Fascino di vita errante

Fascino di vita errante Sulle strade con gli zingari Fascino di vita errante MUGLIANO, QgOStO. ' Ai primi chiarori antelucani dell'alba la tribù sciama fuori dal carrozzone traballante sulla strada polverosa, riversandosi sui margini dei campi, tra i filari di olmi e le siepi folte, come api operose in un mattino fiorito di primavera. Al mio fianco cammina Vi l'allisci, lo zingaro dalla età indefinibile, 11 capo della carovana dei nomadi, at tento ai passi del cavallo e cercando d'attorno un angolo ombroso ove accamparsi. Nonna Buridai, la vecchia centenaria, dal volto tatuato dalle rughe si da parer quasi una grottesca mummia cenciosa fuggita dal Brttish Muscum, cerca con gli occhi cisposi lungo i fossi asciutti le erbe indispensabili ai suol filtri miracolosi e alle sue magiche ma nipolazionl. E attorno alla sua gonna già nera, ora sbrindellata e incolore, 1 due marmocchi sporchi si rincorrono gridando, nudi come vermi, alzando dense nubi di bianca polvere. Il nudismo non ha bisogno di apostoli tra questa gente errante, che ignora, con le altre regole del viver* civile, anche il senso del pudore, allignando come erbe parassitarie in una beata e promiscua ignoranza. Figure di donna la Flettr, la compagna di Vi Fallisci, probabilmente di origine francese, è discendente di una antica famiglia gitana che conta numerose incoronazioni di principesse zingare nella sagra dei figli del vento sullo spiazzale della chiesa delle Marie alla Camarga, sul Rodano. Invero questa donna ancor giovane fcppur già sfiorita, che si trascina dietro alla casa ambulante con un bruno lattante appeso al seno avvizzito, non ha nulla di regale nell'aspetto : solo a tratti nello sguardo fosco brilla un lampo di antica fierezza che le illumina il .volto arso dal sole. Quello sguardo che In tempi- ormai trascorsi accese di selvaggia passione il cuore di Vi Falusci, che forse per lei non temè di battersi in rusticani duelli, la larga navaja catalana In pugno, contro altri nomadi pretendenti. Poi v'è Sara, la bella sedicenne sorella di Nuovo Paese, sottile come una palma, dagli occhi ammaliatort di beduina e dal largo sorriso splendente sui denti bianchi, che quando cammina sembra muoversi leggermente come per un passo di danza orientale. Or e tutta Intenta, scalza e succinta, a raccoglier rosolacci e margheritine da campo di eui si ornerà, per una sua rustica civetteria, il capo e la cintura. Sara è promessa sposa dà un anno ad un giovane zingaro della carovana dei La Foresi, che vaga nell'alta Lombardia e con U quale essa rinsalda l'idillio vagabondo In fugaci incontri semestrali. Intanto, a sera, balla attorno al fuoco, cantando le -sue canzoni nostalgiche per lo sposo lontano ed intrecciando graziose collane di fiori. A vederla, cosi sottile e pur giù matura, china tra le erbe con i lunula capelli arruffati che le fanno da scura aureola intorno al capo e lei gambe nude nascoste tra il verde, par quasi una audace ninfa, una driade fuggita dai • boschi e dalle sorgenti. Sara è gemella di Pietro, un giovano magro e taciturno, già serio e pensieroso per la sua età, esperto nell'intaglìare flauti dalle canne e dal sambuco, che ama appartarsi a suonare solitario la chitarra all'ombra dei ruscelli. Forse anch'egli pensa alla sua Tsr.hai, alla sua ragazza e al bìab — le nozze — per 11 quale si è già comprato il grande cappello di feltro dalle falde larghe coinè quelle di un sombrero messicano, di cui talora ama fare sfoggio, indispen sabile per il rito nuziale. Non sono riusciio a sapere il nome idei due fanciulli ricciuti ette si rotolano nella polvere della strada come affaccendati scarabei, né quello del l'ultimo nato. I bambini — gli tscha wo in lingua zingaresca — vengono infatti battezzati già grandicelli, verso gli otto o nove anni e por la cerimonia tlitutgqatabaddmrditumnssèèsasèpsmadlrpmclmesepgnsstlenlgbpcidlrnmtmrrgsmsall'uopo si scelgono due padrini, di !6esso divoiso, possibilmente contadini benestanti non appartenenti al popolo dei nomadi, il cui unico compito, quando siano divenuti girvi, ossia parenti, è quello di largheggiar in doni verso i figliocci e i familiuri