L'adunata dei Fanti e dei Giovani fascisti a Gorizia nel XV annuale della redenzione

L'adunata dei Fanti e dei Giovani fascisti a Gorizia nel XV annuale della redenzione L'adunata dei Fanti e dei Giovani fascisti a Gorizia nel XV annuale della redenzione Il discorso elei Segretario del Partito . Gorizia, IO mattino. Nella sera di agosto, sotto un cielo abbuiato di nuvoloni burrascosi, Santa Gorizia, echeggiante di musiche e di canti, risplende di mille luci multicolori a celebrare la sagra della liberazione. La mole diruta del vecchio castello che domina la città si imbianca argentinamente dei raggi dei riflettori; e di sopra al portale maggiore, dove è riscolpito nella pietra il Leone di Venezia, una enorme stella luminosa, sfolgora trionfalmente. A quel bagliore, innumerabili altri bagliori e lumi rispondono, tutto in giro, per l'ampia corona dei colli circostanti, di qua e di là dall'Isonzo, vér- o l'altopiano di Bainsizza e verso il Carso: i colli dai nomi immortalati nella storia, nomi clic suonano come squilli di battaglia, delle più tremende e sanguinose battaglie: il Naso di Lucinico, il Monte Tre Croci o Calvario, U Sabotino,' Monte Sitino, Santa Caterina, il San Gabriele, il San Daniele, il San Marco, Dosso Vaiti, il San Michele. Nella sera, che qualche intermittente piovasco ha rinfrescata, brillano di infiniti fuochi, ai pendii e sulle .•ette, di fiaccole e di falò, accesi dalla pietà dei superstiti, ad evocare ed esaltare, in questo quindicesimo annuale, l'olocausto dei Caduti, l'or lineila traccia che rossa punteggiti l'ombra, l'occhio ricerca ansioso ogni linea, ogni piega del terreno, dova il combattimento si scatenò col furore dei molteplici attacchi; la mente tenia ricostruire il quadro negli indimenticabili episodi. Qua veramente, secondo l'espressione viciorhughiana, « i monti fanno pensare al calvario, gli alberi fanno pensare alla croce ». I fanti di Gorizia Qua le fanterie, in un epico ardore di lotta, si immolarono, a plotoni, a compagnie, a battaglioni, di quota in quota, di balza in balza, di zolla in zolla, cosparsero di sangue questo suolo, che oggi rinverdire stupendamente. Ogni pianta, qua, ogni arbusto profonda le radici nel cuore di un caduto. L'Isonzo, dalla placida corrente azzurrina, per i ghiaiati bianchi che l'accompagnano, rimormora i lamenti formidabili di tanta fiorente giovinezza, falciata dalla mitraglia, nelle raffiche tempestanti, arsa dalla vampa degli scoppi, neU'inenarrabile inferno. Mi è raTa e invidiabile fortuna avere vicino in quest'ora che palpita di commozione, due degli eroi di quei giorni combattuti, i protagonisti stessi della grande gesta: il generale Pietro Ronchi, allora colonnello comandante il 28.o Fanteria, e il capitano Aurelio Baruzzi, medaglia d' oro, allora sottotenente nello stesso 28.o. il primo che entrò in Gorizia e alzò il tricolore sulla stazione ferroviaria» Il discorso è avviato naturalmente in confidenzialità di commilitoni, a risuscitare i ricordi; e l'azione rivive immaginosamente davanti ai miei occhi, che non la contemplarono allora. Allora, coi miei duri alpini del 2.o, si montava la guardia, noi, nell'alto Isonzo, sulla conca di Plezzo, su quel maligno Rombon, che giorno per giorno consumava uomini, in un esasperante stillicidio di perdite, tanto più tristi, perchè parevano vane, non irraggiate da nessun lume di gloria. Ma, come giubilammo entusiasticamente quando ci giunse l'annunzio che era presa Gorizia t Gli approcci della battaglia, che culminò ip tale conquista, si può dire risalgano all'inverno '15-'16. Da allora, infatti, vennero iniziate per la fronte, dal Sabotino al mare, operazioni metodiche, dirette ad assicurarci le posizioni donde potesse muovere l'attacco; e si andarono insieme accumulando i mezzi di offesa più idonei, aumentando incessantemente e poderosamente artiglierie e mitragliatrici e il relativo