Eccentricità d'un paese ordinato

Eccentricità d'un paese ordinato VIAGGIO IN DANIMARCA Eccentricità d'un paese ordinato pDAL NOSTRO INVIATO KJOBENHAVN, luglio. ìCe, quasi nel cuore di Kjobenhavn,\una arteria della Cammei Kongevej ' (« antica via del Re ») dove bisogna a- certa delicatezza per non\1 gire con una urlare profonde suscettibilità, che potrebbero forse degenerare in violenze. Non siamo però in un quartiere della malavita. Non ci sono sulle porte donne sinistre con la sigaretta infilata nella ferita delle labbra; non figuri dal berretto sghembo. La Cammei Kongevej è una via bella e spuziosa, che sì specchia in una doppia galleria di vetrine e di negozi scintillanti. Si incontra gente elegante ed educatissima. E se, camminando, cedete la destra a una signora, ella vi risponderà : « Toc/c.' » {grazie) col così detto migliore dei sorrisi. Passano frequenti cabriolets di lusso, silenziosi e molleggiatiti, guidati da dame fulve. Si vedono cani di razza, ad eccezione dei danesi, che, com'è noto, sono gli unici rappresentanti della razza canina che paradossalmente manchino in Danimarca. Una città nella città Tuttavia, a seconda che camminerete sulla destra o sulla sinistra, vi troverete in una situazione totalmente diversa, in un terreno diplomatico differente, quasi in un altro paese. Sulla destra della via infatti i vigili hanno un'uniforme; sulla sinistra ne vestono un'altra. Se, per disavventura, passando in auto vi capita qualche imbroglio di circolazione e trasgredite qualche veto, sarete disputato dai due agenti. Uno vorrà condurvi nella propria giurisdizione; l'altro netta sua. E finiranno per dispu tare tra di loro. Cosi non è vano il caso che, fra i due litiganti, il terzo, vale a dire l'automobilista, goda. E un colpo all'acceleratore e via, filando all'inglese! . Questa è la prima, anzi la più vistosa delle tante eccentricità di Kjobenhavn, che pure è una delle più ordinate e metodiche metropoli d'Europa. Capita spesso del resto che i più perfetti congegni abbiano talvolta misteriosi tic, senza di che fluirebbero per diventare troppo monotoni. Gli è che la Gammel Kongevej divide due città, nella città. Cioè al di qua delta via c'è la capitale propriamente detta; al dilà invece c'è un'altra città, con una amministrazione, una organizzazione, una burocrazia e una polizia proprie, ed anche un proprio spirito e una propria mentalità. Questa città nella città, che lutti i turisti americani vengono ad ammirare con bocche beanti, si chiama Frederiksberg. Essa potrebbe sembrare un'invenzione o una trovata turistica, se non avesse tulli i caratteri che abbiamo enumerati, oltre una popolazione, esattamente censita, di ben 120.000 abitanti. Come si spiega il fenomeno? Forse Frederiksberg è una specie di San Martino o di Andorra urbana? Oppure è un quartiere nuovo e barricadiero che ha voluto slaccarsi dalla massa della capitale? Frederiksberg è veramente una antica città danese, che parecchi anni fa, si trovava fuori di Kjobenhavn. ed era riconoscibile dal suo irreprensibile complesso di storici edifici, di ville eleganti e di giardini. Se fossimo in America, si potrebbe pensare che un bel giorno Frederiksberg scivolasse nel cuore della capitale, sopra un sistema di pai lini a rotelle, escogitato da una Agen zia di trasporti. Il fenomeno è più sem plice. Frederiksberg, che in quel tempo si trovava a una certa distanza da Kjo benhavn, fu a mano a mano avvicinata e poi raggiunta dall'espansione marginale della metropoli. La municipalità e gli abitanti di Fredcriksbera videro con orrore questa marcia in avanti della capitale tumultuosa e sonante, verso la loro oasi idillica. E da que sto momento un sordo rancore, insieme a un orgoglio peculiarmente atavico, germogliò nel cuore della città minacciata. Il grande antagonismo tra Frederiksberg e Kjobenhavn cominciò con tutti i suoi innumeri episodi che non di rado sconfinavano nell'operetta Comunque, Frederiksberg fece chiaramente capire, fin dal primo momento, all'amministrazione di Kjobenhavn chenon avrebbe rinuncialo in nessun modoai suoi diritti civili. La capitale stupì, quindi rise e lasciò fare. Il danc.