di questi. .Ond'è che talvolta gli zingari proferiscono « per allargar la parentela » di ribattezzare più volto in luoghi diversi 1 loro ragazzi. All'ombra delle piante Vi Falusci ha ormai scelto il luogo per attendarsi quest'oggi. Ora il cavallo trascina il carro verde, ondeggiante, sulle ruote che cigolano, oltre il ciglio;della strada giù per un vasto pascolo nella cui erba alta caffonda sino al garretto, per fermarsi all'ombra di un boschetto folto di pioppi e di acacie sulla sponda di un piccolo torrente in magra, sepolto a mormorare tra la ghiaia sonile e l'argilla Viscida. Poi gli uomini badano a liberare 11 cavallo inagrissimo dal busto allo ornato di sonante chincaglieria, mentre le donne raccolgono sterpi e lieno asclutto ed accendono il fuoco tra l'erba verde che stride e geme come una serenata di gatti in amore. Qui all'ombra amica e ristoratrice 'delle piante non è indispensabile piantar la gran tenda circolare, che ora riposa piegata sul tetto del carrozzone. D'estate, col sole, si trova sempre dove riposarsi tra 1 campi, possibilmente lungo i ruscelli ombrosi o al piedi dei filari di querce che il buon Dio ha posti sulle sponde delle strade per il ristoro del nomade. Seduti sulla scarpata bassa del corso d'acqua Vi Falusci ed io attendiamo .umando che le donne abbiano proparato l'asciolvere mattutino. Seduta ai piedi di un albero la decrepita Buridai, la nonna dal molti autunni sulle spalle curve, espone al sole su di un cestello il frutto del suo lavoro quotidiano di erborista. Cosi., accovacciata sul prato tra i suoi stracci bigi, nella classica posa dello scriba egizio del Louvre, intenta a divi dere lentamente foglia da foglia, sera ora quasi una parca mitologica che .continui nel suo instancabile fatale compito. ■ Il mio amico Vi Falusci, con fare di ■ Etratto e trascurato — gli zingari non amano parlare molto di sè e delle loro faccende —, mi informa come la vecchia non sia già sua madre, ma bensì sua nonna e che presumibilmente abbia da tempo sorpassato il traguardo dei cento anni. Uno del suoi fratelli, morto già da lustri, fu molti e molti anni or sono 11 capo degli zingari Italiani (italiani s'intende perchè vivono nella penisola), il Duca d'Egitto dei nomadi del suo tempo. E' strano osservare in questo popolo vagabondo e senza storia, che presen- ?lglJ°- prato dail'anlmale ta ovunquo gli stessi caratteri etnici e linguistici (essi hanno un loro difficile idioma commisto di voci finniche, celte, arabe, slave e israelitiche), come una sola fantastica tradizione si sia tramandata oralmente di padre in figlio, di generazione in generazione: quella dell'origine comune che si autoattribuiscono, in una con fantasiosi titoli regali e principeschi. Siano gitani andalusi o tzigani magiari, zigSuncr boemi, gypsies scozzesi od ah assie arabi, tutti costantemente affermano di discendere dalle caste faraoniche dell'antico Nilo, ignorando naturalmente qualsiasi menoma nozione storica o geogratlea e sull'Egitto e sulle dinastie millenarie. Pur presentando dei caratteri fisici indo-ariani, si rilevano tra loro talvolta delle anomalie etniche rivelatrici di una parentela tartara e celta. E sulle misteriose sconosciute cause che nella notte mediovaie condussero alla dispersione per le vie del mondo di.questi rapaci straccioni, nessuno ancora è menomamente d'accordo: nè questo è affar mio, e tanto meno potrebbe spiegarmene l'arcano il mio nomade amico. Nonna Buridai è ancora china sulle sue erbe: essa, mi informa Vi Falusci, è dispensatrice di profumi (a me però pare alquanto sgradevole all'olfatto la sua vicinanza) e ministratrice di aro mi. Raccoglie per le contadinelle in attesa dello sposo lo spigonardo sottile da riporre nelle biancherie, fa seccare l'origano saporoso e la maggiorana ricca di essenze, conserva il basilico per le sue salse. In autunno, alle prime pioggie, quando inizia, dopo il bac canale floreale dell'equinozio estivo l'orgia selvaggia di tutte le piante aro matiche, essa va in cerca dell'alfa, una erbetta grassoccia e pudibonda, che spunta tremante all'ombra dei fossati, e che è feconda di impagabili sapori per le minestre invernali; della malva