Vita sull'altopiano

Vita sull'altopiano VIAGGIO I 3ST TURCHI J± Vita sull'altopiano -(D AL NOSTRO IIVVIAT O)- e e n o . é o a e o ANKARA, agosto. Ankara è un paese inquietante; come su per i paletti d'una fabbrica non finita, vi si prova un malessere irragionevole; il vecchio e il nuovo vi rimandano da un punto all'altro della città in un vagare mai stanco del tutto. Altrove, e nella stessa Istambul, non mi ricordavo più dell'Europa; avevo l'impressione di aggirarmi fra i ricordi di epoche morte, e quello che ancora si teneva in vita era quanto rimane delle generazioni spente a custodirne il ricordo. Provvisorietà, incertezza, oblìo, e il senso della vani là di lutto, mi avevano tuffato in una specie di fatalismo e di annientamento, nello sgomento che si prova nei musei di civiltà finite per sempre. Solo che questo dove mi trovavo aveva la confusione triste dei musei non anco catalogati. Ad Ankara, invece, mi ricordavo all'improvviso di tutta la inquietudine moderna; in nessun altro luogo avevo veduto come qui tanti assalti e interrogativi disperati all'avvenire e tanto peso di passato. Ho detto degli ediftzi di stile razionale e futurista in piena steppa; ho detto dei cimiteri trasformati in giardini pubblici e in terrazze da caffè: dovrei accennare alla nascita degli atteggiamenti moderni in uomini reputati generalmente impossibili da trasformare. Fa presto ad adattarsi agli avvenimenti l'architettura; la slessa natura si trasforma sotto la volontà dell'uomo; ma t'individuo, attaccato alla sua tradizione, ad atteggiamenti secolari, è difficile da scuotere, e dietro il convoglio rapido dei pensieri nuovi si affanna come un viaggiatore ritardatario. Gli uomini adibiti in genere agli impieghi della vita moderna mi avevano più d'una volta spazientito in Turchia; altre volte ero rimasto stupito della originalità che nelle caratteristiche ormai universali dei mestieri sanno portare i turchi. In un grande albergo di Ankara trovavo ancora tipi di servitori e di camerieri lontani dal professionalismo occidentale; sentivo che pur in un albergo sul tipo di quelli di ogni altro paese dell'Occidente alcune di coleste figure serbavano un vecchio atteggiamento, quello di servire per servire, senza vecchie umiliazioni ne iattanze moderne: servire ed essere uomini, in uno stato di sottomissione e di. uguaglianza insieme, in un atteggiamento religioso che confondeva in una sia comandare che obbedire. Il signor Korat, italiano Da Kart Kcui alla fine del mio viaggio, le inierrogazioni della polizia mi divennero sempre più frequenti. Il mio passaporto era naturalmente incomprensibile in un paese che fa già tanta fatica a conoscere la propria lingua; occorreva spiegare che cosa [andavo facendo da un punto all'ai |/ro della contrada, e questo era già o e pllèvpvslcvmmsrindmcldscvpbgicpulsrvspclglvsmddtrssetscdttrlsztotMrdppvpdSdtmmsmaslsvdqmztabbastanza difficile. Si formavano crocchi di persone intorno a me, ma l'operazione non aveva nulla di fiscale, e di burocratico: si trovava sempre qualcuno che parlasse un po' di tedesco, lingua che più facilmente di ogni altra si può scambiare in Anatolia, lascilo dell'alleanza coi tedeschi nella grande guerra, e quasi ricordo della vita militare di ogni buon anatolico d'una certa età. Ld"inaggiom difficoltà era quella di mettersi d'accordo sul mio nome. In molti taccuini della polizia di. quei luoghi si deve trovar traccia di un certo signor Korat, italiano, interrogato una diecina di volte sui treni, nelle stazioni, pcr le strade. Quel signor Korat ero io. Dicevano : « Ella si chiama Korat». «A'o, dico, mi chiamo] qCorrado e poi Alvaro ». « Ci bastaleun solo nome. Alvaro è il nome di\asuo padre? ». « SI, di mio padre. Ma è anche il mio cognome ». Non fallivano il lusso d'un cittadino che si ■I porta due nomi per se, abituali ai loro centomila Nureddin c Ali. Alla fine decretavano : « Ella per noi è Korat ». Ora io immaginavo, traversando questa regione difficile e appartata, che qualche incidente mi cavitasse, e che questo incidente, occorso a un signor Korat, pervenisse alla mia città, dove pure conto amici, conoscenti e persone care. Chi mi avrebbe riconosciuto sotto questo nome? Ma la polizia se in cavava nel miglior modo, reagendo secondo