ìe ha in orrore i conflitti di parte. Sa che il buon umore risolve spesso le peggiori stillazioni. Fra l'altro, il conflitto tra le due dita veniva anche ad avere un carattere squisitamente politico;, perchè, mentre ndia cavitale dominavano le tendenze &i sinistra, a Frederiksberg imperavano solidamente quelle dì destra. Ma non r c'é, in realtà, tirannia più sorridente delu' \socialismo danese, che è un tollcrantis1 Simo socialismo di Stato, piuttosto ròseo che rosso, sormontato da una corona reale. Cognomi e biciclette Il fatale giorno giunse. Frederlksberg\tu raggiunta e avviluppata da Kjoben-] havn, che tuttavia afferrò il grosso: boccone all'uso dei serpenti pitoni, chu\inghiottiscono la preda senza masticar-' la, nella paziente attesa di digerirla entro le loro viscere a lungo metraggio. \ Senonchè fino ad oggi Frcderiksberg si'è lasciata prendere, ma. non digerire.\E l'opera di assimilazione appare labo-Uriosissima. La città resiste, entro la città, impavidamente, senza decampare o tralignare. Frederiksberg rimane la nera rocca inaccessibile del conservatori- . smo; hìobenhavn dei social-democrati-\ci. Frederiksberg è attaccala alle tradizioni; Kjobenhavn è rivoluzionaria. Frederiksberg fuma il sigaro blasonato; Kjobenhavn la pipa. E se nella capitale si legge il « Polltiken », a Frederiksberg per dispetto si leggono i giornali reazionari. A nessun patto un abitante di Frederiksberg vorrebbe andar ad abitare a Kjobenhavn: si riterrebbe un transfuga. E un abitante di Kjobenhavn che prendesse un appartamento a Frederiksberg verrebbe considerato dai suoi abitanti con l'ironica sopportazione con cui si tollera un provinciale. Per fortuna non siamo nell'America del Sud. Si rischierebbe di vedere i rispettivi agenti dell'ordine delle due città mettere mano, ad ogni litigio, alle rivoltelle o piazzare le mitragliatrici sul quadrivi. Ma a Kjobenhavn, come a Frederiksberg, gli agenti non hanno rivoltelle, e tanto meno mitragliatrici. Questa imponente bizzarria porta naturalmente a parlare di tulle le altre che screziano di molivi pittoreschi la metropoli. A parte le stravaganze — almeno per noi — gastronomiche, di cui parleremo a parte, basterà citare quelle che riguardano i cognomi. Quasi tutti hanno la desinenza sen, che invece, nella vicina Svezia, è son. / Jacobsen, gli Steffensen, gli Olsen, i Melsen, i Madsen, i Pedersen, i Paulsen, i Fredrtksen, gli Hansen, ecc., abbondano tanto da venire a noia agli stessi danesi. Tanto è vero che, per ovviare alla monotonia dello stesso cognome, esteso a innumeri tribù, i figli possono chiedere e ottenere ufficialmente il cambiamento di cognome, senza offendere la suscettibilità dei padri. Forse l'orgoglio araldico è piuttosto un carattere delle razze del Sud? Certo e che questo lato della psicologia danese appare, a noi, eccentrico, per non dire addirittura assurdo. Del resto, questa noncuranza della tradizione e della forma si nota in un complesso di altri usi e di altre abitudini. Non è difficile vedere, infatti, sulla piattaforma anteriore d'un tram, il Presidente del Consiglio fumare tranquilla niente un sigaro, chiacchierando col manovratore. E' noto che Kjobenhavn è la città dove la bicicletta impera. Mentre da noi il trespolo meccanico sembra relegato ormai tra le forme preistoriche delta locomozione meccanica, nella capitale danese si ha un censimento di ben 350.000 velocipedi. Li adoperano quasi tutti, anche... coloro che hanno l'automobile. In bicicletta — come ortiogliosamente annuncia una i Guida di Kjobenhavn » — vanno anche le alte cariche dello Stato, i giudici della Suprema Corte, i deputati, senza parlare degli impiegati, degli operai, e delle ragazze — queste magnifiche ragazze di Kjobenhavn, che hanno un bel da fare, mentre pedalano vigorosamente, a coprirsi contro le insidie della