munizionamento, creando le bombarde, che si rivelarono l'arnia meglio efficace per la demolizione delle difese passive. Tutto era pronto per l'azione nella primavera del '16; e, soprattutto, il monile delle truppe, coefficiente essenziale — truppe animati! dal più fervido spirito offensivo, impazienti di sbalzare oltre i ripari, di lanciarsi all'attacco. Ma sopravvenne l'offensiva austriaca del Trentino, la formidabile « Slrafe Expedition », e fu giuocoforza spostare improvvisamente, nel settore minacciato, le riserve accumulate dietro la fronte dell'Isonzo, buttarle ad arginare, da quella banda, la dilagante invasione nemica. Giorni di trepidazione e di tormento: giorni, in cui, là dove più non esistevano trincee, il petto dei fanti Iseo trincea; le baionette ne furono il solo irto reticolato. Ma anche quella prova fu superata. Dal 6 al 9 agosto 1916 L'invasione nemica era appena contenuta, il grave pericolo era appena scongiurato, che il Comando Supremo disponeva per riportare le truppe, ridivenute disponibili, dalla fronte Trentino nuovamente sull'Isonzo. La complessa manovra, per linee interne, che fu condotta in mudo da sfuggire quasi completamente all'osservazione del nemico, si svolse in due periodi: dal 20 giugno al 27 luglio, con uno spostamento di unità rimaste di riserva; e dal 27 luglio al 4 agosto, col trasferimento prima dello artiglierie e delle bombarde, poi di grandi unità di fanteria, e col loro schieramento sulla fronte di attacco. Siamo alla vigilia della battaglia di Gorizia. Alla Terza Armata, l'invitta di S. A. R. il Duca di Aosta, schierata dal Sabotino al mare, viene impartito l'ordine di attaccare su tutta la fronte; ma con obiettivo principale l'occupazione di Gorizia. Nella giornata del 4 agosto, si impegnava un'azione secondaria a scopo diversivo, nel settore di Monfnlcono. Il 5 si continuava in quesiti azione, per dare tempo al nemico, illudendolo sulle nostre reali intenzioni, di spostare le sue riserve appunto verso quel settore, dove simulavamo di volerci impegnare a fondo. Poi, il 6, fra le 6 e le S de) mattino, tutte le nostre artiglierie, e bombarde aprivano un fuoco violentissimo sulle difese nemiche, davanti, qua, a Gorizia, dal Sabotino al San Michele. E nel pomeriggio, alle 10, le prime ondati! di fanteria muovevano all'assalto. Alla sinistra della fronte di attacco, una colonna composta del 78.o fanteria — brigata Toscana, i « lupi della Toscana » — e del 3.0 battaglione del 115.0 — brigata Treviso — e rinforzata dull'8.a e la.a compagnia minatori, sostenuta dalla 21.a batteria da montagna e dulia 3I.a e 32-.a batteria di bombarde, guidata da un giovane colonnello di Stato Maggiore, cui riserbata era in futuro anche maggiore, ma non migliore gloria, Pietro Badoglio, assaliva il Sabotino, baluardo centrale della difesa di Gorizia; e in meno di 40 minuti, il tempo esattamente necessario per scalarlo, ne conquistava la cima, quota 609. D'Annunzio sintetizzerà l'impresa in un distico dei suoi più efficacemente significativi : • Fu conio l'ala che non lascia impronte: il primo grido avea Sia preso il monte». Superalo il formidabile ostacolo, a sera, Badoglio raggiungeva, con le sue truppe, le falde del monte, verso Gorizia, sulla linea San Valentino-San Mauro. Contemporaneamente, altre brigate, la timbro — reggimento 205 e 200 —, l'Abruzzi — 57 e 58 —, la Cuneo — 7 e 8 —, a prezzo di tenaci sforzi e di eroici/sacrifizi, progredivano nei settori contigui. E la brigata Casale — 11 e 12 — conquistava la cima del Calvario; e la brigata Pavia — 27 e 28 — agiva, dal Naso di Lucia ico, nella pinna, conquistando tre successivi ordini di trincee nemiche, a sud della strada ferrata. Cadeva in questa azione, in testa alla brigata, il capitano Agamennone Vecchi, comandante del 2.0 battaglione del 28.o, alla cui memoria fu decretata la medaglia d'oro. L'impresa di Baruzzi Ma qui è luogo