la sua natura alle esigenze d'un mestiere necessario e troppo perfettamente introdotto in un paese dove fino a ieri non esisteva censimento riè controllo di stranieri. Tipi di anatolici .4 proposito di mestieri moderni, molti negano ai turchi qualsiasi capacità., ma proprio in questo senso la loro legislazione rom.pie i più grandi sforzi. Il conte Kaiserling, in un suo studio sui caratteri della Tur^ chia, registra, come un segno favorevole, d'aver egli trovato in questo paese i più abili meccanici d'automobile. Io ho notato, nella categoria degli impiegati, la gente più tarda, più imbrogliata, più penosamente preoccupata. E cosi in tutti i mestieri e le professioni che esulano dai bisogni di un popolo patriarcale. Nonostante le loro reazioni a ogni intromissione straniera, i turchi vi dovranno ricorrere se vogliono sottrarsi agl'inconvenienti del dilettantismo e della scarsa preparazione, fatali in un paese che fonda oggi le basi per un cinquantennio di vita. La loro qualità umana è per ora, nel suo lato migliore, su una scala primitiva; dall'altro lato sopravvivono le classi che vedono nella vita economica e nello stesso Slato che è per la Turchia il maggior datore di lavoro, un gioco di fortune improvvise, senza pensiero di quello che è la disciplina d'una vita e d'uno Slato moderni. Tant'è vero che è difficilissima in cotesto paese la costituzione di Società industriali nel senso europeo, con azioni ed obbligazioni ai dividendi e agli interessi normali dei nostri, paesi, essendo ognuno abituato a interessenze che nessuna Società commerciale può dare se amministrata scrupolosamente. Basterebbe osservare a quali interessi feroci sono dati i credili, agrarii dalle banche di alcune città dell'Anatolia. Categorie siffatte sono residui, di un vecchio ordine, e lo sforzo della nuova legislazione turca è tutto diretto a trarre, dal buon ceppo originale dell'Anatolia il tipo del cittadino e del professionista di domani. Ma molte rivoluzioni d'oggi non mirerebbero per caso alla costituzione di una nuova borghesia piti genuina, più nuova, con caratteri, più legati al popolo? Alcuni tipi di anatolici potei osservarli facilmente. Uno di essi mi capitò durante un. riaggio in autobus da Brussa a Rari Kcui e a Eschi Seeir. Erano circa dicci ore di strada, di cui sei impiegate a scalare l'altopiano. La macchina era inverosimilmente ingombra d'uomini e di merci, tentennava pericolosamente su certi orridi scoscendimenti, e il meccanico, con un diligente lavoro, andava con le ruote indovinando il sentiero battuto e reso più praticabile dai viandanti, perchè spesso la strada era uva traccia incerta. Nel viaggio ci fermammo due volle, in due villaggi aridi, miserabili, con qualche vecchio edilizio che riasstimeva nella sua decrepitezza la forte za, la casa, la tomba di tutto l'Oriente più ostile c remoto. Ognuno di questi villaggi aveva un caffè grande e frequentato, pieno di gente inlenta a giocare, a tric trac, c il solilo lu ■strascarpe che girava da tavolino a Involino: ma molli le scarpe e le eia balte le tenevano in mano o posate suloledemmdetezochcosttrmsiamrachucrdunrpzalonkdvterosoclàregEpptiludAnptapnlespl'toalee mcpfoinfeè cdcmgleggmvtuttelvsqcmtbggacltva sulle sedie, e stavano accucciati alla loro maniera, coi piedi distesi sotto le coscie. Il mio accompagnatore, evidentemente di umilissima condizione, mi si pose accanto senza dir verbo, mi guidò in questo luogo, mi si sedette vicino, con aria di cordiale protezione. N071 c'era che tè, caffé, gazose, e da mangiare una ciambella che sapeva di semi di lino. Nè i miei compagni di viaggio, dopo olio ore di strada, mostravano di desiderare altro. Questo mio mulo compagno, premuroso ma contegnoso, senza curiosità, senza mire di nessun genere, e al punto che alla fine voleva assumersi, di pagare, mi confermò il carattere di questo popolo: tipi antichi, ma non rozzi; primitivi, ma con un senso sociale e gerarchico, democratico e patriarcale; sottomessi e ordinati ma non servili; aderenti -agli uomini come sa. il popolo, fieri pur nella loro evidente povertà; considerano il denaro un-benefizio di genti più fortunale che non invidiano, .senza sentire schiacciante il peso della loro inopia. In questo assetto originale e quasi