Tre notti sul Garda

Tre notti sul Garda L J± "V~ I T .A- FACILE Tre notti sul Garda GARDONE, agosto. ìfAbbiamo pranzato a Dcscnzano e ce- Ineremo a Riva: la durala del tragittoUc l'aria fina, ventosa, ci promettono un'panneill° sufficiente. Avremo cosi, mi-\astirando il lago pel lungo, tracciata la ldiagonale della grande strada che f rat o7>oc<> ne farà il giro: non appena, cioè,\pi tronchi in costruzione avranno raggiunti i costrutti, sia sulla sponda lombarda che sulla veneta, e sarà saldato l'anello viabile da cui s'attende la resurrezione del Garda. Va il battello per l'acque mosse, ma cedevoli. Una vela ei segue. Un aeroplano ci precede. Ieri, per Queste acque, è passalo fulmineo ì corsa, con le vele c le n csaa o a o . l e ) , e a e m, ) . il Miss England. Domani, lungo quei monti, passeranno le mille auto divoratrici della Gardesana. Il demone della velocità si è affacciato, un giorno, al Benaco sognante, e non l'ha lasciato più. Ne sentiamo l'ala rombarci intorno, sopra, vicino, lontano, in tanti fremiti distinti e indistinti che l'onda ventilata confonde in un fremito solo. Tramonta, stupendamente, il sole: un vampante sole, che ci ricorda il rogo finale della Figlia di Iorio, quattro anni or sono, a Cargnacco: e abbiamo l'impressione che sa ne vada giù di anche lut. Gli orioli impazziti Lasciammo Vesenzano alle prime luci calanti. Salutammo orti e castelli. Slrmionc ci si fece incontro dall'estremo della sua penisola: e rintoccò sei volte uva squilla fra i laureti. Strane alter| native di rupi e di giardini, d'alte vel te accigliate e di basse rive, dove l'onda, smuore gemendo e i poggi non sono alti più d'un tumulo, sfilarono innanzi ai nostri occhi estatici. Ogni tanto, da un gruppo di giovinette raccolte a prua, una mano si tendeva a scoprire le apparizioni più verdi: i. boschi di Gargnano, le viti di Bardolino, i fiori di Salò. Vedemmo, all'estremo sole Monte Baldo splendere come un Olimpo: e attendemmo che un'aquila ne spiccasse il volo, incontro all'aeronave che ci precedeva. Da Toscolano udimmo salire un canto; da Malcesine, uno stormo : e passò un corteo di noz ze per la riva. Nell'isola di Garda, contro luce, •stavano allineati i cipressi: uno per uno, esili, negri, diritti, concisi. Pensammo, secondo i desidera di Sua Eccellenza Ugo Ojetti, all'isola di confino dei vanti esclamativi. Al ritorno, nell'ora notturna tutta questa bellezza variata e cantante si fa istantaneamente tragica e muta. Fra tutti i variabili laghi del mondo, il Benaco è forse il più estroso di tutti. E' 10 stupore di chi vi capita, e la meraviglal di chi vi resta. Nessun minuto assomiglia, per colore e luce, al precedente. Non vi ho detto che anche il tempo va in fretta, quassù, come Kaye Don? La danza delle ore è una fuga, e forse oli orioli talvolta impazzisco no, come nella favola tedesca. Ora pensiamo che i monti debbano essere tutu scuriti, come a Torbole; o tutti rocciosi, come a Tramosine. Orti e vigneti debbono essere profondati nel lago, all'improvviso, come dei praticabili per un colpo di scena. Gardone non ha più rose e Bardolino non ha più un grappolo. Dalle grotte di Catullo gridano gii spirili della notte. Nuvole accorrenti nel ciclo di Verona fanno ripensare a miti, a storie barbare: alla cavalcata delle Walìcyrie, alle orde di Teodorico. Ballanti lumini di pescatori sono occhi di verziere; un fanale intermittente, che l'ampiezza del bacino fa appena intraovedere, il