Favole di Sameh

Favole di Sameh "v 1 .a. a- a-1 o 1 3sr lapponia Favole di Sameh (r> AI* KOSTHO INVIATO) ABISKO, agosto, '.pChi, non lo sapesse, oltre tulle le lel-Jtarature c'è anche la letteratura lap- l pone. Le due saghe che trascrivo, co-'n m'è probabile per tutte le letterature] e primitive, sono due racconti, due pezzi eVlci appartenenti a cicli e serie chiu''" di tavole popolari: ì temi cosmo oonici, lo spirito d'avventura, della Prima prima e della seconda, si ritrovano al- lì]0»l e Questo le apparenta agli esempi Z Tu^Vr?^^VTh ln Pia, un certo ritmo intenso di tall¬ tasta prettamente barbarica, che le ca rallertzzà in proprio. Il loro metro ori gimie e andato perduto, col venir me no, da secoli, della trasmissione orale rlie se ne faceva; anche c da aggiun etere che non sono in tutto attendìbili nò e da giurare sulla loro autenticità " fatto stesso del loro pregio: dei l'essere cioè divenute in conseguenza argomento da letterati. Che gita e là, in Qualche punto, siano state manomesse- alterale in parte da quello che d.ovcv.ano essere in origine, non semlssdpqSpora da mettere in dubbio Notizie sulla letteratura lappone, e sui La-noni in genere, se ne ricavano quanto basta dagli studi del Wlklund. Ad uso dei pochi che portano curiosità a tutto, e specialmente alle cose inutili, ne citerò qui alcune, il meno pos sibilc. Un cenno all'esistenza del popolo lappone si trova già nel settimo secolo dopo Cristo; sulla fine dell'ottavo si sa che essi abitavano il Lappland. 'a tcna del Lapp, nome rimasto più !r,rdi- ver sempre, e che pare sia stato dnt0 loro veT dlsl>r o dagli Svedesi meno incivili. Significa, infatti, lo « stupido ». in lingua lappone essi si chiamano Sameh, che vuol dire « trovato*: con un particolare senso riposto, allusivo, che evidentemente è per noi alquanto difficile interpretare La letteratura lappone consiste per buona parte di scritti religiosi, tradii zioni dalla Bibbia, storie bibliche, salmi e catechismi, e libri di esegèsi e di va ria edificazione. Come Jubmel creava il mondo Cosi dice una saga dei Figli del Sole, dì questo paese pieno di montagne e di boschi e di grandi laghi, il paese che si chiama II Paese del Sole — la bella residenza d'estate del Dio "del Sole, dove pascono le sue mandre risplendenti sulle cime dei monti, nelle notti d'estate — il paese che per l'indegno è freddo e oscuro, ma dove chi è degno trova lo splendore della luna, le luci balenanti dell'aurora boreale, che le notti cambiano in giorno — il paese del bianchi deserti — il paese del silenzio, dove il Destino grande e silenzioso grida senza parole nel petto degli uomini — il paese della solttu dine — Il paese dei soli che aspettano ■ Così dice la saga dei grigi tempi an tichi, al suono dei tamburi battuti dagl'Indovini: cosi dice di bocca In bocca, di generazione in generazione, quando i Figli del Sole erano ancora un grande popolo ricco — quando l'ai ta stirpe del Figli del Sole custodiva il tesoro del Sole, nelle montagne. Ora essa ha cambiato forma e colore, eppure è%sempre la stessa — cosi il Sole Lumbia le cime dei monti, dà loro torma e colore diversi, benché esso non cambi, e rimane sempre lo slesso occhio di Dio, sorgente della vita del tutto. Il Gran Dio, che è Jubmel, un giorno camminava in riva alle grandi acque. Vedeva le onde battersi