a dare la parala ad un'altra medaglia d'oro, il smtotenen te, oggi caiiitti.no, Ruruzzi: « La mia brigata, la Pavia, operava alla destra della « Casale », dalla linea ferroviaria all'Isonzo; e il giorno 0 aveva espugnate, in aspri attacchi, le tre successive linee intricatissime di trincee, che fortificavano la piana: l'obiettivo era di aggirare le difese del rovescio del Podgora ». (Erroneamente durante tutta la guerra e dopo, noi si chiamò Podgora il Calvario o Monte Tre Croci). « Alla sera del (i — continua 11 Baruzzi — i reparti della brigata incontrarono tenace resistenza al invio awie strade che convergono a valle dalla ferrovia, dove il nemico improvvisa/mente spiegò notevoli forze asserragliate in alcune case, mutate in yen nidi di mitragliatrici Altre mitragliatrici battevano la zona, terribilmente, dall'imboccatura del sottopassaggio della linea ferroviaria La mattina del 7, si ritentò la conquista di questo sottopassaggio, muovendo al1 attacco dai dine lati, mentre gli austriaci contendevano ancora ai fanti della «Casale» le vette del Calvario e dei Podgora; ma tutti gli attacchi failirono per la tenace resistenza del nemico, forte per il riparo naturale ot renagli dalla posizione. Veline la sera e poi l'alba dell'S. « Nella notte io avevo maturato la idea di tentare un colpo di mano e mi ero spinto m ricognizione verso il famoso sottopassaggio, muovendo attraverso 1 camminamenti detti «della morte», dove molti giacevano cadaveri. Avevo pensato che l'unico modo per sorprendere il nemico fosse l'approfittare di qualche tiro delle nostre artiglierie che costringesse gli Austriaci a rimanere bloccati nel sottopassaggio. E tale convinzione si era rafforzata in me per le notizie avute da quelli che avevano partecipino agii attacchi del giorno precedente e dalie informazioni fornitemi da dtLe soldati deba brigata che, fatti prigionieri, erano riusciti a scappare. ■ All'alba decisi di eseguire il mio piuiio. Mi rivolsi al mio capitano, Fosolum chiedendogli che mettesse a mia disposizione un piccolo nucleo di una diecina di uomini. Il caoitano raschini acconsenti; ma siccome in quel momento non erano disponibili che pochissimi uomini sulla linea delle vedette, solo quattro mi seguirono. Andammo lungo il camminamento. E mi parve che fosse un buon augur'o per la riuscita del mio piano che in quel momento alcuni colpi dei nostri grossi calibri cadessero prima dietro, poi avanti a noi. Gli austriaci, pensavo, stanno ben rintanati e con aspettano la nostra visita. Fu così che giunsi improvvisamente all'imbocco della galleria, seguito dai miei quattro uomini, fra i quali il mio buon amico Mellerio, giunto da pochi giorni al reggimento e già a me fraternamente affezionato. « All'imbocco della galleria, mi si parò dinanzi nientemeno che la bocca di un cannone, e presso il cannone due Ufficiali se In discorrevano tranquillamente. Puntai contro di loro la rivoltella. Essi rimasero allibiti. Mi salutamilitarmente e si arresero colise r gnandomi le anni. Lasciai presso di loto due dei miei uomini e con gli altri due mi slanciai nell'interno d il sottopassaggio che era tutto illuminino sfarzosamente con luce elettrica. Nell'interno, una straordinaria confusione. Cominciai a urlare le poche frasi di tedesco che sapevo, intimando a tutti di non muoversi e di depone le acmi. Nessuno si mosse. Facevo affidamento sulla sorpresa e sull'effetto delle Irasl che urlavo perché gli austriaci pensassero che io avessi al mio seguito cm' sa quale torte contingente di uomini. « In quel momento sentii un — tee... tee... — di apparecchio telefonico. Si stava iniziando una conversazione; ma mi slanciai contro l'apparecchio e ne strappai i fili. Poi mi retai all'altra estremità della galleria, ove collocai una sentinella. E. rientrato nell mter-| no mi feci accompagnare alla cabina 1 del comando, dove trovai e catturai, un altro