Due su una torre

Due su una torre Due su una torre JPer qualche giorno Lia fu felico c3i condurre ;1 suo amico attraverso rle rovine dei Castello che ormai lo feran diventate Famigliari. Ella lo dconosceva beniss'.mo tutte quelle sca- alette e scalettine e quelle buche e squei meandri paurosi dovo un'antica, gferoce grandezza aveva abitato. Qui, taveva letto, s'ora accampato il Bar- Dbarossa con lo suo orde inumani, là caveva preso stanza il Vicario Impo- bnaie, in quella cella trovarmi la mor- cto il mestruoso Bernabò e i suoi cfi^li. Tutti quei luoghi eran divon-l Ijl; J, • I?=tl,.er^n alVLU tati degli antri informi, dolio spe- loncbo crollanti pieni di rovi e di *detriti, dove si penava a camminarci Ma ella, per un suo piacere segreto, lli andava percorrendo da più "iorui, tin su 0 in giù compiacendosi di er- trare per quelle scardinate solitudini. ! a. 1 Silvio 0 Lia camminarono a lun-jvgo per antichi cammini di ronda lut- oti fenditure ed erbacce, entrarono ajacuriosare nelle calarono per cui s'alzava violenta, subburrata stemmi a. — Bada dovo metti i piedi, — diceva Lia, — E stai ben attento alle bisce. — Ce ne sono ? — Ma b il loro regno questo. Bisce, scorpioni, ramarri ! Ell'era tanto lieta da far un po' da oicerone a lui. Lo zio Luchino, «•ho negli ozi forzati della locanda leggeva qualche libro, glien'aveva appreso abbastanza per darle un'idea sufficente della storia di quelle rovine, ed ella andava risfoggiando quello nozioni al suo amico con un'ingenuità delizi osamente imparaticela. — Ma domani, se vorrai, saliremo alla gran torre, Silvio, — ella gli disse, — vedrai che incanto. Vi -si godo una vista -magnifica su tutta la Lombardia. Era la grande torre quadrata che «oprastava al Castello, ancora intatta e nella quale si era appuntata por ■ secoli la forza 0 l'orgoglio del Ducato. Per miglia 0 miglia essa dominava tutto l'orizzonto intorno con la sua figur;: falcbesca, fantasma e ricordo di tempi atroci, ma pieni di una loro stupenda umanità. Lia si fece dare lo chiavi dallo zio, e partirono per l'avventurosa escursione aerea. Tirava grau vento quella mattina, un ventaccio arrabbiato avanzo di uno st-ratenipo che aveva fatto sulle Alpi in quei giorni, o mentre, lasciata la locanda, i due giovani si andavano inerpicando 6ti por un Hentieruolo diroccato che scodinzolava in mezzo ad massi o ai cespugli, questo vento s'era messo a soffiar forte forte attraverso alle muraglie, e ululava e fischiava riempiendo di diabòlico lamento tutta la(>rovina. t| — Su, su, coraggio! — badava a dirgli Lia ad ogni nuova raffica che si rovesciava su di loro, arrestandoli quasi di colpo al gomito di un muro. — Questo è ancor niente, vedrai lassù! — E poi, Lia, so una volta lassù ci soffia via tutti o duo' Ella rideva. bnds B b l d — Bene, bene, voleremo come duo v, fuscelli su tutte la Br.auza! Sara bello no, Silvio f — E si volgeva in- dietro a lui, ansando, con occhi vaA«lioei. Come ripresero a salire, Silvio sbirciò quelle formo tenerelle della sua amica che gli sgambettava da-.. , b . vanti, che scavallava animosamente su per mucchi o detriti, e gli piace-va quello t'ormo d'adolescente veder-lo cosi staffilata dal vento, l^CSuot^lomdi^^^ tratti nreciso dentro ouell'alone Ji tratti preciso dentro quoti alone Mi luna che taceva improvvisamente di lei come una piccola mènade. La rossa