e urtarsi gran di e potenti, spumeggiare come spumeggia il fiume di primavera. Le onde erano nere, ogni onda portava un Janiiliiatser, un'anima sotterranea: con gridi, urli, muovevano le acque nere. Il suo cuore, allora, ebbe paura. Le chiamava sopra le acque, diceva loro: tacete! Non disturbate il riposo di Jubmel! Poco l cattivi curavano la parola di Jubmel. Jubmel si adirava nell'animo jc diceva a se stesso: voglio ora con j saltarmi col Savio. Questi era il più a rande dei figli del Ciclo. « Beijve, il -17"» orando dei figli del Cielo, tu, savio, i sei chiamalo a consiglio* I, comandamento del padre. Beijve e *L«» indugio corse da lui. . «™ ^. rlsplendevano ^argento, do- Vfj ava ncl cieio rimaneva una lun- flu lrarcifI dì luce, luminosa raggian- ((, nclla noUCì pnTi a un grande sco— Ucro di stelle, attraverso la volta del o CiCf0 _ Una via di stelle, la Via di dpVldmEdbddsJdcsi lìrijve, come la chiamano i Figli dcl'e Sole. ' -, «Qui sono, allo vidre del Cielo », parlava Dcijvc, c la sua voce era annJnntc, mollo anelante per Vallan.no della rapida corsa. « Buoni consigli ho nella niente, savio è il padre del Cielo, e il più savio di tulli i suoi Hall «\ vlieijvc, ora accorso a sentirlo ». « Itene hai fatta venendo. I canti dei Iamsicché urli e gridi di diavoli non dl-\ssturbino II sonno, né II riposo del pa- «rgdemoni mi offendono. Ecco, un nuovo: paese voglio creare, e tu stesso su nquel paese nuovo regnerai*. 'n« Un paese buono devi creare, al Ini Signore del cielo», parlò Beline. .So- pra un paese buono voglio regnare •ndre del Cielo ». « Un buon paese voglio creare, — parlò Jubmel, il padre dal Cielo. — Vieni, piccola renna, che passi sul l'assevaarc « (U monte sacro sede degli dei) —. Cosi il signore degli dei chiamava lusingando la sua piccola renna. Essa venne correndo. Bella era a vedere la piccola renna del padre del Ciclo: bella a guardare, bellissima, e di bella statura. Il padre del Ciclo le pose sopra la mano, le disse : « Piccola renna, lu che corresti sul Passevaare, tu che hai piedi veloci, che sei la gioia del tuo signore, benché porti II dolore negli occhi, di te voglio creare la nuova terra, un altre mondo più bello ». E il padre del Cielo, di sua mano macello la piccola renna, una bellissima, piccola renna. Città un osso nelle grandi acque, dove si agitavano gli Jamihialscr, li chiamò che ancora art davano. « Prendete questo piccolo osso, lab bacatemi un ponte sull'acqua, atftncht crei un mondo di là, un nuovo mondo* Gli Jamikiat.ser si scagliarono tulli sull'osso, gridarono al Padre del Cielo, da" grandi acque: t Quale sarà il nostn compenso? ». Jubmel, il signore del Cielo, disse loro, superbo: « Ubbidite quando gli dei comandano. Il padre del Cielo è se stesso — con nessun altro, non lia paragone, non è come un altro: lo solo governo il regno del cielo, io solo governo il regno sotterraneo, io solo creo un mondo nuovo. Ma vi darò, lo stesso, un bel dono, un compenso alla vostra fatica. Giorno verrà che dagli uomini si farà sacrificio agii dei: nei mondo nuovo la ossa del sacrificio saranno pcr voi II vostro giusto compenso ». Gli Jamikiatser ubbidirono all'ondine di Jubmel, fecero un ponte tra Za|regione di sottoterra e quella alta del' cielo, dove ha principio la luce. Di là Jubmel passava, dava mano a creare il nuovo