richiamo d'un pirata. I neri alberi dell'isola, tutti in fila, mi ricordano le Ballade des pendus. Fu 11 che annegò una principessa; e mi par di scorgere, da un cipresso all'altro, co in me inoranti trame di pipistrelli. Gli scuri fusoli dei cipressi attendono bianche apparizioni. E lutto nero è il lago; come un immenso calamaio dove non potrebbe intingere la penna, rivivendo, che il lamentabile profeta Geremia. — Ma ora — dice qualcuno ch'è con me vedrai la luna. Un incanto! — Chi mi fa l'elogio del pianeta romantico, indo vinate un po'! è Dccio Cinti, il futurista, ex-segretario di Mari/ietti. Decisamente, sul Benaco, ogni sorpresa è possibile. Marinelli è diventato amico di isgNino Bcrrini, e Decio Cinti della luna,» Luna, romito aereo — tranquillo astrod'argento... ». Non dunque su questi flulti è nata la ccìehrc elegia? E infatli\s In luna appare: ed. è, veramente, unitUncantesimo. Ricade, in un attimo, il bpralicabile degli spellri, e ve risorge un taUro, morbido, lurido, amico, celestina le, in cui non c'è più una rupe ve una ombra, e le nuvole son già dissolte, e i pipistrelli ridiventano farfalle notturne. c l'onda torna a cantare, cullandosi, i suol versi melodiosi, non somiglianti affatto a parole in libertà. I magi di C-arcione ddollu Quest'altra notte sosteremo a Cordone. Il pomeriggio l'abbiamo trascorso tra il Viltoriale, dove il Poeta era in clausura, e il Lido, tutto caldo di sole e di grida infantili: quoto, luminoso, bellissimo. Ho avuta la. fortuna d'incontrarmi, nel costume di rito là dove il sole non ammette* abiti di cerimonia, tre fra le maggiori autorità del luogo : animatori, tutti e tre, d'una passione e di una forza che mi. occorre segnalare, segnalando una unita ancora la straordinaria felicità del lungo. Sono i tre buoni, magi di Gardone: l'ingegner Cozzaglio, il cui nome resterà congiunto alla gloria edile della Gardesana; il cavaller Besana, cui non pesa nè peserà mai alcun sacrificio a prò' di questa zona ch'egli ritiene, con esemplare pertinacia, prediletta dal Signore; il dottor Mario Ferrari, medico c botanico, curatore dt uomini e di aiuole. Questo baffuto dottore mi è venuto incontro con due occhi celesti, in cui ho letto subito l'anima, del fanatico. Da Gandhi a Ferrari, tutti gli apostoli ormai vanno aggirandosi in costume da bagno. Costui, come spesso avviene dei più fervidi innamorati di una plaga, non è di Gardone: ma, nato romagnolo e cresciuto milanese, l'affetto pel paese d'acquisto s'è fatto anche più forte di quello pel paese d'origine. Egli vive qui da vent'anni, tra acqua e sole, un'entusiastica vita anfibia: e le visite le accorda cosi, in maglietta. Nei\ consulti grati, acconsente a indossare un accappatoio-. ciò che gli conferisce un'aria di magister quattrocentesco. Del resto, qui a Gardone, la divisa balneare è di prammatica; e mi assicurano sia la favorita anche del commissario Bizza in cui Gabriele d'Annunzio ebbe un giorno, incontrandolo, a giudicarlo elegantissimo. Ferrari ha un solo pensiero, una vita sola: i fì.ori. S'è accorto che l'aria del Benaco è tale, più d'ogni altra, da favorirne la. crescita e le nozze, e li ha falli crescere e moltiplicare In tutti i punti del suolo, per tulli gli sporti dell'abitato, dovunque potesse giungere la punta d'una radice o il cintolo d'una rampicante. Dopo Cordone, è venuta la volta di Salò e di Moderno. Ora egli parla di certi oleandri giganti che porterà su a Limone, di