capigliatura le smaniava die t.ro al capo libero. Ah, com'era attraente! Avrebbe voluto stringersi;-la al cuore così in quel gorgo di dis- «rdine certo che ner un attimo a-orarne, cer&o cne per un animo a- vrebbo' fatto sua la bellézza delmondo. Dopo un quarto d'ora di salita orano giunti alla spianata del Castello, e là si riposarono un ipoco a riparo del vento, presso il muro della torre. Ansavano conio duo bracchi dopo battuta. Egli la guardò in viso. Si sorrisero. Presso di loro un roveto preso nella furia delle raffiche scagliava i lunghi rami in qua o in là corno bisce assetate. Lia colse delle moro e ne diede una anche a Silvio. Le loro labbra 6Ì venivano annerendo a vista. — E lo sai che saTa una faccenda a pulirselo dopo? — ella fece mo strandogli le sue. — E' un nero chenon va via molto presto. Egli fu preso da un desiderio fu- ronte. L'agguantò di furia. Ella sitorse, si svincolò. — Demonio, demonio d'un ragazzo!... — gridava torcendo il viso da lui e puntandogli lo mani al petto. Poi tutta imbronciata si discosto o gli tenne le spallo voltate. — Lietta! — egli fece avvicinandosi a lei, toccandola ad uua spalla. — Perdono, perdono... Senza rispondergli ella riprese I^IZ^-10 T^^-a di volo, b accosto alla porticinadella torre l'aprì con la chiave ed ambedue entrarono nel vano dellaripida scala di legno che conducevaa metà della torre, addossata al suomastio. Ripida e interminabile, con tuttii gradini che soricchiolavano da averpaura a metterci ì piedi. _ Par la scala di Giacobbe, —Silvio mormoro E su, e su. Kmalmeutu eccoli ar-xivati all'altro uscio. Aprono ed en-imo- li gran pozzo quadrato della tor- ro si spalancò improvvisamente sol,-to di loro, in una torbida luce di latomia, il fondo ingombro di deJ triti o da cespugli, le pareti a pie- co> umide e «almt-rose attraverso le rluaJi " giorno penetrava da piccolo feritoie. C'era un'atmosfera di sor- dido mischie, là dentro, di luride agoni 0 umane. Un uccellaccio si staccò dalla parete, starnazzò a lun- go, poi infilata una di quelle feri- tuie si gettò nell'aria con un strido, Dopo un po' d'altra salita essi cac ciavano il capo fuor della botola e balzavano sul pianoro della torre, circondato da basse merlature sbree- cate. l , _ Guarda, guarda com'è bello, - . ' 0 ■ * . i Ma se da basso il vento era forte, lllss" perc.oteva a blocchi, a mazza- te. Le sue raffiche si lanciavano a testa bassa contro quell'ammasso ! angoloso di vecchie pietre, e paro- 1 0 ■ - r . . jvano quasi furenti di" sradicarle. Ad ogni momento Silvio 0 Lia mentre javanzavano eran costretti ad aggrap-k J?-na- ^accen<la seria, — bor- bottava Silvio meutre "atton gatto- ,. . ,= „ 0 ni camminava dietro lei nella gronda del muricciolo. — Non star in piedi. Credo che dovremo u-nunciaro all'impresa... — Macché, macche ! .6 . 81 P.«"gli grida- 0 p va Lia proseguendo intrepida. — foraggio, amico, che tra poco arriveremo all'albero. Egli la vedova di tauro in tanto alzare il capo, tuffarlo come per ci• in i. ... _. . nell'ondata dello raff'iebo e| n,cnt0 8Ubito vedeva i suoi capelli smania- re, impennarsi corno uiì diavolìo di, fiamme, un'orda di vipere. Pareva ch'el!a godesse aspramente, a Vole- ramo, voleremo come due fuscelli su tutta la Brianzal». Arrivati all'albero si accucciaro- no ai suoi piedi. ì, 1 Come cera nato quel grande olmo lassù? Forse, chissà,, un piccolo seme '' ' sarà stato portato dal vento sulla ci- „a della torre anni ed anni fa ivra ^a ck uà torre, anni ed ani 1 la, avrà attecchito nel suo terriccio erboso, poi si sarà fatto virgulto, poi cespu-| glio, poi albero. Dal sotto :n su essi guardavano il suo fogliame scompi- gliarsi agli schiaffi del vento... Poi affacciati insieme allo scrìmolo della , i_ _i- .. 