mondo. Lo faceva dalla piccola renna. La sua carne era il suolo, le vene fiumi rapidi, e dai lunghi capelli sorsero boschi imponenti. Ma il suo cuore. Il cuore della piccola renna, nascondeva Jubmel giù In tondo alla terra: l'uomo della montagna, che è lutto solo talvolta, bene ode i suoi col pi nel silenzio delia notte d'eslale, quando siede a guardare le renne. Per guidare il viandante, Jubmel prese i 'lue occhi della piccola renna, che portavano dentro un dolore profondo, li mise sulla volta del cielo, furono la stella del mattino, la stella della serache guardano con dolcezza il viandante, con dolcezza e malinconia quale è solo in un occhio di renna, o nell'oc r.hio di una donna, di una donna che ama e che brama. Cosi Jubmel creava il mondo nuovo, al disotto del cielo, al disopra dei mondi sotterranei, più oscuro del mondo lei celesti, e con luce celeste. rdvJ|Àwentura dell'uomo che non era mago / grandi Noider di Some erano del la famiglia di Kallo. Questi avevano avuto il dono della magia trasmesso dai padri. Ora nella famiglia di Kallo v'era un giovane splendido di bellezza, un giovane di bellezza divina. Il suo noma era kàrgo, che significa-, colui che esegue tutto ciò ch'è deciso, kàrgo era l'ultimo hglio, e solo il primogenito poteva essere noid. avere il dono della magia. Ma sapeva i cardi degli avi, conosceva ogni arte dei nuovissimi tempi. Aveva sentito parlare del tesoro di Beijve. nascosto In fondo alla terra, nella sua terra di Sanie, aveva udito la saga di Vaari. venuta dal paese dove stanno i giganti. Era in lui volontà grande, smania grande di tcn- tare l'ignoto. Von voleva andar solo.'icon uomini molli voleva andare lorit/i- "°. cosi lontano coma diceva la saga di Vaari, c tornarsene col tcsoro ds vano traverso boschi pm'onii, sopra. Itcijve. guello ch'era allora in ranno ai aitjann. I Così K/irgo prendeva seco uomini mólti, una gran compagnia Cammina- ' .s'alzava- " Milo del Sole era pronto■■ « Passare le acque. Ma finalmente ecco rapidi fiumi, su grami: acque; e giungevano al mare. Tracci:-, però non ave i:mlQ rìm dj ni ,rmmU)i: nè cftg n tcsoro dj Bl} fosse a nascosto vicino. Co"' troncM d albero si faceva una n"ve volente - un'antenna, una vela ■•'alza lena dui mar |f0 éónauU ' ■ululante net .raggi del sole, s'apre a loro il paesetda aioanli \ Non uno solo saprai ef«/;« /ossero] venuti, indovinavano però ch'era quel-] Jàhtanasan Mua: il pac<c dei giganti, Cosi era. Paese splendido e ricco, pac-\ se grande, tenuto da un gigante vec-ichissimo e cieco: abitava una casa an-t lo il noesi che gli antenati chiamavano'ch'essa gigante, con una giovane figlia bellissima, e insieme tre figli. Pcr spiare il paese Kàrgo era sceso solo dalla sua nave, girava solo lungo la riva. Ma si arrestava- incontro a lui splendida veniva la figlia del vec-'ehio gigante, splendida e coi capelli d'oro, e Kàrgo che mal aveva alzalo il suo sguardo so.ura lauta bellezza fu volpilo d'amore. Con maniere cortesi gli veniva Incon- tro la IWa d(i vecchio gigante I, tancMla già. 10 aveva veduto, lo sa-.lutava, h'argo purifica molte parole prit-\denti, apprese dai sacri cauli degli an--lenntt. E la gioì-ne Tjalmi, che malnella vita aveva urlilo parole tanto cor 'tesi nè Visio mai giovane bello di ttn-la bellezza, seiilira il cuore - batterle forte, con molla più forza di prima. Disse Kàrgo: Chi cerco-.' Cerco una .lonria elio guarisce I dolori del [cuoro, Che conforta la mlsprta e l'angoscia, |Che elfi consiglio nella sventura. E dona il ck.no ungi.ore, un discendente». Tjalmi rispose: ■ Rapidamente lì sinsne ferve, Si Fcioplie il cuore (Il una vergine. 