corsa, del vento e degli indiscreti sguardi maschili, le belle gambe accuratamente calzate di seta... a i n e n a a i d e e o a à o à a e , e] o'710 ma la notte- Senonchè la bicicletta Mucche col soprabito e bandiere Quest'enorme-carosello ciclistico gira, turbina nel labirinto della capitale continuo, ossessionante e non privo dì pericoli. E dura non soltanto il gior- , a l i e e è il mezzo universale, ma è anche una quantità trascurabile, come la salvietta di carta che vi servono, invece del tovagliolo, nei caffè e nei ristoranti. Ho visto una ragazza perdere, durante la corsa, la pompa del suo velocipede. Da un'auto di turisti le si fecero ripetuti segni per. avvertirla deilo spiar- rimento. La ragazza abbozzò un gcsto\ddi noncuranza, scannando la corsa,\qcoi biondi riccioli al vento. Inutile per- dere un tempo prezioso e intralciare con una sosta, la circolazione, per le sz60 óre che il banale arnese pneumatico'.iviene a costare! L'episodio sembra fu-'stile, ma ha in realtà un'importanza ■ tutilitaria e disciplinare. tIn questo paese, dove le mucche por- \ gtano il soprabito {giucche durante l'e-\ state vengono lasciate nei prati con\qqualunque tempo, anche durante la-\nnotle), dove le galline hanno il loro]a pedigree come i cani di lusso, e le uo-jd oa sono timbrate come cartoline po-\ stali, a garanzia della loro freschezza'me della loro dualità: la stravaganza': non è forse che una apparenza rileva-' Ua da osservatori esotici. Essa nascon de spesso un senso di praticità e di ordine, che in gran parte è ancora ignoto alle genti meridionali. Non bi-\ sogna vergognarsi di confessare i prò- Vru diletti, quando si tratta di cor-- reggerli Questa coscienza è un segnoDa"prternot'ad esempio, può sem-'brare puerile l'eccessivo amore che per le bandiere hanno i danesi. Essi espongono i loro vessilli rossi, crociati di bianco, quotidianamente, dovuque e in qualunque occasione. Questa vera e propria « bandieromania » pud giungere anche ad assurdi come questo: Si espone, da una finestra, la bandiera per segnalare ai rivenditori ambulanti di verdura o di latte, che in quella casa c'è bisogno dei loro generi alimentari. Ma riflettendo bene, quanto tempo e quanto fiato risparmia questo provvedimento semplice ma intuitivo1 Oggi sono bandiere; domani saranno forse cassette di segnalazione, colora te di giorno, luminose di notte. Del resto, in un paese che, all'ora in cui si chiudono gli spacci di frutta, di commestibili, di tabacchi, colloca davanti alle porte chiuse dei negozi, cassette automatiche dalle quali, introducendo una moneta, si può avere, anche fuori d'orario, quel che si vuole; è possibile giungere anche alle cassette luminose di segnalazione pei bisogni domestici. Una moschea per la biancheria L'ordine e la nettezza si riscontrano ovunque. Nelle vie, nelle piazze, nel giardini si vedono ceste con scritte ammonitrici. Sono i ricettacoli dei rifiuti! Tutti i cittadini, quando hanno della carta straccia, dei minuzzoli, delle bucce, delle buste stracciate da buttar via, non le spargono per le strade, ma le versano in queste ceste. Ve ne sono anche su tutti i tram, con l'indicazione ; Til brugte billeter, cioè « Per i biglietti usali ». 71 risultato di questi provvedimenti preordinati è che difficilmente si vedono nelle vie e nei ritrovi, nei veicoli o nei treni, pezzi di carta, detriti, o rifiuti. Oso dire che la Danimarca batte l'Olanda su due punti: la nettezza e... i mulini a vento, che sono quasi scomparsi nel loro paese leggendario, e sono invece numerosissimi nelle isole danesi e nello Jutland. Il senso della pulizia e della proprietà giunge poi a particolari capillari. I bricchi del caffè, nella maggior parte degli esercizi di Kjobenhavn, portano sotto il mento come i bambini, un minuscolo tovagliolino di carta. Sembra un accessorio superfluo; ma in realtà esso serve a impedire che la terribile goccia scivoli sulla tovaglia, macchiandola. Talvolta questo senso della proprietà, che dà un