ufficiale, che isolai immediatamente conducendolo presso gli altri due. Oneste operazioni non erano du-j rate, tutte insieme, che pochissimi minuti'. Siccome nell'interno del sottopassaggio avevo trovato anche alcuni nostri feriti più o meno gravi, caduti nelle mani del nemico il giorno prima, avvicinai uno di essi, che era ferito' soltanto tiri un braccio, e io inviai con un biglietto a chiedere rinforzi e ad avvisare l'artiglieria che allungasse il! tiro oltre l'Isonzo. Dopo una diecina di, minuti arrivarono f> o 6 uomini; e dopo mezz'ora giunse il grosso del reggimento. « Fu allora che, constatando come il nemico fosse ormai preso alle spalle, mi feci fuori dell'imboccatura del sottopassaggio — dalla parte opposta a quella da cui ero entrato - e cominciai a fare segnalazioni alla brigata Casale, che era sul Podgora, per avvertirla della nostra occupazione. Dapprima fui preso a fucilate forse perchè scambiato per un austriaco. Allora trassi di tasca una bandierina tricolore che avevo con me e la agiiai lungamente. Quello che avvenne appena i «gialli» dell. Casale videro sventolare il tricolore, io non so ridire. Fu una visione fantastica. In un attimo, tutta la dorsale del Podgora brulicò di uomini che, correndo all'impazzata p gridando « Savoia », .-i precipitarono lino a noi. Quindi, insieme, proseguimmo all'Isonzo ». Oltre l'Isonzo Baruzzi, il buon romagnolo di sangue schietto, ha raccontato con impressionante semplicità, come se andasse spiegando la cosa più (banale del mondo. 11 fatto è che in conseguenza della sua azione, cosi tipicamente italiana e garibaldina, un altro pilastro della difesa di Gorizia fu poluio scardinare. I Fonti della « Pavia • e della « Casale », confusi, giunsero alle rive dell'Isonzo a monte dell'unico ponte che ancora restava — gli altri erano stati fatti saltare dagli austriaci in fuga — e poiché il ponte era battuto da violentissimo fuoco di artiglieria, si buttarono in acqua e passarono di qua dal fiume. Erano possati 300 0 400 uomini; quando il nemico, piazzate alcune mitragliatrici, cominciò tiri falcianti rasenti al pelo dell'acqua. Fu allora che, comprendendo la ne cessità di violentare la situazione perchè gli uomini che erano passati di qua dal fiume, rimasti isolati, minacciavano di essere, da un momento all'altro contrattaccati e presi prigionieri, il colonnello del 2S.o, Pietro Ronchi, si scagliò sul ponte fulminato dall'artiglieria e io passò trascinandosi dietro in massa quanto restava del suo decimato reggimento. E dietro al 28.o passarono il ponte « misti » i battaglioni dell'altro reggimento della Bri gata e i battaglioni della c Casale». E intanto crollavano intorno, a una a una, le estreme difese nemiche e il sottotenente Baruzzi avanzava — sempre nel pomerìggio dell'8 — raggiun gendo la stazione ferroviaria di Cori zia; e issava sul tetto quella bandierina con cui già dall'imbocco del sottopassaggio aveva fatto segno ai fanti della « Casale » sul Calvario. Poi entrava in città; e per il viale centrale — questo corso Vittorio Emanuele che allora però si chiamava Frantz Joseph — arrivava fin quasi al centro. Ma^ doveva poi retrocedere con i suoi uomini fatti segno a intenso fuoco di fucileria degli austriaci appostati dietro gli alberi. Retrocedeva sino di nuovo alla stazione: dove si trincerava per la notte e dove lo raggiungeva, poco depo. con il grosso del reggimento — il 28.o — il colonnello Ronchi. Al mattino seguente — 9 agosto — I Fanti della « Pavia » e 1 Fanti della ■ Casale » avanzavano in città, la occupavano, davano la scelata al Castello. E ieri — 9 agosto — quindicesimo annuale della liberazione — i Fanti d'Italia, dell'Associazione Nazionale del Fante, sono tornati a Gorizia. I treni speciali che li portavano da ogni parte d'Italia sono cominciati ad arrivare nella notte dal sabato alla domenica. Li avevano ribattezzati, al modo della guerra, « le