1 piMi^iori si oscurano. Mesciamo il eaiiauà) Fnrlio del Sole. Dividiamo dolore e gioia. Dividiamo tilt to. Siamo l'uno all'altro la sua sorte». Kàrgo molto si rallegrava a quelleparole, prese la bella vergine nelle braccia : o o o o i o o i e o l i - ; PrmL i Zi tZ , tre è,-a; * min.ri ance tuo pnun. liu- lanisti il suo ambito favore, K ssa di prenderti,. In ninrnni, mi-mntnvn oh» r,:r, permes Ora la giocane raccontava che suopadre era un gigante potente, ch'era leco. che possedeva però ancora tuttele forze. • Non pimi vedere mio padre se nonsci forte ed astuto. Proverà la tw for-ze, se non valga tu a vincerlo ne sa- rat, tu eoi tuoi-, sterminato. / miei fra-felli sono ora partiti, ritornano subito R<arai morto se non ti salvi ». Kàrgo aveva deciso di andare da! padre, di domandare la figlia in isposa. Perciò disse: « Egli é forte, ma io sono astuto. Non per nulla, mi chiamarono Kàrgo. Mando a termine tatto ciò che Iio decise Ora voglio prendere vino, da bere insieme a tuo padre ». Kàrgo fece ruzzolare sette botti d'olio, <"lte botti d'olio di merluzzo, nella capanna buia del gigante; e portare anche l'ancora. L'attaccò prima alle rupi. Insieme con la bellissima Tjalmi si avvicinava al gigante seduto mila capanna, dentro la kota. come in mezzo ad una sala. Cicco era. e solo, e senza un aiuto. Kàrgo fece con parole cortesi la sua domanda, e il gigante rispose: « Chi sei tu che osi venire da me, e fare tale domanda? Dimmi chi sei, il tuo nome, la tua stirpe, la tua famiglia ». • Kàrgo mi chiama il mio popolo, della stirpe dei tigli del Sole, della famiglia di Kallo. di cui non c'è altra più nobile, nè altra migliore ». « Bene parli. Vieni, Figlio del Sole, e vediamo chi tra noi è il più forte ». Disse il gigante, ed aggiunse: < Tina. mo » e un dito gli porse. Non diede un dito kàrgo, al gigante, gli diede l'ancora appesa alle rupi. Il grand'uomo tirava, tirava torte, ma non poteva dalle rupi cstrarra l'uncino. Stanco disse: ■ Forti in verità sono le dita dei figli del Sole * Ora Kàrgo invitava il gigante a bere l'olio insieme con lui.]che glielo aveva portalo; ed egli lieto - vuotava le botti, a tutto molto lodava a il vino dei Sanie. sj Quasi ebbro, volle ancora una volta "eniarawì, n provare la sua forza, e ancora «™J fc0"« OU porse l ancora, karoo. a pro-| varc. | 11 gigante tirava, tirava e le rupi Disse infine- . Sono vecchio, le ma''ila han perduto ogni /orza. Sei Più forte, flglio del Sole. Prendi teca mia figlia, nuora razza .più torte sta pcr crescere dopo di me». IJvór<yo allora si-Ile botti, selle bótti -d'olia ripiene nuovamente gli offerse da bere. Con Cargo mosse guindi U oì„anle in fmd0 aUtt kota, ,n tondo,] d0i:c slm.rl nn forsten d'argento. Prese. argento di dentro al forziere, ne portò\r-on quanta forza il suo braccio valeva -« li».,, ' '■■■■■■■' tocca tulio a a portarne. Disse: «Quel chi; veni iacea inno « mia figlia, quel che vedi è la sua dote grande? ». 