lineamento anche alle cose più volgari, diventa civetteria, si tramuta in particolari pittoreschi ed estelici. Ho visto, nd pressi del porto, spuntare da un giardino l'agile minareto di una moschea. Avvicinandomi, ho potuto vedere infatti l'elegante cupola orientale a cipolla, e le pareti decorate e monogrammate secondo i dettami di Maometto. Non c'era che da attendersi il barbuto muezzin. Pensavo che, insieme alle guglie della Chiesa inglese e ai bulbi d'oro della Chiesa russa di Alessandro Newsky questa moschea fosse stata elevata per i riti d'unaeventuale colonia mussulmana. Inter-\pellai un passante. \— E' una lavanderia! mi rispose. Voi non vi meravigliate più, allora, che questa città abbia una serie di grandi laghi, come il Sortrdam, che, inquadrati tra rive rettilinee ■: cavalcali da monumentali potiti, seno diventati dei veri e proprii canali, mettendo l'aequa dolce a poca distanza dalle distese salse del mare. Non vi stupite che questa popolazione, la quale pur va ai dancings in giacca di colore, abbia creato in que sii laghi un'isola artificiale convenien- temente adorna di cespugli e di pian-\te, unicamente destinata soltanto alle gioie e ai divertimenti degli uccelli. Ma questa nettezza, questa varietà, questo senso della vita i danesi li hanno conquistati non in un attimo, ma attraverso la ferma e inflessibile guida dello Stalo, con una disciplina che è venuta dall'alto e alla quale a mano a mano essi stessi sono andati incontro. « Ikke » e « lukket » artificiale Ci sono due parole: ikke e lukket {forse da questa viene il nostro « lue 'eccellenza. Significano "rìspet- tivamcnte . chiuso , e <R0,. Esse so. ?MS(e nega,Jonl Znno valore così placabile. Nessuno, anche se eb- chcttoi?) che sono tassative e proibi-bro, andrà a battere i pugni contro un negozio o un ufficio che è lukket. E non ci sarà persona a sognare che in •un locale o un vagone che porti la scritta-. Ikke rygere cioè «.Von fumare» si possa accendere una sigaretta. Ciò non impedisce che oli uomini fumino come vecchi turchi e le donne come antiche odalische. Anzi le donne fumano non soltanto sigarette, ma sigari grossi come pollici {E con che voluttà). Ma nei luoghi permessi. Perciò vi spiegate anche come i danesi, che hanno di solito'un viso così gioviale da smentire tutte le ubbie pessimistiche create sul Nord da scrittori nordici, quando vestono un'uniforme sin (lucila d'un ammiraglio o di un agente trnmviarin, d'un granatiere o d'un fattorino di lianca, abbiano tutti un aspetto cosi solenne e possiedano un verbo cosi autoritario. Nessuno più di essi sente il prestigio dell'uniforme e del valore che la collettività le attribuisce. E talvolta l'uniforme arriva perfino al travestimento storico. Ho visto al Museo etnografico di Kjobenhavn {che è il più importante dell'Europa settentrionale per i monumenti e i documenti delle epoche della pietra, del bronzo e del ferro) gli inservienti solennemente truccati con tricorno e toga. Neri, cornuti, filettati di rosso, alcuni con micidiali occhiali, spauriscono le provinciali in visita. A noi essi forniscono immagini deliziosamente offembachiane. Ma provatevi, entrando, a non consegnare loro il bastone, l'ombrello o qualunque altro oggetto che sia considerato lesivo o pericoloso per gli oggetti conservati nel Musco! Sarete rudemente fermati, interpellati e messi con le spalle al muro. Le due stazioni Ora in tutto questo ordine e questa disciplina, che si armonizzano con la praticità e il comfort più raffinato, ci possono anche essere delle esagerazioni; quelle esagerazioni analitiche, strettamente peculiari della gente nordica alla quale manca spesso il lampo intuitivo che salta i particolari intermediari per giungere alla sostanza e alla sintesi. Cito un caso interessante. Un turista smontò in questi giorni a una stazione di campagna, Rungsted, sulla linea Kjobenhavn-Hclsingor. Dopo aver sostato nel delizioso villaggio e aver ammirato casette bianche e rosee, listate di nero, coi tetti