certe asterie variabili che trapianterà verso Biva, e tutt'inlorno alla Gardesana. Nessuna sorpresa se un giorno le stesse rupi di Tramosine, ora così calve, sl sveglieranno con un ciuffo d'ellebori o con una chioma di violette. Cosi, il bravo dottore non bada solo a far rifiorire le rose dei volti » sopra i gigli di pria », ma, fuori di metafora, anche a far ridere la terra persino là dove appare più ombrosa e più grave. Fiori, fiori, fiori dappertutto; dove si può e fino che si può. Sono questi fiori che hanno fermato il Comandante, il giorno in cui, reduce da Fiume con Tom Antongini, giunse in vista di queste rive. Il buon medico cura l'anemia delle rose bianche, il languore delle rose tee; guida i convolvoli, sorveglia le sensitive: e le diecimila campanule che si aprono, ogni mattina, sull'acqua inazzurrila, certo al suo orecchio intento sembrano tulle stormii- a festa. Ifadgvdttem 11 comizio dei fiori Ho vegliato, questa notte, al « flint balzello », dove si ballava; ed ogni da ma, seduta intorno al leggiadrissimo patio in attesa del tango o dello slow fox, o anche del vecchio valzer di cui oggi si torna in tentazione, aveva-stilvolto o sullo scollo l'ombra tremula diuna ghirlanda. Anche li, fiori e Hori. I fiori invadono soglie, cortili, terrazze finestre, sottotetti. Sulla mirabile veran da del « Rimbalzello », come il solano rampicante fa da padrone, è un merletto di luce che le lanterne tramano \lungo la ramaglia minuta, dentro la !fronda leggera. Corolle bianche, son ^tante pupille nell'ombra. Petali sflntu st. curvano sul lana, sl perdono nel vcn.-lto, si sfogliano sotto i mici passi im-, brogliati. Guardo. Distinguo. Sono là tutti, i fiori della terra benacense: rose dalie, fucsie, garofani, asterie, oleandri, ed anche altri fiori importati dagli orli più dissimili: quel girasole africa- llo, ad esempio, o questo plumbago del->la Campania, d'un cosi tenero celeste. ì\ I" la festa dei fiori. E' il comizio de' fiori. Fra poco, forse, quel nasturzio agiterà la campanella; e questa boccadi-leone prenderà la parola. Sulle fragranze acute degli arbusti in flore sovrastano i seniori delle piante tristi: dell'alloro, del cipresso; e anche d'un tiglio languente, anche d'un cedro lontano. E fra alberi e cespi, fra le zolle e i muri si scagliano, con una violenza mai vista, le spire d'un glicine : che \ svelle le pietre, fora i cementi, piegai di forza le inferriate, inani nel suo abbraccio serpigno; si snoda, si riattorce, per riavventarsi più viva, esulta, moltiplicata e distante, e tutto serra, sfigura, rifonde, nasconde. E fiori, ancora: a mazzi, a ciuffi, a corimbi, a festoni. Rami e branchi, foglie e bocci hanno la densità vegetale delle iniziali da miniature. Cerco gli angeli cantanti dentro la fiorita inestricabile. Cerco le donne aspettanti dietro i balconi cui ogni rosario lancia, a modo d'innamorato, una rosa. Non è un giardino. E' una féerie. Tutti gli alberi giocano a lanciarsi dei fiori. Ilo ben visto una colla, bambino, qualche cosa di simile in un balletto dell'Edel. Ho l'impressione di trovarmi del fiori in tasca, fra le mani, come un prestigiatore; che se chiamassi la cameriera per un gelato, essa mi apparirebbe dal cuore d'una dalia; che domani, all'albergo, quando domanderò il conto, vi troverò dentro nicnt'altro che un fiore, aperto a ventaglio, come nelle carte augurali dei christmas; che lo stesso mio stile adesso fiorisca — perdonami, lettore, la