l'organo nazionalista, la formula posta innanzi dal delegato italiano, non costituisce se non un controsenso che non mette neppure conto! di discutere. Notiamo comunque che, nonostante la riprovazione universale di cui l'esposizione di Grandi viene circondata, Parigi ha spiato oggi con inquietùdine le relazioni della stampa inglese, americana e tedesca, nella tema di vedere precisarsi l'operazione accennata da Grandi nel suo discorso. Le Agenzie hanno lavorato l'intero giorno per trasmettere copiosi estratti di commenti, mandati dalle tre capitali e, per quanta ingegnosità abbiano posto nello scegliere i commenti meno ostili ai desideri francesi, l'impressione complessiva, scaturita da queste specie di consultazioni internazionali, è che il discorso Grandi ha suscitato ovunqup una simpatica eco; ovunque, si capisce, fuorché a Parigi. Ciò fa scriverò al Journal des Débats, colpito anche dal discorso di Cecil, che « quanto accade sul teatro ginevrino, o fra le quinte del medesimo, può avere serie conseguenze ». Se ricorderete con quale commovente unisono fino all'altro ieri — potremmo anche dire fino a stamane, essendo di oggi un articolo di Lucien Romier sul lo stesso argomento — la stampa parigina si affannava a predicare che Ginevra era ormai defunta, e che non metteva più cónto perdere il proprio tempo per assistere al suo mortorio, non potrete non rendervi conto della relazione tradita da un simile mutamento di linguaggio. Vero è che il Temps, il quale Ieri non aveva commentato il discorso Grandi per stare a vedere se la proposta di tregua degli armamenti si concretizzasse o no, oggi ripiglia fiducia e scrive: «Non ci troviamo in presenza di nessuna proposta formale. Verità ù che gli uomini di Stato che trattano a Ginevra la questione del disarmo, con l'alta coscienza della loro responsabilità, si rendono conto che esso è meno semplice di quello che lo facciano supporre le formule leali nelle quali si pretende riassumere certe tesi particolari. Man mano .che si esaminano da vicino le realtà attuali, si constata che il disarmo non basta per creare la sicurezza; che esso non può che essere una conseguenza della sicurezza acquisita, e che ai principi essenziali del protocollo 1924, rimasti lettera morta — la sicurezza per tutti ottenuta con la scambievole assistenza — bisognerà sempre fare ritorno, se si vuole dare base solida alla organizzazione della pace. li' quello che costituisce la forza delia posizione assunta dalla Francia verso un problema che nessuno può pretendere di risollevare con qualche brillante e generosa improvvisazione ». gv Il dualismo Briand-Laval Sono queste le solite chiacchiere. La stampa meno ligia alle parole d'ordine dei circoli ufficiosi, tradisce al contrario una certa preoccupazione e si domanda, non senza ansietà, se in un momento cosi delicato del gioco diplomatico la Francia possa contare sull'accordo tra gli uomini che dirigono la sua politica, o se Briand e Lavai continuino, viceversa, a tirare ognuno il carro dalla sua parte. « Si è in diritto di chiedersi — scrive il Journal des Débats — se vi è stretto accordo in presenza di tutte le questioni che si trovano cosi poste tra coloro che parlano a nome della Francia. Tutti hanno avuto l'impressione che all'inizio, e nel corso di questa estate, Lavai aveva preso in mano la direzione della nostra politica estera. Oggi, Briand, è in grado di esercitare a Ginevra una forte azione. In una situazione normale, se vi fosse, intera comunanza di vedute fra il Capo del Governo e il Ministro degli Esteri, ciò sarebbe perfetto. Ma !a situazione è normale? Il fatto stesso di essere obbligati a rivolgere tale domanda prova che essa non ne ha in ogni caso l'aspetto. L'unità di direzione è condizione essenziale di una buona diplomazia. Vi c