naturale, la rivoluzione kemalista, lungi dal portare i g^rmi di un vago comunismo, come alcuni vogliono credere, introduce fatalmente alcuni principii die ressero in Europa gli Stati da cento anni; in una società di tono patriarcale finirà col creare fatalmente classi, divisioni, là dove non esistettero che diversità reciprocamente riconosciute nella grande uguaglianza davanti a Dio. E lutto questo sarà un'esperienza preparatoria e accelerata, come una preistoria d'ogni rivolgimento politico. Ma molle cose sono ancora avviluppate nel carattere e nello stile della più vecchia Turchia; la slessa Ankara è in definitiva una città di nòmadi, un attendamento fisso, ma pur sempre un attendamento. Disabitata (testate pei grandi calori, al punto che tutto l'apparecchio governativo si trasferisce con le Ambasciale sulle rive del Bosforo, toma ad essere il villaggio d'una volta: si ripopola d'inverno nuovamente; è ancora l'aspirazione a una capitale. Arazzo maraviglio» „ Solenne, grandiosa regione l'Anatolia in molti punti. Ci si è appena assuefatti al deserto, che vi soffia alle spalle il suo ali,to freddo il bosco e la montagna nevosa. Pei passi dei monti, da un versante all'altro, qualche tugurio che è spesso una tana coperla a un palmo dalla terra, una fontana intorno a cui le donne sono in [accende, e hanno l'acqua per sola felicità; dove l'altopiano si distende è tutta un'incertezza di viottoli tracciati dal passo degli uomini, come direzioni continuamente corrette e cancellate, e dall'alto sembrano una matassa allentata. Su cotesti grovigli di sentieri corrono i cavallini con le carrozzelle coperte in cui s'imma gina debbasi dormire bene, per lunghe lunghe strade, e i cammelli vi mellono il loro muso alto, come se volessero guardare oltre i monti, abituati agli orizzonti infiniti dei deserti. Ad essi fanno riscontro, come un tema ripetuto su una scala più bassa e sguaiata, le grosse tartarughe dalle zampe posteriori troppo alte, e traversano la strada, simili a ciottoli semoventi. Le cicogne sostano tranquillamente pei campi presso l'agricoltore, e tengono i loro convegni meditativi dove il ruscello Unge la terra di cobalto,, alimentando un al bero, un prato, una macchia nella gialla distesa, con un verde da carta geografica. Piti olire .un armento, e a cento passi da esso una combriccola di sparvieri come si vedono nelle illustrazioni delle favole. E davanti agli uomini che si affannano in viaggio, i fagiani, le ghiandaie, le arsàvole, i pivieri, i wdibianchi, sal- tadtenmpnvvvsapsmtaatfczaevpcdfIudi ai cgqsaernvdlfdddslvlpdlblvivemmdtdgsIrndrcclesbScinlvRlg ta.no leggieri col lusso delle loro code, le raggiere dei loro capini, i mantelli, screziati, e l'urogallo fa risnonare il suo cupo richiamo di innamorato stupidito. L'altopiano, dove è più deserto d'uomini, ha questa vita; nei luoghi acquosi, tra i prodigiosi verdi e azzurri, questi animali si trovano come in un arazzo. Traversando uno di. cotesti luoghi, vidi un convegno di cicogne. Era la stagione della loro 7nìgrazione; io le avevo notate fino ad allora qua e là pei campi, considerate domestiche e sacre, con le zampe troppo alte, come di ragazzi troppo grandi per portare ancora i calzoncini corti; col loro aspetto di oziosi e di intrusi accanto alla fatica dura, e nello stesso tempo troppo eleganti e decorative a con fronto delle donne curve sul solco col bimbo legato dietro le spalle, la\zappa in mano, l'ombrello assicurato alla cintura per proteggerle dal sole e dagli sguardi indiscreti. Ma questa volta le cicogne erano in ordine di partenza, in una lunga linea; gli stecchi, delle loro zampe avevano l'ordine dei fucili d'un battaglione in linea di fronte. L'allineamento era preciso. In disparte, in un gruppo cotesti uccelli s-i facevano grandi inchini andando avanti e indietro al passo come i ragazzi quando fanno il gioco « è arrivato l'ambasciatore »; vibravano i loro becchi come pifferi. Mi dissero che questo è il loro modo di fare i galanti con le femmine. Dominava questa riunione una noncuranza verso gli uomini, le loro macchine, i loro animali schiavi, proprio come in un esercito adunalo, per cui tutta la terra è una strada per marciare e nicni' ultra. CORRADO ALVARO.

Persone citate: Nureddin, Solenne