presunzione — e che in punta di penna stia per sbocciarmi un gelsomino. Che\ a i n o e , ù i i , , n i e i l e Sirmione, le boccie e la gloria t o i ...E stanotte dormirò a Sìrmione: poiché è deciso che tutti i miei sonni gardensi avvengano sotto la protezione dei poeti. Oh, Catullo: io non so di latino; che l'unico mio corso ginnasiale fini crocifisso in una bocciatura straziante. Ma delle tue strofe, di cui non so capire che la musica, indovino la bellezza: e non so come, non so perchè, da vero igno ranlone superstizioso, mi prendere che la loro cadenza maliosa sia stata misurata fedelmente, precisamente, sul ritmo di quest'onda che li piacque! Ho atteso, anche qui, la notte, dopo un tramonto mattonoso che m'è parso un po' lungo e un po' fosco. Cercavo la a verde Sirmio ». Non la vedevo. Qualche volta i poeti, quelli che so leggere, mi pare che esagerino. Sirmionc è grigia; qua e là bruna e giallina; con l'immancabile nero del cipressi, e la scurita delle grotte famose. Su balze brulle, l castello di pietra arsa:e là giù il lago che langue, tra i giuncheti. Il passero di Lesbia doveva essere nascosto fra t pruni: via non si sentiva. E'veramente, sl, l'ora era un po' triste. Quell'erma bianca, quel busto d'uomo che s'affaccia in riva all'acqua, dove il giuncheto dirada, faceva pensare a un solitario bramoso d'un bagno, e disperato di non potersi tuffare per mancanza di braccia Ho cercato un albergo, ne ho trovato uno intitolato a Catullo; e mi è parso, raccogliendomi, di sentir giocare alle boccie. Ecco, pensavo, la gloria. Si pen sa, si scrive, si fatica, si soffre; tutto si spreme dal nostro sangue, dal nostro genio, per comporre il canto immortale emulo delle onde e degli astri: e come premio si vien citati, un giorno nella ditta di un'osteria. Pensavo, lag giù a Gardone, in un giorno molto lon nnr rii rnm 'i'litana la .locanda d'Annunzio, con gio i\co di boccie ». Poi. ambiziosamente, ar I o ro a n ricavo a figurarmi la gloria mia prò pria, t Locanda Romperli, con stallai zo »... Ehi dopo tutto, perchè no? I boccialorl se ne sono andati. Poi ito sentilo parlare di Binda e di Mara e una radio dalla voce di cocorita m'ha riportato il cauto della Lisetta che va molto chic in società. Non riuscivo. u\dccisuiiientc, a risentire il clima e Va- nima del cantore antico. Finalmente, l'onda sola ha. parlato: e con l'ansia del flutti, è salito di non so dove l'è/- jfluvio degli allori, cosi triste e cosi au- ; gusto. Come la gloria, appunto: eh»\non sta soltanto nelle insegne di trattoria. L'onda ha parlato, e con lei Ve¬ nerc e gli amorì del poeta voluttuosissirno. Ora, mentre singhiozza il lago \ i estatico per le sodaglie, con una mestizia dolce che dev'essere la slessa da secoli e da millenni, capisco il poeta e la sua strofe. Ritrovo la stessa impressione ch'ebbi alla Pliniana, ascollando la fonte intermittente che mi cantava come al tempo del Vecchio. Resta, anche qui, un (lutto testimone. Un ritmo largo e lungo, accasciato ed ambiguo, d'una soavità senza fine, e che certo ha \sillabe misteriose da svelare a chi le intenda. Saprò intenderle io, stanotte? Ohimè: ho già chiuso gli occhi; e col pensiero che la gloria, anche a raggiungerla, finisce in un gioco di boccie, è quasi certo che rinunzierò a ogni sforzo poetico, che non tarderò ad addormentarmi. Perchè, insomma, sugli allori non è tacile dormire. Ma sul loro odore la cosa è più facile: e anzi viene da sè. MARCO RAMPERTI.