attualmente in Francia unità di direzione? ». No, risponde da Ginevra PertinaxneU'Keno de Paris: « Nel momento attuale, e da lunghe settimane, la "nostra diplomazia e diretta da due uomini che, malgrado tutte le assicurazioni che ci sono state prodigate, differiscono l'unn dall'altra. Sino all'arrivo a Ginevra di Briand si può dire clie la politica estera della Francia ha ricevuto da Lavai, per la parte essenziale, un impulso quasquotidiano. Eppure da qualche giorno Briand decide sovranamente. In que sto stesso momento, senza comunicare col Presidente del Consiglio, senza comunicare coi suoi colleglli della delegazione, egli mastica il discorso che pronunzerà venerdì alla Assemblea. Per sovrammercato nelle sue conversazioni egli si rivela pieno di amarezza, e si spinge sino a parlare di ricominciare dal discorso di Carcassonne. in mezzo a questi stiracchiamenti, come mal l'unità di direzione è possibile? ». A parte questi dubbi, alla cui gravità, nonostante tutte le apparenze non crediamo, se dovessimo fare in due parole il bilancio dello reazioni parigine, dopo il discorso Grandi, diremmo che esse si risolvono in un'improvvisa fretta di intavolare a Berlino la discussione franco-tedesca, nella speranza che un accordo tra i due Governi ponga la Francia al sicuro delle imprese che potessero tramarsi ai suoi danni nell'Aeropago di Ginevra, e le permetta di contemplare ormai dall'alto, con indifferenza olimpica, le vane agitazioni dei suoi veri o presunti avversari. II supremo convincimento di Parigi è oggi che, se le riesce di mettere Berlino, in un modo o nell'altro, nel proprio gioco, tutto il resto non avrà più la minima importanza, e la Impermeabilità della Francia alle frecce della diplomazia mondiale sarà completa. 0. p. A Berlino si attende Lavai Berlino, 10 notte. I giornali questa sera, definitivamente smentendo le voci corse e da parte interessata fatte correre di asse- riti rinvii, a tempo più» o meno inde-terminato, della visita di Lavai e di Briand a Berlino, ritornando sull'argomento, rilevando che la data fissata per ora è il giorno 27, salvo piccole medtfìcazioni ed oscillazioni sempre possibili. Una decisione definitiva sarà presa immediatamente, prima che il nuovo Ambasciatore francese a Berlino, Francois Poncet, entri in carica. Fin da ora, poi, ...qualche giornate, crede di sapere che tra gli argomenti e le proposte che verranno esaminate v^^TT^0^ P°UUche * Rrincontro darà occasione, sarebbe an- che la proposta dell'insediamento di una Commissione economica tedescofrancese. Commissione costituita di esperti del due Paesi, co] compito di esaminare in comune il problema della conciliazione degli interessi economici Ira la Germania e la Francia; il Bòrsen Kurier, poi crede perfino di essere informato che da parte francese gli esperti farebbero capo al noto industriale Fouchère. Della delegazione tedesca nulla si sa ancora. La frazione parlamentare del partito populista, nella sua riunione apposita- ìnonte tenuta a Potsdam, si 6 pronun-ziata contro la ulteriore permanenza del Ministro Curtius nel Gabinetto. ladecisione non sarà annunziata In ^cun pubblico comunicato, ma soltantodarà luogo ad un passo personaleverso il "Ministro stesso, non appenaegli sarà tornato da Ginevra. Si consl-Ginevra. Si consl-azione di un ordinedel giorno di sfiducia contro il Mini-stro, all'apertura del Reichstag, la PO-sizione di Curtius sarebbe ormai, dopo qupsta decisione, piuttosto difficile. I giornali avversi a Curtius cominciano già, alquanto prematuramente in ve- crie£ionefTa«^ ritiro di Curtius, il Cancelliere stesse. assumerebbe per qualche tempo la à\-rezione della politica estera. Altrifanno il nome -Nir Ambasciatore tede-sco a Parigi von Hoesch, o quello delSegretario di Stato alla Wilhelmstras-se, von Biilow. Q. p.