'Meno ho visto, ma anche di più—disse kàrgo. II gigante andava a prenderne anco di. sposa. Ma vedesti altra dote pili ra; ritornò verso Kàrgo con un carico nuovo d'argento. < Hai veduto altra dote più grande? ». t A/0//0 hai dato, ma io vidi anche dote Phì grande, anche dote più ricca, l.Ta }a oenlc di S'irne, tra il mio popeIo, 1 Figli del Sole ». /( gigante adirai 1 andava a prenderne ancora di piu. » Ora credo che nessuno abbia dato asua figlia una dote più granile di qne-sta, una dote più ricca e più degna • Kàrgo vide clic la nave non poteva. porta„,c „,-*. Disie; « Vo, certo mal „,.,.<,„■,„ „ sm figlia diede, «ottptA grande*. E portolo l'argento alla nave con la figlia faceva le nozze, fio partiva con in splendida Tjalmi, con ;„ preda, l'astuto Figlio del Sole. Fere vela al paes etti Sanie, al paese del tigli del Sole. mo II nastro dei venti mecca erano appena partiti che l fiatali di rjaimi gw centravano ra-pidi in casa. Son videro la sorella, do-jmandarono a! vecchio dov'era, coniò ;.' vecchio ai fratelli di. Tjalmi il gran cuso poco innanzi avvenuto. Ma i fra- ieli di Tjalmi trovando l'ancora op-ppsa alle rupi non tardarono a scopri-re l'inganno « Padre nostro, t'ha ingannato l'astu- zia di un uomo, uomo vile, da nulla, . , ,, ■ ci Ha rapilo nostra sorella; ma corna-sii, tosto, ti riprenderla! ». ^ spingevano la nave di rame, e Tèrna- v)vw con tn, ;)(7„ dj rcmi> c mi.'.v/'na- ,.„ ,-ac,,m davanti alla prua, come f0Sie m torrente che romba. fl«ft/dt „ ,.. 1 ,iA-s,A m.,„..,.«erano, e la loro rapidità moveva gli echi lontani, li udiva Tjalmi sulla nave di Kàrgo. « Ora vengono i miei fratelli, ora è d'aopo mostrarsi prudenti*. Ma non ra Kàrgo della famiglia di 'ncano kallo. Dalla lasca tirò fuori un gran nastro- vl aveva dentro, suo padre, annodati ire venti: uno medio, ed un altro meri forte, ed un nitro più forte. Sciolse un nodo, era il primo, e la nave galleggiava sul vento; e i fratelli rimanevano uddìetro. Con più forzapremevano i remi, s'appressavano alla nave volante. Tjalmi disse: • Vedi la ■he la collera bolle nella niente dei mici tre fratelli ». Kàrgo mulo ascolta ca, con animo fermo. Si rivolse al più vecchio, al più vecchio e prudente, ch'era insieme con lui nclla nave.. Può la nave resistere sotto un'ala più forte di venio:' ». • Forti gli alberi, for ti le vele ». Kurgo,sciolse un altro nodo di vento. La tempesta venne urlando sull'acque, rapida la nave saettava nella tempesta. Ma i giganti con più forza premevani, i remi, guadagnavano altro tratto di mare, s'appressavano a Kàrgo. Tjalmi udiva il rombo dei remi. Kàrgo termo guardava alla nave. • Può la nave re sìstère sotto altra ala di vento?,. ,For ti gli alberi, forti le vela ». Sciolse Kàrgo l'ultimo nodo, scatenò una tempc sta più grande: cosi grande che più grande solo Jubmel. regnatore del Cielo, può mandare una tempesta tra gli uomini. Remavano i tigli del giganteremavano forte, ma invano, per raggiungere in corsa ta nave veloce, cheportava i figli del Sole, l'alta stirpe di Soma. Con cuore pesante videro che spariva, s'inabissava nelle acque demare: non sazi di vendetta tornarono indietro, se ne tornarono dal vecchiocieco loro padre. L'astuto Kàrgo, la bellissima Tjalmiraggiungevano il paese del Sole. Stimati, onorati diedero discendenti alla famiglia di Kallo, diedero altri eroalta saga. ERCOLE REGGIO. ,.1'

Persone citate: Cicco, Giorno, Soma

Luoghi citati: Iwa