di ceramica, boschi da acquaforte, e laghetti specchianti mulini a vento, il turista volle partire per Helsingor, la città d'Amleto. E naturalmente fece ritorno alla stazione. Ecco il treno, un trenino dalla locomotiva Piccolino e dai vagoni color doccolatto. Il turista s'appresta a varcare i binari per salire. Tosto viene energicamente bloccato dagli impiegali e tra una serie di esclamazioni chiocce, ricondotto nella sala d'aspetto. Il viaggiatore protesta un po' stralunato. Allora, gentile ma ironico, il capostazione, che parla tre lingue oltre la propria, fornisce spiegazioni. — Voi avete sbagliato stazione, signore Sbalordimento del turista, che si fre-'ga energicamente le palpebre credendo \di sognare. \ _ sbagliata stazione? Ma non è Rung-sted questa? — Perfettamente. — E il treno andava ad Helslngor? — Ad Helslngor. Allora il turista si crede beffato. Staper andar fuori dai gàngheri; ma il co- postazione, che ha capilo, chiarisce l'intrigo. Egli indica, di là, dai binari un'altra stazione, identica a quella in cui il turista si trova, costruita con gli stessi mattoni rossi e provvista della stessa scritta: « Rungsted ». Sembra un gioco di bussolotti. Ma è invece la reai¬ tà; cioè la realtà danese. Ogni stazione, signore — spiega il capostazione — ha due stazioni : quella pel senso ascendente e quella pel senso discendente. Per andare ad Hclsingor bisogna prendere la stazione che è al di la dei binari. E per arrivarci bisogna traversare quel viadotto che cavalca, là in fondo, la linea ferroviaria. E' vietato attraversare i binari. Si evitano cosi confusioni e disgrazie. — Ma questo è un vero lusso! — risponde il turista ironico a sua volta. — Noi, nel Sud, avremmo trovato un mezo più semplice, che avrebbe risparmia \to la costruzione di tante stazioni tipo B, e avrebbe notevolmente ridotto il personale... — Quale mezzo? — Un sottopassaggio. Il capostazione sorride, si gratta la pera e si immerge in profonde meditazioni. Un enorme ponte imitilo Lo stesso caso, in proporzioni gigantesche, è offerto dal ponte di Kuippelsbro, una specie di mastodontico ponte levatoio in acciaio, azionato da una serie di cabine elettriche e di formidabili, congegni, che unisce Kjobenhavn all'isola di Amager. Esso permette, col suo sistema meccanico di lasciar passare, pel braccio di mare, che costituisce l'arteria aorta del porto, il traffico terrestre e le navi in transito. Magnifica opera d'ingegneria che offre uno spettacolo ciclopico. Quan do infatti, con una formidabile erezione, il grande piano s'innalza, rimanendo sospeso nell'aria, e ciminiere di pi roscafl., passano nel varco cosi aperto, si ha veramente la sensazione di qualche cosa di possente e di grande. Ma i guai cominciano appunto all'atto del suo funzionamento. Quando infatti si spalanca per lasciar passare le navi, il ponte provoca un pletorico ristagno della circolazione terrestre. Auto, camion, nugoli di biciclette e di passanti devono attendere un quarto d'ora che questo formidabile passaggio a livello sul mare, si riapra o, per meglio dire, si ristabilisca. Viceversa quando il ponte è ristabilito nella sua efficienza orizzontale ad uso del traffico terrestre, blocca il movimento del porto. Bisognerebbe quindi distruggere questa gigantesca opera e trovare un'altra soluzione al sistema circolatorio. Senonchè il ponte di Kuippelsbro è costato parecchi milioni e per ammortizzare la spesa, converrà — secondo il giudizio dell'amministrazione — lasciar passare almeno dieci anni. — Ma quale soluzione troverebbe lei al problema? — mi chiede un tecnico incredulo. - Un sottopassaggio! — rispondo implacabilmente. Intanto il ponte di Kuippelsbro continuerà a prestarsi alle critiche; fornirà ai giornali conservatori un motivo sempre attuale nella stagione dei serpenti di mare. Ci vuol sempre, in un Paese parlamentare, qualche motivo per l'opposizione. CURIO MORTARI.

Persone citate: Alessandro Newsky, Hansen, Jacobsen, Madsen, Olsen, Paulsen, Pedersen, Quan