generosa indispensabile nelle dentizio ni dei lattanti; del rosmarino, della salvia, del pupavero, del llnocchietio selvaggio e del porro gradito al palato. Magìa vegetale Buridai, la vecchia gitana, è iniziata a tutti i segreti della magia vegetale: vera sacerdotessa di Flora assiste e sorveglia nei campi roridi i saturnali erboristici: sa curare il mal di luna col succo del g-lncstro ancor vergine di polline, incanta i vermini dei bimbi colla ruta preziosa e con le cipolline novelle prepara sedativi e decotti per le contadine partorienti. Per istinto, con l'esperienza della madre, dell'avola, degli antenati, lia appreso le virtù delle piante, che somministra in forma di polveri o di succhi a!le sue rustiche clienti, che giurano e credono nella sua onnipotenza medica, accortamente condita con strani riti e grotteschi esorcismi. Lo scialle scuro, glorioso per innumerevoli rammendi, che copre le spalle e il petto concavo della zingara veneranda, ha degli strani formicolìi e dei repentini sobbalzi, come se un cuore giovane, fremente e » pulsante, fosse spinto oltre la cassa toracica per delle misteriose formidabili pulsazioni. Ma Ut Falusci appaga con la sua voce monotona e sommessa la mia meravigliata curiosità: son i pulcini che la veccchla gitana accoglie e ripara nel tepore del seno ormai avvizzito. E le uova son schiuse con un metodo speciale, incubandole in un suo secchio di letame che non abbandona mai. merce il calore della fermentazione. E naturalmente con il tepore fecondo si sprigiona anche un certo odore, alquanto nauseabondo, di cui è impregnato selvaggiamente l'interno del carrozzone. Mentre il vagabondo narra, giù a po scarpata verde tra la ghiaia del ruscelletto loquace, la giovane Sara e i due nipotini men clic cinquenni si bagnano nell'acqua. Son nudi tutti e tre, 1 !inarmorchi e la fanciulla, vestita que, ;rfbber°. J££e*_!!!!? ^"Ì'L??;!:chi metri sotto di noi, ai piedi dellaì o , i o o - ' ridendo, come ana ne a da maliziosi faune,.!.g!o senza'nome2 cl^v'or"™ cader sull'argilla delle rive- un quadretto degno del Dentelloi" ■ u i. Z.u - Si i di un pittore bu.-olico o di uno di queimagnifici fablianx con cui Kipling ce-lebrò la vita selvaggia e prodigiosa del-le docili fiere nella Jungla lussuriosa Un cibo sacrilego Ma ecco 7.h Fleur 'he poria '1 pasto al inalilo: una peni--l'i di lame piena di una brodaglia infida In cui gall&g giano sparuti rari legumi. — Fave? — chiedo alla zingara. La donna e il suo compagno mi guardano spaventati, con orrore, come se avessi nominato un mosiro infernale. Poi si segnano, colla sinistra, alla manieraSffUL ancora la -paura. E Vi Falus ga essere le l'ave cibo orrendo, saerile go, vietato agli zingari, tabù. Per fortuna appare Sara, appena vestita, scalza, ancor rorida e odorosa, che ini toglie dall'imbarazzo in cui mi son posto con l'Indiscreta domanda, con-degli ortodossi e nello sguardo fremeci mi spie-segnandomi graziosamente una ciotoladi legno con del latte coagulato su cuitremolano del petali di giunchiglia. Nulla è più strano che questo inconsueto e anacronistico tenore di vitamiserrimo eppur beato, praticato da questi eterni cenciosi e bellissimi vagabondi, in pie:-io secolo XX, nell'era delia fragorosa civiltà dinamica e meccanica, alle soglie stesse delle metropoli elettriche e tentacolari protese in un continuo vorticoso divenire verso le conquiste del duemila. A me sembra invece di riposare ora in una fantastica oasi australe, soito uno splendente sole equatoriale, in una isola edenica dej fioriti arcipelaghi polinesiaci, tra aborigeni dolci e cortesiignari del tumultuare del boulevarddella rue, dello Street. Ma, volto lo sguardo a destra, ecco sorgere scheletrica e severa al disopra delle vette fronzute degli alberi la sottile torre eiffel del pilone di ferro, con in cima ormeggiati gli stanchi paralleli dei fili elettrici. Il sole già alto illumina sfacciato il totem bianco e nero dell'umanità fremerne d'oggigiorno: uri rettangolo di porcellana dui macabro segno: • Vietato toccare: pericolo di morte'.*. HANS GRIECO.

Persone citate: Foresi, Hans Grieco, Kipling, Nonna Buridai

Luoghi citati: Egitto, Lombardia