tradotte ». L'ultima tradotta, da Ancona, è arrivata ieri mattina dopo le 8; quando già era giunto il Segretario del Partito Fascista, S. E. Giovanni Giuriati A ricevere questi erano convenute alla stazione le autorità cittadine e le' personalità radunate a Gorizia per la circostanza. La stazione era addobbala di bandiere ornate di festoni di verde. Acclamato dalla folla che gremiva la stazione, S. E. Giuriati, che era accompagnato dal suo segretario, console Leonardi, e dal cornm. Chiavegatti, è sceso dal treno, ossequiato dalle autorità. E mentre la banda intonava Giovinezza, ha passato in rivista il reparto di Camicie Nere schierato a rendere gli onori. Indi, nella saletta da ricevimento, si è intrattenuto brevemente con le personalità convenute, quando, scoilo il capitano Baruzzi, lo ha abbracciato fraternamente. Poi, fra nuove acclamazioni, è uscito dalla stazione 'nel piazzale inondato di sole, gremito di popolo, festoso di bandiere. Si è formato il corteo delle automobili, che ha proceduto per corso Vittorio Emanuele lino al piazzale Giuseppe Verdi. Intanto i Fanti, che si calcola fossero intorno ai 12 mila, le associazioni combattentistiche e associazioni del Partito, le rappresentanze dei Fasci della provincia e dei sindacati si erano andati ammassmdo per prepararsi alla sfilata. Per tutta la città sventolavano bandiere, bandiere tricolori, bandiere dei colori municipali bianco e azzurro. Dai muri manifesti inneggtanti alla Sagra della liberazione ej a: Fante italiano; altri riproducevano strofe da! poemetto eroico di Vittorio Locchi « La sagra di santa Gorizia »; altri riportavano memorande strofette di trincea: «A Villa Vigentina — ci stanno gli imboscati — a in Cima al San Michele — ci stanno i disperati ». E dovunque, da balconi e finestre, bandiere e bandiere e ghirlande di alloro e drappi ornamentali. E la folla in festa che si assiepava per il corso Vittorio Emanuele, per corso e piazza Giuseppe Verdi, sotto i platani centenari, per le fiorite aiuole. Sce.-o dall'automobile, in piazza Giuseppe Verdi, S. E. Giuriati. accompagnalo dalle autorità, si reca a piedi a rendere omaggio all'erma del grande filologo e glottologo goriziano Gruziadio v j Isaia Ascoli, all'erma del poeta Vittori» Locchi, al monumento del poeta friulano Pietro Zonati. Poi prende posto sul palco eretto in prospicenza del corso Giuseppe Verdi. Squillano le musiche, l'Inno al Piave, e comincia la sfilata. In testa al corteo è portato il gonfalone del Comune, decorato di medaglia d'oro. La folla prorompe in applausi. Seguono i Fasci Giovanili di Combattimento di Gorizia e Provincia, reparti in bicicletta e reparti a piedi. E dietro loro avanzano f gagliardetti dei Fasci di città e provi»eia, poi i rappresentanti dei Fasci stessi; poi gii Avanguardisti; poi gli ufficiali in congedo; poi, preceduto dalla musica presidiarla militare, avanza il corteo dei Fanti dell'Associazione Nazionale del Fante. In testa è portato un enorme cartellone azzurro incornici»' to di alloro con gli emblemi delle massime decorazioni al valore che vanti la Fanteria: Ordine Militare di Savoia, medaglie d'oro delle brigate e dei reggimenti, le 22ó medtiglia d'oro conquistate dai Fanti. La folla scoppia in una ovazione, in grida strepitose di » Viva la Fanteria! ». Ed ecco i dirigenti della Associazione, con a capo il comm. Fontana, presidente, con il presidente della sezione di Gorizia, capitano Umberto Cinguetti, e i membri del Direttorio sezionale cittadino, Golina, Porzo, Piazzesi, Mucciarelli, Divisi, Perocco, Giacomelli. Poi la fila interminabile delle brigate con i loro colori, con 1 vessilli e bracciali indicativi. I Fanti incolonnati hanno ritrovato II passo marziale, scandito e sonoro. E quando giungono davanti al palco, davanti a S. E. il Segretario del Partito, al comando di attenti a slnistr, scattane impettiti, volgono H fiero