1- —t—ii- torre, tra merlo e merlo, contempla- vano sotto, la grande pianura tutta ™rsa ^_**ntoi.' "'^a come una pit- delicata sinfonia dei pogsi, il ricame : dpi ai.ardini l'oasi HpIIp ville nafririn iaei giaraini, loasi tiene viun patnz.c. , Ad ovest cercarono anche il lorc paese, ma non lo trovarono. «Dove sarà?.. Una grande calura incombe- |-va da quella parte. «Dove sarà?». Lia allora s'alzò repentinamente e volle recarsi a cercarlo dall'altro lato della torre. - Aspettami croi, — disse semplicemente. Egli fu impaurito, | --Lia, —le gridò. — non t'azzar snldsdare, il vento potrebbe portarti via.,qtI .'q,Cammina basso. iw Ma olla non l'udiva, era già lon-,s' ' tana a lui — Diavolo d'una ra Adesso col terrore ali m"azza1 'pV ,. , 'da gola egli la v,de attraversare lo spianato, ma poi «"u,; »uprovv,same,,.ft agguantata da una rathea furibonda la vide va- W ciliare, indietreggiare coni'ebbra, co- nK, mla povera creatura preda di un s l,:><:1" 1 i m fantasma E tuttavia ella cercava di " ,allta~md". * cen ava a opporre al vento tutte le energio del £UO pì(Xnlo oorp0. | _FButtati giù, Lia! A terra, ad lerra! — egli le andava gridando di-|U sperato. | p0i, accorgendosi ch'ella non po- a teva più udirlo, egli stesso si mise a P .... „ camminare carponi verso di lei. Vo leva salvarla ad ogni costo, strap parla di là l:vjd9 ridiotre'"riaro coirti i ì> f li ■ -, verso l'opposta merlatura quasi olla S""P?"1.4 c volesse gettarsi perdutamente tra le , braccia di quella rapina indiavolata. s Ebbe un gran tuffo al cuore. — Ma Lia, Lia, che fai? E balzato in piedi come in uno smarrimento di tutto, giunso appena iu tempo ad agguantarla per Torlo della vesticoiola, strapparla all'indiotro con violenza, prenderla tra le sue braccia, e cadere al suolo con lei. quasi rimpiccinii-, .—-r- aterroro come lo rissarono su aai viso Oh allora quei suoi poveri ocohil quasi'rimpicciniti dalla follia e dal;'wiruro uumc ,"j^™".""t™ zsbiancato! G"m eHa palpitavate 5ra-;|tmava tutta fra lo sue braccia! Un1 povero uccellino era, sbattuto fuor rdel nido da una teiuipesta implaca- s 1 [: nai £atte>i Ma eh ha, ^ «• n, W ' J£1 10 „"'?; ™ w di lei r 11 .suo sguardo negli occm ai lei ;stringendole torte il capo fra te^ma- r . . , "K — Dlmml> che volevi fare? But- t forse?... r :,Llu> ' ,, v - Non so, non so - ella mor- ^dorava smarrita, perduta, corno ve- UI?te auora aa un soono- d PlanV° convulso la prese tuwa val'l improvviso ed egli baciandola a nPorto di peso fino alla botola e la rfece discendere dentro la torre — Che hai fatto? Dimmi! Che vo- tlevi fare, Lia?... 'Ella nulla disse e non parlò più 'In' dono psRersi ri no "lo uupu ««era iiuj- nicciolo e confortata p.armano poto alfine ria- 0prire gli occhi e fissalo dolcemente, p con gratitudine. t ..... . ,.ne pareva aver invaso tutto il suo ss<T„ardo eli lesse con terrore il rim ,pianto per una grande beatitudine perduta ; CARLn limati r

Persone citate: Bernabò, Lietta, Torlo

Luoghi citati: Lombardia