volto, sfavillano dagli occhi. Confusi nella massai dei gregari, sfilano generali e ufficiali superiori, sfilano gerarchi,' sfilano cappellani di guerra. Su molti petti II nàstro al valore mette quella sua nota di azzurro che e come un riflesso chiaro di cielo, di uno spirituale cielo più alto cui l'uomo attinse in un momento di eroico slancio. Tutti portano in testa la tipica « busta » grigio-verde, col fregio dei fucilieri e al collo il fazzoletto rosso e azzurro. Il giuramento al Duce E' fluita la sfilata: i 12 mila Fanti sono tutti passati. E sono passate anche le sezioni del Nastro Azzurro, del Mutilati, degli Invalidi e dei Volontari di Guerra, i rappresentanti dell'Associazione Nazionale Combattenti, con alla' testa la medaglia d'oro Amilcare Rossi, le associazioni degli Alpini, dei Bersaglieri, degli Artiglieri, del Genio, del Carabinieri, della Guardia di Finanza; e poi le associazioni dipendenti dal Partito, e i sindacati, e il Dopolavoro, e la società sportive, le associazioni patriottiche varie. E ora tutta la massa va radunandosi in piazza Grande, fra il Palazzo del Governo e la chiesa cattedrale di Sant'Ignazio, sotto il verde poggio da cui domina il castello. Sul palco, eretto da luto della chiesa salgono, acclamati, S. E." Giuriati e le autorità. II Segretario federale, console Avenati, salutando il Segretario del Partito, esalta il significato delle cerimonie di oggi a Gorizia, di questo imponente raduno di Fanti nel quindicennale della libera/zione. Il console Avellati termina cosi il suo discorso: « Eccellenza Giuriati: mi pare che nessuna festa, nessuna ricorrenza potrebbe, in questa piazza della Vittoria, in vista del castello martoriato da tutti gli acciai, meglio celebrarsi che con un solenne giuramento del popolo dei fascisti e dei fanti. Ebbene, interpretando la volontà di questa folla che attende la vostra parola di gerarca e di commilitone, lo formulo per tutti questo giuramento: «Col pensiero rivolto alla maestà del Re Vittorio Emanuele, noi promettiamo al Duce: torniamo ai nostri campi, torniamo ai nostri lavori, alla nostra vita tranquillai ma Tu sappi, 0 Duce, che il giorno in cui Tu volessi, quando Tu solo credessi giunto il momento di lanciarci, bolidi umani, contro l'impossibile, sappi, 0 Duce, che noi siamo qui presenti, con venti anni di più ma più giovani di ieri, disposti a passare oltre tutto cantando Giovinezza! ». Questo è il giuramento che noi Vi preghiamo di portala al Duce. Voi sapete, Eccellenza Giuriati, cne sulla piazza di Gorizia, in cospetto dei vivi c dei morti,, non si può giurare invano ». Una grandiosa acclamazione accoglie la fine del discorso del Segretario Federalo. E parla quindi il Presidente dell'Associazione dal Fante, il comm. Fontana. Aneli'egli celebra la ricorrenza odierna e l'eroismo del fante. 11 comm. Fontana, fra entusiastici applausi, offre a S. E. Giuriati un esemplare d'oro della medaglia coniata a ricordo dell'adunata. Parla S. E. Giuriati E prende quindi la parola S. E. Giuriati. il quale dice: « Questa città, che ci apparve un giorno tra i fuochi e i lampi della battaglia, come prima tappa del nostro cammino e del nostro destino, esulta oggi, nel quindicesimo anniversario della sua liberazione, e rinnova il suo giuramento dì fede alla Patria. E al giuramento siete stati testimoni voi, Fanti d'Italia, attori semplici e prodi della grande gesta, legati a questa terra dalla mistica comunione del sangue espresso dalle vene piagate. « Ciascuno di voi ha qui la sua sto rio ancora palpitante, scrina in una trincea sconvolta 0 su un muro diroccato, e passando traverso i campi rifioriti e lungo le c;i.*e ri'atte, ognuno di voi riconosce il luogo e lo mostra al compagno dicendo : « Qui ho patito, qui ho sanguinato, qui ho vinto ». Ma, pur nel tripudio del ricordo eroico, torna alia vostra mente il pensiero del •mille cne vedeste morire a voi d'ao